AUGUSTA A PEZZI O CITTA’ FANTASMA! L’ANGOSCIA DI UN VECCHIO AMICO AUGUSTANO, PARAFRASANDO DANTE

“Ahi serva AUGUSTA, di dolore ostello, non donna di province, ma bordello!”

RSCN0403.JPG

Augusta. Si respira un clima innaturale! Non è più il candido e armonioso paese lindo, pulito che abbiamo conosciuto e amato. Alcuni giorni orsono, ci siamo incontrati con un vecchio amico, compagno di liceo e università, il quale appena laureato decise, a buon ragione, di incominciare la professione forense nel Nord Italia. Ritornava ad Augusta di un tempo, almeno credeva. Sono bastati, però, solo alcuni giorni di permanenza per rendersi conto di avere trovato una città spoglia, derelitta, indecente. Un governo della Città sotto commissariamento, cioè affidato alla reggenza di “Ufficiali governativi” con il compito routinario dell’ordinaria amministrazione. Nessun fermento di vita politica, come se non esistessero “figure di pregio” nel contesto sociale, capaci a farla. E ancora, sviluppo urbano stagnate, anzi stagnato, con un centro storico alla mercé, destinato all’arcaico, trascurato e fatiscente, che presto tali vestigia non apparterranno nemmeno al passato. Pezzi di popolazione che si stacca da esso per migrare al Monte, di guisa che fra alcuni anni l’isola sarà solamente pedonabile. Con rabbia, sottolineava l’amico, di come la Città sia stata impunemente spogliata e defraudata a cominciare dalla “decimazione” dell’Ospedale civile, privato da settori importanti, in dispregio delle precise norme di legge sui “necessari e imprescindibili presidi sanitari” nelle zone ad alto rischio sismico-industriale. Soppresso l’Ufficio della Agenzia delle Entrate, per cui il cittadino, novello nomade, deve recarsi a Lentini, borgo prettamente agricolo, per un semplice bollo, o una registrazione di locazione. Soppressione della Sezione del Tribunale civile e penale; è già al fischio di partenza l’Ufficio del Giudice di Pace e presto, si vocifera, lo smantellamento dell’Ufficio di collocamento. Cosa debbono toglierci più? Credo no, le mutande, perché ce le hanno già strappate. Cerco di stopparlo il mio amico, ma è irrefrenabile. Nato e vissuti gli anni più belli in questa Augusta, continua nella sua amara osservazione, allorquando volge lo sguardo all’orizzonte industriale, laddove serpeggia, già, la inquietudine di uno stravolgente spopolamento del polo in mano agli stranieri, col rischio che migliaia di lavoratori perdano il posto di lavoro. A un certo punto, mi sorprende con una esclamazione: “Ahi serva Augusta, di dolore ostello, nave sanza nocchiero in gran tempesta, non donna di provincie, ma bordello!” Dolorosa affermazione del Divino Poeta nella sua opera magna della Divina Commedia (6° Canto del Purgatorio), allorché si rivolge all’Italia (noi abbiamo parafrasato), ma il senso non cambia, in quel TRECENTO preda e ostaggio di intrighi politici, malcostume dilagante, corruzione, prepotenze e vessazioni verso il popolo. Oggi possiamo ancora strapparci i capelli, graffiarci la faccia, gridare all’indecenza politica e sociale, e comunque costretti ad assistere a questo stato di vergognoso torpore cittadino, in cui sembra che nessuno voglia farci caso. Questo lo sfogo di un giovane augustano d’un tempo, oggi adulto in lidi migliori, che pur contento di vivere in essi, tuttavia lasciava trasparire sul suo viso corrucciato i segni di una amarezza ed intensa commozione, mentre i suoi occhi si coprivano di un lucido velo di lacrime. E sì, a ripetere, a rievocare la fiera figura dell’Aquila monetata, sormontata dalla fulgida corona degli Svevi, simbolo sublime di Augusta, ahimè, ancora “…doloroso ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincie, ma bordello!…” E sino a quando?

      Francescco Migneco

AUGUSTA/ MENSA SCOLASTICA, LO SFOGO DI UNA MADRE

mensa_scolastica-e1302702909861.jpgAUGUSTA. Gentile redazione, sono una delle tante mamme lavoratrici che giornalmente affidano i loro bambini agli asili di questa città, confidando nel senso del dovere e di responsabilità che ogni istituzione pubblica dovrebbe avere, ma che in realtà si affida, quasi sempre, a quella dei singoli cittadini.  Mi rivolgo a voi perchè spero che possiate dare voce a tutti quelli che, come me, hanno visto sospendere l’erogazione di un servizio fondamentale, la mensa scolastica per i bambini, da un giorno all’altro, di punto in bianco, senza alcun preavviso, senza alcuna giustificazione! Volendo sorvolare sul fatto che i nostri figli, pur essendo iscritti ad una scuola a “tempo pieno” siano stati costretti a nutrirsi di sandwich e pizzette per ben 3 mesi (infatti l’erogazione del servizio mensa è cominciata con notevole ritardo). A febbraio sembrava che la novella avesse avuto un lieto fine, quando, all’improvviso viene comunicato sommariamente ai genitori che, purtroppo, il servizio mensa viene sospeso, per motivi misteriosi ed insondabili.
Voci di corridoio dicono che si tratti di una sorta di protesta da parte della Ditta che, pur avendo reso regolarmente la prestazione, non vede saldati i pagamenti da molti mesi. ( …sembra la stessa parabola del servizio di nettezza urbana…, ma questa è un’altra storia ! )  Io, come genitore del “piccolo utente”, posso solo dire che i tickets per il pagamento di 40 pasti, sono stati regolarmente saldati in anticipo, e a distanza di 2 mesi circa, mi sono ritrovata nuovamente stamattina a confezionare tramezzini! E così, tristemente, ancora una volta abbiamo ricevuto l’ennesima conferma, nel caso ce ne fosse stato il bisogno, di essere cittadini di una città completamente allo sbando, con amministratori incapaci di fare l’unica cosa che dovrebbero, AMMINISTRARE LA COSA PUBBLICA ! E per parafrasare il commento di una nota pagina di costume “augustano” su Facebook (TJ WORL) :
“Augusta è una bellissima città, se non devi nascere, se non vuoi fare nessuno sport o attività culturale in genere…” e mi permetto di aggiungere: se non lavori tutto il giorno e sei costretto ad affidare al tempo pieno tuo figlio, perché in tal caso è molto meglio per il pargolo, che non “pretenda” di mangiare !!! Grazie per lo sfogo

Mamma arrabbiata e perplessa

HANGAR, IL GIGANTE ABBANDONATO – di Giorgio Càsole

Dichiarato monumento nazionale per iniziativa della Sopraintendenza, attende ancora la realizzazione di un progetto che risale al 1989. Un percorso ideale di visita dall’ hangar i forti spagnoli (in centro di porto)

0459.jpg

ha.jpgAUGUSTA – Maestoso, imponente, abbandonato  (dopo il tentativo di fruizione messo in atto dall’associazione  Hangar team, convenzionata con il Comune). Così potremmo sinteticamente definire l’ hangar per dirigibili, che domina, come un tempio greco sull’ acropoli, la baia di Augusta: il primo esempio italiano di architettura militare posto sotto il vincolo della tutela monumentale dalla Soprintendenza di Siracusa. “L’ hangar di Augusta è una delle pochissime opere di tal genere esistenti in Europa. Costituisce, quindi, un prezioso esempio di architettura militare ed è, nel contempo, una valida testimonianza sullo stato dell’arte delle grandi costruzioni in cemento armato all’inizio del secolo,”, il Novecento. Così si legge nella motivazione per il vincolo, redatta dall’architetto Pavone della Soprintendenza aretusea, che nel 1989 annunciò un progetto di restauro conservativo “già in cantiere”. Pavone assicurò: ”Ci misureremo con nuove tecnologie e soluzioni all’avanguardia”. Nel 1989, infatti, si registrò un “cedimento sottofondazionale sotto il portone principale”, come dnunciò l’architetto augustano Francesco Lombardo, autore, con la sua collega Giovanna Cavallo, di uno studio sul recupero funzionale dell’hangar. Il cedimento provocò una grossa lesione in un punto delicato della struttura, “tanto che un contrafforte sta per cedere”, preconizzava  Lombardo, il quale va  che l’Aeronautica militare, proprietaria dell’area,  era intervenuta per frenare “lo sbilanciamento in avanti della parte anteriore dell’edificio. Il Comando della Terza Regione Area, di stanza a Bari, riconosceva  che l’hangar era in “cattive condizioni” ma, a quanto pare, non aveva  intenzione di sborsare più una lira, pur riconoscendo il pregio dell’opera monumento nazionale.

Il tenente colonnello Eugenio D’Amico, addetto stampa di quel comando,  confermò all’autore di queste righe che “trattandosi di un complesso che non riveste più interesse per fini specifici di difesa dell’Aeronautica e la cui custodia e conservazione richiede l’impiego di notevoli risorse che la Forza armata istituzionale non può distrarre dalle risorse necessarie all’assolvimento di fini specifici, il Comando ha già da tempo avviato una proposta per la dismissione dell’area, sulla cui successiva destinazione è competente il Ministero-Difesa”.  Al ministero della Difesa si  rivolse l’allora sindaco di Augusta, Pippo Gulino, per chiedere formalmente l’acquisizione al demanio comunale dell’hangar, degli edifici circostanti e di circa quaranta ettari di terreno dell’area comprensoriale, un tempo aeroporto “Luigi Spagnolo”, oggi area verde a macchia mediterranea, “ideale cornice a impianti sportivi di base (campo di calcio e campi da tennis, già esistenti, ma abbandonati), percorsi di corsa campestre e piste ciclabili”, auspicava  il sindaco Gulino, il quale affermava  che “gli edifici già esistenti, ristrutturati, potrebbero ospitare punti di ristoro, sale convegni e centri sociali, l’hangar debitamente ristrutturato e salvato dalle angherie del tempo e dal disinteresse delle ultime generazioni, potrebbe diventare una struttura polifunzionale (fiere, spettacoli, incontri sportivi), mantenendo la sua natura e importanza di monumento storico”. In effetti l’hangar con i suoi 86.000 metri cubi, all’interno dei quali visitatori antichi e recenti, ospiti volontari o forzati hanno lasciato una variegata testimonianza attraverso graffiti e scritture più o meno deprimenti, potrebbe divenire un enorme contenitore di svariate attività: dall’auditorium del teatro, dall’albergo-foresteria al ristorante, dalla sala esposizioni al centro commerciale (con annessi magazzini). Anche il vecchio bacino di evoluzione dei dirigibili, oggi campo panoramico, libero, da cui si gode un’ampia suggestiva visione della rada, potrebbe essere sede d’uno splendido anfiteatro per ospitare manifestazioni durante la bella stagione che ha inizio a maggio e termina a ottobre Forse è riduttiva, da questo punto di vista la proposta avanzata dagli architetti Lombardo e Cavallo di riuso dell’hangar e della zona circostante come museo storico-navale, seppur concepito con criteri moderni. “La proposta di riuso dell’intera area dell’hangar, da me avanzata con la collega Giovanna Cavallo, in sede di esame di laurea, nasce da una serie di attente valutazioni, che tengono conto del profondo rapporto che lega l’edificio alla città, e questa ha vissuto e vive un rapporto indissolubile con il “mare”, secondo l’architetto Lombardo, “nel museo concepito, il percorso del visitatore procede fisicamente di pari passo con il percorso conoscitivo. Inoltre vi è una componente spettacolare: il visitatore non osserva solo la singola opera ma anche il museo nel suo insieme, attraverso il vuoto del grande spazio centrale. L’allestimento museale continua anche all’aperto: un percorso a uso pedonale, in asse con l’hangar, lungo il quale l’esposizione degli oggetti continua, si diparte dallo stesso, intervallato da una serie di braccia perpendicolari man mano più lunghe a mo’ di spina di pesce, giungendo in prossimità del mare, per poi proseguire in acqua tramite una serie di disposti a raggiera”. Era questa l’ardita visione dei due allora giovani studiosi. Anche il sindaco Gulino, nel motivare la richiesta di acquisizione dell’area con il prestigioso monumento,  mise in evidenza il rapporto dei cittadini con il mare e il loro desiderio d’avere, finalmente, uno sbocco a mare sul porto. “Un’importante considerazione da fare  sottolineò Gulino è che la città, le cui pendici prospicienti l’intero litorale attualmente occupato, per la maggior parte, da insediamenti della Marina militare e da piccoli cantieri navali privati per la restante parte. Per questo motivo la zona costiera del parco dell’hangar rappresenta per la città di Augusta il naturale, ma finora negato, sbocco a mare sul porto. Nei già esistenti moli potrebbero installarsi impianti per il canottaggio e la vela, per le imbarcazioni di diporto e per la pesca, nonché imbarcaderi per permettere l’imbarco ai turisti che volessero visitare i forti Garsia e Vittoria e Torre Avalos”. Non c’è dubbio che l’hangar si trova al centro di un’area che fa gola alla Marina militare, soprattutto perché Augusta  è diventata sede di Marisicilia (dal novembre 2002). Così come non c’è alcun dubbio che il parco dell’hangar, preservato grazie a un’altra istituzione militare come l’Aeronautica, è un grande beneficio e indispensabile polmone verde fra Augusta e il polo petrolchimico e dev’essere, perciò, tutelato e migliorato al servizio dei cittadini, non solo quelli locali. In altri paesi, per attirare i turisti, interni e no, vengono valorizzate anche le pietre più insignificanti. E quando non c’è niente, si realizzano, vedi Stati Uniti, copie d’impressionante realismo, coniugando il senso delle tradizioni con quelli degli affari. Se Noto è arcifamosa per il suo barocco, Augusta potrebbe diventare altrettanto rinomata come piazzaforte militare con un patrimonio architettonico che risale direttamente al suo fondatore Federico II di Svevia  e , attraverso gli spagnoli, arriva fino ai nostri giorni. Al di là di quella che può essere la sua destinazione d’uso – qualunque possa essere – l’hangar e il parco circostante meritano d’essere visitati per sé stessi, curate, ovviamente, le ferite del tempo e quelle inferte dagli uomini. Consolidato, liberato delle superfetazioni e ripulito (magari ripristinando la funzionalità del grande portone, attualmente poggiante su un terreno incerto), l’hangar – questo edificio mozzafiato, lungo oltre 100m, alto 30 e largo 26, che l’anno venturo compirà ottant’anni di vita – potrebbe essere visto, visitato e “vissuto” come un moderno antro ciclopico in cemento armato ( con richiami, nella facciata, all’architettura classica, il timpano, e al liberty neo-gotico negli eleganti ed esili contrafforti delle facciate laterali). L’immane e solidissimo antro, che doveva ospitare i giganteschi dirigibili da 12 mila mc., fu costruito, in capo a tre anni, nel pieno della prima guerra mondiale, con l’intervento di manodopera coatta: prigionieri austriaci, tra i quali, pare, fosse il caporale Adolf Hitler, stando a una tradizione orale giunta fino a noi. Nel 1917 si concretizzò la minacciosa presenza dei sommergibili tedeschi nel mare Ionio. Per scongiura reale pericolo, su suggerimento dei francesi, allora alleati degli italiani, fu deciso di costruire sul litorale ionico una base per dirigibili da utilizzare in funzione antisom. E per “la vigilanza dello sbocco meridionale dello stretto di Messina e delle rotte a sud della Sicilia e il controllo dell’area attorno a Capo Passero”. Fu scelta Augusta, nella cui contrada Pastandrea furono espropriati  circa trenta ettari, di proprietà della famiglia Omadei (una delle maggiorenti del luogo), su un pianoro che, dall’alto di 32m., dominava, come tuttora domina, la baia di Augusta, sede d’una strategica piazzaforte. Nel novembre del ’17 fu dato l’avvio ai lavori con quelle scarse maestranze, capaci di affrontare l’innovativa tecnica di costruzione, che durante quel periodo bellico era possibile rastrellare, affiancate, però, da quei prigionieri austriaci, di cui alcuni già esperti in costruzioni in cemento armato. Un anno dopo, nel novembre del ’18, la guerra ebbe termine, ma non la costruzione dell’hangar; visto che non era stata svalutata l’importanza dei dirigibili, tant’è vero che, terminato nel ’20, l’hangar per quasi cinque anni ospitò i dirigibili  della Regia Marina di 5 mila mc. (anche se l’hangar, con la sua capienza di oltre 86 mila mc., poteva ospitare sigari grossi più del doppio). La breve stagione dei dirigibili di concluse ufficialmente il 29 agosto 1925, alla presenza di Vittorio Emanuele III: imbarcato sul “Savoia”, alla fonda nella rada di Augusta, il re d’Italia assistette alla parata aerea che solennemente concludeva le manovre navali: ad aprire la parata era stato un dirigibile del tipo N 2 di settemila mc. conclusasi definitivamente la stagione degli idrovolanti e l’idroscalo di Augusta, intitolato a Luigi Spagnolo, eroe di Guerra, su soppresso. L’idroscalo conobbe momenti di gloria, non solo durante il II periodo bellico, ma anche in tempo di pace: la prestigiosa compagnia aerea inglese BOAC, che diede lavoro a molti locali, faceva ammarare i suoi idrovolanti per i collegamenti Londra-Malta e viceversa.  Dal ’58 fino a oltre vent’anni anni fa, l’aeroporto “Luigi Spagnolo” è stato utilizzato dalla Guardia di Finanza come base per i suoi elicotteri. Cessata inesorabilmente la sua funzione, l’hangar è stato utilizzato come autoparco e deposito. Oggi è desolatamente vuoto, in totale abbandono, come tutta l’area circostante, visitati l’uno e l’altra dai moderni vandali, graffitari o writers che dir si voglia. Nella calma e sonnolenta atmosfera del meriggio, strani suoi stridono nell’aria, in contrasto con il senso pànico che la bucolica quiete trasmette: sembrano i lamenti di un’orca marina ferita a morte, come mortalmente ferito appare il gigantesco hangar. Il quale nei suoi oltre novant’anni di vita è stato aggredito “da vento, sole e salsedine, cosicché in alcuni punti, la sua struttura si mostra, purtroppo, prossima al collasso, temono Giorgi Cacciaguerra, fratello dell’urbanista Sebastiano, e Maurizio Bonamico a pagina 11 del loro opuscolo L’hangar dirigibili di Augusta, martin Internazionale Editore, Tarcento Udine (s. data). E così continuano a pagina 12 “Onerosi potrebbero rivelarsi i cicli di sforzo a cui è sottoposto, caratteristici in costruzioni di questa dimensione in cui si devono tenere in conto grossi problemi e grossi effetti (basti pensare che nelle giornate di bufera e di vento una parete longitudinale sopporta spinte dell’ordine di 400 tonnellate e che nelle ore di pomeriggio dei giorni assolati d’estate, la parete occidentale si deforma e cresce in altezza fino a essere circa un centimetro e mezzo più alta di quella orientale) che aggiungendosi alla suddette condizioni di dissesto, potrebbero portare a menomazioni definitive. L’effetto dei suddetti cicli ha fatto sì che qualche placca di calcestruzzo copri ferro sia saltato e il salso marino abbia prodotto la temibile ruggine nel ferro di armatura”. La Soprintendenza di Siracusa ha avuto il merito di dichiarare questo gigante in cemento armato monumento nazionale e, quindi, di attirare ancora di più l’attenzione su di esso. Ma le dichiarazioni nobili e solenni non bastano se non si provvede e provvede in tempo a salvare l’hangar. In questo momento solo i colombi fanno compagnia al gigante malato e in esso trovano rifugio. Dalla sommità del timpano pende e penzola nel vuoto il residuo d’un telefono arcaico. Chi riattiverà la comunicazione?

Giorgio Càsole

UN CASO DI MALCOSTUME, MALASANITA’ O MALEDUCAZIONE?

Nuovo_Ospedale-12.jpgAUGUSTA – L’ anziana signora Maria, di 77 anni, giovedì sera viene raggiunta da un improvviso e inaspettato acquazzone nella strada di ritorno a piedi verso casa quando, in prossimità di un passo carrabile con annesso scivolo sul marciapiede, invisibile all’ occhio umano per l’ improvviso innalzamento del livello dell’acqua in quel punto, perde l’equilibrio e cade bruscamente a terra, procurandosi diverse fratture al polso e all’avambraccio destro. A terra intanto, sotto la pioggia scrosciante,  l’anziana donna in preda al panico chiede aiuto ai passanti i quali, ignari dell’accaduto, sembrano proprio non accorgersi di quella esile presenza finché, dopo un po’, viene fortunatamente assistita da un ragazzotto dall’ accento straniero, che cordialmente l’aiuta a rialzarsi, permettendole così di raggiungere, di lì a poco, la propria abitazione. A quel punto la signora, certa di avere superato il peggio, ma  ignara di quello che le sarebbe successo dopo, chiama i figli al telefono per farsi accompagnare al più vicino centro ospedaliero.  Sono trascorse da poco le 7 e mezzo di sera quando, reggendo il braccio dolente con l’altra mano, la donna raggiunge finalmente  un vicino istituto ortopedico, clinica convenzionata con la pubblica struttura sanitaria,  per sottoporsi agli accertamenti dovuti, senza però di certo immaginare che sarebbe stata rimandata indietro dal personale sanitario  col pretesto che, essendo quella una clinica privata, non era possibile a quell’ora effettuare interventi di quel tipo, essendosi presentata a destinazione con 10 minuti di ritardo rispetto all’orario previsto. Ah, se fosse caduta un quarto d’ora prima!!! Frattanto, visto che il dolore era diventato insostenibile, non trovandosi proprio nelle condizioni di discutere, l’anziana donna decide di avviarsi verso il  nuovo presidio ospedaliero di Lentini.  Alle 8 e mezzo circa lo raggiunge, dopo aver superato persino un posto di blocco dovuto a un incidente automobilistico che, neanche a farlo apposta, gli procura un ulteriore ritardo nelle prestazioni alle quali avrebbe dovuto sottoporsi, dovendo dare giustamente precedenza agli uomini che poco prima avevano avuto lo scontro automobilistico. Ma non finisce presto perché, dopo un’ora di accertamenti, le viene richiesto di presentarsi l’indomani mattina, poichè quella sera, a causa del maltempo, non era possibile effettuare le radiografie e l’ingessatura del braccio, per problemi tecnici legati alla rete elettrica. Sul finire della sera, infine, dopo averle bendato il braccio e averle somministrato un antidolorifico, lavoretto che avrebbero potuto eseguire dapprincipio nella vicina clinica privata, evitando tutte le conseguenze del caso, il personale del presidio lentinese decide di rimandare a casa la signora Maria, per ricoverarla il giorno seguente. L’anziana donna, nel frattempo,  quella notte non dormirà per via degli acuti dolori che non tarderanno a farsi sentire.

Giuseppe Tringali

Il Castello Svevo sia restituito alla città

castello.jpg

AUGUSTA – .«Bisogna restituire alla città il suo cuore: il Castello Svevo». L’appello lanciato da Paolo Amato, capogruppo Pdl al Consiglio provinciale e vice coordinatore provinciale del partito in una lettera aperta inviata al commissario reggente del Comune di Augusta. Nel riportare alcuni cenni storici su uno dei monumenti simbolo di Augusta, il consigliere sottolinea che il maniero federiciano è  negato alla fruizione dei cittadini, tranne rare eccezioni. «Dismesso il penitenziario –  si pensò che la struttura potesse finalmente essere restituita alla città. Così non è stato, per le colpe di molti e scarsa perspicacia di tanti. Da quel momento, eccetto interventi minori, si ritrova in totale abbandono. Alla fine del  2000, l’Amministrazione comunale allora in carica dispose la redazione di un progetto di massima dell’intera struttura monumentale, incaricando un noto professionista. Progetto che venne approvato dalla Sovrintendenza. Successivamente attraverso la Prefettura inoltrò richiesta al Demanio di avere retrocesso il bene o comunque di ottenerlo in affidamento. Dal 2003 della pratica, , non sappiamo più nulla. Occorreva rispondere ad alcune osservazioni formulate dalla prefettura e avviare a conclusione l’iter per l’affidamento al Comune. Il progetto prevedeva il restauro dei bastioni sia della prima che della seconda cinta e il recupero del cavaliere San Carlo; la sistemazione del giardino e la messa in luce del pontile spagnolo, situato all’interno della prima cinta. Nei locali del Castello si trovava la sede del Museo della piazzaforte con la raccoltadi reperti mesi insieme da Tullio Marcon” Amato  chiede al   commissario reggente, il 75enne La Mattina, “ di occuparsi della problematica “riprendendo quanto è stato lasciato colpevolmente cadere da chi non ha avuto a cuore le sorti e la dignità della nostra”.

PAOLO AMATO

CHIUDERA’ il 31 MAGGIO L’AGENZIA DELLE ENTRATE DI AUGUSTA, MA QUALCOSA SI PUO’ SALVARE – di Giorgio Càsole

casol.jpgAUGUSTA. Il prossimo 31 maggio sarà l’ultimo giorno di permanenza in Augusta  dell’Ufficio delle Entrate, che sarà trasferito con tutto il personale a Siracusa.. Perderemo, quindi, un altro pezzo importante dei presìdi istituzionali, dopo aver  perso, sostanzialmente, il Muscatello, così come perderemo la sezione staccata del tribunale e l’ufficio dei giudici di pace e come perderemo fra  qualche anno Marisicila. La conferma della chiusura dell’Agenzia delle  Entrate mi è stata da Roberto Moro, funzionario decano della stessa agenzia, il quale, però, ha precisato che se il Comune  cederà alcuni locali, l’Agenzia potrebbe mantenere ad Augusta  un ufficio distaccato con un  personale minimo: per questo dovremmo incominciare a batterci tutti quanti, a suonare la grancassa, perché i locali il Comune potrebbe facilmente metterli a disposizione, soprattutto se pensiamo che fra un po’ i Carabinieri si  trasferiranno nella nuova caserma  di contrada Scardina e lasceranno gli  ampi locali  di Pizza Carmine, dove potrebbero trasferirsi i VIGILI URBANI – E RISPARMIEREMMO FIOR DI QUATTRINI DI AFFITTO, LA BIBLIOTECA COMUNALE, visto che  i nuovi locali a palazzo di città non sono  idonei e anche l’ufficio distaccato dell’agenzia delle entrate. SAREBBE > VERGOGNOSO PERDERE QUEST’OPPORTUNITA’, COME ABBIAMO PERSO GINECOLOGIA E PEDIATRIA. Ho già partecipato questa notizia e questi miei sentimenti ai corrispondenti dei quotidiani La Sicilia e Giornale di Sicilia, che hanno dato immediatamente risonanza alla notizia e al mio appello, aprendo la pagina locale sabato 5 gennaio proprio con il giusto rilievo e pubblicando anche le assicurazioni del commissario La Mattina il quale, ignaro del problema, ha voluto tranquillizzare l’opinione pubblica assicurando che prenderà in esame la proposta avanzata da me. Questo è un momento delicato perché siamo in campagna elettorale e perché, come ho già avuto modo di osservare sulla stampa e in rete, anche con video, sul consiglio comunale di Augusta pende la spada di Damocle di scioglimento per infiltrazioni mafiose. NON POSSIAMOLASCIARE SOLO LA MATTINA. Anzi, dobbiamo premere di più perché mantenga fede alla parola data e perché eviti la perdita totale dell’Agenzia.

Chi vorrà sostenere questa battaglia per i cittadini tutti?

Giorgio Càsole

Augusta/Muscatello. La speranza e’ l’ultima a morire? No è MORTA! La Ginecologia va a Lentini – di Giorgio Càsole

muscatello2.jpgcas.jpgAUGUSTA. 19 febbraio.   Spes ultima dea, dicevano i Romani e noi diciamo che la speranza è l’ultima a morire. Ricordiamo il proverbio latino e italiano a proposito della prevista occupazione dell’ospedale Muscatello, indetta, organizzata e diretta, in prima persona, dal sindaco Carrubba,  che ha annunciata  al consiglio comunale, indetto ad hoc, dal  presidente Amato, la mattina di venerdì 17. E, immediatamente, è stata suonata  la grancassa da alcuni gruppi dei social network e da qualche organizzazione sindacale, come la CGIL, che ha reclamizzato l’evento con  un paio di manifesti murali vergati a mano, in cui l’organizzazione, come ha fatto altre volte, invita “tutti i cittadini a partecipare”. Secondo gl’intendimenti del sindaco, che sembra si sia svegliato da un lungo letargo, l’occupazione del presidio ospedaliero dovrebbe far recedere il duetto regionale Lombardo-Russo, rispettivamente “governatore” e assessore alla Salute della nostra Regione dal loro proposito di trasferire  i reparti di ginecologia-ostetricia e pediatria nel faraonico ospedale di Lentini, bello sicuramente a vedersi, che ne è privo, tanto che molte donne lentinesi vengono a partorire proprio qui ad Augusta. E , allora, perché togliere a Augusta un reparto augustano doc, nato e potenziato per volere di un augustano di vaglia quale è stato lo scomparso  Salvatore Paci, medico specialista con libera docenza all’Università di Catania? Perché, rispondono Lombardo e Russo, in coro o singolarmente, bisogna risparmiare e bisogna tagliare i “punti nascita” (orribile espressione coniata forse dai due: uno, Lombardo,  psichiatra in aspettativa dell’ASP di Catania, l’altro, Russo, magistrato,sempre in aspettativa, del tribunale etneo).Che bisogna risparmiare è giusto, ma è anche sacrosanto e giusto che non si  deve risparmiare sulla pelle dei cittadini, com’è sancito dalla Costituzione. Bisogna tagliare dov’è logico: Facciamo due esempi. A Ragusa città c’erano, fino a non molti anni fa, tre ospedali: due di questi, il Civile, ex ospedale Mussolini”, ubicato a Ragusa superiore aveva tutti i reparti di un ospedale funzionale, l’altro, chiamato “Paternò Arezzo”, ubicato a Ragusa Ibla, la Ragusa vecchia, aveva gli stessi reparti del “Civile”.Quest’ultimo, addirittura, aveva un doppione al suo interno: oltre al normale reparto di ginecologia, dove nascevano i bambini, c’era un altro reparto, denominato fittiziamente di “patologia ostetrica”,  dove nascevano regolarmente i bambini: Il doppione era stato realizzato per accontentare due primari. Un’enormità, ovviamente. Il terzo ospedale ragusano, chiamato “Giambattista Odierna”, aveva reparti specialistici. Questi tre ospedali aveva autonomia amministrativa e gestionale,Quando, però, è subentra la razionalizzazione delle ASL, poi ASP in Sicilia, sono stati eliminati i doppioni dispendiosi. Ovviamente, com’era giusto. Per risparmiare, sono stati aboliti molti primariati. Facciamo un esempio: nei vari ospedali di un’ASP ci sono i reparti di oculistica, ognuno dei quali, prima,  aveva un suo primario; ora c’è un solo primario o dirigente per tutti i reparti e, se è necessario,  tale dirigente si sposta da un reparto all’altro. Però, per risparmiasre non sono state abolite le figure o non sono stati drasticamente ridotti gli stipendi  dei cosiddetti manager o direttori generali che, di norma, sono pagati 250 mila euro l’anno, con l’aggiunta di benefici, cioè altri soldi, se procurano risparmi. Come li procurano questi risparmi? Lesinando sui prodotti farmaceutici ,garze o altro, come mi confermava un medico del Muscatello, che vuol mantenere l’anonimato. Però, poi spendono i nostri quattrini per far stampare giornali semiclandestini, con tanto di stipendio al direttore e ai redattori, giornali  “inutili”, come direbbe Celentano, anche perché a Siracusa il giornale dell’ASP, diffuso non sappiamo dove e quando, riporta spesso la foto a tutti denti del sorridente direttore generale Maniscalco, come abbiamo potuto constatare quando c’è stata mostrata una copia. Maniscalco, su ordini del Duo Lombardo-Russo, ha disposto con decreto il trasferimento di ginecologia-ostetricia per accontentare chi? I lentinesi, in primo luogo, il loro deputato Gennuso, che milita nell’MPA di Lombardo, e poi Lombardo  e Russo, non certo per motivi di razionalizzazione della spesa, perché se si volesse davvero razionalizzare, l’ospedale Muscatello manterrebbe il “suo” reparto di ostetricia e quello, collegato, di pediatria, e  il nosocomio di Lentini potrebbe avere reparti nuovi di zecca. Il mio ragionamento è logico.  Ma la logica non coincide con la politica.

 

Augusta, 21 febbraio . Avremmo voluto esordire in altro modo. Eravamo attaccati a un sottilissimo filo di speranza. Pensavamo, speravamo, desideravamo ardentemente che il colpo di remi del sindaco che ci troviamo avrebbe potuto far  mutare le posizioni. Quale illusione!  Eppure l’avevamo detto, attraverso il web, e scritto, su queste e altre colonne,  più e più volte in quasi quattro anni, da quando, cioè, alla Regione comandano Lombardo e Russo,  che il Muscatello era in pericolo. Sul Diario di sabato scorso, 18 febbraio,  abbiamo pubblicato il nostro articolo sulla chiusura del reparto di ostetricia-ginecologia con il titolo 29 febbraio 2012: giorno infausto nella storia di Augusta. Siamo stati profetici, dunque? No, sapevamo che quello era il giorno stabilito dal decreto per il trasferimento a Lentini, dove ora certo canteranno vittoria, anche perché molto personale paramedico lavorava qui da noi, sobbarcandosi al pendolarismo e, fra qualche giorno, potrà lavorare sotto casa.

 

Siamo caduti nell’ultima illusione provocata dall’appassionato discorso del Carrubba che, in consiglio comunale,  una settimana fa, sembrava intenzionato, lancia in resta, ad andare contro tutto e tutti, pur di salvare il Muscatello dalla gravissima perdita  e sembrava pronto a barricarsi dentro. E’ durata un giorno questa speranza.  Il 21 febbraio tutto è rientrato nei ranghi.  Il sindaco –“barricadiero” s’è arreso subito, forse perché ha visto che pochi cittadini  erano con lui. Per forza, gli augustani, apatici e abulici per natura quali siamo, si sono probabilmente stancati di tutte questo gridare “al lupo, al lupo”, senza costrutto, senz nerbo – tanto i giochi sono stati decisi in alto loco – o,  forse, sono ormai  indifferenti al fatto che i figli nasceranno altrove, non più ad Augusta. A meno che  non ritornino all’antico, a oltre cinquant’anni fa, quando si nasceva in casa, come sono  nati in casa chi scrive, suo  fratello e sua sorella.

 

____________________________________

 

C’è da vergognarsi d’essere augustani. Mi fa male dirlo e scriverlo. Fa molto male a me, nato qui, vissuto qui, con figlie che vivono qui. La perdita di Ginecologia-ostetricia l’avverto come un pugno nello stomaco, come se mi avessero sbattuto la porta in faccia. Eppure sul piano personale non mi ha mai toccato, perché le mie figlie sono nate a Ragusa, essendo mia moglie originaria di quella città . Non abbiamo saputo condurre una battaglia vincente. Eppure, per oltre tre anni e mezzo avevo indicato la strada, avevo ricordato la battaglia vincente del 28 dicembre 1960. C’è da restare amareggiati nel profondo. A Lentini si potevano aprire reparti nuovi e lasciarci quello nostro, storico, portato all’eccellenza da Salvatore Paci, il ginecologo , figlio di questa terra, che volle lasciare Catania per  tornare qui. RICORDATEVI QUANDO QUALCUNO CHIEDERA’ IL VOTO e, SE E’ POSSIBILE, RITORNIAMO A FAR NASCERE I FIGLI IN CASA.

 

Giorgio Càsole

 

Sale lo stato di agitazione del personale dell’Arsenale MM

Arsenale di Augusta.jpgGiorno 05.11.2009, si è svolta un’assemblea di tutti i lavoratori dell’Arsenale di Augusta, indetta unitariamente da CGIL, CISL, UIL, UNSA, FLP, RDB e R.S.U. per discutere sulla problematica inerente la distribuzione del fondo unico di sede (F.U.S.) relativa all’incentivazione del personale civile dell’ente per l’anno 2009.

Gli interventi dei rappresentanti sindacali di comparto in ordine Trigilio Sebastiano (CGIL), Blandino Maurizio (CISL), Di Blasi Bruno (UIL), Basso Nuccio (UNSA),  Bucello Salvatore (FLP), Gianino Francesco (RDB) e Passanisi Daniele (R.S.U.) oltre ad evidenziare le ragioni del mancato accordo che stabilisce le linee guida per la definizione e l’individuazione della produttività dell’Ente di Marinarsen Augusta hanno evidenziato il comportamento arroccato su posizioni indifendibili della Direzione che si pone con un atteggiamento fermo e non aperto alla contrattazione stessa.

Nel corso del dibattito oltre a manifestare lo stato di disagio dovuto alla crisi economico-finanziaria Nazionale nonché, alle scelte politiche del ministero che vedrebbe L’arsenale di Augusta ridimensionato nelle funzioni e nelle attività, con ricadute occupazionali sul territorio, si è ritenuto opportuno concludere l’assemblea con la stesura di un documento per la  riapertura dei termini della contrattazione ed invitando la Direzione ad una solerte soluzione del problema portando sul tavolo della contrattazione le  linee guida adottate nell’anno precedente ritenute conformi alla legge.

Convocati in data 11.11.2009 dal Direttore Dell’Arsenale C.A. Andrea Licci, per l’ennesimo incontro sull’argomento si è riscontrato ancora una volta la ferma posizione di chiusura della Direzione che si ostina ad arroccarsi su posizioni non contrattabili.

A seguito di questo sale lo stato di malessere e di agitazione di tutto il personale civile, che non si vede corrispondere il salario accessorio per l’attività lavorativa svolta per l’anno 2009.

Tutte le OO.SS. e la R.S.U. di Marinarsen Augusta, facendo proprio lo stato di malessere dei lavoratori valuteranno tutte le azioni necessarie per addivenire ad una pronta soluzione della problematica.

      OO.SS   R.S.U.