La tradizionale Settimana Santa ad Augusta

In occasione della Santa Pasqua, riproponiamo sotto il video commentato che illustra alcuni  tra i momenti più interessanti della secolare ricorrenza.

BUONA  PASQUA

Si ringraziano gli  autori Gioacchino Cacciaguerra e Riccardo Mellea per la gentile concessione delle immagini di repertorio realizzate durante la tradizionale Settimana Santa.

Menzione d’onore allo scientifico

Certamen Latinum Syracusarum: menzione d’onore per Alessia Moggi,  alunna del biennio dello scientifico.

alessia moggi.jpg

AUGUSTA. Il 28 marzo 2011 si è svolto,  al liceo “Gargallo” di Siracusa,  il Certamen Latinum Syracusarum ,  prestigiosa competizione di traduzione dal latino, cui hanno partecipato 180 candidati provenienti da più di 30 licei classici e scientifici di tutta Italia. La prova consisteva, oltre che nella  traduzione in italiano  di un passo di un autore studiato a scuola, nella  parafrasi del passo  stesso.

  Gli alunni partecipanti  avevano a disposizione 6 ore dall’inizio della prova. I ragazzi del  biennio hanno  affrontato un passo di De viris illustribus  di Cornelio Nepote ,riguardante  la tragica fine del tiranno Dione ; la prova per i candidati del  triennio  prevedeva la traduzione di un passo tratto dagli Annales  di Cornelio Tacito. Entrambi gli autori  erano storici.  

Il nostro liceo è stata rappresentata da diversi alunni del triennio del liceo classico: Katia Dragotta,Giuliana Pieri,Veronica Campisi,Fabio Montano e Francesca Villanti ( III B),  Leandra di Grande (I A) e del biennio del liceo scientifico: Naomi Luglio,Davide Perrotta e Barbara Serra ( II A), Manuela Dragotta,Alessia Moggi, Benedetta Nobile e Giulia Sicuso (II C).  Ad Alessia Moggi,  preparata dalla professoressa Pina Arangio, è stata  consegnata a menzione d’onore. L’esperienza è stata vissuta da tutti gli alunni , ben consci di rappresentare la propria scuola , con  grande partecipazione ed entusiasmo.

 M. N –   Nella foto: Alessia Moggi

 

Il Kiwajunior Augusta e i dolci per gli autistici

Fiera del dolce Kj.jpg

 

Augusta. Si è svolta, domenica 10 aprile,  nella Piazza Duomo di Augusta,  la Fiera del Dolce 2011, organizzata per scopi benefici dall’agguerrito sodalizio giovanile Kiwajunior, guidata quest’anno da Simona Corso, universitaria di Giurisprudenza.  La giornata si è svolta ha  riscosso davvero un grande successo in quanto tutti i dolci, categoricamente realizzati da soci del club, sono andati venduti riuscendo a ottenere  250 euro.

 Il ricavato della fiera di beneficenza è stato devoluto nuovamente all’Associazione San Giorgio di Augusta, un’Associazione che si occupa di aiutare le famiglie con bambini autistici,  con la quale il Kiwanis Junior Club Augusta sta collaborando continuando a finanziare la Terapia Multisistematica in acqua che, a detta delle famiglie, procede molto bene.
   P.C.

I liceali del Mègara in visita alla Capitaneria di Porto

CP 13 aprile.jpg

Come anticipato nel seminario tenuto nei giorni scorsi, gli alunni del Liceo Mègara sono stati ospiti alla Capitaneria di Porto di Augusta.

La visita rientrava a nelle numerose attività realizzate dalla commissione orientamento post-diploma, composta dai docenti Anna Lucia Daniele, Alfio Castro e Giorgio Càsole. Ad accogliere alunni e docenti il tenente di vascello Salvatore Di Grande, capo servizio operativo della Guardia Costiera di Augusta.

 Con la sua brillante e coinvolgente capacità espositiva,  il tv Di Grande  ha guidato gli ospiti all’interno della sala operativa, presentando e illustrando,  con dovizia di particolari,  le funzioni della delicatissima apparecchiatura utilizzata nelle operazioni di soccorso ed emergenza con cui, per lavoro, deve confrontarsi giornalmente.

La visita si è conclusa con il saluto agli ospiti del comandante Francesco Frisone e la promessa, da parte di quest’ultimo, di permettere agli alunni di assistere alla prossima esercitazione antincendio/antinquinamento che sarà organizzata nella rada di Augusta.

A.    D.

Nella foto:  foto-ricordo dei liceali con il tv Di Grande, il c/te Frisone, il prof. Càsole e la prof/ssa Daniele

La favola del processo breve

 di Gian Carlo Caselli, già procuratore della repubblica a Palermo

caselli.jpgNoi italiani siamo convinti di essere molto furbi. Più furbi degli altri e orgogliosi di ciò. Non c’è barzelletta che abbia come protagonisti, per dire, un francese, un tedesco e un italiano che non ci veda prevalere alla grande. Ma forse siamo cambiati. Perché ormai ce le beviamo tutte con allegria. Da tempo, infatti, ci prendono in giro e siamo contenti. Ci ingannano e godiamo. Cadere in trappola ci inebria. Formule come “riforma (epocale) della giustizia” e “processo breve” sono né più né meno che ipocrisie degne della peggior propaganda ingannevole. Se le parole avessero ancora un senso, e non fossero usate come conigli estratti da un cilindro, sarebbe chiaro che di riforma della giustizia si potrebbe parlare soltanto se si facesse qualcosa per accelerare la conclusione dei processi. Ma se non si fa niente in questa direzione, parlare a vanvera di riforma della giustizia equivale a sollevare spesse cortine fumogene intorno al vero obiettivo: che è quello di mettere la magistratura al guinzaglio della maggioranza politica del momento (oggi, domani e dopodomani), buttando nella spazzatura ogni prospettiva di legge uguale per tutti.
 Quanto al sedicente “processo breve”, siamo al gioco di prestigio. La riforma, infatti, avrebbe come effetto non un processo breve ma un processo ammazzato a tradimento (con l’aggravante dei futili motivi). Ovviamente schierarsi contro il processo breve è da folli. Sarebbe come rifiutare una medicina efficace contro il cancro. Qui però non si tratta neanche dell’elisir di Dulcamara! Non basta urlare a squarciagola che il processo sarà breve. Occorre fare qualcosa di serio (procedure snellite; più mezzi agli uffici giudiziari) perché si possa arrivare a sentenza in tempi più rapidi. Se non si fa nulla è come proclamare ai quattro venti che la squadra di calcio del Portogruaro vincerà sicuramente la Champions, confidando nella disattenzione o dabbenaggine di chi ascolta.
Ora, come per vincere la Champions ci vuole una squadra attrezzata, così per avere un processo davvero breve ci vogliono interventi che il processo lo facciano finire prima: ma finire con una sentenza nel merito (innocente o colpevole), non con una dichiarazione di morte per non aver rispettato un termine stabilito ex novo, più o meno a capocchia. In verità la riforma ha un sapore di truffa (verbale), perché i tempi non saranno ridotti ma castrati, ed i processi non saranno abbreviati ma morti e sepolti. In parole povere: si fissa un termine che deve essere rispettato a pena di morte senza minimamente preoccuparsi del fatto che l’attuale sfascio del sistema non consentirà di rispettarlo in una infinità di processi. È come pretendere che un palombaro vestito da palombaro percorra i cento metri in pochissimi secondi, sennò muore. Assurdo, esattamente come il sedicente processo “breve”. Una mannaia che impedirà di accertare colpe e responsabilità e concluderà il processo con un’attestazione di decesso (estinzione) tanto burocratica quanto definitiva e tombale. Uno schiaffo alla fatica che le forze dell’ordine compiono per assicurare alla giustizia fior di delinquenti. Uno schiaffo al dolore e alla sofferenza delle vittime dei reati.
Uno schiaffo alla sicurezza dei cittadini. Proprio quella sicurezza su cui sono state costruite solide fortune elettorali. Sicurezza che ora diventa – di colpo – roba di scarto, rivelando con assoluta evidenza come il tema sia considerato un’opportunità da sfruttare biecamente, anche gabbando la povera gente, più che un problema da risolvere. E tutto questo perché? Per fare un favore a LUI, all’altissimo (ed ecco i futili motivi). Non sfugge a nessuno, difatti, che l’obiettivo vero non è tanto ammazzare migliaia di processi, quanto piuttosto sopprimere – nell’ammucchiata – anche quel paio di cosucce che appunto interessano a LUI. Con tripudio di un esercito di scippatori, borseggiatori, topi d’alloggio e ladri assortiti, truffatori, sfruttatori di donne, spacciatori di droga, corruttori, usurai, bancarottieri, estortori, ricattatori, appaltatori disonesti, pedofili, violenti d’ogni risma, operatori economici incuranti delle regole che vietano le frodi in commercio e tutelano la salute dei consumatori, imprenditori che spregiano la sicurezza sui posti di lavoro e via elencando…  Questo catalogo già sterminato di gentiluomini che la faranno franca, che si ritroveranno impuniti come se avessero vinto al totocalcio senza neppure giocare la schedina, si “arricchirà” all’infinito con la cosiddetta “prescrizione breve”: un’altra misura che sa di presa per il naso, l’ennesima leggina ad personam (meglio, la fotografia di LUI in persona) che fa a pugni col principio di buona fede legislativa. Sarebbe poco se fosse una di quelle barzellette che il premier usa raccontare in pubblico per il divertimento di chi ama l’ossequio servile. Invece si tratta di una bastonata in testa a una giustizia che già sta affogando. Una catastrofe per l’Italia, perché il feudo di Arcore possa continuare a svettare sulla palude nella quale annaspano i comuni mortali in cerca di giustizia.


L’ambientalista Luigi Solarino di Augusta scrive al Capo dello Stato

solarino.jpgSignor Presidente,

mi permetto rinviarLe, facendola mia, la lettera aperta inviataLe dai “ragazzi di Barbiana”.

Sono uno dei tanti Cittadini di quell’unità nazionale che Lei rappresenta. Il degrado morale e politico che sta investendo l’Italia ci riporta indietro nel tempo, al giorno in cui un amico, salito a Barbiana, ci portò il comunicato dei cappellani militari che denigrava gli obiettori di coscienza. Trovandolo falso e offensivo, don Milani, priore e maestro, decise di rispondere per insegnarci come si reagisce di fronte al sopruso. Più tardi, nella Lettera ai giudici, giunse a dire che il diritto – dovere alla partecipazione deve sapersi spingere fino alla disobbedienza: “In quanto alla loro vita di giovani sovrani domani, non posso dire ai miei ragazzi che l’unico modo d’amare la legge è d’obbedirla. Posso solo dir loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono giuste (cioè quando sono la forza del debole). Quando invece vedranno che non sono giuste (cioè quando avallano il sopruso del forte) essi dovranno battersi perché siano cambiate. Questo invito riecheggia nelle nostre orecchie, perché stiamo assistendo ad un uso costante della legge per difendere l’interesse di pochi, addirittura di uno solo, contro l’interesse di tutti. Ci riferiamo all’attuale Presidente del Consiglio che in nome dei propri guai giudiziari punta a demolire la magistratura e non si fa scrupolo di buttare alle ortiche migliaia di processi pur di evitare i suoi. In una democrazia sana, l’interesse di una sola persona, per quanto investita di responsabilità pubblica, non potrebbe mai prevalere sull’interesse collettivo e tutte le sue velleità si infrangerebbero contro il muro di rettitudine contrapposto dalle istituzioni dello stato che non cederebbero a compromesso. Ma l’Italia non è più un paese integro: il Presidente del Consiglio controlla la stragrande maggioranza dei mezzi radiofonici e televisivi, sia pubblici che privati, e li usa come portavoce personale contro la magistratura. Ma soprattutto con varie riforme ha trasformato il Parlamento in un fortino occupato da cortigiani pronti a fare di tutto per salvaguardare la sua impunità. Quando l’istituzione principe della rappresentanza popolare si trasforma in ufficio a difesa del Presidente del Consiglio siamo già molto avanti nel processo di decomposizione della democrazia e tutti abbiamo l’obbligo di fare qualcosa per arrestarne l’avanzata. Come cittadini che possono esercitare solo il potere del voto, sentiamo di non poter fare molto di più che gridare il nostro sdegno ogni volta che assistiamo a uno strappo. Per questo ci rivolgiamo a Lei, che è il custode supremo della Costituzione e della dignità del nostro paese, per chiederLe di dire in un suo messaggio, come la Costituzione le consente, chiare parole di condanna per lo stato di fatto che si è venuto a creare.  Ma soprattutto Le chiediamo di fare trionfare la sostanza sopra la forma, facendo obiezione di coscienza ogni volta che è chiamato a promulgare leggi che insultano nei fatti lo spirito della Costituzione. Lungo la storia altri re e altri presidenti si sono trovati di fronte alla difficile scelta: privilegiare gli obblighi di procedura formale oppure difendere valori sostanziali. E quando hanno scelto la prima via si sono resi complici di dittature, guerre, ingiustizie, repressioni, discriminazioni. Il rischio che oggi corriamo è lo strangolamento della democrazia, con gli strumenti stessi della democrazia. Un lento declino verso l’autoritarismo che al colmo dell’insulto si definisce democratico: questa è l’eredità che rischiamo di lasciare ai nostri figli. Solo lo spirito milaniano potrà salvarci, chiedendo ad ognuno di assumersi le proprie responsabilità anche a costo di infrangere una regola quando il suo rispetto formale porta a offendere nella sostanza i diritti di tutti.  Signor Presidente, lasci che lo spirito di don Milani interpelli anche Lei.

Nel ringraziarla per avermi voluto ascoltare, Le porgo i più cordiali saluti assieme a tanti auguri per una serena Pasqua.

Luigi SOLARINO    lsolarino@unict.it