Bombe sul territorio

Intervento RISOLUTIVO

DEI GENIERI della Brigata “Aosta”

FOTO N. 6.jpg 

 

Lo scorso 10 luglio 2009 gli specialisti per la bonifica di ordigni esplosivi del 4° reggimento genio guastatori della Brigata Meccanizzata “Aosta” sono intervenuti per disinnescare due ordigni bellici inesplosi risalenti alla seconda guerra mondiale, rinvenuti nel comune di Partanna.

Il 2° Comando delle Forze di Difesa, comando operativo dell’Esercito dell’Italia centro meridionale, Sicilia e Sardegna, ha coordinato e disposto l’intervento degli artificieri del 4° reggimento genio.

La bonifica da ordigni esplosivi, per lo più residuati bellici della 2^ guerra mondiale, costituisce uno dei compiti più delicati e importanti che l’Esercito Italiano è chiamato ad assolvere, per la difesa e l’incolumità dei cittadini, sul territorio nazionale. Infatti, nonostante siano passati oltre 50 anni dal lancio di tali ordigni, essi mantengono intatta, se non potenziata, la loro pericolosità.

Il territorio siciliano non è nuovo ad interventi di questo genere, visto che l’isola divenne, durante l’ultimo conflitto mondiale, inizialmente obiettivo dei bombardieri alleati e successivamente teatro di accesi combattimenti fra le forze italo-tedesche e quelle angloamericane.

Augusta, sede di una base navale della Regia Marina, registrò incursioni aeree fin dall’inizio delle ostilità. I bombardieri anglo-americani appaiono nel 1940 (il 2 luglio e nel mese di novembre), nel 1941 (alla fine di luglio, nei giorni 6 e 20 di agosto, il 5 novembre), nel 1943 (30 e 31 gennaio, 13, 27 e 29 maggio), per non parlare poi delle incursioni durante gli aspri combattimenti nei giorni successivi lo sbarco in Sicilia del 10 luglio 1943.

Messina, per esempio, subì quattro bombardamenti navali e ben 2.805 bombardamenti aerei. Nel periodo compreso fra il 29 luglio ed il 17 agosto 1943 si registrarono il maggior numero di incursioni. Durante la prima settimana di agosto le Fortezze Volanti attaccarono la città centoventuno volte di giorno e i Wellington duecentoventicinque volte di notte; dall’8 al 17 agosto bimotori Marauder e Mitchell fecero cinquecentosettantasei sortite e i cacciabombardieri effettuarono 1.883 incursioni. Nei primi quindici giorni di agosto furono sganciate complessivamente 6.452 tonnellate di esplosivo.

I Reggimenti del Genio dell’Esercito Italiano dispongono di altissima e riconosciuta professionalità e sono costantemente impegnati, tanto in patria quanto nelle numerose missioni di pace all’estero, a contribuire alla sicurezza delle popolazioni colpite da eventi bellici.

Gianfranco Nasti

nasti.jpgAUGUSTA. Gianfranco Nasti non dimostra gli anni che risultano all’anagrafe. Ne dimostra almeno dieci di meno. E’ alto, asciutto e vigoroso, tanto  vigoroso che se , inavvertitamente, provate a toccargli un  bicipite del braccio, vi accorgete che si tratta di un muscolo poderoso,  un cosiddetto muscolo d’acciaio, tanto è duro e possente. La prestanza e la perfetta forma fisica derivano dagli  allenamenti che quest’atleta pratica quotidianamente in piscina per prepararsi ai campionati di nuoto per la categoria seniores, cioè la categoria dei non più  giovani,  degli anziani, insomma. Da Riccione, dove ha partecipato al recente campionato “Master 2009”, Gianfranco Nasti è tornato ad Augusta onusto di gloria e di medaglie (ben 4: una d’oro e tre d’argento), avendo gareggiato nei 50 metri farfalla, nei 200 misti, nella staffetta mista e nella staffetta libera.  Nasti non è nuovo a simili imprese. Negli anni passati è stato in  Europa, America, in Australia  e ora si sta preparando per andare in Spagna, dove, a Cadice, a settembre, si disputeranno i campionati europei. Ogni volta che parte, Nasti dice  a sé stesso: “Non è importante vincere: importante, alla mia età, è  partecipare”, ripetendo il motto del barone de Coubertin, l’inventore delle moderne olimpiadi. Ma ogni volta che si trova a bordo vasca in questi campionati, in cui si confronta con atleti italiani o stranieri, il dèmone agonistico s’impossessa di Nasti e lo spinge a gareggiare con tutta la sua vis fisica e  morale. “Anche perché” -ci dice – “io non corro solo per me stesso, ma per la mia città, Augusta, e per tutti coloro che mi aiutano e mi sostengono, cioè Giovanni Caramagno, Gigi Valora, Antonella Aprile e Tore Albo.” Una tale dedizione alla sua città natale sembra, però, mal ripagata. In  primo luogo perché Nasti gareggia normalmente con la maglia di società sportive estranee all’ambiente augustano (a Riccione ha indossato quella rosso sgargiante  della SatFiny di Taormina), in secondo luogo perché, nonostante i tanti riconoscimenti internazionali, nonostante le tante gare disputate e vinte, nonostante il  ricco medagliere, che potrebbe riempire la parete di un museo locale, se ci fosse, nonostante  i giornali specializzati e no abbiano parlato di Nasti che porta in giro per il mondo il nome di Augusta, l’atleta, che rappresenta un esempio, un modello per tutti, che trascorre le sue giornate in piscina alla Cavalera, in mancanza di una piscina comunale, non  ha ancora ricevuto un riconoscimento ufficiale dalla sua città, cioè dal sindaco e dalla Giunta Municipale. Questa dimenticanza  amareggia Nasti più d’una bruciante sconfitta in gara. Nasti è troppo orgoglioso per rivolgersi alla nostra municipalità. Del resto,  il riconoscimento  vero non dev’essere sollecitato da chi aspira a riceverlo. Lo facciamo noi per Nasti e ci rivolgiamo direttamente al sindaco Carrubba. Non pensiamo sia né costoso né ozioso dare un  segno tangibile  a questo valoroso atleta, che sembra non conoscere cedimenti a causa dell’età.  A proposito, Gianfranco Nasti ha sessantacinque anni. 

                      Giorgio Càsole

Ballerini ad Augusta

Rosalba Guglielmini e Filippo Musumeci

filippo.jpgAUGUSTA. C’è chi come Gianfranco Nasti, il  65enne campione nazionale  di nuoto seniores che fa incetta di medaglie e aspetta un riconoscimento ufficiale dalla municipalità cittadina, e chi, avendo pure oltre passato la boa dei sessant’anni, continua a partecipare  ai campionati italiani  che si disputano annualmente sulle piste da ballo , accontentandosi di una coppa o  di una  targa-ricordo. Anche questi ballerini attempati, come  il citato atleta,  consumano le loro giornate in sfibranti allenamenti. L’uno all’aperto, gli altri nel chiuso delle sale dove vengono insegnati il liscio  e altri balli  per cui occorre essere  una coppia affiatata. E affiatati sono senza dubbio  Rosalba Guglielmino e Filippo Musumeci, originari di Catania, augustani di adozione, che,si sono classificati al quinto posto della categoria “over 61”   ai campionati italiani che si sono tenuti recentemente  a Rimini . Non erano i soli siciliani a partecipare, ma  la loro è stata l’unica coppia siciliana classificatasi come finalista, su ventitré coppie in gara. Non è la prima volta che Rosalba e Filippo conquistano ottimi piazzamenti. Cinque anni fa, infatti,  sempre in questo periodo,  si classificarono al terzo posto nella categoria degli “over 56.” Gli anni passano, ma la  passione e l’affiatamento restano,  anche perché Filippo e Rosalba sono marito e moglie. Auguri perché continuino a ballare e a piazzarsi bene.

                     G.C.

 

Un presidio svevo ricoperto dalla pietra “giuggiulena”

Struttura militare ma anche cuore pulsante dell’economia

dscn0921.jpgStorie e leggende, di eredità e battaglie, di rapimenti e tradimenti, di vicerè e principi,di regine e castellani si intersecano e animano il superbo castello svevo che dal 1230 a oggi domina il centro urbano della città. Dopo quello di Siracusa e di Lentini, questo di Augusta testimonia il completamento della trilogia architettonica e monumentale di Federico II che fu usata come fortezza militare ma che presentava soprattutto una valenza strategica, paesaggistica ed economica di primaria importanza. Si deve, ancora una volta, a Giuseppe Agnello lo studio sistematico del castello augustano che oggi la Sovrintendenza di Siracusa sta facendo rivivere con interventi di restauro e di fruizione pubblica. Con Laura Cassataro chiudiamo l’anello informativo di questo percorso federiciano nei tre siti della provincia siracusana. «Sì. Da un’epigrafe apprendiamo che il cantiere si aprì nel 1232 e si chiuse nel 1242. Questo castello, inoltre, viene menzionato nella più antica lista angioina dei castelli della Sicilia nel 1274 e nel 1278. La superficie dell’edificio si sviluppa su un’area di 3.844 metri quadrati. E ha una pianta quadrata di 63 metri per lato, una corte interna con ali edilizie precedute da portici, torri angolari non perfettamente quadrate e torri rettangolari mediane lungo i lati est e ovest; infine, una torre poligonale, forse ottagona in origine, in posizione mediana lungo il lato sud. Lo spessore dei muri perimetrali è di metri 2,60 realizzato con conci di pietra arenaria». Cosa possiamo aggiungere sulla disposizione interna?
«All’interno, lungo la corte aperta (metri 31,40 x 26,30, ndr), corre un doppio portico lungo il lato Sud e tre portici lungo gli altri lati. I portici sono articolati in crocierine di metri 4,40 x metri 3,70 e si aprono sul cortile con arcate ogivali larghe metri3,30 e alte metri 4,60. L’ala nord presenta crociere le cui dimensioni richiamano maggiormente quelle del castello Maniace, essendo perfettamente quadrate con il lato di metri 8,65. Il prospetto sud, che è quello principale, colpisce subito per la massiccia torre poligonale rivestita di conci a bugnato in pietra “giuggiulena” (roccia sedimentaria costituita in gran parte da sabbie gialle n.d.r.) posta al centro della struttura».
Insomma, un vero capolavoro architettonico. «L’impatto visivo del castello è di forte suggestione, sia per l’altezza dell’edificio , circa 23 metri sul mare, che per la maestosità della torre. Nel cortile si trova ancora un pozzo profondo 9 metri, esistente nella fabbrica federiciana». Quali sono le parti più interessanti del sito augustano? «Tutto il castello è da ammirare: il portico, l’atrio, l’ala Ovest, il muro perimetrale di mt,60, l’ala Nord, le porte, le scale, il vestibolo e l’ala Est con la sua maestosa torre mediana. L’unica che non ha subito alterazioni e intonacature, di forma rettangolare: nel lato lungo metri 10,40 in quello corto metri 4, all’interno della quale si trova una cisterna la cui acqua poteva essere attinta dalla terrazza. Anche la struttura del castello di Augusta consiste in un’unica, grande, lineare e quasi continua camerata che corre attorno ad un cortile somigliando, secondo me, ad un grande “baglio”. Forse questa è l’unicità che affascina, come l’unicità del Castello Maniace».
Quando questi tre gioielli federiciani saranno fruibili totalmente, costituiranno un’autentica ricchezza per le tre città, per il turismo, per l’economia e di conseguenza per l’immagine del territorio_siracusano.
        
                 G. A.  fonte LA SICILIA – FOTO G. TRINGALI 

 

La tragedia di Viareggio

La tragedia di Viareggio: incidente industriale “a distanza”.

Una tragedia come questa probabilmente nessuno se l’aspettava, né tantomeno gli abitanti di foto1.jpgViareggio. Si poteva pensare a una tragedia così solo nelle aree industriali a rischio di incidente rilevante, dove i piani di protezione civile ed il PEE (=PIANO PER L’EMERGENZA ESTERNA) dovrebbero essere obbligatori. Viareggio sicuramente non risulta essere uno di quei comuni a rischio. Ha basato la sua economia sul turismo, sul carnevale, su attività sicure: eppure è rimasta vittima, secondo me, “non di un disastro ferroviario, ma di un disastro industriale …. a distanza”. Ma come si sa, nel “belpaese”, con il senno di poi si risolve tutto. Ma prima deve accadere il disastro con morti, feriti e danni, altrimenti non è successo nulla. A pochi metri (non più di 25) dalla mia scuola c’è la ferrovia, dove transitano treni come quelli del disastro di Viareggio. Ai miei alunni l’ho detto iviareggio.jpgtante volte: quelle sono “bombe viaggianti”. Ormai la scuola è finita, ma sono certo che l’anno prossimo, il primo giorno di scuola, quando passerà un altro treno come questo, che farà tremare vetri e pavimenti, i miei alunni penseranno sicuramente più che alle mie parole al disastro del 29 giugno 2009. C’è anche un’altra scuola dall’altro lato della ferrovia, ancora più vicina. Forse al prossimo anno scolastico qualcuno se ne ricorderà. Ma la ferrovia passa, come a Viareggio, accanto (meno di dieci metri) ai palazzi a 5 piani, addossati l’uno all’altro per centinaia di metri. Basterebbe il semplice deragliamento di un normalissimo treno per provocare una strage. Ma su questa ferrovia, a binario unico, da Messina a Siracusa, (esempio di progresso e sviluppo nel meridione) passano tutti i tipi di treni: si discuterà per settimane se un  treno carico di sostanze pericolose debba transitare attraverso un centro abitato (specie dopo la sciagura di Viareggio) ma da almeno trenta anni ed oltre nessuno discute o si preoccupa più di tanto di quel che qui accade: i treni passeggeri da Augusta per andare verso Siracusa debbono attraversare necessariamente quasi 15 chilometri di stabilimenti chimici e petrolchimici della Sasol, della Esso, dell’Enichem, dell’Erg della dismessa famigerata e letale Eternit. Vale a dire che i passeggeri vanno mandati deliberatamente incontro al pericolo. Paradossalmente la ferrovia passa a pochi metri anche dalle case ormai disabitate o ancora ostinatamente abitate da qualche irriducibile abitante di Marina di Melilli, il paese raso al suolo  dalle ruspe perché aveva avuto la “colpa” di essere nato dove un giorno sarebbe arrivato il “progresso industriale”. Il treno effettua una fermata anche a Priolo, il paese che anziché fare la stessa fine di Marina di Melilli – per gli stessi problemi – è stato fatto crescere invece proprio in direzione degli stabilimenti industriali, benché fosse già in vigore la “direttiva Seveso”. Questa legge recepita anche dall’Europa vieta di costruire impianti pericolosi vicino alle case, ma non vieta di costruire case vicino agli impianti pericolosi!!? Se a Viareggio possiamo parlare di un “incidente industriale a distanza” ad Augusta e Priolo possiamo senz’altro parlare di possibilità di “incidente industriale a distanza ravvicinata”, con il beneplacito di tutte le istituzioni. Quando il 19 maggio del 1985, le 5 esplosioni e i boati dell’ICAM furono sentiti a decine di km di distanza furono gli stessi sindacati a minimizzare, e le istituzioni a dimenticare. (quell’incidente in termini giuridici è stato “archiviato” senza colpevoli perché quella domenica notte provocò “solo” – direttamente o indirettamente – due morti e cinque feriti. Quando la notte del 13 dicembre 1990 la terra tremò in tre province Siracusa, Ragusa e Catania, collocando il suo “vero epicentro” nell’area industriale Augusta-Priolo-Melilli per sapere del disastro non si dovevano vedere i telegiornali, bisognava venire di persona ad Augusta per capire quanto era accaduto. E a Roma politici e scienziati sapevano, tacevano e, anche deliberatamente, depistavano. Allora non c’era internet, non c’era you tube, non c’erano blog: i telefonini erano un privilegio di pochi. Ad Augusta, la popolazione, osteggiata apertamente dalla sovrintendenza, aveva chiesto dopo il disastro dell’ICAM la costruzione di un secondo ponte per tentare di fuggire in caso di disastro. Nel giorno del terremoto erano iniziati da pochi mesi i lavori per la costruzione del secondo ponte. Ma ancor prima del 1985, in riferimento ai rischi, ad Augusta si chiedeva di spostare la cintura ferroviaria dal centro urbano, almeno al fine di decongestionare il traffico veicolare; si chiedeva anche con petizioni popolari e pubblici dibattiti di “delocalizzare” (= far spostare fuori del perimetro urbano il deposito costiero di carburanti (denominato Max-Com). Incidenti industriali, perfino un terremoto di magnitudo “ufficiale” superiore a 5: tutto questo non è servito ad eliminare i fattori di rischio. Anzi, oggi, assistiamo in pieno centro abitato – oltre al transito dei treni “bomba” – anche al transito quotidiano di decine di autobotti (altre bombe) che vanno a rifornire il deposito costiero collocato tra la stazione ferroviaria e gli edifici civili a ridosso della stazione. Io conservo ancora la memoria di incidenti simili a quello di Viareggio: Genova, Napoli, Trieste, Trento. A questi probabilmente se ne potrebbe aggiungere un altro: Augusta-Priolo. Anche se qui tutto questo “non può mai accadere”. Chissà perché nell’ottobre 2005, nell’esercitazione “Eurosot 2005” fu ipotizzato proprio un incidente come quello di Viareggio. Era solo un’esercitazione. E, come si sa, nelle esercitazioni tutto finisce bene. Ovviamente la Magistratura si muove sempre e solo dopo il disastro: ma quando i cittadini denunciano preventivamente? Beh, si beccano la denuncia di “procurato allarme”. Dopo Sangiuliano di Puglia, dopo L’Aquila, (eventi naturali) perché qualche magistrato ha cercato di trovare i colpevoli tra Amministratori, tecnici o funzionari, perché hanno deciso di indagare persino sulla qualità dei materiali di costruzione? La colpa non è della Natura ma degli uomini. Un processo alla Natura non si potrebbe fare. Ora, dopo Viareggio, un’altra indagine: con chi se la prenderanno? Staremo a vedere….. Intanto, nel famoso “triangolo della morte”, Augusta, Priolo, Melilli, il più grande polo petrolchimico d’Europa, uno dei luoghi del mondo dove i rischi sono più concentrati (industriale, militare e sismico), gli attuali governi hanno deciso: potenziamo il polo petrolchimico, alla polveriera già esistente e perennemente innescata, aggiungiamo anche il rigassificatore. Poco importa se nella stessa area del petrolchimico Augusta-Priolo-Melilli si sono avuti tre terremoti del IX-X grado Mercalli e uno dell’XI senza contare quelli minori. Poco importa se nella città di Augusta di grandi tsunami (o maremoti) storicamente se ne sono contati 5 contro i 2 di Messina. I 18 miliardi di euro del polo petrolchimico valgono sicuramente di più delle potenziali 50.000 vittime che il prossimo terremoto annunciato potrebbe provocare. Prevenire sarà più difficile che seppellire. E come nel passato spesso insieme ai morti vengono seppellite anche le responsabilità. Tante vittime non hanno mai avuto né giustizia ne postumi riconoscimenti. Aspetto di vedere quanti politici parteciperanno in prima fila ai funerali delle vittime di Viareggio. Non per spirito di polemica, ma il 15 dicembre 1990, in Sicilia, di fronte alle dodici bare (i morti furono in tutto 17) del terremoto del 1990 nessuna autorità dello stato fu presente. (*) E questo non lo dimenticherò mai, anche perché, quasi vent’anni dopo quel terremoto, alcune ferite sono ancora “aperte e visibili”. E i rischi, sono ancora lì, appena dietro l’angolo. Mi auguro che non venga scritta un’altra triste pagina di storia.

                               Sac. Prisutto Palmiro

Era il padre del sindaco

AUGUSTA.  Il padre del sindaco è morto. Era il  79enne Pippo Carrubba, noto negli ambienti politico-amministrativi  per essere stato capo dell’ufficio tecnico del Comune, per  oltre un decennio, dopo le dimissioni, avvenute nei primi anni Ottanta, del dirigente titolare, l’ing. Tullio Marcon (oggi ricordato come storico militare). Pippo Carubba, vedovo,due figli maschi, di cui il più giovane, Massimo,  è oggi sindaco al secondo mandato, si era risposato qualche anno fa con una donna polacca, come hanno fatto e tuttora fanno tutti quegli augustani che convivono con donne provenienti dall’Est europeo. Non tutti si sposano, però, né tutte le donne sono polacche. Ormai si sente parlare il russo lungo le nostre strade. Pare che sia stato il matrimonio con la signora polacca la causa  della rottura del rapporto fra Carrubba e i suoi figli, rottura che è durata fino alla repentina scomparsa dell’ex geometra. Pippo Carrubba  era sì malato di cuore, tanto da aver subìto un paio d’interventi anni fa, ma nessuno poteva presagire una dipartita  così improvvisa nel giro di alcuni giorni, da quando, cioè, era tornato vispo e combattivo da un soggiorno in Polonia. Il nuovo attacco al cuore è stato praticamente fulminante. Appena subito dopo, è stato trasportato a Pedara, in provincia di Catania, dov’è allestito un aprezzato centro di cardiochirurgia. E’ morto a Pedara la notte fra il 30 giugno e il 1 luglio. I funerali nella Chiesa del S. Cuore, vicino alla sua abitazione.

          C.C.