Il 16 dicembre nuovo processo per Gianfranco Bari, l’augustano che uccise la sua ragazza

bari.jpgAUGUSTA. Si terrà il 16 dicembre prossimo il processo d’appello a carico di Gianfranco Bari, condannato in primo grado a 20 anni di reclusione perché colpevole di avere ucciso la fidanzata Francesca Ferraguto.
L’uomo ha poi fatto a pezzi il suo cadavere con il flex, seppellendone successivamente i resti nel giardino di proprietà del suoi genitori. L’appello contro la condanna a 20 anni di reclusione è stato proposto dal Pm Antonino Nicastro, che ha ritenuto fin troppo mite la pena inflitta a Bari. Il processo di secondo grado, sempre con rito abbreviato, sarà celebrato davanti ai giudici della terza sezione della Corte d’Assise di Appello di Catania. Bari è difeso dall’avvocato Giuseppe Cristiano, mentre i congiunti della malcapitata Francesca Ferraguto, che si sono costituiti parte civile contro l’imputato, sono tutelati dall’avvocato Beniamino D’Augusta. L’atroce delitto di Francesca Ferraguto fu commesso il 25 maggio 2009 all’interno dell’abitazione di Ganfranco Bari. Quest’ultimo, al termine di un litigio scaturito dal rifiuto di Francesca di voler accudire i suoi tre figli nati dal precedente matrimonio, prima la colpì con un corpo contundente, provocandone la morte e, successivamente, armatosi flex, tagliò a pezzi il cadavere. A far ritrovare i miseri resti della ragazza è stato lo stesso Bari, nel successivo mese di ottobre, dopo che aveva reso ampia e circostanziata confessione ai Carabinieri che ormai lo avevano incastrato.
  Pino Guastella

I comitati ambientalisti contro il rigassificatore presentano esposto alla Procura

solarino giacinto.jpgAugusta, “Decontaminazione Sicilia” e il Comitato “No Rigassificatore” di Melilli, con una missiva a firma di Luigi Solarino e Giacinto Franco, inviata al presidente della Regione Raffaele Lombardo, hanno reso noto di aver presentato un esposto alla  Procura siracusana  della Repubblica in merito alla realizzazione del rigassificatore. Secondo le associazioni ambientaliste “ la realtà attuale della nostra zona industriale è che sia gli attuali serbatoi di stoccaggio che i progettati 3 serbatoi da 150 mila m3 del rigassificatore, oltre a essere allocati in zona S 12, sarebbero ancorati a dettami costruttivi antichi e, pertanto, l’impianto di rigassificazione costituirebbe nell’area un aumento esponenziale e non accettabile di rischio per l’incolumità delle popolazioni residenti considerata l’alta esplosività e infiammabilità del metano liquido”. Le associazioni ambientaliste  citate chiedono alla Procura della Repubblica di indagare se  “sull’effettiva pericolosità sismica dell’area e sulla vulnerabilità degli impianti siano state poste le debite attenzioni e prevenzioni nell’iter autorizzativo del rigassificatore, considerato che il primo parere espresso dall’Assessorato Territorio e Ambiente del 26.11.2009 era stato negativo, specie per la sismicità del sito e la vetustà degli impianti esistenti da oltre 50 anni”. Altro importante elemento, secondo le associazioni,  è la circolare Imo (International Marittime Organization) n°257 del 11/12/07, con la quale la Capitaneria di Chioggia ha emesso l’ordinanza n°63/08 circa il rigassificatore off shore di Porto Viro (Rovigo), la quale stabilisce un’area di interdizione assoluta con divieto di ancoraggio per un raggio di 1,5 miglia nautiche dal rigassificatore. All’interno di quest’area una zona di sicurezza sempre circolare con un raggio di 2000 metri dove sono vietati il transito, l’ancoraggio, lo stazionamento di navi in attesa, la pesca, le attività subacquee e qualsiasi altra attività. Gli ambientalisti ritengono come tutto ciò sarebbe inconciliabile nella zona industriale siracusana dove insiste il pontile Nato, dove attraccano anche sommergibili nucleari, pontile questo che viene utilizzato per i rifornimenti militari nelle varie operazioni di guerra, e che disterebbe circa 200 metri dall’attracco della metaniera. L ‘impianto  di rigassificazione verrebbe allocato adiacente all’Icam e all’interno dell’Erg nord,  in cui continuano a registrarsi incidenti anche gravi”.  E’ rimarcata anche la presenza della Marina Militare,  la cui sicurezza con la realizzazione dell’impianto verrebbe fortemente compromessa. Le associazioni ambientaliste, da anni auspicano la messa in sicurezza di impianti e stoccaggi e condannano il silenzio delle istituzioni.

GdA –  nella foto in alto, Luigi Solarino e Giacinto Franco

AUGUSTA, II ISTITUTO SUPERIORE: SCAMBIO CON ALUNNI OLANDESI PER VALORIZZARE LE DIFFERENZE CULTURALI

scuola.jpgAugusta. In merito al progetto di Educazione Interculturale  previsto come attività inserita nel POF per l’anno scolastico 2011- 2012,  venti studenti del  2° Istituto Istruzione  Superiore “G. Arangio Ruiz” –, diretto da Carmelo Gulino, – hanno effettuato il progetto  “Scambi di classe” con la  scuola europea ULEHNOFCOLLEGE” di Doetinchem – Paesi Bassi    in collaborazione con l’associazione Onlus INTERCULTURA. La prima fase di scambio ha previsto l’ospitalità dei venti  studenti stranieri e dei loro due insegnanti accompagnatori, da parte venti alunni augustani  nella settimana    dal  5  al 12 novembre , durante  la quale,  insieme  ai loro “ospiti” sono stati impegnati in una serie di attività che si sono svolti  a scuola  nel normale orario scolastico. Tali attività sono state svolte in collaborazione con docenti impegnati nel progetto . Gli scambi di classe sono validissime esperienze di formazione interculturale. Il soggiorno in un altro Paese  e il rapporto di dialogo e di amicizia con coetanei che vivono e studiano in un’altra parte del mondo rappresentano un’esperienza che fa crescere nei giovani e nelle famiglie la comprensione internazionale, la conoscenza di altre abitudini di vita e di altre culture, insieme alla scoperta dei valori della propria cultura di appartenenza. Scoprire, accettare, apprezzare, valorizzare le differenze delle diverse culture, scoprendo i propri pregiudizi o falsi stereotipi ed evitando di giudicare sulla base dei propri valori culturali: questa sarà senz’altro l’esperienza ”forte” dello scambio. Gli alunni di Augusta  nel mese di aprile verranno a sua volta ospitati nella città di Doetinchem, dove trascorreranno una settimana in compagnia dei nuovi amici olandesi.

   G.C.  –  nel tondo, la scuola europea  ULEHNOFCOLLEGE

UN MALE INCURABILE HA STRONCATO ROSARIA GULINO, docente di Lettere per 30 anni alla media “Corbino”

imagesCAXL8HAE.jpgAUGUSTA – Commovente partecipazione di folla ai funerali, svoltisi nel pomeriggio di giovedì 17, un grigio piovoso pomeriggio, per dare l’ultimo saluto a Rosaria,  da tutti conosciuta come Rina, Gulino, scomparsa improvvisamente, stroncata da un male incurabile –  espressione burocratica e eufemistica per indicare il cancro, terribile male, che si fa, quasi, fatica a pronunciare, per gli scenari di lutto, di tragedie e di pianti che la parola evoca.  Rina Gulino, sposata, quattro figli, due maschi e due femmine, ha dedicato la vita alla scuola e alla famiglia.

Dopo trent’anni spesi per la scuola,  nell’insegnamento di materie letterarie alla scuola media “Corbino”, mai trascurando gli affetti coniugali e familiari, Rina, da qualche anno in pensione, s’era dedicata a tempo pieno a svolgere il delicato compito di nonna, che, svolgeva molto bene, come un angelo custode.

L’immagine dell’angelo è stata rievocata da una delle nipoti che ha preso la parola alla conclusione del rito funebre per ricordare la nonna. Lo ha fatto dopo il lungo, ma vibrante di commozione, elogio funebre pronunciato dalla figlia Vittoria. La nipotina ha dato a sé stessa e agli astanti la spiegazione di questa morte improvvisa. “Si vede” – ha detto – “che Iddio aveva bisogno di un altro angelo in cielo”.

 Ci associamo al dolore di  Carmelo Gulino, dirigente del II istituto superiore, e  di  Massimo Scuderi, presidente dell’associazione sportiva Megara, rispettivamente fratello e figlio di Rina Gulino.

  Giorgio Càsole

La tela del secolo XVIII restituita, dopo il restauro, alla settecentesca chiesa San Sebastiano di Augusta

abigail.jpgAugusta. Dopo la fortunata e apprezzata mostra tenutasi  nella  galleria di palazzo Bellomo a Siracusa, la tela raffigurante “Abigail e Davide,” di autore ignoto del secolo XVIII, è stata restituita, dopo un accurato intervento di restauro curato dalla Sovrintendenza di Siracusa, alla chiesa di appartenenza, la settecentesca chiesa di San Sebastiano,  attraverso il parroco di San Francesco e San Sebastiano, don Franco Scatà.  Il dipinto, però,  in attesa della riapertura della storica chiesa augustana  di San Sebastiano, chiusa da molti anni, è stata collocato nell’abside della chiesa di Sant’Andrea, chiesa che fa parte della parrocchia di San Sebastiano, attualmente retta dal parroco di San Francesco, lo stesso parroco Scatà.  A consegnare l’opera, lunedì 14 novembre, è stata l’augustana Carmela Vella, direttrice della galleria interdisciplinare regionale di palazzo Bellomo.

“Abigail” – ha detto  Carmela Vella –“ figura dell’Antico Testamento, astuta e intelligente, moglie di un ricco proprietario terriero dal nome un po’ sconcertante Nabal (stolto), viene rappresentata in atteggiamento reverente di fronte a Davide, al quale chiede di aver compassione per il suo stolto marito Nabal”, come  si può constatare dalla riproduzione qui inserita.

Giulia Càsole

Trasferiti a Mineo i 43 profughi presi a bordo di nave Foscari

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La mattina del 12 nave Foscari della marina militare è attraccata nelle banchine del porto commerciale di Augusta, dopo aver  preso il giorno prima a bordo 43 profughi,   oltre una donna che aveva appena partorito e che è stata tempestivamente trasportata con l’elicottero  all’ospedale di Agrigento.

Sono tutti somali che si trovavano alla deriva su un gommone nel canale di Sicilia;  l ’arrivo alla banchina del porto di Augusta è avvenuto con un pò di ritardo rispetto ai programmi a causa delle non agevoli condizioni del mare.

Ultimate le procedure di sbarco,   i 43 migranti sono stati trasferiti nel Villaggio della solidarietà” di Mineo, nel  Catanese.

   G.T.

Il PAPA POLACCO E IL GIOVANE TENENTE AUGUSTANO

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Metà ottobre 1978 e davanti a me gli ultimi centocinquanta chilometri d’autostrada per tornare a Palestrina dove da più di due anni comando la Tenenza dei Carabinieri. La radio è accesa per ascoltare la cronaca dal Vaticano, la seconda in poco più di un mese dopo l’improvvisa morte di Giovanni Paolo I, per l’elezione del nuovo papa quando, all’improvviso, il giornalista, concitato, grida che è apparsa la fumata bianca annunciante un nuovo successore sulla cattedra di Pietro e tanto istintivamente, quanto inspiegabilmente, mi metto ad applaudire commosso. A casa mi piazzo davanti al televisore e faccio appena in tempo a vedere il nuovo Papa -come, non è italiano? mah-, a essere immediatamente entusiasmato e preso (come tutti) da quello straordinario “se sbaglierò mi corrigerete” e rimuginare fra me e me quanto fosse strano un Papa che ammetteva di poter sbagliare e di aver bisogno di tutti: l’intuito dello sbirro suggerì di approfondire la faccenda. E così  il giorno della “intronizzazione” (mi pare si dica così) sono ancora davanti al televisore e vengo  definitivamente conquistato dalle Sue parole: “Non abbiate paura, aprite anzi spalancate le porte a Cristo” e ancora “Vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia…”: incredibile, incredibile! Passano alcuni giorni e vengo comandato di servizio a Castelgandolfo dove, come è consuetudine, il nuovo Papa prende possesso dei palazzi pontifici. Di nuovo, rompendo tradizioni secolari, Karol Wojtyla scende in piazza tra la folla, quasi a volerne sentire il contatto e il calore; questa volta Giovanni Paolo II non è dietro il vetro dello schermo televisivo, mi è davanti e mi porge la mano, come a un amico. Con emozione, infinita e intuibile, rispondo al gesto inaspettato e, oso dire, fraterno avendo dentro di me la sensazione -anzi, la convinzione- di non essere al cospetto di un uomo come gli altri, ma a qualcosa di assolutamente diverso: di lì a qualche ora, tornato a casa ancora turbato, dirò a mia moglie Agnese “è fatto di farina”, non riuscendo a esprimermi in altro modo.

Ancora pochi giorni e vengo informato che Sua Santità, altra rottura con un passato ultracentenario, farà a breve  la sua prima uscita ufficiale dal Vaticano con una visita al Santuario della Mentorella, sul monte Guadagnolo, nel territorio della tenenza di Palestrina e che, pertanto, dovrò organizzare tutti i servizi di ordine pubblico, viabilità e, soprattutto, di sicurezza per il Santo Padre.  

Come tantissimi sanno, Karol Wojtyla era un frequentatore della Mentorella il cui Santuario, retto da religiosi polacchi, custodisce una splendida Madonna nera assai simile a quella polacca a cui Egli era tanto legato; ed era lo stesso Santuario in cui il cardinal Wojtyla si era recato a pregare subito prima di entrare nel conclave che lo avrebbe elevato al soglio pontificio, conclave che Egli aveva potuto raggiungere appena in tempo con un passaggio -il destino, meglio la volontà di Dio!- a causa di un guasto alla sua automobile. Senza neppure sapere come e con una incoscienza che ancora oggi mi fa tremare i polsi, mi trovai al centro di una macchina estremamente complessa pur non avendo nulla a che vedere con quello che sarebbe avvenuto dopo qualche anno con l’attentato in Piazza San Pietro. Fui fortunato e andò tutto bene: riuscii perfino a piazzare mia moglie e mio figlio di tre anni in posizione tale che potessero vedere da vicino il Papa il quale, addirittura, volle porre la mano sul capo del mio piccolo Umberto per benedirlo (se c’è stato … interesse privato in atti d’ufficio direi che si è ormai ampiamente prescritto e, comunque, ne valeva sicuramente la pena!). Litigai solo con il grande e compianto responsabile vaticano della sicurezza papale, Cibin,  che non voleva vedere troppi carabinieri attorno al Santo Padre e al quale dovetti replicare che ci trovavamo sul territorio della Repubblica Italiana e che , pertanto, io ero in quel momento l’unico responsabile; ma fu solo un piccolo equivoco dovuto alla comune tensione e alla mia stanchezza: non dormivo da due giorni e se io avevo ragione lui non aveva torto! Insomma, sfinito e -mi sia consentito- soddisfatto,  pensavo di aver assolto al mio compito mai presagendo che Giovanni Paolo II avrebbe preso, domenica dopo domenica, a visitare tutte le parrocchie della Capitale e dei suoi dintorni; mai presagendo, soprattutto, che il mio comandante con l’abituale suo stile privo di fronzoli avrebbe detto: “Visto che lo hai fatto bene, ogni volta che il Papa esce andrai a dare una mano al collega competente per territorio”. E così, praticamente ogni domenica dal Divino Amore a Grottaferrata, a Nettuno, ad Albano e in tante altre località che non riesco più a ricordare, ho avuto l’immensa fortuna di poter stare vicinissimo (qualche volta correndogli a fianco per chilometri accanto alla sua automobile scoperta, ma ero molto più giovane!) a un uomo straordinario, certamente il più straordinario degli ultimi secoli e fra i più grandi in assoluto della storia dell’umanità: un uomo che dimostrava la propria santità giorno per giorno e non solo per il titolo onorifico che, ovviamente, gli competeva. Era trascorso quasi un anno dall’inizio della mia avventura quando venni convocato, insieme ad altri carabinieri, a Castelgandolfo per essere ammesso in udienza dal Santo Padre; fu un giorno, ancora una volta, di enorme emozione: il Papa desiderando ringraziarci per quanto avevamo fatto per lui voleva, insieme alla Benedizione, lasciarci un piccolo segno della sua benevolenza, una medaglia con il suo volto che conservo fra le cose più preziose che il mio servizio nell’Arma mi abbia procurato. Dopo qualche mese avrei lasciato Palestrina per il comando della Compagnia di Crotone e fui ancora fortunato: avrei nuovamente potuto essere vicino a Giovanni Paolo II per altre due volte, a Catanzaro e Crotone. 

Enzo Inzolia

Nella foto, E. Inzolia accanto al papa Giovanni Paolo II