La porta spagnola di Augusta

porta.jpgAUGUSTA. Correva l’anno 1681. I conquistatori spagnoli tenevano saldo il potere in Sicilia. Nell’Isola a rappresentare il re “cattolicissimo” Carlo II era il conte Francesco di Benavides, uno di quei nobili carichi di titoli che potevano aspirare a svolgere la funzione di viceré. Benavides, nel 1680, vide bene di persona in quale stato miserando era ridotta Augusta, dopo  circa un triennio di occupazione francese (agosto 1675-marzo 1678), e decise di porre riparo alla situazione , provvedendo specialmente  a un nuovo sistema difensivo. Già all’epoca, il viceré stimava  il porto di Augusta come uno dei più importanti dei domini reali spagnoli e, quindi, era necessario provvedere alla sua difesa. Per la tutela della città e del suo porto, Benavides incaricò   Carlos  De Grunembergh, un nobile di chiara fama come ingegnere. De Grunembergh apportò molte migliorie alle fortificazioni esistenti e progettò due monumentali porte di terra:  della prima, detta del Rivellino o Quintana (dal nome di un consigliere del viceré, che diresse i lavori)  rimangono  parte dello stipite sinistro e la colonna tortile,che ricorda, cioè, una spirale, che aveva funzione eminentemente decorativa; la seconda è rimasta praticamente integra,  sopravvissuta alla voracità del tempo e a quella degli uomini: è l’arco, sotto cui, fino a vent’anni fa, era obbligatorio passare per entrare in Augusta. E’ la Porta Spagnola, simbolo riconosciuto di Augusta, come il teatro greco lo è di Siracusa e la statua dell’elefante di Catania. Fin a quando ha avuto vita la Banca popolare di Augusta (oggi di proprietà della Banca agricola popolare di Ragusa), il profilo della Porta Spagnola era riprodotto sugli assegni  e sulle copertine dei bilanci dell’istituto di credito,  come  segno distintivo per indicare l’indissolubile nesso tra banca e città, dov’era nata alla fine dell’Ottocento.  Nel 1681, dunque, la monumentale porta, progettata da De Grunembergh,  fu portata a termine con  piena  soddisfazione degli augustani che si sentivano più sicuri,  più protetti da ben tre porte  (della prima, quella più vicina al centro abitato, denominata Porta Madre di Dio, non sono visibili resti), ma, soprattutto, con il legittimo orgoglio del fedele  viceré spagnolo , in onore del quale fu incisa la seguente epigrafe in latino:

D.O.M. CAROLO II HISPANIARVM AC SICILIAE REGE IMPERANTE DON FRANCISCVS BENAVIDES COMES SANTISTEVAN SICILIAE PROREX IN TANTI PORTVS LITORE MVNIENDO NON SOLVM SICILIAE SED TOTIVS ITALIAE ET CHRISTIANI NOMINIS INCOLVMITATI CONSVLERE EXISTIMAVIT ANNO M DC XXCI.

L’acronimo D.O.M. sta per a Dio Ottimo Massimo  e immediatamente richiama alla memoria un’analoga iscrizione romana, laddove in luogo di Dio si deve leggere Giove.  L’epigrafe riferisce che:

REGNANDO CARLO II IN SPAGNA E IN SICILIA,  DON FRANCESCO BENAVIDES, CONTE DI SANTOSTEFANO E VICERE’ DI SICILIA, NEL FORTIFICARE IL LITORALE DI UN COSI’ GRANDE PORTO, STIMO’ DI PROVVEDERE  ALLA SALVEZZA NON SOLO DELLA SICILIA, MA DELL’ITALIA INTERA  E DELLA CRISTIANITA’ (1681).

Dopo gl’interventi di pulitura e di restauro, portati a termine qualche anno fa, sotto la tutela della soprintendente Mariella Muti, l’epigrafe è oggi maggiormente leggibile nella lapide marmorea  murata sopra un mascherone posto in rilievo nella chiave dell’arco e sotto l’enorme scudo regio di Carlo II.  Questo stemmaimperiale, collocato al vertice della Porta Spagnola  è sostenuto ai lati da due grifoni  e circondato dal collare del prestigioso ordine cavalleresco  spagnolo del Toson d’oro, conferito  ai nobili che erano in grado di difendere la chiesa cattolica e garantire sicurezza alla cosa pubblica Del Toson d’oro si sono fregiati gli Asburgo d’Austria e di Spagna e Carlo II è stato proprio l’ultimo asburgo a regnare in Spagna.

In posizione decisamente inferiore, ma posti  al di sopra dei pilastri laterali  della Porta gli stemmi nobiliari del viceré Benavides che sovrastano due altri mascheroni, di dimensioni inferiori a quello centrale.

La Porta Spagnola di Augusta è sopravvissuta all'”immane terremoto” del 9 e 11 gennaio 1693, alle bombe sganciate dagli Americani il l3 maggio del 1943 . Riuscirà a sopravvivere alle ferite  inferte dagli uomini? Un arco analogo a Siracusa  è stato distrutto durante il  regime fascista e i suoi pezzi sono conservati al museo Bellomo. Ad Augusta i vandali storici e quelli occasionali sono stati vinti. Almeno fin ora.

 Giorgio Càsole

La traversata di Leo Callone

Leo Callone in 5 ore e 42 minuti ha coperto la distanza di 22 chilometri di mare che separa Augusta da Siracusa. L’impresa, mai realizzata, è stata possibile grazie al sostegno della società Sim di Siracusa che ha promosso l’iniziativa.

thumb.jpgUn evento sportivo fortemente sostenuto dalla popolazione e dalle istituzioni che hanno dimostrato grande affetto al campione di nuoto lecchese che ha strabiliato. Un mare mosso ha accompagnato il nuotatore per tutta la distanza coperta, ma impiegando meno tempo del previsto Callone ha raggiunto Lido Zen a Siracusa, dopo essere partito da Faro Santa Croce alle 9.35, accolto da un numeroso pubblico.

Sono estremamente soddisfatto – ha affermato Callone appena uscito dall’acqua – la difficoltà di questa impresa è stata soprattutto la forza delle onde che mi ha costretto a correggere la rotta molto spesso. Il mare era grosso ma non sfavorevole e questo mi ha permesso di ottenere un tempo molto buono”. Il Caimano del Lario ha voluto ringraziare tutta l’organizzazione: “Ho ricevuto un’accoglienza meravigliosa, la gente siciliana è splendida, e tutto è stato organizzato dalla Sim e dal signor Sebastiano Solano in modo perfetto. Spero di avere altre occasioni di nuotare in questo mare stupendo”.

La manifestazione è stata possibile grazie all’impegno di diversi enti e persone e l’organizzazione della Sim ricorda: I Comuni di Augusta, Siracusa Priolo e Melilli, la Regione Lombardia, la Provincia, il Coni di Siracusa e quello regionale, Kiwanis di Augusta, l’istituto Tecnico Nautico, la Riserva del Plemmirio, il Cesvam, e un grande contributo è giunto dalla Guardia Costiera ausiliaria di Augusta, il supporto tecnico della Capitaneria di Siracusa e Augusta e di Marisicilia, grazie al comandante, ammiraglio Andrea Toscano.

Alla partenza e all’arrivo Leo Callone è stato affiancato da nuotatori e canoisti di Augusta e Siracusa.

   siracusa.blogsicilia.it

Il tribunale di Augusta si sposta in contrada Cozzo delle forche

foto.jpgDa  venerdì 24 luglio il tribunale di Augusta è operativo in contrada Cozzo delle forche, al piano terra della cosiddetta Torre Tabita,  che molti anni fa ospitava  sale di esposizione per la vendita dei mobili. Il nome deriva, infatti, dal proprietario, Puccio Tabita, catanese, uno dei noti fratelli Tabita proprietari di un grosso edificio  per la vendita di mobili in quel di Misterbianco. La decisione di spostare gli uffici del tribunale, sezione staccata del tribunale aretuseo (nella foto), è stata decisa in tempi rapidissimi dalla Giunta Carrubba, dopo l’ordinanza di chiusura dei vecchi locali che hanno ospitato per quasi quarant’anni la pretura e  negli ultimi anni il tribunale, da quando le preture sono state soppresse. I vecchi locali erano quelli dell’ex convento di piazza Madonna delle Grazie, di proprietà dell’Azienda Sanitaria Provinciale, subentrata all’ASL  di recente, giacché quei locali avevano ospitato  i pochi reparti dell’ospedale civico, negli anni Cinquanta del secolo scorso . E’ stato il presidente del tribunale di Siracusa, Paolo Lucchese, che ha emesso l’ordinanza per l’inagibilità dei locali e, se non fosse stato per l’intervento dell’amministrazione comunale, l’operatività degli uffici sarebbe stata trasferita nella sede centrale di Siracusa. Per fortuna siamo nel periodo estivo, in cui c’è la sospensione forzata dell’attività giudiziaria importante, cioè lo svolgimento dei processi.  Il sindaco  Carrubba ha tenuto a precisare che, grazie al trasferimento, immediatamente operativo, il  rischio di dover andare a Siracusa, sia pure per un periodo limitato, è stato scongiurato. Infatti, a ottobre dovrebbe essere pronta la nuova definitiva sede, quella cioè costituita dal palazzo tinteggiatori blu, in Viale Italia, a stretto contatto con un distributore di benzina, che il tribunale di Siracusa ha ritenuto idonea .  E chissà che nella nuova sede non si possa svolgere il processo a carico della ditta Sangiorgio, che, fino allo scorso anno, aveva il compito di riscuotere i balzelli per conto del Comune. L’assessore Gioacchino Ajello ci ha confermato che il Comune ha dato incarico agli avvocati aretusei  Coppa e Italia di perseguir e con ogni mezzo questa  ditta che deve dare al Comune di Augusta la non indifferente cifra di due milioni di euro per  esazioni riscosse e non versate nelle casse municipali. La ditta è stata denunciata per concussione, trattandosi di azienda  che esplicava un pubblico servizio. “Contiamo di recuperare a breve almeno 700 mila euro grazie alla fidejussioni che la Sangiorgio aveva dovuto stipulare per ricevere l’appalto”

-Che farete con questi quattrini? “Cercheremo di rimpinguare le casse del Comune2, è stata la risposta dell’assessore Aiello.

               Giorgio Càsole

Guidosimplex: un modo per rendere autonomi i diversamente abili

simplex300.jpgAbbiamo incontrato Giovanni Spadaro, presidente de Il Faro Augusta Onlus che si occupa di tutto quello che riguarda il mondo dei diversamente abili, che ci ha voluto mostrare un sistema, montato su una macchina dell’associazione, che aiuta e render autonomi tutti quelli come lui che, purtroppo, hanno qualche problema alla deambulazione e, di conseguenza, alla guida della propria autovettura.

Si chiama Guidosimplex, è applicato al volante e consente di avere così la gestione di tutti i comandi cosicchè si può utilizzare il mezzo in piena autonomia; in particolare questo sistema darà la possibilità a Giovanni e agli altri atleti diversamente abili di Augusta di partecipare alle gare di hanybike nella più totale autonomia senza dover chiedere l’aiuto di altri mezzi di trasporto. “Guidosimplex” è stato donato all’associazione dal Kiwanis di Augusta che Giovanni Spadaro, a nome dei colleghi, ringrazia sentitamente perché, anche grazie a questo sistema, il diversamente abile non si sentirà, come ha dichiarato Giovanni, “una persona da assistere e accudire ma un protagonista attivo della propria vita” a cui donare, da parte nostra, i cosiddetti “abili”, attenzione e sensibilità.

Giovanni, aspettiamo di fotografare e applaudire nuovamente te, Alessandro e Katia alla prossima gara di handybike a cui andrete con l’aiuto di Guidosimplex.

         Daniela Domenici

ORDIGNI BELLICI INESPOSI: NUOVA SCOPERTA A

DECISIVO INTERVENTO DEI GENIERI della Brigata “Aosta”

genieri.jpg Nuovo rinvenimento a Chiaramonte Gulfi (Ragusa). Dopo oltre sessant’anni dalla fine della seconda guerra mondiale, la terra ha restituito un’altro delle migliaia di ordigni bellici utilizzati sul suolo siciliano dal 1940 al 1943.

Lo scorso 16 luglio 2009 si è registrato l’ennesimo intervento degli specialisti per la bonifica di ordigni esplosivi del 4° reggimento genio guastatori della Brigata Meccanizzata “Aosta”. Ancora un ordigno bellico risalente al secondo conflitto mondiale: si è trattato di  una granata di artiglieria da 75 mm, rinvenuta in un fondo agricolo in contrada Dicchiara la scorsa settimana, per la quale si è proceduto con il disinnesco, la messa in sicurezza ed il successivo brillamento.

La Prefettura di Ragusa ha coordinato l’attività portata a termine dai genieri della storica e gloriosa Grande Unità dell’Esercito Italiano di stanza in Sicilia.

La bonifica da ordigni esplosivi, per lo più residuati bellici del conflitto 1940-45, costituisce uno dei compiti più delicati e importanti che l’Esercito Italiano è chiamato ad assolvere, per la difesa e l’incolumità dei cittadini, sul territorio nazionale. Infatti, nonostante siano passati oltre 50 anni dal lancio di tali ordigni, essi mantengono intatta, se non potenziata, la loro pericolosità.

Il territorio siciliano non è nuovo ad interventi di questo genere, visto che l’isola divenne teatro di accesi combattimenti fra le forze italo-tedesche e quelle angloamericane nell’estate del 1943.

I Reggimenti del Genio dell’Esercito Italiano dispongono di altissima e riconosciuta professionalità e sono costantemente impegnati, tanto in patria quanto nelle numerose missioni di pace all’estero, a contribuire alla sicurezza delle popolazioni colpite da eventi bellici.

Francesco Grasso

francesco_grasso.jpgLa Funzione Pubblica CGIL di Siracusa, esprime  il proprio profondo cordoglio per la scomparsa di di Ciccio Grasso,  che ha ricoperto la carica di Segretario dell’arsenale Militare di Augusta,ed è  stato uno dei più importanti e stimati dirigenti sindacali della Funzione Pubblica di Augusta.
“Ricordiamo Ciccio,  come un amico indimenticabile e, quale importante dirigente storico della nostra federazione, un compagno di lavoro rigoroso che ha rappresentato per più generazioni un fondamentale punto di riferimento morale, sempre guidato da una profonda passione sociale e da una grande sensibilità umana.

L’attuale Segretario, Sebastiano Trigilio, amico fraterno di Ciccio, ne piange la perdita e lo ricorda non solo per il suo impegno politico-sindacale, ma soprattutto per la generosità, spontaneità e per l’intelligenza che lo hanno sempre contraddistinto.

Ai familiari del compagno Ciccio vanno le più sincere e fraterne condoglianze.

         Sebastiano TRIGILIO – Segretario FP CGIL Difesa Augusta

Urbem Syracusas summam esse graecarum

tullio.pngSono parole di Marco Tullio Cicerone, uno dei massimi scrittori della latinità, avvocato tra i maggiori di Roma e uomo politico influente all’epoca di Giulio Cesare. Per Cicerone, Siracusa era la più grande  delle città greche. I Romani conquistatori erano un popolo rozzo, praticamente senza cultura, che, per cinque secoli non avevano prodotto  una letteratura. Quando nel  III  secolo a. C. conquistarono le colonie della Magna Grecia nel meridione d’Italia, rimasero  affascinati dalla cultura ellenica, in tutte le sue espressioni artistiche, e cominciarono, allora, ad assimilarla fino a farla diventare propria. ” Graecia capta ferum victorem cepit”, cioè la Grecia conquistata conquistò il feroce vincitore, riconobbe secoli dopo il grande poeta Orazio, il poeta del celebre “carpe diem”, dell’età di quell’Ottaviano che fu elevato all’onore di Augusto, dopo aver sconfitto Marco Antonio, segnando così la fine delle guerre civili. I poeti, gl’intellettuali in genere, da Roma si recavano spesso in Grecia, considerata la patria della cultura,  del pensiero filosofico,  delle radici mitiche. La mitologia romana, che era la loro  religione,  è tutta impregnata di radici greche. I Romani si limitarono a mutare i nomi degli dei greci:  Zeus, il  sommo dio, divenne Giove, la di lui moglie Era  fu chiamata  Giunone, il mitico semidio Eracle Ercole, e così via.  Dunque, non poteva che essere entusiastico il giudizio di Cicerone quando vide e visitò Siracusa, una delle capitali della Magna Grecia, che aveva una vita di circa sette secoli all’epoca di Cicerone, il quale  la definì anche la più bella di tutte le città. Dovette apparire all’illustre senatore romano come una metropoli , anche perché Siracusa era una pentapoli, comprendeva, cioè,cinque città (da intendere, ovviamente, con il significato del tempo): Acradina, Epipoli, Neàpolis, Tyche e, naturalmente, Ortigia, l’isola del mito di Alfeo e Aretusa,che i greci fondatori della città avevano importato dalla madre patria, vero e proprio mito di fondazione, tant’è vero che si può  usare “aretuseo” come sinonimo di “siracusano”. Secondo il mito, Alfeo, figlio di Oceano e Teti, si era innamorato della ninfa Aretusa e, per conquistarla, assunse l’aspetto di un cacciatore. Aretusa, avvertito il pericolo, fuggì velocemente e lontano: attraversò il mare, approdò in Sicilia e trovò rifugio nell’isola di Ortigia, cara alla dea Artemide, Diana per i Romani (Ortigia è uno dei soprannomi della dea). Per sottrarla del tutto alle grinfie di Alfeo,  Artemide trasformò la ninfa  in sorgente. Alfeo, profondamente innamorato,  dio di un fiume che scorreva oltre il monte Olimpo, fece scorrere le acque sotto il mare per emergere a Ortigia dove esse  si mescolarono a quelle di Aretusa. La “fonte Aretusa”,nel cuore di Ortigia, è uno dei percorsi obbligati di chi visita Siracusa, che potrebbe essere considerata  il degno coronamento di un viaggio in Sicilia, l’isola che è al centro del Mediterraneo e che potrebbe essere considerata per il clima mite la  California dell’Unione Europea. Guy de Maupassant, scrittore francese di  fine Ottocento,  riferendosi proprio a Siracusa, osservava : “E’ con questa graziosa e singolare cittadina che bisogna concludere un’escursione in Sicilia.” A Siracusa le vestigia della  civiltà greca non sono soltanto reperti  da ammirare, ma  testimonianze “vive”, come, per esempio, l’amplissima cavea del teatro, il più grande dei teatri greci, dopo quello di Epidauro in Grecia, dove ogni anno, i n primavera, attori professionisti fanno rivivere sulla scena i  capolavori dei grandi tragici greci, Eschilo, Sofocle, Euripide, realizzando una suggestione unica, che fa rituffare gli spettatori in un passato remoto e alonato di misticismo, quando, per i greci, andare a teatro era, come per i cattolici, andare a messa.  Non molto distante dal teatro greco il parco archeologico della Neàpolis con  quella grotta straordinaria per morfologia e acustica, che è definita” l’orecchio di  Dionisio,” perché, secondo la tradizione orale, uno dei tiranni di Siracusa, Dionisio o Dionigi, posto alla sommità, riusciva ad ascoltare distintamente i discorsi dei prigionieri rinchiusi all’interno della grotta, che sembra avere, appunto, la forma di un grande orecchio di pietra. Alle vestigia greche si affiancano quelle  romane con un gruppo di tombe di età imperiale, tra cui potrebbe esserci anche quella dove fu sepolto Archimede, il grande scienziato che fu ucciso da uno dei rozzi e feroci soldati romani, dopo l’assedio di Siracusa. A Siracusa il cristianesimo attecchì presto tanto che, nel V secolo d. C.,. a Ortigia, un tempio  dorico dedicato ad Atena, Minerva per i Romani, fu trasformato in chiesa cristiana -sono visibili all’interno le possenti colonne doriche – dedicata alla santa patrona Lucia, la martire cristiana cui furono cavati gli occhi. Un altro tempio cristiano, in tempi moderni, è stato elevato in onore della “Madonna delle Lacrime”,  nel ricordo d’un evento prodigioso accaduto, sul finire degli anni  Cinquanta del secolo scorso, nella modesta  casa di una povera famiglia di operai: la lacrimazione, lacrime umane  come hanno attestato i chimici, di un quadretto di gesso raffigurante  la Madonna, usato come capezzale nella stanza da letto dei coniugi Gennuso. Siracusa, città greco-romana e cristiana , presenta  testimonianze del barocco siciliano famoso ormai nel mondo .Tuttavia, se si vuol apprezzare l’arte barocca nella sua pienezza, occorre recarsi  a Noto per ammirare la monumentalità barocca scenograficamente dispiegata lungo la via principale. Se si vuole  compiere un viaggio ancora più a ritroso nel tempo, più indietro rispetto all’epoca greca, bisogna andare a visitare la necropoli di Pantalica, nei pressi di Sortino, una cittadina sulle colline iblee dove viene prodotto il miele fra i migliori . Se si vogliono gustare le primizie della  campagna, allora ci si deve inoltrare fino a Pachino, patria dei famosi pomodorini che sembrano ciliegie e dove si producono qualità di vino che fanno  pensare all’ambrosia, il nettare degli dei. Se si ama l’habitat naturalistico,  si può andare ad ammirare i fenicotteri che vivono indisturbati nella zona umida di Vendicari , oasi protetta,che qualcuno, anni fa, voleva trasformare  in area urbanistica per edilizia residenziale.  Sarebbe stato un delitto ambientale tra i peggiori. Per fortuna non s’è avverato. Per  fortuna o per volere degli dei?  

Giorgio Càsole

Sbatti il mostro in prima pagina

Sbatti il mostro in prima pagina…

condanna%20ingiusta.jpg…e se il mostro fosse totalmente estraneo al reato imputatogli e assolutamente innocente, come successe a Enzo Tortora, e stesse scontando ingiustamente una condanna per qualcosa che non ha mai fatto nè immaginato di fare.

E se questo “mostro” fosse invece un giovane uomo siciliano che sta traformando questa ingiusta e lunga condanna (che in prima istanza sembrava addirittura un ergastolo) in un’occasione di crescita interiore.

E se questo “mostro” stesse riuscendo a interiorizzare il suo immenso, indicibile dolore e tradurlo in una missione: essere per i compagni di sventura, colpevoli o no non importa, un esempio di infinita serenità, di continuo sorriso, di ascolto partecipe, di aiuto anche nelle più piccole incombenze pratiche come, per esempio, compilare le istanze da presentare agli organi competenti per quei compagni che non hanno studiato abbastanza a scuola da essere in grado di scrivere qualche riga o che parlano una delle quaranta lingue presenti all’interno del carcere.

Se questo “mostro” fosse stato dato in pasto, all’epoca dei fatti (1996), alle “belve affamate” di notizie succulente di quegli importanti mezzi di comunicazione, cartacei e televisivi (tra i tanti il “Maurizio Costanzo Show” e il “Coriere della Sera”), che banchettano lautamente sul dolore degli altri per aumentare lo “share” degli ascolti senza minimamente documentarsi prima sulla veridicità di certe affermazioni e che hanno un potere incommensurabile sulle menti di coloro che ascoltano e leggono, plagiando la loro opinione in merito.

E se questo “mostro” avesse finalmente ottenuto il suo primo permesso di quattro giorni e l’avesse trascorso in una struttura che una volta era mensa della Caritas e ora casa-accoglienza per chi può usufruire di qualche momento di libertà, seppur ristretta, da trascorrere con i familiari; e soprattutto avesse trascorso questi giorni come un ragazzo “normale”, e non come un “mostro”, con la sottoscritta e il marito facendo cose “normali” come cenare insieme nel divertimento e nella gioia, parlando di libri, di musica , di Internet, di sport, di yoga di cui questo “mostro” è un maestro, di archiettura in cui questo “mostro” è prossimo alla laurea, di spiritualità cristiana di cui questo “mostro” è un profondo conoscitore (ha appena fatto da padrino di Cresima a un compagno di detenzione che sta facendo un percorso di cambiamento totale).

Questo giovane uomo, Marco, spera e prega che il vero colpevole, o comunque chi sa qualcosa del reato per cui lui sta ingiustamente scontando la condanna si faccia avanti e parli.

Daniela Domenici

L’ ex allievo operaio Vittorio D’Amico

PIC037.jpgAUGUSTA. 53 anni fa entrò come allievo operaio all’interno dell’arsenale  augustano della Marina Militare. Il 15 luglio si è  congedato con la qualifica di funzionario.  Vittorio D’Amico – è di lui che parliamo – potrebbe essere iscritto nel Guinness dei primati. E’ un primatista, non nel  significato sportivo del termine, ovviamente,  ma come dipendente pubblico  (forse anche privato) che ha totalizzato il maggior numero di anni  al servizio dello Stato, in questo caso della Marina Militare italiana. D’Amico sarebbe potuto andare in pensione da anni, ma sarebbe stato ancora troppo giovane e s’è posto il problema del che far dopo il pensionamento, non bastandogli  il piacere  di costruire  nel tempo libero una barca da diporto. D’Amico non l’ammette esplicitamente, ma pensiamo  che in cuor suo nutrisse l’ambizione non tanto di diventare PIC036.jpgprimatista imbattibile, quanto quella di raggiungere un traguardo  nella carriera che gli era sembrato utopistico quando, appena tredicenne, oltre mezzo secolo fa,  fu ammesso alla scuola allievi operai. Nel corso di tutti questi anni, D’Amico ha toccato vertici di responsabilità nel campo del lavoro , divenendo dirigente  sindacale (UIL) e nella vita civile (consigliere comunale, assessore e  sindaco  di Augusta), ma non aveva toccato il vertice cui aspirava nell’àmbito della carriera.  Il tempo e la sua forza di volontà gli hanno permesso di  raggiungere questo traguardo. Il pensionamento era ormai obbligatorio avendo raggiunto l’età anagrafica  massima oltre la quale lo Stato PIC035.jpgnon ammette più che i dipendenti  (tranne alcune categorie come i docenti universitari)i restino in servizio, almeno finora. Di questi tempi, infatti,  a causa del prolungamento della vita media, si  fa un gran parlare di far andare in pensione tutti a un’età più avanzata. Abbiamo la convinzione che D’Amico, se avesse potuto, sarebbe rimasto ancora al suo posto,  anche perché si sente, ed è, ancora fisicamente e intellettivamente  così valido che  non vuole sprecare l’esistenza in partite di carte o in altre occupazioni tipiche degli anziani che non lavorano più. Non vuole fare il pensionato di lusso, D’Amico, che è sempre stato vicino agli operai e alla gente comune. Già si profila per lui un nuovo posto di responsabilità all’interno di quel sindacato  dove ha militato da sempre, la UIL. La voce è stata diffusa il l5 luglio, ultimo giorno di servizio per D’Amico, coram  populo, davanti  al nutrito stuolo d’invitati alla festa di congedo che l’ex sindaco ha voluto organizzare nel capiente salone del circolo ricreativo dei dipendenti civili della Marina, a Punta Izzo, presenti, tra gli altri,  il comandante di Marisicilia, ammiraglio di divisione Andrea Toscano, e il sindaco di Augusta, Massimo Carrubba. Il primo ha sostanzialmente ripetuto il contenuto della lettera di apprezzamento letta dallo stesso Toscano ai giardini pubblici, in occasione della festa della M.M., che, qui in Augusta, è stata celebrata il 7 giugno. Il sindaco  si è congratulato per gli oltre cinque decenni al servizio dello Stato e ha donato al suo predecessore un crest del Comune. Poi, altri oratori e altri doni(tra questi la riproduzione di una barca a vela, simile a quella che D’Amico ha pazientemente costruito con le  sue mani). Dopo, l’immancabile rinfresco. Infine , le foto-ricordo nel segno della commozione. 

                               Giorgio Càsole

Macerie e lacrime

Solidarietà e ricostruzione.

 901215 - macerie e lacrime 3.jpgSono due parole che mi feriscono ancora, benché dal terremoto del 13 dicembre 1990 siano passati ben 19 anni.

Anche se talune istituzioni si potrebbero sentire offese dalle mie dichiarazioni la verità è questa: di fronte alle calamità naturali non siamo tutti “fratelli d’Italia”, e con l’avvento della Lega ancora di più.

E se a qualche altro potrebbe “dispiacere” c’è un’altra verità scomoda da ricordare: dopo il terremoto o la calamità, spenti i riflettori dei mezzi d’informazione, lo stato ti abbandona nelle mani di un carnefice chiamato burocrazia.

Le calamità avvengono in pochi secondi o minuti: la sofferenza del “dopo-disastro” te la puoi portare avanti per anni o decenni. Ai funzionari del ministero la tua sofferenza non importa: diventi solo il numero di una pratica, di un fascicolo.

Due sono le forme di sofferenza grave del “mio” territorio: una dura da oltre mezzo secolo (è il disastro ambientale); l’altra è quella di aver visto l’incapacità dello Stato – e della Regione Sicilia in particolare –

riguardo alla gestione del dopo terremoto del 1990.

Probabilmente il mio cognome e nome, sulla stampa in particolare – e in internet -, sono legati non tanto al ruolo di prete o di parroco, ma alle vicende socio-ambientali del mio territorio.

Prima ancora del terremoto del 90 mi sono trovato in prima linea sulla questione “salvaguardia del creato”, sicurezza e rischi civili e, mentre aspettavamo l’intervento dello stato per dare sicurezza a questo territorio, è arrivato perfino il terremoto, di fronte al quale lo stato italiano non solo è “fuggito”, ma addirittura ha nascosto tante cose.

Non mi riferisco solo alla “fuga” vera e propria dell’allora ministro per la protezione civile Lattanzio, ma di tutte le istituzioni dello Stato che non furono neanche fisicamente presenti ai funerali delle vittime del terremoto, ma anche al fatto che non ci venne concesso neanche il diritto alla solidarietà.

Solidarietà e ricostruzione:

non mi ricordo, nei giorni seguenti il “mio” terremoto, di partite del cuore, di una tantum per la ricostruzione, di ritocchi del prezzo della benzina per i terremotati, di visite di uomini illustri o potenti, (questi cominciarono a venire alla spicciolata, in forma privata – e rapida – il mese dopo) quando si già si percepiva nettamente l’abbandono dello stato, quando già erano frequenti le manifestazioni di protesta.

È l’unico caso, che io ricordi, nella storia della repubblica italiana, in cui – di fronte a un sisma che aveva provocato 17 morti e 15.000 senzatetto (41 i comuni “toccati” dal sisma in tre province)-, non venne dichiarato lo “stato di calamità naturale” perché …. “non ce n’erano le condizioni”.

“Terremotati e gabbati” sino alla fine di ottobre 1991, quando dopo alcuni giorni consecutivi di fortissime proteste venne tolta l’ultima barricata che isolava Siracusa. Fino a quella data, secondo la servile informazione nazionale,  noi siciliani “piagnoni” ci eravamo “inventati” perfino il terremoto per vivere di assistenzialismo.

In realtà era la zona colpita dal sisma che “assisteva” l’erario statale con un gettito stimato allora in 24.000 miliardi di lire (12 miliardi di euro attuali), e che soffriva per le conseguenze di un inquinamento pluridecennale che aveva ferito profondamente persone e territorio.

In segno di “solidarietà” (molto tardiva, ma strappata a forza) il 31 dicembre 1991 venne varata la legge 433/91 quella che finalmente finanziava la ricostruzione della zona terremotata.

3870 miliardi di vecchie lire …… ma in sei anni!

Se poi gli anni effettivi per la ricostruzione sono diventati 14, 15, 19 …. La colpa di chi è? Non certamente dei terremotati. Ad Augusta, epicentro del terremoto del 1990, nel 2009, attende la fine della ricostruzione il palazzo municipale; ad Augusta, dove il terremoto per fortuna o per disgrazia, non provocò nessun morto basta recarsi nella chiesa del cimitero per “ammirare” ciò che provocò il sisma del 13 dicembre 1990. Nessun intervento, se non il “provvisorio” puntellamento dall’anno del terremoto. La piccola chiesa del cimitero di Augusta probabilmente per il suo restauro avrà bisogno di molti più soldi della basilica di Assisi o della cattedrale de L’Aquila. Ecco perché non la si ricostruisce.

Perché per i terremotati dell’Umbria (1997) la legge sulla ricostruzione venne approvata solo dopo 4 mesi?

Lì i riflettori si accesero subito e rimasero accesi per lungo tempo ed anche la macchina della solidarietà si mise in moto a pieno ritmo.

Perché al Molise il presidente del consiglio promise la ricostruzione in due anni dimenticandosi dei terremotati di S. Venerina in Sicilia?

Perché nel recente terremoto d’Abruzzo, il presidente del consiglio, vi si è recato già una dozzina di volte?

Perché questo presidente del consiglio è così prodigo di sorrisi e promesse nei confronti degli abruzzesi?

Perché il G8 si è tenuto a L’Aquila?

Perché così i terremotati abruzzesi avrebbero avuto più solidarietà.

A settembre avrete una casa!!! Ma per costruire, secondo legge, non ci vogliono i tempi della burocrazia?

A volte, ma solo in certi luoghi, e con l’intervento diretto di le fa (magari ad personam) le leggi si possono scavalcare: gli altri aspettino. Anche anni se non sei subito un … utile elettore.

A chi scrive le stesse istituzioni che altrove annunciano tempi brevi stanno facendo aspettare da oltre solo 14 mesi il collaudo di un edificio sacro (Santuario Adonai di Brucoli) già “finito”, ma solo diciannove anni ….. dopo il terremoto.

Non riesco proprio a vedere in che cosa siamo “fratelli d’Italia” dopo il terremoto.

L’Abruzzo non è la Sicilia. Si trova a soli 100 km da Roma. È più facile da raggiungere per tutti i politici, presidente del consiglio in testa: una veloce puntatina, pranzo (non pagato) con i terremotati, promesse e … via.

Forse perché in Abruzzo c’è uno scenario ambientale totalmente diverso da quello della zona nord di Siracusa, epicentro del sisma del 1990.

Qui ci sono decine di stabilimenti inquinanti e pericolosi: qui è pericoloso viverci, è rischioso passarci anche di sfuggita: non ci sono passati neanche quelli del G8 della Prestigiacomo (una gita nella sua azienda di famiglia avrebbe accresciuto certamente il suo prestigio); non ci passò neanche Ciampi quando venne a inaugurare la targa in cui si dichiarava Pantalica “patrimonio dell’umanità”; non ci venne neanche Cossiga dopo il terremoto del 1990.

Solidarietà? Dopo il terremoto del 1990 l’atteggiamento dello stato italiano fu peggio di una pugnalata alla schiena di uno già ferito. Nessuna solidarietà ai Siciliani terremotati. E neanche informazione all’Italia. Tant’è vero che questo terremoto non lo ricorda più nessuno neanche all’Istituto nazionale di Geofisica.

I riflettori qui avrebbero sicuramente illuminato qualcosa che invece bisognava nascondere.

Anche ad Augusta si parlò di … Ricostruzione veloce, trasparente: nel senso che non si vide. Questa poteva e può ancora aspettare.

In compenso, oggi, qui, parliamo di ….. costruzione – rapida -, ma di altri impianti a rischio in una zona a rischio: termovalorizzatore e rigassificatore: in zona sismica di primo grado! Quello che già c’è non era sufficiente? Di sicuro il numero di morti di cancro, di bambini malformati, di aborti terapeutici o spontanei, di morti e feriti negli incidenti sul lavoro nell’area Augusta-Priolo, è certamente più alto di quello di tutti i terremoti accaduti nel territorio italiano dopo il 1990.

Chiedo a tutti coloro che sulla stampa, in televisione, usano le parole “solidarietà e ricostruzione” di ricordarsi che in un’altra zona d’italia (stavolta, ricordandomi del giovane Alessandro Manzoni lo scrivo appositamente minuscolo) queste due parole offendono e feriscono la coscienza di altri cittadini terremotati da tempo, a cui nessuno vuol dare ascolto solo perché hanno la colpa di non vivere a 100 chilometri da roma. A mille chilometri di distanza fare le passerelle è più difficile e più scomodo. Anche per chi ha a disposizione l’aereo di stato, e può trasportare gratis chi vuole.

Se poi magari qualche giornalista  volesse venire, dovrebbe farlo in fretta, perché al proprio giornale, le trasferte in Sicilia costano. E poi diciamolo chiaramente: a quale grande testata giornalistica possono interessare i problemi di questa parte della Sicilia visto che solitamente queste hanno la loro sede nel centro nord dell’Italia come le sedi legali delle aziende del petrolchimico siracusano?

                     Sac. Prisutto Palmiro