La porta spagnola di Augusta

porta.jpgAUGUSTA. Correva l’anno 1681. I conquistatori spagnoli tenevano saldo il potere in Sicilia. Nell’Isola a rappresentare il re “cattolicissimo” Carlo II era il conte Francesco di Benavides, uno di quei nobili carichi di titoli che potevano aspirare a svolgere la funzione di viceré. Benavides, nel 1680, vide bene di persona in quale stato miserando era ridotta Augusta, dopo  circa un triennio di occupazione francese (agosto 1675-marzo 1678), e decise di porre riparo alla situazione , provvedendo specialmente  a un nuovo sistema difensivo. Già all’epoca, il viceré stimava  il porto di Augusta come uno dei più importanti dei domini reali spagnoli e, quindi, era necessario provvedere alla sua difesa. Per la tutela della città e del suo porto, Benavides incaricò   Carlos  De Grunembergh, un nobile di chiara fama come ingegnere. De Grunembergh apportò molte migliorie alle fortificazioni esistenti e progettò due monumentali porte di terra:  della prima, detta del Rivellino o Quintana (dal nome di un consigliere del viceré, che diresse i lavori)  rimangono  parte dello stipite sinistro e la colonna tortile,che ricorda, cioè, una spirale, che aveva funzione eminentemente decorativa; la seconda è rimasta praticamente integra,  sopravvissuta alla voracità del tempo e a quella degli uomini: è l’arco, sotto cui, fino a vent’anni fa, era obbligatorio passare per entrare in Augusta. E’ la Porta Spagnola, simbolo riconosciuto di Augusta, come il teatro greco lo è di Siracusa e la statua dell’elefante di Catania. Fin a quando ha avuto vita la Banca popolare di Augusta (oggi di proprietà della Banca agricola popolare di Ragusa), il profilo della Porta Spagnola era riprodotto sugli assegni  e sulle copertine dei bilanci dell’istituto di credito,  come  segno distintivo per indicare l’indissolubile nesso tra banca e città, dov’era nata alla fine dell’Ottocento.  Nel 1681, dunque, la monumentale porta, progettata da De Grunembergh,  fu portata a termine con  piena  soddisfazione degli augustani che si sentivano più sicuri,  più protetti da ben tre porte  (della prima, quella più vicina al centro abitato, denominata Porta Madre di Dio, non sono visibili resti), ma, soprattutto, con il legittimo orgoglio del fedele  viceré spagnolo , in onore del quale fu incisa la seguente epigrafe in latino:

D.O.M. CAROLO II HISPANIARVM AC SICILIAE REGE IMPERANTE DON FRANCISCVS BENAVIDES COMES SANTISTEVAN SICILIAE PROREX IN TANTI PORTVS LITORE MVNIENDO NON SOLVM SICILIAE SED TOTIVS ITALIAE ET CHRISTIANI NOMINIS INCOLVMITATI CONSVLERE EXISTIMAVIT ANNO M DC XXCI.

L’acronimo D.O.M. sta per a Dio Ottimo Massimo  e immediatamente richiama alla memoria un’analoga iscrizione romana, laddove in luogo di Dio si deve leggere Giove.  L’epigrafe riferisce che:

REGNANDO CARLO II IN SPAGNA E IN SICILIA,  DON FRANCESCO BENAVIDES, CONTE DI SANTOSTEFANO E VICERE’ DI SICILIA, NEL FORTIFICARE IL LITORALE DI UN COSI’ GRANDE PORTO, STIMO’ DI PROVVEDERE  ALLA SALVEZZA NON SOLO DELLA SICILIA, MA DELL’ITALIA INTERA  E DELLA CRISTIANITA’ (1681).

Dopo gl’interventi di pulitura e di restauro, portati a termine qualche anno fa, sotto la tutela della soprintendente Mariella Muti, l’epigrafe è oggi maggiormente leggibile nella lapide marmorea  murata sopra un mascherone posto in rilievo nella chiave dell’arco e sotto l’enorme scudo regio di Carlo II.  Questo stemmaimperiale, collocato al vertice della Porta Spagnola  è sostenuto ai lati da due grifoni  e circondato dal collare del prestigioso ordine cavalleresco  spagnolo del Toson d’oro, conferito  ai nobili che erano in grado di difendere la chiesa cattolica e garantire sicurezza alla cosa pubblica Del Toson d’oro si sono fregiati gli Asburgo d’Austria e di Spagna e Carlo II è stato proprio l’ultimo asburgo a regnare in Spagna.

In posizione decisamente inferiore, ma posti  al di sopra dei pilastri laterali  della Porta gli stemmi nobiliari del viceré Benavides che sovrastano due altri mascheroni, di dimensioni inferiori a quello centrale.

La Porta Spagnola di Augusta è sopravvissuta all'”immane terremoto” del 9 e 11 gennaio 1693, alle bombe sganciate dagli Americani il l3 maggio del 1943 . Riuscirà a sopravvivere alle ferite  inferte dagli uomini? Un arco analogo a Siracusa  è stato distrutto durante il  regime fascista e i suoi pezzi sono conservati al museo Bellomo. Ad Augusta i vandali storici e quelli occasionali sono stati vinti. Almeno fin ora.

 Giorgio Càsole

La porta spagnola di Augustaultima modifica: 2009-07-26T18:10:00+02:00da leodar1
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