Il PAPA POLACCO E IL GIOVANE TENENTE AUGUSTANO

papa e inzoliab.jpg

Metà ottobre 1978 e davanti a me gli ultimi centocinquanta chilometri d’autostrada per tornare a Palestrina dove da più di due anni comando la Tenenza dei Carabinieri. La radio è accesa per ascoltare la cronaca dal Vaticano, la seconda in poco più di un mese dopo l’improvvisa morte di Giovanni Paolo I, per l’elezione del nuovo papa quando, all’improvviso, il giornalista, concitato, grida che è apparsa la fumata bianca annunciante un nuovo successore sulla cattedra di Pietro e tanto istintivamente, quanto inspiegabilmente, mi metto ad applaudire commosso. A casa mi piazzo davanti al televisore e faccio appena in tempo a vedere il nuovo Papa -come, non è italiano? mah-, a essere immediatamente entusiasmato e preso (come tutti) da quello straordinario “se sbaglierò mi corrigerete” e rimuginare fra me e me quanto fosse strano un Papa che ammetteva di poter sbagliare e di aver bisogno di tutti: l’intuito dello sbirro suggerì di approfondire la faccenda. E così  il giorno della “intronizzazione” (mi pare si dica così) sono ancora davanti al televisore e vengo  definitivamente conquistato dalle Sue parole: “Non abbiate paura, aprite anzi spalancate le porte a Cristo” e ancora “Vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia…”: incredibile, incredibile! Passano alcuni giorni e vengo comandato di servizio a Castelgandolfo dove, come è consuetudine, il nuovo Papa prende possesso dei palazzi pontifici. Di nuovo, rompendo tradizioni secolari, Karol Wojtyla scende in piazza tra la folla, quasi a volerne sentire il contatto e il calore; questa volta Giovanni Paolo II non è dietro il vetro dello schermo televisivo, mi è davanti e mi porge la mano, come a un amico. Con emozione, infinita e intuibile, rispondo al gesto inaspettato e, oso dire, fraterno avendo dentro di me la sensazione -anzi, la convinzione- di non essere al cospetto di un uomo come gli altri, ma a qualcosa di assolutamente diverso: di lì a qualche ora, tornato a casa ancora turbato, dirò a mia moglie Agnese “è fatto di farina”, non riuscendo a esprimermi in altro modo.

Ancora pochi giorni e vengo informato che Sua Santità, altra rottura con un passato ultracentenario, farà a breve  la sua prima uscita ufficiale dal Vaticano con una visita al Santuario della Mentorella, sul monte Guadagnolo, nel territorio della tenenza di Palestrina e che, pertanto, dovrò organizzare tutti i servizi di ordine pubblico, viabilità e, soprattutto, di sicurezza per il Santo Padre.  

Come tantissimi sanno, Karol Wojtyla era un frequentatore della Mentorella il cui Santuario, retto da religiosi polacchi, custodisce una splendida Madonna nera assai simile a quella polacca a cui Egli era tanto legato; ed era lo stesso Santuario in cui il cardinal Wojtyla si era recato a pregare subito prima di entrare nel conclave che lo avrebbe elevato al soglio pontificio, conclave che Egli aveva potuto raggiungere appena in tempo con un passaggio -il destino, meglio la volontà di Dio!- a causa di un guasto alla sua automobile. Senza neppure sapere come e con una incoscienza che ancora oggi mi fa tremare i polsi, mi trovai al centro di una macchina estremamente complessa pur non avendo nulla a che vedere con quello che sarebbe avvenuto dopo qualche anno con l’attentato in Piazza San Pietro. Fui fortunato e andò tutto bene: riuscii perfino a piazzare mia moglie e mio figlio di tre anni in posizione tale che potessero vedere da vicino il Papa il quale, addirittura, volle porre la mano sul capo del mio piccolo Umberto per benedirlo (se c’è stato … interesse privato in atti d’ufficio direi che si è ormai ampiamente prescritto e, comunque, ne valeva sicuramente la pena!). Litigai solo con il grande e compianto responsabile vaticano della sicurezza papale, Cibin,  che non voleva vedere troppi carabinieri attorno al Santo Padre e al quale dovetti replicare che ci trovavamo sul territorio della Repubblica Italiana e che , pertanto, io ero in quel momento l’unico responsabile; ma fu solo un piccolo equivoco dovuto alla comune tensione e alla mia stanchezza: non dormivo da due giorni e se io avevo ragione lui non aveva torto! Insomma, sfinito e -mi sia consentito- soddisfatto,  pensavo di aver assolto al mio compito mai presagendo che Giovanni Paolo II avrebbe preso, domenica dopo domenica, a visitare tutte le parrocchie della Capitale e dei suoi dintorni; mai presagendo, soprattutto, che il mio comandante con l’abituale suo stile privo di fronzoli avrebbe detto: “Visto che lo hai fatto bene, ogni volta che il Papa esce andrai a dare una mano al collega competente per territorio”. E così, praticamente ogni domenica dal Divino Amore a Grottaferrata, a Nettuno, ad Albano e in tante altre località che non riesco più a ricordare, ho avuto l’immensa fortuna di poter stare vicinissimo (qualche volta correndogli a fianco per chilometri accanto alla sua automobile scoperta, ma ero molto più giovane!) a un uomo straordinario, certamente il più straordinario degli ultimi secoli e fra i più grandi in assoluto della storia dell’umanità: un uomo che dimostrava la propria santità giorno per giorno e non solo per il titolo onorifico che, ovviamente, gli competeva. Era trascorso quasi un anno dall’inizio della mia avventura quando venni convocato, insieme ad altri carabinieri, a Castelgandolfo per essere ammesso in udienza dal Santo Padre; fu un giorno, ancora una volta, di enorme emozione: il Papa desiderando ringraziarci per quanto avevamo fatto per lui voleva, insieme alla Benedizione, lasciarci un piccolo segno della sua benevolenza, una medaglia con il suo volto che conservo fra le cose più preziose che il mio servizio nell’Arma mi abbia procurato. Dopo qualche mese avrei lasciato Palestrina per il comando della Compagnia di Crotone e fui ancora fortunato: avrei nuovamente potuto essere vicino a Giovanni Paolo II per altre due volte, a Catanzaro e Crotone. 

Enzo Inzolia

Nella foto, E. Inzolia accanto al papa Giovanni Paolo II

Il PAPA POLACCO E IL GIOVANE TENENTE AUGUSTANOultima modifica: 2011-11-13T07:30:00+01:00da leodar1
Reposta per primo quest’articolo

Un pensiero su “Il PAPA POLACCO E IL GIOVANE TENENTE AUGUSTANO

  1. Caro Enzo,hai avuto il privilegio e la fortuna,durante la tua prestigiosa carriera di ufficiale dell’Arma, di stare accanto a persone di altissimo profilo morale tra cui il papa Karol Wojtyla ,ma che dico persona meglio chiamarlo Santo.Hai avuto l’onore di conoscerlo e di stargli accanto.Non si può sempre avere fortuna,la vita ti ha fatto conoscere pure me,non ti può andare sempre bene,c’è la legge della compensazione!
    Sono onorato della tua amicizia!
    Ciao

I commenti sono chiusi.