ANTICHE TRADIZIONI AUGUSTANE. QUANDO SI APPIOPPAVA “A’ NCIURIA”

L’ANAGRAFE PARALLELA: SOPRANNOMI COME RECAPITO SICURO

augusta_uomini_e_coseAugusta. Tanto, tanto tempo fa, quando Augusta contava appena 12 mila anime, il nomignolo o soprannome era di uso costante, caparbiamente resistente ai travolgenti usanze e costumi moderni.  Era, come ancora è, un modo infallibile che permette di rintracciare una persona, meglio,  e senza difficoltà, dell’indirizzo anagrafico comunale. Un’”anagrafe parallela”, più veloce, più pratica, in cui in nomignolo, ovvero “a’ nciuria”, come in dialetto, veniva attagliato a una persona, derivato, in genere, dal mestiere  svolto, da comportamenti ripetuti, e anche dal modo di dire. Per esempio, una persona che parlava  a ripetizione, dentro o fuori luogo, veniva etichettato “ciusciuni”; se, mentre parlava, gelataio all'angolo della piazza carminespruzzava saliva proiettata a distanza, al “ciusciuni” si aggiungeva: “u’sputazzeri”. Metodicamente, quando il personaggio incappava nell’attenzione dei “mastri barbieri o scarpari” (calzolai), non aveva via di scampo: il nomignolo si  stampava a fuoco, come il marchio dei bovini. E, man mano che si appioppavano i soprannomi, si formava una nutrita nomenclatura, che, quasi per mano, conduceva alla persona cercata, meglio dell’anagrafe civica. Raramente, un nomignolo imposto non rifletteva la persona. Tale usanza ha sfidato il tempo, il mutare delle tradizioni, l’evolversi della società, tant’è vero che, ancora oggi, si usa il nomignolo per attirare l’attenzione. Nella vita quotidiana, càpita di chiamare ad alta voce un tizio,  ma  non si ottiene una reazione. Si tenta con il nomignolo e la risposta è immediata. Esiste un lungo elenco, tramandato dagli anziani, di nomignoli ereditati di generazioni in generazione.  Ci limiteremo a riportare i più caratteristici e i più incisivi di quest’anagrafe parallela: “cicaledda, pisciallettu, facci i’ saccu, menzunculu, cosciasicca, nascazza, funciazza, facciazza, bracaluni, cappiddazzu,  bamminedduni,  sceccu nimicu.  L’elenco potrebbe essere più lungo. Alla prossima puntata.

  Francesco Migneco

LA ESSO CELEBRA I 65 ANNI ALL’OPEN LAND – di Giorgio Càsole

l (357)Massimo-Moratti-300x200AUGUSTA – Dopo 6 anni difficili, comincia la ripresa. Fino al 2040 possiamo stare tranquilli perché Il petrolio non mancherà”. L’affermazione è stata pronunciata all’Open Land dall’ing. Giovanni Murano, presidente, amministratore delegato e direttore generale della Esso Italiana, facente capo alla multinazionale Exxon-Mobil. Murano ha tenuto il discorso di prolusione alla serata di celebrazione del 65° anniversario della Raffineria Esso di Augusta, ex Rasiom, raffineria fondata da quell’Angelo Moratti cui Il “Diario1984”, giusto un anno fa dedicò  un convegno ad Augusta, presente il figlio Massimo (a sin, nella foto), accolto da uno stuolo di sfegatati interisti e di ex operai della RASIOM,  così si chiamava la raffineria  prima che Moratti la cedesse del tutto alla Esso.  Fra gli  ex operai presenti un anno fa al convegno è da ricordare Sebastiano Viola, ex dirigente sindacale ed ex vicesindaco di Augusta nella prima metà degli anni Settanta. Viola, con una sua lunga testimonianza, è presente nel grande volume illustrato “Raffineria di Augusta-storia di uomini e di progresso”, firmato da Carmelo Miduri, giornalista siracusano di origini augustane, edito dalla Exxon Mobil, per  ricordare compiutamente i 65 anni della Raffineria Esso, senza omettere, di ricordare e la Rasiom e Moratti stesso e il contesto storico nazionale e internazionale che portarono l’ex operaio in una fabbrica di maniglie d’ottone, Angelo Moratti, appunto, a impiantare una raffineria in questo estremo lembo del sud Italia con i rottami di un’ex raffineria  di Longview nel Texas. La serata di celebrazione, coordinata dall’augustano Salvo Bella, capo dell’ufficio relazioni esterne, ha avuto come principale relatore il direttore della raffineria di Augusta, l’ing. Andrè Haus, francese, che ha letto la relazione, senza l’ausilio di un traduttore, interamente in italiano; relazione  da cui sono emersi due dati: in Italia sono state chiuse ben 5 raffinerie,  la raffineria di Augusta ha attraversato 6 anni difficili: dal  2009 al 2014. Il 2015 potrebbe  rappresentare l’anno dell’inizio della ripresa.        

G.C. 

LA COMMISSIONE COMUNALE DI STORIA PATRIA, IERI E OGGI. IL NUMERO 35 DEL “NOTIZIARIO STORICO” DA DOMANI NELLE LIBRERIE E NELLE EDICOLE DELLA CITTÀ

notizAUGUSTA – Come nacque nel 1965 la Commissione Comunale di Storia Patria? Eredità che abbiamo accettato con umiltà e con qualche paura perché essa è il frutto dell’impegno di tanti appassionati cultori di cose patrie che nel tempo si sono impegnati nel lavoro di raccolta e di scrittura delle memorie e degli avvenimenti storici della nostra città, memorie e avvenimenti che altrimenti avrebbero rischiato di cadere per sempre nel dimenticatoio. Tra tutti i cultori di storia patria vogliamo qui ricordare i più antichi: Francesco Vita, Cesare Zuppello, Sebastiano Salomone e Sebastiano Blasco. Nella seconda metà del Novecento un gruppo di appassionati della storia di Augusta guidati ora dall’Avv. Peppino Amato, ora da Peppino Motta, iniziarono a pubblicare i loro articoli sulla cultura e le tradizioni di Augusta sul “Corriere di Augusta” e sul “ Popolo di Augusta”, due fogli locali prevalentemente impegnati a diffondere notizie di cronaca, vita locale  e sport. Erano quelli gli anni del primo dopoguerra del 2° Conflitto Mondiale, gli anni in cui si poneva rimedio ai danni della causati dalla Guerra, ma anche al patrimonio culturale, la cui identità frantumata come le cose materiali attendeva di essere amorevolmente raccolta, ricomposta e riconsegnata alla collettività. Erano anche gli anni in cui l’Italia intraprendeva la sua svolta economica e sociale.  Svolta da cui Augusta, paese prettamente marinaro, non restò esclusa; essa, infatti, con la sua economia basata sulla pesca praticata con imbarcazioni di umile cabotaggio, sull’artigianato, sull’agricoltura praticata ancora con metodi rurali, sulla produzione artigianale del sale, diveniva al contempo sempre più avamposto della Marina Militare e quindi sede di una delle più rilevanti basi navali strategiche del Mediterraneo con l’annesso stabilimento arsenalizio, nonché sede di un polo petrolchimico proiettato a diventare per le sue capacità produttive  tra i più importanti d’Europa. Con lo scorrere degli anni quel gruppo primigenio di cultori di cose patrie si rese conto che quei “fogli” locali erano sì importanti, ma non permettevano, per esiguità degli spazi concessi, di argomentare e approfondire i temi trattati.  Nei primi anni Sessanta, l’Archivio Storico Siracusano, edito dalla Società Siracusana di Storia Patria, ospitò lo studio redatto dall’avvocato Elio Salerno dedicato a Torre Avalos, mentre il dott. Mario Mentesana pubblicava periodicamente sulle pagine del quotidiano LA SICILIA gli esiti delle sue indagini archeologiche. Fu proprio l’avvocato Elio Salerno a suggerire nel 1965 all’Amministrazione Comunale, presieduta dal Sindaco Avv. Sebastiano Pustizzi, d’istituire una Commissione di Storia Patria, cioè di creare un gruppo omogeneo che posto sotto l’egida del Comune si occupasse di storia locale, ovvero di condurre indagini in tal senso, attraverso la consultazione degli archivi notarili, parrocchiali, comunali e dello Stato Civile. Un’idea ambiziosa basata sul lavoro gratuito fatto di ricerca e di studio, ma che valeva la pena intraprendere perché esso avrebbe permesso con lo scorrere del tempo di scrivere una “Storia di Augusta” ovvero di analizzarne le sue dinamiche storiche, economiche e culturali. Così il 21 maggio 1965  con la Delibera del Consiglio Comunale n° 30, sotto la Presidenza del Sindaco Avv. Sebastiano Pustizzi,  fu istituita la Commissione Comunale di Storia Patria e nominati i suoi primi 10 componenti che qui vogliamo ricordare:  la Dott.ssa Laura Roggio  – l’ Avv. Elio Salerno – il Sig. Sebastiano Paci – l’Ing. Tullio Marcon – l’Insegnate   Angelo Gulino – il Sig. Giuseppe Amato – il Sig. Diego Saccomanno – il Dott. Mario Mentesana – il Sig. Giovanni Costanzo – l’Ing. Giovanni Vaccaro. Questi elessero come presidente l’avv. Elio Salerno e lo comunicarono al Sindaco Pustizzi , che col documento emesso il 6 settembre 1965 augurava alla Commissione il  buon lavoro. Nel  dicembre del 1967 la Commissione pubblicò il n.1 del Notiziario Storico di Augusta coi suoi primi quattro articoli:  La Gisira  di Mario Mentesana;   Augusta nella seconda metà del 17° secolo  di Giovanni Vaccaro;  Storia e tradizioni della chiesa di San Giuseppe di Elio Salerno;  Augusta nella Guerra Italo-Turca di Tullio Marcòn. L’originaria Commissione in 50 anni si è arricchita e integrata di competenze sempre più specifiche nel campo dell’archeologia, della storia medioevale e moderna, nel campo delle tradizioni, dell’arte; ha ricevuto contributi di valenti  latinisti e grecisti, di docenti nelle Lettere, di architetti e ingegneri, di economisti, di antropologi, di esperti di musica e teatro; di collezionisti per nulla gelosi delle loro raccolte di documenti e fotografie riguardanti Augusta e il suo territorio. Le competenze, la passione e la buona volontà di questi operai della cultura, così li definisce il presidente Carrabino, hanno permesso in questi primi cinquant’anni di pubblicare ben 35 numeri del“ Notiziario” per un totale di 220 articoli,  rivista che ci piace simpaticamente paragonare a una sorta di “enciclopedia di cose augustanesi”. A essa la Commissione ha affiancato anche l’edizione dei “Quaderni del Notiziario” e nel 2014 la collana “Claradea”.

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AUGUSTA 13 MAGGIO 1943: NON IL SUONO DELLE CAMPANE.. MA L’ULULARE DELLE SIRENE

untitl1AUGUSTA – Quel grigio giovedì del maggio ’43 fu la giornata della “MEMORIA” per Augusta, martoriata dal duplice rabbioso bombardamento che rase al suolo oltre la metà dell’abitato, trascinando nel vortice di una morte cruenta settanta cittadini inermi ed innocenti. Memoria lungamente obliterata e tradita, allorquando anni or sono, chi scrive, attraverso pervicace e costante insistenza, sollevò l’attenzione della Civica Amministrazione che con delibera n. 32 del 15/02/2011 dichiarò il 13 maggio 1943 “Giornata della memoria”. Ho raccolto con soddisfazione che, almeno dal 2009 a seguito della pubblicazione del mio volume sull’argomento, scosse il torpore e il colpevole silenzio di tanti storici o cultori di storia patria locale, che bene o male di questo segmento di storia augustana ne hanno fatto oggetto di pubblica attenzione. È bene precisare che questa “giornata” non deve solo rimanere una mera enunciazione documentale racchiusa in una delibera municipale perché essa è un pezzo di storia eroica della Città di Augusta e del suo popolo che la scrisse col proprio sangue. Essa non appartiene al singolo sopravvissuto o meno all’evento, né alle private Associazioni, o a Gruppi o Circoli che indebitamente se ne assumono l’ostentazione rievocativa. Spetta, solo e solamente alla Pubblica Amministrazione, alle Istituzioni storico culturali, rievocare e dare il giusto riconoscimento alla ricorrenza, non foss’altro per rendere onore e rispetto a tutti coloro che, allora, persero la vita silenziosi e senza gloria. Or bene, tale evento deve assurgere a simbolo permanente della nostra storia cittadina, e deve sopperire alla lunga e ripetuta negligenza delle Amministrazioni Comunali succedutesi nel tempo, per non avere avuto la sensibilità, per lo meno, di intitolare una via, un vicolo, persino uno slargo, invece di essersi arroventato il cervello a ricercare titoli e personaggi, decisamente estranei al territorio. Non ci stancheremo, quindi, di ripetere ad alta voce che esso EVENTO è un segmento del passato della città, che fa parte a pieno diritto della “STORIA CITTADINA”, che anzi, senza tema di essere smentita, cogliamo l’occasione di poter affermare che da solo legittima Augusta al riconoscimento al “merito del valor civile”. Tale argomento, sarà oggetto di più ampia trattazione in un prossimo servizio. Concludiamo annotando, con piacere, che quest’anno la Pubblica Amministrazione e l’Istituzione di Storia Patria ed altre legalmente riconosciute daranno ampio risalto alla rievocazione e commemorazione della “giornata” a dimostrazione che essa, veramente, appartiene alla Città.

    Francesco Migneco

AUGUSTA: PASSATO REMOTO, PASSATO PROSSIMO, PRESENTE. E IL FUTURO?

Un contributo storiografico di Giorgio Càsole

me stesso al microfonoRiferendosi alla vittima della furia omicida di un marito geloso, un cronista ha scritto   che il corpo della sventurata donna sarebbe stata sepolta nel cimitero megarese. La notazione ha suscitato negli studiosi e nei lettori più avvertiti sorriso e disapprovazione insieme. Sorriso perché chi legge è portato istintivamente a ritenere che quella povera vittima, chissà perché, sia stata seppellita in una necropoli, giacché la città di Mègara non esiste più, ma, d’altro canto, una necropoli megarese non è stata portata alla luce; disapprovazione perché in questo modo nel lettore comune non si fa altro che riconfermare l’idea, del tutto erronea, che Augusta discenda direttamente da quella  polis della Magna Grecia che fu Mègara Iblea. Infatti, il cronista in questione, quasi sempre nei suoi resoconti, non usa mai  o quasi mai l’aggettivo “augustano” preferendo usare l’aggettivo  “megarese”, quasi che tutti, sindaco, comandante del porto, presidenti di associazioni, cittadini in genere, siano appartenenti alla locale squadra di calcio che si chiama  Megàra (con l’accento alla latina) in omaggio ai supposti illustri avi: i Megaresi, appunto. Erroneamente pure si ritiene che Augusta sia stata un’antica colonia di nome Xifonia, distrutta da Ottaviano Augusto nel 42 a. C., per essere  ricostruita e ampliata da Federico II di Svevia nel 1232. Le prime notizie certe, intorno alla fondazione della città, le troviamo in un diploma di Federico II del 1231 o 1232, in cui sono indicati i confini che partivano da Targia, a nord di Siracusa, e giungevano fino ad Agnone, lo splendido litorale (frequentato più da lentinesi, carlentinesi e catanesi,  che hanno la loro casa a mare, che non da augustani). La nuova città, sorta su uno dei più importanti punti strategici della Sicilia, munita di un poderoso castello, fu popolata dai riottosi all’autorità imperiale di Federico II abitanti di Centuripe, comune dell’ennese,  e  di Montalbano Elicona, borgo del messinese, distrutti nel 1232 da Federico per essersi a lui ribellati.

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STORIA PATRIA – NEL RICORDO DEL BOMBARDAMENTO DEL 13 MAGGIO 1943. AUGUSTA MERITA UN RICONOSCIMENTO AL “VALOR CIVILE”

 L’OPINIONE di FRANCESCO MIGNECO, AUTORE DEL LIBRO AUGUSTA, 13 MAGGIO 1943 “ – di Giorgio Càsole

mignecoAUGUSTA. Ritorniamo a parlare dell’avvenimento più tragico che colpì la collettività augustana nella prima metà del secolo scorso: il bombardamento del 13 maggio 1943, con cui  gli americani rasero al suolo  l’Augusta di allora, limitata alla parte insulare. Lo facciamo perché chi scrive ha  proposto di richiedere al presidente della Repubblica di onorare Augusta con una medaglia al valor civile. Ci siamo appassionati a quest’argomento grazie al prezioso contributo di Francesco Migneco, avvocato, già pretore onorario di Augusta, che, oltre dieci anni fa, scrisse per il Giornale di Augusta, diretto da chi scrive, un interessante articolo sull’evento storico, dimenticato dai  più, “La memoria tradita”. Allo stesso argomento Migneco ha dedicato un libro , di oltre 160 pp., uscito nel 2009, dal titolo  Augusta, 13 maggio 1943, l’inferno scese dal cielo. Dal 2009, Migneco non s’è fermato . Ha continuato a tenere desta l’attenzione della gente, soprattutto dei giovani, attraverso  interviste, conferenze nelle scuole e/o  nei circoli, spesso con la collaborazione dell’autore di queste righe. L’ultima occasione  è stata nello scorso mese di maggio al Circolo Ufficiali. Migneco ritiene che non si tratta più di una memoria da celebrare per il rispetto dei morti in quel giorno, morti innocenti, ma di un argomento da considerarsi a tutti gli effetti, “oggetto di Storia patria”, come tiene a sottolineare Migneco che, più volte in passato, ha proposto all’ Amministrazione comunale di istituire, n campo municipale, un giorno del ricordo    per onorare i morti   caduti sotto i bombardamenti furiosi, essendo Migneco stesso un sopravvissuto alla furia dei “Liberators”. Migneco sferra un attacco contro “storici  o pseudo tali, praticoni e facinorosi  in cerca solo di pubblica scena” che non hanno preso nella dovuta considerazione questa sofferta pagina di storia cittadina. – Augusta merita  una medaglia al valor civile, secondo Lei?Sì, ma sarebbe senza significato se non si richiamano alla memoria fatti, azioni e comportamenti della gente augustana che, al di là di ogni reticenza, legittimano la spettanza del titolo. Vi sono ragioni, inattaccabili in fatto e diritto, per cui noi cittadini dobbiamo batterci per questo riconoscimento”. 

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IL RICORDO DEL 13 MAGGIO 1943, QUANDO GLI AMERICANI DISTRUSSERO AUGUSTA

2111320595AUGUSTA –  71 ani fa, il 13 maggio del 1943, Augusta fu praticamente rasa al suolo  dal furioso bombardamento dei Liberators  americani, imponenti velivoli con quattro motori, detti altrimenti fortezze volanti. La popolazione, però, era stata preavvertita, il giorno prima, attraverso il lancio di migliaia di volantini e invitata a evacuare la città. Gli augustani, perciò, si rifugiarono nei paesi vicini, a Sortino, Melilli, o  nelle 1629891456grotte dei rilievi prospicienti l’isola.  Non tutti  fuggirono. Ci furono coloro che non ne ebbero la possibilità, altri, invece, che non vollero, perché credettero alla propaganda ufficiale, secondo cui  la notizia dell’imminente bombardamento era solo un espediente di guerra psicologica, una smargiassata del nemico. Morirono di certo 62 persone, 23 maschi e 39 femmine (età media 32 anni), imprecisato il numero dei dispersi. “Quei morti rappresentano l’olocausto che Augusta ha tributato alla II guerra mondiale e meritano d’essere ricordati da noi ogni anno”. A parlare è Francesco Migneco, ultraottantenne, avvocato in pensione, già pretore onorario di Augusta, che da qualche anno  si  dedica agli studi di storia militare. Migneco è un sopravvissuto di quella terribile giornata del 13 maggio 1943 e da almeno dieci anni si batte perché la giornata sia ricordata nelle scuole di Augusta, come in tutte le scuole d’Italia si celebra la giornata della memoria dei detenuti nei lager nazisti. A quel tragico avvenimento ha dedicato un libro,  “Augusta, 13 maggio 1943,, l’inferno scese dal cielo” , autoprodotto.  Nonostante tutto l’impegno, però, la giornata non viene celebrata con il crisma ufficiale del Comune, né in sede istituzionale, né in altra. Le scuole non sanno nulla. Da qui la reprimenda di Migneco che accusa di “incuria e negligenza colpevole chi, sopravvissuto  alla tragedia, aveva l’obbligo in forza della sua autorità, di  dare alla giornata il giusto posto nella storia cittadina”. Per colmare la lacuna, abbiamo intervistato Francesco Migneco per la webtv RM, già in rete, anche nel canale you tube, e in onda su Antennauno di Lentini.

Giorgio Càsole  –  nella foto, Migneco  a ds, Càsole a sin.

IL MISTERO DELL’ IMMAGINE DELLA PORTA DI TERRA DI AUGUSTA

l (321)AUGUSTA – Nel 1680 il vicere’ di Sicilia, conte Francesco di Benavides, a tutela della città di Augusta e del suo porto, diede incarico a  Carlos De Grunembergh, nobile ingegnere di chiara fama, di migliorare le fortificazioni. De Grunembergh lavorò per apportare molte migliorie, progettando anche due monumentali porte di terra:  la Porta Spagnola, superbamente eretta all’ingresso dell’ isola e quella del Rivellino o Quintana, dal nome di un consigliere del viceré che diresse i lavori,  della quale ad oggi rimangono solo parte dello stipite sinistro e la colonna tortile, una spirale con funzione decorativa. Il Rivellino Quintana (1682), posto su un isolotto triangolare, fungeva da avamposto militare a difesa della città. In origine, un istmo congiungeva alla terraferma l’isola di Augusta. Nel 1671, nel corso dei grandi lavori di potenziamento della Piazzaforte, l’istmo fu tagliato, creando un fossato, e da quel momento questa zona fu chiamata “la tagliata”. Furono tre all’ origine i Rivellini, il Quintana, il Sant’Anna e il Santo Stefano, costruiti In architettura militare al posto dell’istmo; quello di S. Stefano, in particolare, sorgeva dove attualmente ha sede il Commissariato P.S. di Augusta. Il collegamento con la terraferma fu assicurato da due ponti levatoi, sostituiti nel 1800 da due stretti ponti in muratura, ampliati poi negli anni ‘30.

Ciò premesso, ai nostri giorni non sono mai pervenute immagini originali dell’ intera struttura del Rivellino Quintanapurtroppo, ad eccezione di quelle relative allo stipite sinistro, quali foto o disegni su cartoncino, come quelli tipici usati nei primi anni del secolo scorso. Per questa nobile ragione, otto anni orsono, due amici appassionati di storia locale, Francesco e Peppe, il pittore della chiesa del Cristo Re e l’amministratore del weblog cittadino, davanti a una tazza di caffè ristretto consumato di sera tardi, decidono di provare una ricostruzione al pc dell’immagine della Porta di Terra del Rivellino Quintana, per poi decidere di effettuarne le prime pubblicazioni in rete, partendo proprio da una foto raffigurante lo stipite rimasto e cercando di garantirne, per quanto possibile, l’originalità, le proporzioni e il fondamento storico. Ecco chiarito il mistero dell’ immagine tanto apprezzata, quanto dai profani disprezzata nei moderni social networking, mentre altri, i più furbi, ne hanno già arbitrariamente attaccato i loghi.

Non importa che se ne parli bene o male, l’importante è che se ne parli (O. Wilde).

   Giuseppe Tringali

IL SOMMERGIBILE ASCIANGHI E IL COMANDANTE CHE MORÌ DUE VOLTE – di Francesco Migneco

ascianghi.jpgNel luglio scorso, su queste pagine ci siamo occupati ampiamente della tragica, ma alquanto gloriosa vicenda del piccolo sommergibile Ascianghi, che nella totale obbedienza alla Patria e all’onore militare, che ha sempre contraddistinto la Marina Militare Italiana, il 23 luglio 1943 condusse quella ardimentosa e coraggiosa sortita contro un convoglio di cacciatorpediniere inglesi al largo della rada di Augusta. Il servizio di stampa sul Diario e Augusta News, fu reso con fedeltà storica e con gli elementi fino al momento conosciuti, ma al di là di questo, si è inteso, esclusivamente, dare umano e dignitoso riconoscimento ai 23 giovani marinai che dal lontano 23 luglio ’43, giacciono col loro battello proprio a due miglia dal porto megarese. Non importa, se altri che neanche gli è sfiorato il pensiero di questa commemorazione, se ne siano arrogata l’iniziativa, ed ipocritamente affermando di averla suscitata, preparata e celebrata. Sul punto ci limiteremo a questo, ma, in effetti, meriterebbe un più duro commento. Tuttavia è stato, ed è interessante che l’episodio che rispecchia valori di notevole valenza, al di là di ogni limite, sia stato giustamente rievocato, non fosse altro per onorare e recare deferenza a quei ventisette caduti. Ed è proprio in merito a questi caduti che abbiamo voluto riprendere l’argomento, anche per correggere la “colossale gaffe storica” riportata da un incauto quanto superficiale cronista sull’edizione de la Sicilia del 23 luglio 2013, ove a grosse lettere veniva titolato “… il primo a morire fu il Comandante”. Se il frettoloso cronista, e probabilmente lo storico che ne accompagnò la notizia, avessero posto attenzione alla fonte storica, avrebbero evitato che il Sottotenente di Vascello Mario Fiorini, Comandante dell’Ascianghi, morisse due volte. Dall’esame diretto di documentazione a noi pervenuta, emerge, invece, che il Fiorini sopravvisse all’affondamento del sommergibile assieme ad altri 26 membri dell’equipaggio. Infatti, il Fiorini fu fatto prigioniero dagli inglesi, e dopo 30 mesi di prigionia tra l’Algeria e l’Inghilterra, venne rimpatriato il 31 marzo 1946. Il Fiorini, quindi, non morì il 23 luglio 1943, bensì molti anni dopo, ossia a Roma il 18 novembre 1983 (Atto di morte 05976, Parte 2a Serie B01) Era nato a Camogli il 28 giugno 1916 (Atto di nascita n. 70 Parte 1a RA 1916). Dopo la tragedia dell’Ascianghi fu riammesso in servizio nella nuova Marina Militare Italiana, congedatosi con il grado di Contrammiraglio. Quindi la STORIA non può essere imbrogliata e sarebbe corretto che la facesse chi ne ha competenza, lontana dagli istrioni, ciarlatani ed imbonitori. E per completezza dell’esposizione, giova altresì utile riportare integralmente la conclusione dell’inchiesta, a firma del senatore Giuseppe Micheli, Ministro della Marina Militare dell’epoca, in seguito all’interrogatorio reso dal Fiorini alla Commissione Speciale Militare, dopo il suo rimpatrio dalla prigionia.

“Al STV Mario Fiorini

Ho esaminato la relazione della Commissione Speciale d’Inchiesta, in merito all’affondamento dell’Ascianghi avvenuto il 23 luglio 43 al largo di Augusta e di cui Lei era il Comandante. Da esso ho rilevato che Ella, si comportò con perizia e slancio durante un attacco contro caccia nemici e quando in seguito a grosse avarie riportate dall’Unità al Suo Comando, come da conseguenza avversaria, si trovò nella dura necessità di dover scegliere tra il perdere l’Unità con tutto l’equipaggio, o perderla cercando di salvare il personale, giustamente decise per quest’ultima soluzione. Giudico, pertanto, il Suo comportamento conforme alle leggi dell’onore militare e dai doveri derivanti dalla situazione contingente.

Roma 14 ottobre 1946

F.to G. Micheli

Copia conforme originale

Maggiore Commissario

F.to Ugo Del Corso”

Altra documentazione originale dimostra che il Comandante Fiorini diede esempio di coraggio e decisione nel condurre in salvo parte dell’equipaggio fuori dal battello che, ormai, rapidamente scivolava in fondo al mare. Non ci fu spazio per la gloria dell’Ascianghi ed anche a distanza di tanto tempo riesce difficile convincersi, perché malgrado le positive risultanze dell’inchiesta, al Fiorini non fu mai concessa alcuna onorificenza. Ma ancor più sorprende che non si rinviene nel carteggio, nemmeno una citazione alla memoria dei ventitré caduti nello adempimento del loro dovere. Ma ci abbiamo pensato noi, e soprattutto chi scrive, ad aver fatto sì che il 23 luglio scorso, a due miglia al largo di Augusta è stata onorata e commemorata la MEMORIA del loro sacrificio.

                   Francesco Migneco

SCHEGGE DI MEMORIA AUGUSTANE/ 9-10 LUGLIO ’43. AUGUSTA, IL PASSAGGIO DELLA “COLONNA INFAME”

augusta,augustanews,francesco mignecoAUGUSTA. Settant’anni fa, una marea di uomini, chi con addosso il solo tascapane, chi con la sola divisa grigioverde, già con le stellette e mostrine strappate, marinai col solo camisaccio, senza solino. In sintesi, un misto enorme di divise si attardava ansiosa e fremente nel crocevia di Contrada Fontana, che diventò, per giorni, il posto di osservazione del flusso di colonna di sbandati. Bene! La colonna ci fu e i sovversivi di allora la etichettavano “la colonna infame”. Ma fu, poi, veramente infame? Su quelle incredibili giornate del 9-10 luglio ’43, storici, topi di biblioteca, cronisti del lugubre, stampa, e così via, si sono affannati a dare qualsiasi definizione, ma, in effetti, sugli avvenimenti allora accaduti, rimane ancora il ragionevole dubbio. Quella colonna per oltre tre anni di conflitto, fu spesso vista sfilare con fierezza, tra labari e gagliardetti, stracolmi di medaglie, lungo il corso Umberto di Augusta. Stavano a testimoniare la potente Piazzaforte di Augusta. Effettivamente, queste parate militari inducevano a credere che, veramente, Augusta fosse il tanto decantato baluardo fortificato nel Mediterraneo. Infatti, sino al 13 maggio ’43, l’aviazione inglese, malgrado le numerose incursioni non conseguì alcun successo contro la Piazzaforte. Invece, questa fu messa a dura prova dall’aviazione USA che disponeva di nuovi bombardieri a lungo raggio. E fu, da allora, da quell’infausto 13 maggio, che l’impatto psicologico, oltre alla distruzione materiale delle difese, per cui, a breve, a meno di 40 giorni, si cominciò a materializzare quella che sarà definita dagli antifascisti “la colonna infame”, cioè il simbolo della fuga e dell’abbandono della Piazzaforte. Sulle cause, intrighi, complotti, tradimenti, e così via, non ci attardiamo, perché l’argomento è complesso, e sarà oggetto di una “rivisitazione storica” di chi scrive, proprio inerente all’incredibile fine di quella temuta Piazzaforte, violata, impunemente, per prima, da due navi inglesi, la Examoor e la Kanaris, che alle 14,20 del 10 luglio ’43, attraverso il canale di Scirocco, s’immettevano nel porto di Augusta. E, ritorniamo alla nostra colonna. Lo scorrere di uomini-soldati era incessante. Molti erano frastornati, inquieti, impauriti su quale sorte li attendesse, sembravano ombre vaganti verso l’ignoto. Era una guarnigione, la guarnigione delle gagliarde parate lungo la strada maestra di Augusta, ora in disfacimento. Osservavamo le scene più impensate, come la pressante richiesta di abiti civili, barattati con gallette e altre cibarie che portavano con sé. Arrivavano, persino, a barattare gli effetti personali, pur di avere una giacca o qualche indumento civile, pur di dismettere quei panni grigioverdi diventati decisamente scomodi. Eppure, quando tutto questo esodo avveniva, gli anglo-americani non erano sbarcati in Sicilia. E allora, quella colonna di uomini smarriti, provati, a mio sommesso avviso, non meritano affatto, l’etichetta di “infame”. Piuttosto, quella di pietosa compassione e comprensione, e poter dire, invece, “vittime” di eventi tragici e funesti, a loro non ascrivibili. In quel tremendo intrigo, giustamente, in quegli uomini prevalse l’istinto naturale della sopravvivenza, specialmente quando era convinzione che tutto era perduto  e si stava per perdere. Questo avvenne in quelle giornate ad Augusta, che la storia, poi, a torto o a ragione, definì giornate della codardia, della fuga, dell’abbandono, del disonore di chi comandava. Questa è un’altra storia. Le polemiche, fino a oggi, pro e contro non sono ancora sopite.

          Francesco Migneco