Sono parole di Marco Tullio Cicerone, uno dei massimi scrittori della latinità, avvocato tra i maggiori di Roma e uomo politico influente all’epoca di Giulio Cesare. Per Cicerone, Siracusa era la più grande delle città greche. I Romani conquistatori erano un popolo rozzo, praticamente senza cultura, che, per cinque secoli non avevano prodotto una letteratura. Quando nel III secolo a. C. conquistarono le colonie della Magna Grecia nel meridione d’Italia, rimasero affascinati dalla cultura ellenica, in tutte le sue espressioni artistiche, e cominciarono, allora, ad assimilarla fino a farla diventare propria. ” Graecia capta ferum victorem cepit”, cioè la Grecia conquistata conquistò il feroce vincitore, riconobbe secoli dopo il grande poeta Orazio, il poeta del celebre “carpe diem”, dell’età di quell’Ottaviano che fu elevato all’onore di Augusto, dopo aver sconfitto Marco Antonio, segnando così la fine delle guerre civili. I poeti, gl’intellettuali in genere, da Roma si recavano spesso in Grecia, considerata la patria della cultura, del pensiero filosofico, delle radici mitiche. La mitologia romana, che era la loro religione, è tutta impregnata di radici greche. I Romani si limitarono a mutare i nomi degli dei greci: Zeus, il sommo dio, divenne Giove, la di lui moglie Era fu chiamata Giunone, il mitico semidio Eracle Ercole, e così via. Dunque, non poteva che essere entusiastico il giudizio di Cicerone quando vide e visitò Siracusa, una delle capitali della Magna Grecia, che aveva una vita di circa sette secoli all’epoca di Cicerone, il quale la definì anche la più bella di tutte le città. Dovette apparire all’illustre senatore romano come una metropoli , anche perché Siracusa era una pentapoli, comprendeva, cioè,cinque città (da intendere, ovviamente, con il significato del tempo): Acradina, Epipoli, Neàpolis, Tyche e, naturalmente, Ortigia, l’isola del mito di Alfeo e Aretusa,che i greci fondatori della città avevano importato dalla madre patria, vero e proprio mito di fondazione, tant’è vero che si può usare “aretuseo” come sinonimo di “siracusano”. Secondo il mito, Alfeo, figlio di Oceano e Teti, si era innamorato della ninfa Aretusa e, per conquistarla, assunse l’aspetto di un cacciatore. Aretusa, avvertito il pericolo, fuggì velocemente e lontano: attraversò il mare, approdò in Sicilia e trovò rifugio nell’isola di Ortigia, cara alla dea Artemide, Diana per i Romani (Ortigia è uno dei soprannomi della dea). Per sottrarla del tutto alle grinfie di Alfeo, Artemide trasformò la ninfa in sorgente. Alfeo, profondamente innamorato, dio di un fiume che scorreva oltre il monte Olimpo, fece scorrere le acque sotto il mare per emergere a Ortigia dove esse si mescolarono a quelle di Aretusa. La “fonte Aretusa”,nel cuore di Ortigia, è uno dei percorsi obbligati di chi visita Siracusa, che potrebbe essere considerata il degno coronamento di un viaggio in Sicilia, l’isola che è al centro del Mediterraneo e che potrebbe essere considerata per il clima mite la California dell’Unione Europea. Guy de Maupassant, scrittore francese di fine Ottocento, riferendosi proprio a Siracusa, osservava : “E’ con questa graziosa e singolare cittadina che bisogna concludere un’escursione in Sicilia.” A Siracusa le vestigia della civiltà greca non sono soltanto reperti da ammirare, ma testimonianze “vive”, come, per esempio, l’amplissima cavea del teatro, il più grande dei teatri greci, dopo quello di Epidauro in Grecia, dove ogni anno, i n primavera, attori professionisti fanno rivivere sulla scena i capolavori dei grandi tragici greci, Eschilo, Sofocle, Euripide, realizzando una suggestione unica, che fa rituffare gli spettatori in un passato remoto e alonato di misticismo, quando, per i greci, andare a teatro era, come per i cattolici, andare a messa. Non molto distante dal teatro greco il parco archeologico della Neàpolis con quella grotta straordinaria per morfologia e acustica, che è definita” l’orecchio di Dionisio,” perché, secondo la tradizione orale, uno dei tiranni di Siracusa, Dionisio o Dionigi, posto alla sommità, riusciva ad ascoltare distintamente i discorsi dei prigionieri rinchiusi all’interno della grotta, che sembra avere, appunto, la forma di un grande orecchio di pietra. Alle vestigia greche si affiancano quelle romane con un gruppo di tombe di età imperiale, tra cui potrebbe esserci anche quella dove fu sepolto Archimede, il grande scienziato che fu ucciso da uno dei rozzi e feroci soldati romani, dopo l’assedio di Siracusa. A Siracusa il cristianesimo attecchì presto tanto che, nel V secolo d. C.,. a Ortigia, un tempio dorico dedicato ad Atena, Minerva per i Romani, fu trasformato in chiesa cristiana -sono visibili all’interno le possenti colonne doriche – dedicata alla santa patrona Lucia, la martire cristiana cui furono cavati gli occhi. Un altro tempio cristiano, in tempi moderni, è stato elevato in onore della “Madonna delle Lacrime”, nel ricordo d’un evento prodigioso accaduto, sul finire degli anni Cinquanta del secolo scorso, nella modesta casa di una povera famiglia di operai: la lacrimazione, lacrime umane come hanno attestato i chimici, di un quadretto di gesso raffigurante la Madonna, usato come capezzale nella stanza da letto dei coniugi Gennuso. Siracusa, città greco-romana e cristiana , presenta testimonianze del barocco siciliano famoso ormai nel mondo .Tuttavia, se si vuol apprezzare l’arte barocca nella sua pienezza, occorre recarsi a Noto per ammirare la monumentalità barocca scenograficamente dispiegata lungo la via principale. Se si vuole compiere un viaggio ancora più a ritroso nel tempo, più indietro rispetto all’epoca greca, bisogna andare a visitare la necropoli di Pantalica, nei pressi di Sortino, una cittadina sulle colline iblee dove viene prodotto il miele fra i migliori . Se si vogliono gustare le primizie della campagna, allora ci si deve inoltrare fino a Pachino, patria dei famosi pomodorini che sembrano ciliegie e dove si producono qualità di vino che fanno pensare all’ambrosia, il nettare degli dei. Se si ama l’habitat naturalistico, si può andare ad ammirare i fenicotteri che vivono indisturbati nella zona umida di Vendicari , oasi protetta,che qualcuno, anni fa, voleva trasformare in area urbanistica per edilizia residenziale. Sarebbe stato un delitto ambientale tra i peggiori. Per fortuna non s’è avverato. Per fortuna o per volere degli dei?
Giorgio Càsole