AUGUSTA/ UN IMPONENTE EDIFICIO, POGGIATO SU ISOLATORI SISMICI, E’ STATO FISICAMENTE SPINTO PER 15 CM DA UN MARTINETTO IDRAULICO PER PROVOCARNE UN MOVIMENTO OSCILLATORIO

ALLA SPERIMENTAZIONE HANNO ASSISTITO NUMEROSI INGEGNERI, STUDENTI E DOCENTI UNIVERSITARI PROVENIENTI DA TUTTA ITALIA.

LA PROVA, L’INDOMANI DI UNA SCOSSA TELLURICA DI MAGNITUDO 3.4 CON EPICENTRO NEL GOLFO DI AUGUSTA 

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INTERVISTA DI GIORGIO CASOLE  –  SERVIZIO DI GIUSEPPE TRINGALI PER AUGUSTANEWS

 

TERREMOTO IN SICILIA? NIENTE ALLARMISMI, MA…

901213- terremoto notte di paura 3.JPG«A breve, tra la Calabria e la Sicilia, potrebbe verificarsi un sisma distruttivo, di magnitudo 7,5 sulla scala Richter». Alessandro Martelli, l’ingegnere che dirige il centro di ricerche Enea di Bologna, ha lanciato un allarme amplificato dal recente sisma in Emilia Romagna. Lui, assieme a un altro esperto dell’agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, è stato al centro dell’audizione in commissione Ambiente alla Camera. Martelli prima specifica: «Un terremoto catastrofico, molto più forte di quello dell’Emilia di questi giorni o dell’Aquila, potrebbe colpire e distruggere il Sud Italia, nei prossimi mesi o entro due anni». Nessun allarmismo, ma ciò è stato detto in sede istituzionale. Perché? Prima dicono che i terremoti non si possono prevedere, poi addirittura riescono a  indicare il periodo preciso ove questi si realizzeranno. Il come, dove e quando non è più incertezza? Questa notizia, deve fare riflettere ma forse anche agire. Se in Calabria o in Sicilia si dovesse verificare un terremoto di tale portata, sarebbe distruzione immensa, perché sono terre fragili, dove l’abusivismo è fatto notorio, dove le speculazioni sono fatto notorio, dove l’incuria e il degrado sono fatto notorio. E allora perché questa dichiarazione  in sede istituzionale? Per favorire investimenti di una certa consistenza in quelle regioni o perché effettivamente esistono indicazioni dalle quali è possibile prevedere un simile terremoto? Se così fosse allora si dovrebbe provvedere all’immediata evacuazione delle città a rischio, praticamente quasi la totalità, per consentire l’immediata messa in sicurezza del territorio, verificando la situazione caso per caso, se così fosse non vedo altre soluzioni, perché poi piangere sulle vittime sarà solo l’ennesima beffa di questo sistema. Dunque che qualcuno dia una risposta certa, che la conferisca ai calabresi e ai siciliani perché vivere ogni giorno con il timore che da un momento all’altro possa giungere un terremoto catastrofico,   non è una bella sensazione di vita. Il Governo deve conferire una risposta seria in merito a quanto emerso nella Commissione Ambiente della Camera a fine maggio.

O si nega o si conferma quanto emerso.

In questo caso non sono ammessi ni, o un sì o un no, la gente ha il diritto di sapere.

   G. C.

Nessuno ha avvertito la scossa il 26 febbraio ad Augusta?

terremoto_25370.jpgAugusta.  Domenica 26 febbraio: diciassette minuti dopo le 17, gli strumenti dell’Istituto nazionale di geofisica hanno registrato un terremoto di magnitudo 3.7 localizzato dalla rete sismica nazionale dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia con epicentro nel distretto sismico Mar Ioni, cioè a largo di Augusta,come la notte del 13dicembre 1990, a sessanta kilometri ca. dalla terraferma e a 28 metri di profondità. Nessuna conseguenza per i centri abitati di Augusta e dintorni.  Anzi, gli abitanti non si sono nemmeno accorti della scossa.

G.C.

L’allarme che viaggia più veloce delle scosse di terremoto, un progetto tutto da sperimentare, anche nel siracusano

INDUSTRIE_VERO_PERICOLO.jpgLa velocità con cui viaggia l’informazione digitalizzata è superiore rispetto a quella delle onde. Secondo questo principio sono nati i sistemi di Early Warning, programmi che elaborano i dati in tempo reale consentendo di lanciare l’allarme terremoto prima che le onde sismiche di maggiore ampiezza raggiungano le aree distanti qualche chilometro dall’epicentro. Nell’intervallo tra l’allarme e le scosse, si possono effettuare azioni decisive, come disattivare impianti del gas, interrompere l’accesso a ponti e viadotti, mettere in sicurezza operai e studenti. Nell’ambito di Reakt, progetto europeo per lo sviluppo di Early Warning, è partita la sperimentazione in due scuole della Campania, collegate a una centrale di monitoraggio sismico, dove si insegnerà ai ragazzi a reagire in caso di allarme. Inoltre sono in fase di progettazione sistemi automatici di sicurezza.

   Francesca  Strazzulla

Lo sciame sismico dei Monti Iblei e la scossa nel golfo di Augusta

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Uno sciame sismico di modesta entità, manifestatosi in questi ultimi due giorni nei monti iblei, tra Noto e Caniccattini, continua a  destare preoccupazione tra la popolazione locale, tanto che molta gente si è riversata in strada subito dopo le prime scosse. I sindaci delle due città sono rimasti in contatto con gli uffici della protezione civile per il monitoraggio degli eventi, attivandosi con alcuni provvedimenti al fine di garantire l’incolumità dei cittadini e prevedendo, tra l’altro,  la chiusura temporanea delle scuole di Canicattini. L’ epicentro è stato registrato nei pressi di Testa dell’ Acqua, seppure  stamani, alle 11.11, è stata registrata una nuova scossa di magnitudo 2.7  nel golfo di Augusta, in mare profondo.   Gli esperti dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Catania si stanno adoperando per il controllo serrato di tutto il territorio interessato allo sciame, installando  nel contempo due sismografi e altri congegni trasmittenti di  tipo portatile in grado di trasmettere i dati in tempo reale alla sede centrale. C’è da dire comunque, contrariamente a quanto si possa ipotizzare,  che l’attività eruttiva che sta investendo l’Etna ha poco a che fare con lo sciame sismico manifestatosi nei Monti Iblei, interessato piuttosto a movimenti delle faglie attive del sottosuolo,  cioè le attività non sono collegate perché di diversa natura.

Gli esperti comunque rassicurano in quanto  eventi sismici di piccole entità normalmente impediscono il verificarsi di terremoti di proporzioni più vaste poichè  l’energia verrebbe scaricata gradualmente dallo sciame  in più riprese. 

  G.T.

Nella notte di Santa Lucia, il terremoto da non dimenticare

AUGUSTA – 20 ANNI DOPO

PIC257.jpgNel popoloso quartiere borgata di Augusta  è stata celebrata, presso la chiesa Santa Lucia, una messa alla presenza del sindaco Carrubba, del vicesindaco Geraci e del presidente Amato, in occasione del 20° anniversario del tragico terremoto che quella notte del 13 dicembre del 1990 lasciò senza tetto più di 4700 persone. Malgrado le avverse condizioni climatiche e la scrosciante pioggia che si è manifestata durante la funzione religiosa, la popolazione è accorsa numerosissima, segno che a distanza di venti anni è ancora vivo il ricordo di quella funesta notte trascorsa fuori casa, al freddo, tra i calcinacci, il caos dei veicoli nelle strade, il pianto di quei piccoli tirati giù dal letto e avvolti frettolosamente nelle coperte di lana, tra gli sguardi poco rassicuranti degli adulti in preda alla disperazione e alla paura di non riuscire più a ripartire da quelle enormi macerie, a ripartire da zero.

 Tutto successe nel giro di 45 interminabili secondi durante i quali, giusto per rendere l’idea ai giovani che fortunatamente non hanno vissuto quei tragici momenti, chi abitava negli ultimi piani degli edifici, si racconta, fu investito dalla netta sensazione di precipitare, disarmato, aspettando il momento dello schianto. “Ma il nostro buon Dio – ha commentato commosso durante l’omelia il celebrante don Angelo Saraceno – fortunatamente ha teso una mano a tutti,  non dimenticandosi di nessuno. Sono passati venti anni da quel terribile evento durante i quali Augusta, gradualmente, grazie all’aiuto di chi ha saputo mettersi al servizio della collettività con grande spirito di sacrificio e  solidarietà, è tornata prosperosa al suo antico splendore”.

E proprio stamani non a caso è stato inaugurato, alla presenza delle scolaresche cittadine,  un ampio parco giochi per bambini nel sito dove sorgeva il campo containers, ormai bonificato, che ha ospitato per più di dieci anni le famiglie che erano rimaste senza un tetto.   

Dopo la  messa, i fedeli e le autorità si sono spostati all’esterno della chiesa Santa Lucia, presso la facciata nord, per assistere, sotto gli ombrelli, alla scopertura di una lapide commemorativa (nella foto) e per ricevere dal loro beneamato parroco la benedizione del giorno, prima di tornare nelle loro rispettive case.

     Giuseppe Tringali

 

L’Aquila che non riesce a volare

Gli augustani, nel ricordo del terremoto che nel 1990 colpì le loro case, sono assolutamente in grado di capire lo stato di disagio degli abitanti di L’Aquila. Una loro concittadina scrive e la sua lettera, gira e rigira,  assale i cuori di chi ha vissuto disperatamente, nel dolore e nella speranza, questi drammatici eventi. Un appello che passa anche dal nostro blog….

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TERREMOTO%20286.jpg“Ieri mi ha  telefonato l’impiegata di una società di  recupero crediti, per conto  di Sky. Mi dice che risulto morosa dal mese di settembre del 2009. Mi chiede  come mai. Le dico che dal 4 aprile dello scorso anno ho lasciato la mia casa  e non vi ho più fatto ritorno. Causa terremoto. Il decoder sky giace  schiacciato sotto il peso di una parete crollata. Ammutolisce. Quindi si  scusa e mi dice che farà presente quanto le ho detto a chi di dovere. Poi,  premurosa, mi chiede se ora, dopo un anno, è tutto a  posto. Mi dice di  amare la mia città, ha avuto la fortuna di  visitarla un paio di anni fa. Ne è rimasta affascinata. Ricorda in particolare una scalinata in selci che scendeva dal Duomo verso la basilica di Collemaggio. E mi sale il groppo alla gola. Le dico che  abitavo proprio lì. Lei ammutolisce di nuovo.  Poi mi invita a raccontarle cosa è la mia città oggi. Ed io lo faccio.  Le racconto del  centro militarizzato. Le racconto che non posso andare a  casa mia  quando voglio.  Le racconto che, però, i ladri ci vanno   indisturbati. Le racconto dei palazzi lasciati lì a morire.  Le  racconto dei  soldi che non ci sono, per ricostruire. E che non ci sono  neanche per  aiutare noi a sopravvivere. Le racconto che, dal primo  luglio,  torneremo a pagare le tasse ed i contributi, anche se non  lavoriamo. Le  racconto che pagheremo l’ i.c.i. ed i mutui sulle case  distrutte. E  ripartiranno regolarmente i pagamenti dei prestiti. Anche  per chi non ha  più nulla. Che, a luglio, un terremotato con uno  stipendio lordo di  2.000 euro vedrà in busta paga 734 euro di  retribuzione netta. Che non  solo torneremo a pagare le tasse, ma restituiremo subito tutte  quelle non pagate dal 6 aprile.  Che lo stato  non versa ai cittadini  senza casa che si gestiscono da soli, ben ventisettemila, neanche  quel piccolo contributo di 200 euro mensili  che dovrebbe aiutarli a  pagare un affitto. Che i prezzi degli affitti  sono triplicati. Senza  nessun controllo. Che io pago, in un paesino di cinquecento anime,  quanto Bertolaso pagava per un appartamento in via Giulia, a Roma.   La sento respirare pesantemente. Le parlo dei nuovi quartieri  costruiti a prezzi di residenze di lusso. Le racconto la  vita delle  persone che abitano lì. Come in alveari senz’anima. Senza  neanche un giornalaio. O un bar. Le racconto degli anziani che sono  stati sradicati dalla loro terra. Lontani chilometri e chilometri. Le  racconto dei professionisti che sono andati via. Delle iscrizioni alle  scuole superiori  in netto calo. Le racconto di una città che muore. E  lei mi  risponde, con la voce che le trema. ” Non è possibile che non  si sappia  niente di tutto questo. Non potete restare così. Chiamate i  giornalisti  televisivi. Dovete dirglielo.    Chiamate la stampa. Devono   scriverlo.”

     Una terremotata di L’Aquila

La sfortuna di Haiti

Pochi secondi, una scossa di magnitudo elevata e Haiti è stata spazzata via. Un’isola sfortunata, politicamente ed economicamente, già in ginocchio per i numerosi problemi che l’affliggono e ancora una volta costretta a sopportare un’ulteriore sventura.

haiti-generation.jpgTutto l’orrore che vivono è visibile negli occhi dei bimbi che aspettano senza una lacrima il loro turno per essere visitati, ben consci che piangere non serve in quella moltitudine di vite distrutte, che cercano disperatamente di sopravvivere, come da sempre abituati a fare.

E’ in mezzo a quei corpi ormai senza vita, ammassati lungo le strade, senza che qualcuno si dia pena di dare loro degna sepoltura, che si coglie tutta la drammaticità di quello che è accaduto.

Ogni parola è vana in simili circostanze, ogni aiuto è necessario e utile invece, infatti ogni goccia è importante per formare un mare di gocce che dia a quegl’infelici un po’ della speranza a cui hanno diritto.

Oggi siamo tutti sconvolti da una simile disgrazia, tutti noi che viviamo in una società che consuma e spreca, tutti noi che sussultiamo nel vedere quei corpi emaciati e quei piccoli innocenti che, orfani di genitori, vagano per le strade, senza una meta ma con un’assurda impassibilità, perché abituati a vedere di tutto in quella loro terra dilaniata da vecchi e nuovi problemi, ma soprattutto dall’incuria di chi dovrebbe fare qualcosa e non la fa perché non conviene farla.

In questi giorni l’attenzione dell’opinione pubblica dell’intero mondo è su di loro, ma non durerà molto e la luce dei riflettori si spegnerà per accendersi altrove, come comanda la legge dell’informazione.

Apriamo gli occhi e soprattutto il cuore e il portafogli, pensiamo a quanto abbiamo e a quanto non hanno: siamo la loro provvidenza, il loro prossimo, i loro fratelli, i loro vicini, anche se lontani non solo geograficamente ma anche mentalmente.

E’ nell’aiuto reciproco, nella generosità senza tornaconto che l’uomo deve trovare la sua ragione di essere, la sua dignità, la sua coscienza ma soprattutto la sua autocoscienza che gli permette di ragionare su se stesso e avere un’articolata vita interiore, che lo distingue da coloro che degni di essere chiamati con tale nome non sono.

         Carmela Mendola

Macerie e lacrime

Solidarietà e ricostruzione.

 901215 - macerie e lacrime 3.jpgSono due parole che mi feriscono ancora, benché dal terremoto del 13 dicembre 1990 siano passati ben 19 anni.

Anche se talune istituzioni si potrebbero sentire offese dalle mie dichiarazioni la verità è questa: di fronte alle calamità naturali non siamo tutti “fratelli d’Italia”, e con l’avvento della Lega ancora di più.

E se a qualche altro potrebbe “dispiacere” c’è un’altra verità scomoda da ricordare: dopo il terremoto o la calamità, spenti i riflettori dei mezzi d’informazione, lo stato ti abbandona nelle mani di un carnefice chiamato burocrazia.

Le calamità avvengono in pochi secondi o minuti: la sofferenza del “dopo-disastro” te la puoi portare avanti per anni o decenni. Ai funzionari del ministero la tua sofferenza non importa: diventi solo il numero di una pratica, di un fascicolo.

Due sono le forme di sofferenza grave del “mio” territorio: una dura da oltre mezzo secolo (è il disastro ambientale); l’altra è quella di aver visto l’incapacità dello Stato – e della Regione Sicilia in particolare –

riguardo alla gestione del dopo terremoto del 1990.

Probabilmente il mio cognome e nome, sulla stampa in particolare – e in internet -, sono legati non tanto al ruolo di prete o di parroco, ma alle vicende socio-ambientali del mio territorio.

Prima ancora del terremoto del 90 mi sono trovato in prima linea sulla questione “salvaguardia del creato”, sicurezza e rischi civili e, mentre aspettavamo l’intervento dello stato per dare sicurezza a questo territorio, è arrivato perfino il terremoto, di fronte al quale lo stato italiano non solo è “fuggito”, ma addirittura ha nascosto tante cose.

Non mi riferisco solo alla “fuga” vera e propria dell’allora ministro per la protezione civile Lattanzio, ma di tutte le istituzioni dello Stato che non furono neanche fisicamente presenti ai funerali delle vittime del terremoto, ma anche al fatto che non ci venne concesso neanche il diritto alla solidarietà.

Solidarietà e ricostruzione:

non mi ricordo, nei giorni seguenti il “mio” terremoto, di partite del cuore, di una tantum per la ricostruzione, di ritocchi del prezzo della benzina per i terremotati, di visite di uomini illustri o potenti, (questi cominciarono a venire alla spicciolata, in forma privata – e rapida – il mese dopo) quando si già si percepiva nettamente l’abbandono dello stato, quando già erano frequenti le manifestazioni di protesta.

È l’unico caso, che io ricordi, nella storia della repubblica italiana, in cui – di fronte a un sisma che aveva provocato 17 morti e 15.000 senzatetto (41 i comuni “toccati” dal sisma in tre province)-, non venne dichiarato lo “stato di calamità naturale” perché …. “non ce n’erano le condizioni”.

“Terremotati e gabbati” sino alla fine di ottobre 1991, quando dopo alcuni giorni consecutivi di fortissime proteste venne tolta l’ultima barricata che isolava Siracusa. Fino a quella data, secondo la servile informazione nazionale,  noi siciliani “piagnoni” ci eravamo “inventati” perfino il terremoto per vivere di assistenzialismo.

In realtà era la zona colpita dal sisma che “assisteva” l’erario statale con un gettito stimato allora in 24.000 miliardi di lire (12 miliardi di euro attuali), e che soffriva per le conseguenze di un inquinamento pluridecennale che aveva ferito profondamente persone e territorio.

In segno di “solidarietà” (molto tardiva, ma strappata a forza) il 31 dicembre 1991 venne varata la legge 433/91 quella che finalmente finanziava la ricostruzione della zona terremotata.

3870 miliardi di vecchie lire …… ma in sei anni!

Se poi gli anni effettivi per la ricostruzione sono diventati 14, 15, 19 …. La colpa di chi è? Non certamente dei terremotati. Ad Augusta, epicentro del terremoto del 1990, nel 2009, attende la fine della ricostruzione il palazzo municipale; ad Augusta, dove il terremoto per fortuna o per disgrazia, non provocò nessun morto basta recarsi nella chiesa del cimitero per “ammirare” ciò che provocò il sisma del 13 dicembre 1990. Nessun intervento, se non il “provvisorio” puntellamento dall’anno del terremoto. La piccola chiesa del cimitero di Augusta probabilmente per il suo restauro avrà bisogno di molti più soldi della basilica di Assisi o della cattedrale de L’Aquila. Ecco perché non la si ricostruisce.

Perché per i terremotati dell’Umbria (1997) la legge sulla ricostruzione venne approvata solo dopo 4 mesi?

Lì i riflettori si accesero subito e rimasero accesi per lungo tempo ed anche la macchina della solidarietà si mise in moto a pieno ritmo.

Perché al Molise il presidente del consiglio promise la ricostruzione in due anni dimenticandosi dei terremotati di S. Venerina in Sicilia?

Perché nel recente terremoto d’Abruzzo, il presidente del consiglio, vi si è recato già una dozzina di volte?

Perché questo presidente del consiglio è così prodigo di sorrisi e promesse nei confronti degli abruzzesi?

Perché il G8 si è tenuto a L’Aquila?

Perché così i terremotati abruzzesi avrebbero avuto più solidarietà.

A settembre avrete una casa!!! Ma per costruire, secondo legge, non ci vogliono i tempi della burocrazia?

A volte, ma solo in certi luoghi, e con l’intervento diretto di le fa (magari ad personam) le leggi si possono scavalcare: gli altri aspettino. Anche anni se non sei subito un … utile elettore.

A chi scrive le stesse istituzioni che altrove annunciano tempi brevi stanno facendo aspettare da oltre solo 14 mesi il collaudo di un edificio sacro (Santuario Adonai di Brucoli) già “finito”, ma solo diciannove anni ….. dopo il terremoto.

Non riesco proprio a vedere in che cosa siamo “fratelli d’Italia” dopo il terremoto.

L’Abruzzo non è la Sicilia. Si trova a soli 100 km da Roma. È più facile da raggiungere per tutti i politici, presidente del consiglio in testa: una veloce puntatina, pranzo (non pagato) con i terremotati, promesse e … via.

Forse perché in Abruzzo c’è uno scenario ambientale totalmente diverso da quello della zona nord di Siracusa, epicentro del sisma del 1990.

Qui ci sono decine di stabilimenti inquinanti e pericolosi: qui è pericoloso viverci, è rischioso passarci anche di sfuggita: non ci sono passati neanche quelli del G8 della Prestigiacomo (una gita nella sua azienda di famiglia avrebbe accresciuto certamente il suo prestigio); non ci passò neanche Ciampi quando venne a inaugurare la targa in cui si dichiarava Pantalica “patrimonio dell’umanità”; non ci venne neanche Cossiga dopo il terremoto del 1990.

Solidarietà? Dopo il terremoto del 1990 l’atteggiamento dello stato italiano fu peggio di una pugnalata alla schiena di uno già ferito. Nessuna solidarietà ai Siciliani terremotati. E neanche informazione all’Italia. Tant’è vero che questo terremoto non lo ricorda più nessuno neanche all’Istituto nazionale di Geofisica.

I riflettori qui avrebbero sicuramente illuminato qualcosa che invece bisognava nascondere.

Anche ad Augusta si parlò di … Ricostruzione veloce, trasparente: nel senso che non si vide. Questa poteva e può ancora aspettare.

In compenso, oggi, qui, parliamo di ….. costruzione – rapida -, ma di altri impianti a rischio in una zona a rischio: termovalorizzatore e rigassificatore: in zona sismica di primo grado! Quello che già c’è non era sufficiente? Di sicuro il numero di morti di cancro, di bambini malformati, di aborti terapeutici o spontanei, di morti e feriti negli incidenti sul lavoro nell’area Augusta-Priolo, è certamente più alto di quello di tutti i terremoti accaduti nel territorio italiano dopo il 1990.

Chiedo a tutti coloro che sulla stampa, in televisione, usano le parole “solidarietà e ricostruzione” di ricordarsi che in un’altra zona d’italia (stavolta, ricordandomi del giovane Alessandro Manzoni lo scrivo appositamente minuscolo) queste due parole offendono e feriscono la coscienza di altri cittadini terremotati da tempo, a cui nessuno vuol dare ascolto solo perché hanno la colpa di non vivere a 100 chilometri da roma. A mille chilometri di distanza fare le passerelle è più difficile e più scomodo. Anche per chi ha a disposizione l’aereo di stato, e può trasportare gratis chi vuole.

Se poi magari qualche giornalista  volesse venire, dovrebbe farlo in fretta, perché al proprio giornale, le trasferte in Sicilia costano. E poi diciamolo chiaramente: a quale grande testata giornalistica possono interessare i problemi di questa parte della Sicilia visto che solitamente queste hanno la loro sede nel centro nord dell’Italia come le sedi legali delle aziende del petrolchimico siracusano?

                     Sac. Prisutto Palmiro

Augusta, cronache di un terremoto annunciato

In libreria il nuovo libro di Giorgio Càsole: 

Augusta, cronache di un terremoto annunciato

f63fe4b11d8d44d90aa8cf9d828a5236.jpgIl Sisma del 13 dicembre ’90 ci colse nella notte. Sembrava che il mondo ci crollasse addosso. Furono momenti di incredulità, di paura. Pensavamo ai nostri cari, alla nostra vita. Tutto ci apparve confuso, scendemmo per strada, convinti che le nostre case non fossero più sicure. In poco tempo, le strade, le piazze furono invase. Nei volti di tutti si leggeva la paura, tutti cercavamo aiuto: lo trovammo nelle abitazioni delle campagne circostanti l’abitato di Augusta, presso amici che aprirono i loro cuori a quanti, meno fortunati, avevano visto le ferite che si erano aperte nelle loro case. Alla paura della notte, seguì la ragione. Bisognava continuare a vivere, ad accettare e comprendere quanto era accaduto a ricostruire quanto era accaduto a ricostruire quanto ero stato distrutto, Tutti fummo colpiti dal bisogno di aiutare il prossimo, cadde l’egoismo, l’indifferenza e prevalse l’altruismo e il mettersi a disposizione del prossimo. Le pagine di quelle giornate sono state raccolte dall’amico Giorgio Casole: esse mi hanno fatto rivivere quei tragici momenti, che non vanno dimenticati, ma che debbano servire alle nuove generazioni a ricordare, perché la memoria ci renda capaci di affrontare le sfide del nostro futuro.     Vennero tecnici, esperti a spiegare cosa era successo e come dovevamo imparare a convivere con i rischi del nostro territorio. Il Prof. Enzo Boschi non ci nascose le sue preoccupazioni e ci spronò a essere uniti e a lavorare per rendere meno vulnerabile il nostro territorio, ed essere attori del nostro futuro.

                Grazie per quella lezione che ci ha seguito nella nostra vita.

Domenico Morello :   Dirigente Settore Tutela Ambiente della Provincia regionale di Siracusa