CORALE EUTERPE, L’ “ALTRA VOCE” DI AUGUSTA

DECENNALE DELL’ASSOCIAZIONE ARTISTICO – CULTURALE EUTERPE

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Il decennale dell’associazione artistico-culturale Euterpe scorre alacremente sotto la realizzazione di continue brillanti attività. L’associazione si è sempre distinta per aver messo a frutto i diversi talenti dei suoi soci nel vivere l’arte in maniera prismatica, sotto la veste di canto, recitazione, evento culturale, tutto ciò che potesse far breccia nel bisogno di cultura e di arte che la città sentiva, nel segno dell’autonomia organizzativa, nel rispetto di ciò che fosse valido per la sua valenza artistica.  Dopo aver iniziato i festeggiamenti con la partecipazione al III festival di Salerno, nel novembre dello scorso anno, durante il quale ha richiamato l’attenzione di pubblico e critica nazionale, dopo la partecipazione nei precedenti mesi a concerti nelle chiese del nostro territorio e ad eventi e conferenze di rilevanza pubblica cittadina, si avvicina ora il tempo dello spettacolo di fine attività annuali. Così i cori di varie età dell’Euterpe Junior e dell’ Euterpe Maior creati dal vulcanico m° Rosy Messina, nei giorni 18 e 19 maggio, in collaborazione con la Marina Militare di Augusta nella sala “Amm. Vandone” si avvicenderanno per due serate, ogni giorno alle 19,00, con gli alunni della scuola Euterpe, musicisti di pianoforte, chitarra, strumenti vari, in brani sempre più suggestivi e dalla frizzantezza primaverile. L’ingresso sarà per tutti gratuito. Le serate saranno allietate da ospiti e vedranno anche la partecipazione dell’ ultima creatura artistica cittadina, ALTERAZIONI ACADEMY, scuola di preparazione ed audizioni al musical frutto dell’unione di Mariella Arghiracopulos, Rosy Messina, Domy Campisi, Cettina Messina. La musica, il canto, il ballo, la recitazione saranno protagonisti di questi eventi, per festeggiare la passione per l’arte e la volontà di renderlo parte della nostra vita, personale, cittadina, e contribuire a far risplendere la torcia dell’arte nella nostra città.

  G.C.

Scelto il manifesto ufficiale della settima edizione di SHORTini

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AUGUSTA– La settima edizione di “SHORTini film festival” inizia a prendere corpo, grazie alla scelta del manifesto che ne caratterizzerà l’immagine e che presto vedremo campeggiare su magliette e  borse e sacchetti della spesa. Si tratta di un’opera realizzata dall’artista augustana Paola Longo, individuata dall’organizzazione del festival tra le 19 proposte pervenute.  Come spiega la stessa artista, il manifesto raffigura un ritratto di donna disegnato a matita e rielaborato graficamente al computer, e sottolinea la propria predisposizione verso la raffigurazione di corpi e volti dalle forme sinuose e dai colori netti e decisi. Artista dall’ingegno versatile, Paola Longo nasce ad Augusta nel 1980, si forma all’Accademia delle belle arti di Catania, e si dedica al restauro, alla pittura, alla grafica e alla decorazione di interni. Partecipa a diverse mostre estemporanee e personali, e di recente espone a Pescara in una nota galleria d’arte. Il critico d’arte Andrea Domenico Taricco sul “Corriere dell’Arte” definisce il suo stile “sobrio, sicuro, con cui ottiene risultati artistici profondamente unici”. “Sono più che contenta che la mia idea per il manifesto sia stata apprezzata – spiega Paola Longo – lo staff di SHORTini è davvero una grande squadra. Ringrazio di cuore l’organizzazione del festival per aver scelto il mio manifesto, ma soprattutto perché è grazie a loro, alla loro tenacia e passione, se ad Augusta abbiamo attività culturali così stimolanti, grazie Shortini”. Al lavoro di Paola Longo SHORTini dedicherà, durante le giornate del festival, una mostra personale. “Il manifesto proposto da Paola ci è subito piaciuto – sottolinea Jessica Spinelli, presidente dell’associazione QuattroTerzi, organizzatrice del festival – grazie alla sua eleganza ed alla sua forza espressiva. Con la scelta di affidare ad un artista la realizzazione del manifesto, SHORTini intende ribadire la propria attenzione nei confronti della scena artistica e culturale augustana, e proporsi come vetrina per forme d’arte diverse dal cinema, ma ad esso correlate. In questo periodo di così profonda crisi per la nostra città, siamo sempre più convinti che l’arte e la cultura rappresentino una via d’uscita, un percorso certamente difficile da seguire che, tuttavia, ci sembra obbligato se si vuole costruire una realtà nuova e, se possibile, migliore”.

La settima edizione di “SHORTini film festival” si svolgerà ad Augusta dal 2 al 4 agosto 2013 e avrà in Piazza D’Astorga la location principale.

                                           

          C. D. M.                      

LA SQUADRA MASCHILE DI PALLAVOLO È VICECAMPIONE PROVINCIALE

squadra pallavolo masch 2013.JPGAUGUSTA – Martedì 7 maggio il nostro Liceo ha disputato il triangolare di finale del Torneo Provinciale  di Pallavolo dei Giochi Sportivi Studenteschi 2012/2013 a Siracusa presso la palestra dell’Istituto Tecnico “ Juvara”. Hanno partecipato gli alunni: Sebastiano De Cristofaro (III A r L.C.), Alessandro Solano  (I B L.S.), Filippo Gallucci, Ernest Grden e  Samuele Marsano (II C L.S.), Mattia Petracca (I C L.S.), Giuseppe Valenti (IV D L.S.), Mario Marchetti e Simone Marturana(III D L.S.), Anthony Buscemi (II A L.S.), Davide  Galofaro ( III A L.S.) e Alessio Laudani (IVB L.S.).  La prima partita contro il Liceo Scientifico “ Corbino” di Siracusa è stata vinta agevolmente dai nostri alunni per 2 set a 0 con i parziali  di 25 a 18 e di 25 a 17. La squadra, ben concentrata e determinata in campo, trascinata dalle ottime prestazioni degli schiacciatori e degli alzatori, ha disputato una brillante partita, mantenendosi sempre in vantaggio e non concedendo niente agli avversari siracusani. Il Liceo Scientifico “Corbino” ha disputato il secondo incontro con il Liceo “Majorana” di Avola perdendo nuovamente per 2 set a 0 con i parziali di 25 a 12 e di 25 a19. A questo punto, decisivo per l’aggiudicazione del titolo provinciale è stato il terzo incontro tra la nostra rappresentativa e quella di Avola. Il primo set è stato vinto con facilità dalla squadra di Avola con il punteggio di 25 a 18; il secondo set, invece, è stato molto più combattuto.  Dopo un avvio non felice della nostra rappresentativa, con uno svantaggio di 5 punti, la squadra del “Megara” ha saputo reagire portandosi anche in vantaggio, ma ha dovuto purtroppo arrendersi alla superiorità tecnica degli avversari  perdendo il set per 26 a 24. Forse con un pizzico di fortuna in più avremmo potuto disputare il terzo set di spareggio, ma comunque il bilancio è da  ritenersi positivo perché, per il secondo anno consecutivo, portiamo a casa il titolo di vicecampioni provinciali. Sono soddisfatta della squadra non solo per il risultato conseguito, ma anche per il comportamento corretto tenuto sia dentro che fuori il campo di gioco. Desidero ringraziare Giuseppe Sirone (IV AL.S.) e Maria Stupia (II A L.C.) che, pur non potendo quest’anno giocare per sopraggiunti limiti di età, si sono resi disponibili a seguire gli allenamenti pomeridiani e gli incontri della squadra maschile e di quella femminile fornendo preziosi consigli tecnici e tattici.

       Prof.ssa  Mariarosa  Masotti     

HANGAR, IL GIGANTE ABBANDONATO – di Giorgio Càsole

Dichiarato monumento nazionale per iniziativa della Sopraintendenza, attende ancora la realizzazione di un progetto che risale al 1989. Un percorso ideale di visita dall’ hangar i forti spagnoli (in centro di porto)

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ha.jpgAUGUSTA – Maestoso, imponente, abbandonato  (dopo il tentativo di fruizione messo in atto dall’associazione  Hangar team, convenzionata con il Comune). Così potremmo sinteticamente definire l’ hangar per dirigibili, che domina, come un tempio greco sull’ acropoli, la baia di Augusta: il primo esempio italiano di architettura militare posto sotto il vincolo della tutela monumentale dalla Soprintendenza di Siracusa. “L’ hangar di Augusta è una delle pochissime opere di tal genere esistenti in Europa. Costituisce, quindi, un prezioso esempio di architettura militare ed è, nel contempo, una valida testimonianza sullo stato dell’arte delle grandi costruzioni in cemento armato all’inizio del secolo,”, il Novecento. Così si legge nella motivazione per il vincolo, redatta dall’architetto Pavone della Soprintendenza aretusea, che nel 1989 annunciò un progetto di restauro conservativo “già in cantiere”. Pavone assicurò: ”Ci misureremo con nuove tecnologie e soluzioni all’avanguardia”. Nel 1989, infatti, si registrò un “cedimento sottofondazionale sotto il portone principale”, come dnunciò l’architetto augustano Francesco Lombardo, autore, con la sua collega Giovanna Cavallo, di uno studio sul recupero funzionale dell’hangar. Il cedimento provocò una grossa lesione in un punto delicato della struttura, “tanto che un contrafforte sta per cedere”, preconizzava  Lombardo, il quale va  che l’Aeronautica militare, proprietaria dell’area,  era intervenuta per frenare “lo sbilanciamento in avanti della parte anteriore dell’edificio. Il Comando della Terza Regione Area, di stanza a Bari, riconosceva  che l’hangar era in “cattive condizioni” ma, a quanto pare, non aveva  intenzione di sborsare più una lira, pur riconoscendo il pregio dell’opera monumento nazionale.

Il tenente colonnello Eugenio D’Amico, addetto stampa di quel comando,  confermò all’autore di queste righe che “trattandosi di un complesso che non riveste più interesse per fini specifici di difesa dell’Aeronautica e la cui custodia e conservazione richiede l’impiego di notevoli risorse che la Forza armata istituzionale non può distrarre dalle risorse necessarie all’assolvimento di fini specifici, il Comando ha già da tempo avviato una proposta per la dismissione dell’area, sulla cui successiva destinazione è competente il Ministero-Difesa”.  Al ministero della Difesa si  rivolse l’allora sindaco di Augusta, Pippo Gulino, per chiedere formalmente l’acquisizione al demanio comunale dell’hangar, degli edifici circostanti e di circa quaranta ettari di terreno dell’area comprensoriale, un tempo aeroporto “Luigi Spagnolo”, oggi area verde a macchia mediterranea, “ideale cornice a impianti sportivi di base (campo di calcio e campi da tennis, già esistenti, ma abbandonati), percorsi di corsa campestre e piste ciclabili”, auspicava  il sindaco Gulino, il quale affermava  che “gli edifici già esistenti, ristrutturati, potrebbero ospitare punti di ristoro, sale convegni e centri sociali, l’hangar debitamente ristrutturato e salvato dalle angherie del tempo e dal disinteresse delle ultime generazioni, potrebbe diventare una struttura polifunzionale (fiere, spettacoli, incontri sportivi), mantenendo la sua natura e importanza di monumento storico”. In effetti l’hangar con i suoi 86.000 metri cubi, all’interno dei quali visitatori antichi e recenti, ospiti volontari o forzati hanno lasciato una variegata testimonianza attraverso graffiti e scritture più o meno deprimenti, potrebbe divenire un enorme contenitore di svariate attività: dall’auditorium del teatro, dall’albergo-foresteria al ristorante, dalla sala esposizioni al centro commerciale (con annessi magazzini). Anche il vecchio bacino di evoluzione dei dirigibili, oggi campo panoramico, libero, da cui si gode un’ampia suggestiva visione della rada, potrebbe essere sede d’uno splendido anfiteatro per ospitare manifestazioni durante la bella stagione che ha inizio a maggio e termina a ottobre Forse è riduttiva, da questo punto di vista la proposta avanzata dagli architetti Lombardo e Cavallo di riuso dell’hangar e della zona circostante come museo storico-navale, seppur concepito con criteri moderni. “La proposta di riuso dell’intera area dell’hangar, da me avanzata con la collega Giovanna Cavallo, in sede di esame di laurea, nasce da una serie di attente valutazioni, che tengono conto del profondo rapporto che lega l’edificio alla città, e questa ha vissuto e vive un rapporto indissolubile con il “mare”, secondo l’architetto Lombardo, “nel museo concepito, il percorso del visitatore procede fisicamente di pari passo con il percorso conoscitivo. Inoltre vi è una componente spettacolare: il visitatore non osserva solo la singola opera ma anche il museo nel suo insieme, attraverso il vuoto del grande spazio centrale. L’allestimento museale continua anche all’aperto: un percorso a uso pedonale, in asse con l’hangar, lungo il quale l’esposizione degli oggetti continua, si diparte dallo stesso, intervallato da una serie di braccia perpendicolari man mano più lunghe a mo’ di spina di pesce, giungendo in prossimità del mare, per poi proseguire in acqua tramite una serie di disposti a raggiera”. Era questa l’ardita visione dei due allora giovani studiosi. Anche il sindaco Gulino, nel motivare la richiesta di acquisizione dell’area con il prestigioso monumento,  mise in evidenza il rapporto dei cittadini con il mare e il loro desiderio d’avere, finalmente, uno sbocco a mare sul porto. “Un’importante considerazione da fare  sottolineò Gulino è che la città, le cui pendici prospicienti l’intero litorale attualmente occupato, per la maggior parte, da insediamenti della Marina militare e da piccoli cantieri navali privati per la restante parte. Per questo motivo la zona costiera del parco dell’hangar rappresenta per la città di Augusta il naturale, ma finora negato, sbocco a mare sul porto. Nei già esistenti moli potrebbero installarsi impianti per il canottaggio e la vela, per le imbarcazioni di diporto e per la pesca, nonché imbarcaderi per permettere l’imbarco ai turisti che volessero visitare i forti Garsia e Vittoria e Torre Avalos”. Non c’è dubbio che l’hangar si trova al centro di un’area che fa gola alla Marina militare, soprattutto perché Augusta  è diventata sede di Marisicilia (dal novembre 2002). Così come non c’è alcun dubbio che il parco dell’hangar, preservato grazie a un’altra istituzione militare come l’Aeronautica, è un grande beneficio e indispensabile polmone verde fra Augusta e il polo petrolchimico e dev’essere, perciò, tutelato e migliorato al servizio dei cittadini, non solo quelli locali. In altri paesi, per attirare i turisti, interni e no, vengono valorizzate anche le pietre più insignificanti. E quando non c’è niente, si realizzano, vedi Stati Uniti, copie d’impressionante realismo, coniugando il senso delle tradizioni con quelli degli affari. Se Noto è arcifamosa per il suo barocco, Augusta potrebbe diventare altrettanto rinomata come piazzaforte militare con un patrimonio architettonico che risale direttamente al suo fondatore Federico II di Svevia  e , attraverso gli spagnoli, arriva fino ai nostri giorni. Al di là di quella che può essere la sua destinazione d’uso – qualunque possa essere – l’hangar e il parco circostante meritano d’essere visitati per sé stessi, curate, ovviamente, le ferite del tempo e quelle inferte dagli uomini. Consolidato, liberato delle superfetazioni e ripulito (magari ripristinando la funzionalità del grande portone, attualmente poggiante su un terreno incerto), l’hangar – questo edificio mozzafiato, lungo oltre 100m, alto 30 e largo 26, che l’anno venturo compirà ottant’anni di vita – potrebbe essere visto, visitato e “vissuto” come un moderno antro ciclopico in cemento armato ( con richiami, nella facciata, all’architettura classica, il timpano, e al liberty neo-gotico negli eleganti ed esili contrafforti delle facciate laterali). L’immane e solidissimo antro, che doveva ospitare i giganteschi dirigibili da 12 mila mc., fu costruito, in capo a tre anni, nel pieno della prima guerra mondiale, con l’intervento di manodopera coatta: prigionieri austriaci, tra i quali, pare, fosse il caporale Adolf Hitler, stando a una tradizione orale giunta fino a noi. Nel 1917 si concretizzò la minacciosa presenza dei sommergibili tedeschi nel mare Ionio. Per scongiura reale pericolo, su suggerimento dei francesi, allora alleati degli italiani, fu deciso di costruire sul litorale ionico una base per dirigibili da utilizzare in funzione antisom. E per “la vigilanza dello sbocco meridionale dello stretto di Messina e delle rotte a sud della Sicilia e il controllo dell’area attorno a Capo Passero”. Fu scelta Augusta, nella cui contrada Pastandrea furono espropriati  circa trenta ettari, di proprietà della famiglia Omadei (una delle maggiorenti del luogo), su un pianoro che, dall’alto di 32m., dominava, come tuttora domina, la baia di Augusta, sede d’una strategica piazzaforte. Nel novembre del ’17 fu dato l’avvio ai lavori con quelle scarse maestranze, capaci di affrontare l’innovativa tecnica di costruzione, che durante quel periodo bellico era possibile rastrellare, affiancate, però, da quei prigionieri austriaci, di cui alcuni già esperti in costruzioni in cemento armato. Un anno dopo, nel novembre del ’18, la guerra ebbe termine, ma non la costruzione dell’hangar; visto che non era stata svalutata l’importanza dei dirigibili, tant’è vero che, terminato nel ’20, l’hangar per quasi cinque anni ospitò i dirigibili  della Regia Marina di 5 mila mc. (anche se l’hangar, con la sua capienza di oltre 86 mila mc., poteva ospitare sigari grossi più del doppio). La breve stagione dei dirigibili di concluse ufficialmente il 29 agosto 1925, alla presenza di Vittorio Emanuele III: imbarcato sul “Savoia”, alla fonda nella rada di Augusta, il re d’Italia assistette alla parata aerea che solennemente concludeva le manovre navali: ad aprire la parata era stato un dirigibile del tipo N 2 di settemila mc. conclusasi definitivamente la stagione degli idrovolanti e l’idroscalo di Augusta, intitolato a Luigi Spagnolo, eroe di Guerra, su soppresso. L’idroscalo conobbe momenti di gloria, non solo durante il II periodo bellico, ma anche in tempo di pace: la prestigiosa compagnia aerea inglese BOAC, che diede lavoro a molti locali, faceva ammarare i suoi idrovolanti per i collegamenti Londra-Malta e viceversa.  Dal ’58 fino a oltre vent’anni anni fa, l’aeroporto “Luigi Spagnolo” è stato utilizzato dalla Guardia di Finanza come base per i suoi elicotteri. Cessata inesorabilmente la sua funzione, l’hangar è stato utilizzato come autoparco e deposito. Oggi è desolatamente vuoto, in totale abbandono, come tutta l’area circostante, visitati l’uno e l’altra dai moderni vandali, graffitari o writers che dir si voglia. Nella calma e sonnolenta atmosfera del meriggio, strani suoi stridono nell’aria, in contrasto con il senso pànico che la bucolica quiete trasmette: sembrano i lamenti di un’orca marina ferita a morte, come mortalmente ferito appare il gigantesco hangar. Il quale nei suoi oltre novant’anni di vita è stato aggredito “da vento, sole e salsedine, cosicché in alcuni punti, la sua struttura si mostra, purtroppo, prossima al collasso, temono Giorgi Cacciaguerra, fratello dell’urbanista Sebastiano, e Maurizio Bonamico a pagina 11 del loro opuscolo L’hangar dirigibili di Augusta, martin Internazionale Editore, Tarcento Udine (s. data). E così continuano a pagina 12 “Onerosi potrebbero rivelarsi i cicli di sforzo a cui è sottoposto, caratteristici in costruzioni di questa dimensione in cui si devono tenere in conto grossi problemi e grossi effetti (basti pensare che nelle giornate di bufera e di vento una parete longitudinale sopporta spinte dell’ordine di 400 tonnellate e che nelle ore di pomeriggio dei giorni assolati d’estate, la parete occidentale si deforma e cresce in altezza fino a essere circa un centimetro e mezzo più alta di quella orientale) che aggiungendosi alla suddette condizioni di dissesto, potrebbero portare a menomazioni definitive. L’effetto dei suddetti cicli ha fatto sì che qualche placca di calcestruzzo copri ferro sia saltato e il salso marino abbia prodotto la temibile ruggine nel ferro di armatura”. La Soprintendenza di Siracusa ha avuto il merito di dichiarare questo gigante in cemento armato monumento nazionale e, quindi, di attirare ancora di più l’attenzione su di esso. Ma le dichiarazioni nobili e solenni non bastano se non si provvede e provvede in tempo a salvare l’hangar. In questo momento solo i colombi fanno compagnia al gigante malato e in esso trovano rifugio. Dalla sommità del timpano pende e penzola nel vuoto il residuo d’un telefono arcaico. Chi riattiverà la comunicazione?

Giorgio Càsole

Le donne “estreme” di Enrico Groppali

Il prestigioso scrittore e critico teatrale incontrerà il pubblico venerdì 17 maggio, alle ore 18 alla MondadoriDiana. A presentare il suo nuovo romanzo “Cavalli bizzosi in mare aperto” sarà il giornalista e linguista Sergio Sciacca. Le letture selezionate dal libro saranno affidate ad una rinomata coppia di attori, Mariano Rigillo e Anna Teresa Rossini

cavalli.jpgCATANIA – Metamorfosi o incubi della psiche? Una ghost house o un cenacolo di intellettuali extra-vaganti? Sono gli interrogativi che emergono dalle pagine di Cavalli bizzosi in mare aperto (Mondadori 2012), il nuovo romanzo di Enrico Groppali, pluripremiato scrittore, drammaturgo e critico teatrale. L’autore interverrà venerdì 17 maggio alle ore 18, alla Libreria MondadoriDiana di via Umberto, per la presentazione del libro, che sarà affidata ad un altro rinomato critico teatrale e linguista, il catanese Sergio Sciacca. Arricchirà l’appuntamento la lettura di alcuni brani significativi, affidati alle performance degli attori Mariano Rigillo e Anna Teresa Rossini, prestigiosa coppia della scena italiana, impegnata in questi giorni nello spettacolo Erano tutti miei figli di Arthur Miller, fino al 19 maggio alla sala Verga, nell’ambito del cartellone del Teatro Stabile di Catania. 

Dopo il contesto “infernale” e misogino che fa da sfondo al precedente Il diavolo è femmina, Groppali sceglie una protagonista funzionale questa volta all’immersione in rosa” nell’atmosfera dei fantasmi della psiche. La famosa attrice Anna De Roberti lascia, infatti, il teatro a causa dell’accusa di oltraggio al pudore; nonostante venga assolta con formula piena, si rifugerà in uno sperduto villaggio tra la montagna e il cielo. Da qui un viaggio “extra-ordinario”: precipitata in un mondo ideale col quale è destinata a confrontarsi, incontrerà spettri e proiezioni, voci e corpi di un passato ancestrale, con cui coincidere e identificarsi, sdoppiandosi in allarmanti identità.  Si assisterà così, dopo l’incontro col seducente capo indiano Alanienouidet, seguito a ruota dall’archeologa Clarissa O’Keefe, alle sue peregrinazioni nei secoli passati. Dove si incontra e scontra, in un ideale universo parallelo, con la medium Eusapia Palladino e mademoiselle Montansier, confidente di Maria Antonietta. Fino ad approdare nella Londra di Edmund Kean, il grande attore romantico, di cui si innamora ignara che quest’ultimo sta per tramutarsi in una bizzarra creatura di vetro. A questo punto Anna, disperata, si reca alla “corte” di George Sand a Nohant, prima di sottostare all’ultima mutazione. Che avverrà, complice Casanova, a Venezia: la città dove le ombre si ricongiungono nell’eternità del mito. Un romanzo ammaliante, dunque, fatto di evanescenze e di presenze, quello di Groppali. Sua è una sconfinata produzione narrativa e saggistica, ma questa volta il critico trova ancora ispirazione e nuova linfa dal teatro, suo primordiale amore. Già nel 1977, infatti, esordisce con Il teatro di Trionfo, Missiroli e Cobelli, uno studio organico dei rapporti tra l’intellettuale approdato alla regia e le contraddizioni della scena italiana del dopoguerra

Caterina Rita Andò

AUGUSTA / LA TRADIZIONALE FESTA DI SAN GIUSEPPE, IN ARSENALE – di Giuseppe Tringali

 

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AUGUSTA – Il Direttore dell’ Arsenale Militare Marittimo di Augusta, l’ ammiraglio Giuseppe Abbamonte, nel porre le sue attenzioni alle tradizioni popolari cittadine, in particolare al culto di San Giuseppe, ha voluto ieri conoscere personalmente i diretti discendenti del defunto dipendente Carmelo Spirio, ovvero il figlio Giuseppe e l’omonimo nipote, il fabbro che nel 1951 ebbe l’idea di fare costruire dentro lo stabilimento un’ edicola votiva dedicata al Santo, proprio davanti l’officina dove egli stesso prestava servizio. In quell’anno, con il consenso dell’ amministrazione militare, Spirio riuscì a realizzare, assieme al suo reparto, la prima festa di San Giuseppe dell’ Arsenale, probabilmente ignaro di avere dato inizio a una vera tradizione. Nel libro “Il culto di San Giuseppe, di  G. Carrabino e A. Patania, si legge: “da quel momento la festa venne organizzata a turno dai vari reparti dell’ Arsenale militare. Al mattino veniva portato in processione un piccolo simulacro di San Giuseppe, poi veniva celebrata la messa a cui partecipavano tutti i lavoratori con le rispettive famiglie, le autorità civili e militari e le orfanelle dell’ Istituto Parisi-Zuppello Santangelo”.    

In Sicilia la religiosa festa di San Giuseppe è molto sentita, e gli appuntamenti dedicati alle tradizioni popolari, per questa ricorrenza sono diffusi in tutta l’ isola. Ad Augusta, in particolare, la festa dedicata al Santo, oltre ad essere legata storicamente a un’antica confraternita, il cui primo atto costitutivo risalirebbe al 1829, viene celebrata successivamente pure nello stabilimento dell’ Arsenale Militare; una devozione nata tra le vecchie officine, per volontà delle maestranze operaie. Il destino, purtroppo, ha voluto che col passare degli anni alcuni mestieri venissero superati dai tempi e dai moderni processi produttivi, inevitabile causa di chiusura di questi luoghi che hanno dato origine al culto nella tradizione, come la vecchia officina fabbri, situata proprio di fronte l’ edicola votiva realizzata dal fabbro Carmelo Spirio coi mattoni rossi pressati di Sicilia, e le officine fonderia, falegnameria e carpentieri in legno, che da lì a poca distanza si trovavano dislocate. Ma la festa è rimasta nella tradizione, anche se nell’ evoluzione dei tempi la statua raffigurante il Santo è stata sostituita più volte: l’originale, infatti, è un piccolo simulacro in gesso che viene conservato dentro la vecchia nicchia; la seconda statua, più grande della precedente, la si può trovare all’ingresso della nuova palazzina direzionale, inaugurata lo scorso anno 2012 proprio in occasione della stessa festa; l’attuale simulacro, invece, quello grande raffigurante il Santo in compagnia del fanciullo Gesù, a due passi dalla nicchia del 1951, viene conservata all’ interno di un altro locale, più ampio, dentro le mura di cinta del castello di Federico II, quelle fatte costruire dagli spagnoli durante la loro dominazione e che lungo quel percorso  interno all’ Arsenale, non a caso denominato viale San Giuseppe, si ergono dritte e imponenti nell’usura del tempo. Ancora oggi, il 19 marzo il simulacro viene portato in processione nei reparti dello stabilimento, mentre durante la festa del patrono di Augusta, lo vediamo sfilare in processione appresso la “vara” di San Domenico, assieme agli altri simulacri, ognuno in rappresentanza della rispettiva confraternita.

Giuseppe Tringali  –   nella foto, da sin.: l’ Amm. G. Abbamonte, G. Spirio, C. Spirio 

 

AUGUSTA / NON DIMENTICHIAMO IL BOMBARDAMENTO DEL 13 MAGGIO 1943 – di Gaetano Gulino

AUGUSTA – Questo il titolo ed il messaggio dell’iniziativa congiunta del Circolo Unione di Augusta e del Comando Militare Marittimo Autonomo in Sicilia che, unitamente ai Club Service cittadini Rotary, Lions, Kiwanis, Fidapa, Inner Wheel e all’Associazione Lamba Doria, hanno commemorato il 70° Anniversario del Bombardamento di Augusta. La cerimonia si è svolta nel salone di rappresentanza del Circolo Unione di Augusta, domenica 12 maggio 2013. Il minuto di silenzio iniziale ha ben delineato il taglio dato alla cerimonia. Il numeroso  pubblico composto da autorità civili, militari, presidenti e rappresentanti dei vari Club Service e di associazioni ed istituzioni varie, studiosi ed addetti ai lavori, interessati cittadini e rappresentanti della stampa sono stati accomunati dal ricordo di quel tragico evento e dalla solidarietà ai parenti ed amici delle innocenti vittime del bombardamento del ‘43. Il 13 maggio 1943 fu infatti un giorno di disperazione e di lutto per la popolazione augustana, morirono oltre 60 persone tra uomini, donne e bambini.

Avevano avuto l’unica colpa di abitare in un’isola molto importante dal punto di vista strategico-militare, come del resto era avvenuto durante i sette secoli di storia precedente. Dopo i due bombardamenti delle ore 12,50 e delle 13, 40 da parte dei 53 aerei americani “Liberators” , Augusta si presentava “ come un enorme calcinaccio fumigante, oppresso da una coltre di polverone gialliccio e adagiato su un mare stravolto da cerchi che ribollivano, colorati dal fango, dall’argilla e dall’alga” . La presidente del Circolo Unione, dott.ssa Gaetana Bruno Ferraguto, ha introdotto i lavori e ringraziato gli intervenuti e tutti coloro che hanno contribuito, ognuno per quanto di propria competenza, all’organizzazione della serata. Il C.A. Roberto Camerini ha relazionato in modo completo e tecnico sugli scenari internazionali bellici che precedettero i bombardamenti del 13 maggio su cui successivamente l’avv. Antonello Forestiere, Direttore del Museo della Piazzaforte,  si è soffermato arricchendolo di ulteriori informazioni. Il dott. Alberto Moscuzza Presidente della Associazione Lamba Doria ha quindi affrontato il tema dei soccorsi dopo l’incursione approfondendo il ruolo e l’organizzazione dell’U.N.P.A. Ha inoltre esibito, attingendo dalla sua collezione privata, documenti originali dell’epoca e  cimeli del tempo  quali elmetti e maschere antigas.  La serata ha previsto anche l’esposizione,  da parte dei Vigli del Fuoco di Siracusa, di foto originali raffiguranti le conseguenze tragiche  del bombardamento, e negli intervalli tra i vari interventi le proiezioni di immagini e filmati che hanno coinvolto emotivamente il pubblico.Un particolare ricordo ed omaggio è stato rivolto nei confronti di tre alti rappresentanti della Storia Patria di Augusta nelle figure rispettivamente dell’ing. Tullio Marcon, del prof. Giuseppe Messina e del preside Giovanni Satta. A quest’ultimo è stata dedicata la proiezione della  recita originale della propria poesia “Il 13 maggio 1943” composta nel 1991, recita che poi è proseguita dal vivo grazie ad una ottima performance del prof. Giorgio Casole.Il pubblico, commosso, ha lasciato il salone dopo circa due ore di cerimonia, nonostante il rammarico di qualcuno dei presenti che avrebbe voluto esprimere la propria diretta testimonianza o avrebbe voluto apportare qualche ulteriore contributo e precisazione.

 Gaetano Gulino

AUGUSTA/ ORIENTIAMOCI ALLA VITA, DICONO LE SCUOLE SUPERIORI

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AUGUSTAGrande successo dell’ iniziativa Orientiamoci alla vita promossa dai due Istituti Superiori della città, il Ruiz e il Megara, svoltasi nei locali del Ruiz dalle ore 9.00 alle 13.00 di sabato 11 maggio. Una vera e propria fiera dell’orientamento “in uscita”, ovvero di ausilio agli studenti del 4° e 5° anno   sulla scelta da intraprendere dopo la maturità, organizzata dalle docenti Anfuso Stefania, Bellistri Rosanna, Coppola Tiziana e Daniele Anna Lucia. Infatti  i giovani visitatori hanno avuto l’occasione di raccogliere informazioni utili sull’attuale panorama dell’offerta formativa ( facoltà universitarie, ITS), sulle tendenze occupazionali ( aziende presenti sul territorio, Forze Armate), ma anche di promuovere la propria crescita personale attraverso la visita degli stand delle associazioni di volontariato. Più di 40 le realtà che hanno aderito alla manifestazione: Università di Catania: corsi di Ingegneria, Chimica, Scienze Ambientali, Geologiche e Biologiche, Gestione e Tutela ambientale, Matematica e Informatica, Scienze del Farmaco; Struttura didattica speciale di Lingue e Letteratura straniere; Scuola Superiore di Catania;  CAMS di Acireale; ITS di Siracusa; KORE Enna; Marina Militare; Carabinieri; Polizia; Finanza; Nico S.P.A.; Cementeria La Ferla; Buzzi Unicem; C.S.I; Corbino s.r.l.; Gibaldi Tour Operator; Centro Impiego Augusta; Progetto  Policoro; Intercultura; Centro Zucca; AIFO; Unitre;  COPE;  SERT; Misericordia; Nuova Acropoli; Italia Nostra; Libera; Legambiente; APQ Augusta;  Rete Centro Antiviolenza NESEA-DEMETRA; Maestri del Lavoro. Ospite dell’evento  il professor Giuseppe Cappello, Responsabile Area C, Supporto alla Persona,  del Centro Scolastico Territoriale di Siracusa, che insieme ai Dirigenti Scolastici, prof. Carmelo Gulino e professoressa Maria Concetta Castorina, ha aperto la manifestazione, asserendo l’importanza dell’ orientamento come strumento di maturazione  degli alunni verso un  percorso di vita scelto con consapevolezza.

  Stefania Anfuso

AUGUSTA/GIUSEPPE MOTTA, ANTIFASCISTA, DAL COMUNISMO AL FEDERALISMO EUROPEO, DIMENTICATO DAI CONCITTADINI

Fu segretario provinciale del Pcd’I, scontò sette anni di carcere nelle prigioni fasciste, fu sindaco di Augusta, federalista europeo, saggista, storico locale

PC.jpgAUGUSTA. Sono stata attratta dalla figura di questo personaggio, Giuseppe Motta,  un antifascista siracusano di origine augustana , uno dei pochi antifascisti di Siracusa a essere condannato a una pesante pena detentiva quale dirigente comunista, dopo aver recuperato dall’archivio della sua famiglia, un  suo dattiloscritto inedito,  che è una “crociana” rivisitazione della storia della sua città natale dal ‘500 al ‘900. La ricerca su questo personaggio  ha dimostrato che non sempre  l’antifascismo si  è manifestato   attraverso un rafforzamento dell’ideologia comunista; del resto, non possiamo sottacere l’apporto che diedero all’antifascismo persone che non erano comuniste, come, per esempio, un altro siracusano,  il prof. Giuseppe Agnello,  – che nel dopoguerra fu docente di Archeologia cristiana in questo Ateneo  –  cattolico  e popolare-sturziano, che, per le sue prese di posizione contro il regìme fu esonerato dall’insegnamento. Non era intellettuale come Agnello l’augustano  Giuseppe Motta che, nel  ’24, Motta  fonda la sezione cittadina del partito comunista e nel ’25 durante un convegno clandestino alla presenza di Umberto Terracini, uno dei maggiori esponenti del Pcd’I , viene nominato segretario provinciale del partito.  

Nel ’27  viene convocato alla sede  del fascio per firmare una sorta di resa, Motta rifiuta l’invito sostenendo di non aver commesso alcun reato contro lo stato, qualche giorno dopo i fascisti procedono all’arresto, viene  trasferito nel carcere di Regina Coeli in attesa del processo, processo che si concluderà con la condanna a 13 anni di reclusione tre anni di vigilanza speciale oltre all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, per cospirazione contro i poteri dello Stato e  incitamento” alla guerra civile. E’ proprio durante gli anni di prigionia che Motta si dibatte in una crisi ideologica abbraccia le idee liberal crociane, dopo aver letto i testi di croce, attirando in tal modo l’ostilità dei compagni comunisti; lo accusano di avere rinnegato il comunismo,  chiederanno  addirittura che Motta venga allontanato dal braccio dei politici, come un qualunque delinquente.  In una delle lettere che Giuseppe invierà a Croce,  con il quale inseguito  instaurerà un rapporto epistolare, Motta  esprime al filosofo-senatore un’immensa gratitudine per avergli aperto la mente e  gli manifesta il profondo dolore causato dall’atteggiamento dei suoi ormai ex compagni comunisti: dice di sentirsi in un carcere rosso all’interno di un carcere nero. Di questi 13 anni ne sconterà sette per sopravvenuta amnistia e li sconterà peregrinando da un carcere a un altro da Alessandria a Lucca da Lucca a Lecce da Lecce a Civitavecchia dove (come vedremo più avanti) incontrerà Altiero spinelli padre fondatore del movimento federalista europeo.

Inoltre Gli anni di carcere sono caratterizzati dalle frequenti lettere che sia Motta sia la madre, la vedova Santa Ternullo invieranno al ministro per ottenere il trasferimento del detenuto in un penitenziario più vicino casa. Così come Gramsci il quale scrisse a” sua eccellenza capo del governo” non già per essere trasferito ma per essere ricoverato in una clinica specialistica, istanza in cui attraverso uno stile reverenzial -burocratico Gramsci invoca molto ingenuamente un regolamento del codice penale che prevede un trattamento favorevole al reo che si trovi in gravi condizioni di salute. Ma solo nel ’37, quando ormai le sue condizioni sono gravissime, Gramsci viene trasferito in una clinica specialistica dove morirà all’età di 46 anni. Scontati i sette anni di carcere,  Motta chiederà di essere trasferito a Milano dove frequenterà per un certo periodo l’università  bocconi,  e dove troverà lavoro alla Sapsa,  una consociata della nota azienda Pirelli. Tornato ad Augusta nel ’43 è ormai un fervente liberale, è membro del comitato di liberazione provinciale, segretario provinciale del partito liberale, e presidente dell’associazione commerciante. Nel ’44 viene nominato sindaco di Augusta. Qualche anno dopo, nel ’46, durante una riunione di liberali siciliani si rende conto,però’, che il liberalismo è un’utopia, che pochi sono i veri federali agli insegnamenti di Einaudi e di Croce, ed è questo probabilmente il momento in cui Motta subisce un nuovo risvolto ideologico,  che si esprime nel l953,  quando partecipa al comitato centrale del Movimento Federalista europeo, fondato da Altiero Spinelli, uno dei più fervidi propugnatori dell’idea d’un’Europa unita, oggi considerato uno dei padri fondatori dell’Unione Europea. MOTTA  e Spinelli hanno in comune il fatto di essere passati da Marx a Croce e il fatto di intravedere un’Europa di stati federati. Nel ’53 partecipa all’Aaja al congresso della Comunità economica europea come membro del Comitato Centrale del Movimento Federalista Europeo. Pubblica nel ’55 “La nuova idea” per propugnare la nuova idea di un’Europa unita, e nel ’64 pubblica “La Sicilia e il federalismo”, una raccolta di scritti sulla Sicilia e sui problemi inferenti al federalismo. Qualche anno dopo,  abbandonata ogni carica politica si dedica esclusivamente  a scrivere una “Storia di Augusta”, di cui nel 1972 uscì il primo volume, a cura di Giorgio Càsole.  Motta è morto nel  novembre 1984.L’altra parte della sua “Storia  di Augusta” è rimasta inedita. Augusta si dimenticata di lui. Recentemente sono state intitolate  vie, piazze e slarghi a tante persone. A Giuseppe Motta no. Del resto, nemmeno al fondatore della città, Federico II, gli augustani hanno dedicato una via, una piazza o uno slargo. 

Cecilia Càsole