Solidarietà e ricostruzione.
Sono due parole che mi feriscono ancora, benché dal terremoto del 13 dicembre 1990 siano passati ben 19 anni.
Anche se talune istituzioni si potrebbero sentire offese dalle mie dichiarazioni la verità è questa: di fronte alle calamità naturali non siamo tutti “fratelli d’Italia”, e con l’avvento della Lega ancora di più.
E se a qualche altro potrebbe “dispiacere” c’è un’altra verità scomoda da ricordare: dopo il terremoto o la calamità, spenti i riflettori dei mezzi d’informazione, lo stato ti abbandona nelle mani di un carnefice chiamato burocrazia.
Le calamità avvengono in pochi secondi o minuti: la sofferenza del “dopo-disastro” te la puoi portare avanti per anni o decenni. Ai funzionari del ministero la tua sofferenza non importa: diventi solo il numero di una pratica, di un fascicolo.
Due sono le forme di sofferenza grave del “mio” territorio: una dura da oltre mezzo secolo (è il disastro ambientale); l’altra è quella di aver visto l’incapacità dello Stato – e della Regione Sicilia in particolare –
riguardo alla gestione del dopo terremoto del 1990.
Probabilmente il mio cognome e nome, sulla stampa in particolare – e in internet -, sono legati non tanto al ruolo di prete o di parroco, ma alle vicende socio-ambientali del mio territorio.
Prima ancora del terremoto del 90 mi sono trovato in prima linea sulla questione “salvaguardia del creato”, sicurezza e rischi civili e, mentre aspettavamo l’intervento dello stato per dare sicurezza a questo territorio, è arrivato perfino il terremoto, di fronte al quale lo stato italiano non solo è “fuggito”, ma addirittura ha nascosto tante cose.
Non mi riferisco solo alla “fuga” vera e propria dell’allora ministro per la protezione civile Lattanzio, ma di tutte le istituzioni dello Stato che non furono neanche fisicamente presenti ai funerali delle vittime del terremoto, ma anche al fatto che non ci venne concesso neanche il diritto alla solidarietà.
Solidarietà e ricostruzione:
non mi ricordo, nei giorni seguenti il “mio” terremoto, di partite del cuore, di una tantum per la ricostruzione, di ritocchi del prezzo della benzina per i terremotati, di visite di uomini illustri o potenti, (questi cominciarono a venire alla spicciolata, in forma privata – e rapida – il mese dopo) quando si già si percepiva nettamente l’abbandono dello stato, quando già erano frequenti le manifestazioni di protesta.
È l’unico caso, che io ricordi, nella storia della repubblica italiana, in cui – di fronte a un sisma che aveva provocato 17 morti e 15.000 senzatetto (41 i comuni “toccati” dal sisma in tre province)-, non venne dichiarato lo “stato di calamità naturale” perché …. “non ce n’erano le condizioni”.
“Terremotati e gabbati” sino alla fine di ottobre 1991, quando dopo alcuni giorni consecutivi di fortissime proteste venne tolta l’ultima barricata che isolava Siracusa. Fino a quella data, secondo la servile informazione nazionale, noi siciliani “piagnoni” ci eravamo “inventati” perfino il terremoto per vivere di assistenzialismo.
In realtà era la zona colpita dal sisma che “assisteva” l’erario statale con un gettito stimato allora in 24.000 miliardi di lire (12 miliardi di euro attuali), e che soffriva per le conseguenze di un inquinamento pluridecennale che aveva ferito profondamente persone e territorio.
In segno di “solidarietà” (molto tardiva, ma strappata a forza) il 31 dicembre 1991 venne varata la legge 433/91 quella che finalmente finanziava la ricostruzione della zona terremotata.
3870 miliardi di vecchie lire …… ma in sei anni!
Se poi gli anni effettivi per la ricostruzione sono diventati 14, 15, 19 …. La colpa di chi è? Non certamente dei terremotati. Ad Augusta, epicentro del terremoto del 1990, nel 2009, attende la fine della ricostruzione il palazzo municipale; ad Augusta, dove il terremoto per fortuna o per disgrazia, non provocò nessun morto basta recarsi nella chiesa del cimitero per “ammirare” ciò che provocò il sisma del 13 dicembre 1990. Nessun intervento, se non il “provvisorio” puntellamento dall’anno del terremoto. La piccola chiesa del cimitero di Augusta probabilmente per il suo restauro avrà bisogno di molti più soldi della basilica di Assisi o della cattedrale de L’Aquila. Ecco perché non la si ricostruisce.
Perché per i terremotati dell’Umbria (1997) la legge sulla ricostruzione venne approvata solo dopo 4 mesi?
Lì i riflettori si accesero subito e rimasero accesi per lungo tempo ed anche la macchina della solidarietà si mise in moto a pieno ritmo.
Perché al Molise il presidente del consiglio promise la ricostruzione in due anni dimenticandosi dei terremotati di S. Venerina in Sicilia?
Perché nel recente terremoto d’Abruzzo, il presidente del consiglio, vi si è recato già una dozzina di volte?
Perché questo presidente del consiglio è così prodigo di sorrisi e promesse nei confronti degli abruzzesi?
Perché il G8 si è tenuto a L’Aquila?
Perché così i terremotati abruzzesi avrebbero avuto più solidarietà.
A settembre avrete una casa!!! Ma per costruire, secondo legge, non ci vogliono i tempi della burocrazia?
A volte, ma solo in certi luoghi, e con l’intervento diretto di le fa (magari ad personam) le leggi si possono scavalcare: gli altri aspettino. Anche anni se non sei subito un … utile elettore.
A chi scrive le stesse istituzioni che altrove annunciano tempi brevi stanno facendo aspettare da oltre solo 14 mesi il collaudo di un edificio sacro (Santuario Adonai di Brucoli) già “finito”, ma solo diciannove anni ….. dopo il terremoto.
Non riesco proprio a vedere in che cosa siamo “fratelli d’Italia” dopo il terremoto.
L’Abruzzo non è la Sicilia. Si trova a soli 100 km da Roma. È più facile da raggiungere per tutti i politici, presidente del consiglio in testa: una veloce puntatina, pranzo (non pagato) con i terremotati, promesse e … via.
Forse perché in Abruzzo c’è uno scenario ambientale totalmente diverso da quello della zona nord di Siracusa, epicentro del sisma del 1990.
Qui ci sono decine di stabilimenti inquinanti e pericolosi: qui è pericoloso viverci, è rischioso passarci anche di sfuggita: non ci sono passati neanche quelli del G8 della Prestigiacomo (una gita nella sua azienda di famiglia avrebbe accresciuto certamente il suo prestigio); non ci passò neanche Ciampi quando venne a inaugurare la targa in cui si dichiarava Pantalica “patrimonio dell’umanità”; non ci venne neanche Cossiga dopo il terremoto del 1990.
Solidarietà? Dopo il terremoto del 1990 l’atteggiamento dello stato italiano fu peggio di una pugnalata alla schiena di uno già ferito. Nessuna solidarietà ai Siciliani terremotati. E neanche informazione all’Italia. Tant’è vero che questo terremoto non lo ricorda più nessuno neanche all’Istituto nazionale di Geofisica.
I riflettori qui avrebbero sicuramente illuminato qualcosa che invece bisognava nascondere.
Anche ad Augusta si parlò di … Ricostruzione veloce, trasparente: nel senso che non si vide. Questa poteva e può ancora aspettare.
In compenso, oggi, qui, parliamo di ….. costruzione – rapida -, ma di altri impianti a rischio in una zona a rischio: termovalorizzatore e rigassificatore: in zona sismica di primo grado! Quello che già c’è non era sufficiente? Di sicuro il numero di morti di cancro, di bambini malformati, di aborti terapeutici o spontanei, di morti e feriti negli incidenti sul lavoro nell’area Augusta-Priolo, è certamente più alto di quello di tutti i terremoti accaduti nel territorio italiano dopo il 1990.
Chiedo a tutti coloro che sulla stampa, in televisione, usano le parole “solidarietà e ricostruzione” di ricordarsi che in un’altra zona d’italia (stavolta, ricordandomi del giovane Alessandro Manzoni lo scrivo appositamente minuscolo) queste due parole offendono e feriscono la coscienza di altri cittadini terremotati da tempo, a cui nessuno vuol dare ascolto solo perché hanno la colpa di non vivere a 100 chilometri da roma. A mille chilometri di distanza fare le passerelle è più difficile e più scomodo. Anche per chi ha a disposizione l’aereo di stato, e può trasportare gratis chi vuole.
Se poi magari qualche giornalista volesse venire, dovrebbe farlo in fretta, perché al proprio giornale, le trasferte in Sicilia costano. E poi diciamolo chiaramente: a quale grande testata giornalistica possono interessare i problemi di questa parte della Sicilia visto che solitamente queste hanno la loro sede nel centro nord dell’Italia come le sedi legali delle aziende del petrolchimico siracusano?
Sac. Prisutto Palmiro