AUGUSTA/SCUOLA: ANNO NUOVO, DISAGI VECCHI!

imagesCA5AKZIX.jpgAUGUSTA – È suonata la campanella e siamo punto e accapo. Ricomincia la scuola e si ripresenta puntuale lo stato disastroso in cui versano gli istituti scolastici augustani.  Disagi vecchi, ma ogni anno attuali e quasi irrisolvibili, non vi è distinzione tutti soffrono   a causa della profonda crisi in cui versa il ns comune,  e la difficoltà a reperire i fondi rende difficile anche la fornitura di strumenti didattici o di una semplice ma necessaria fornitura di carta igienica. Gli istituti  versano in un triste stato di abbandono, spazi verdi inaccessibili per mancanza di pulizia periodica, strutture fatiscenti con pericoli di crollo di calcinacci, pavimentazione non idonea al calpestio o perché pericolosamente scivolosa o perché sconnessa. Ma quello che colpisce l’attenzione di un genitore più esigente è la mancanza di sicurezza che caratterizza i luoghi a di la del cancello. Molte scuole si trovano in zona ad alto traffico veicolare, vero è che durante l’ora di entrata gli accessi alla scuola sono presidiati dal corpo della polizia municipale, ma la copertura non riguarda le ore di uscita che in questa fase iniziale variano da istituto ad istituto, così ci si ritrova  in condizioni di assoluto pericolo, e spesso le strisce pedonali non vengono rispettate e luttuosi avvenimenti ne sono una triste testimonianza. È necessario un intervento da parte delle istituzioni che devono provvedere alla sicurezza dei nostri figli e della cittadinanza tutta.

Si richiede l’installazione tempestiva di dissuasori di velocità luminosi che costantemente ricordi agli automobilisti più “distratti” che li vi è una scuola, si richiede altresì l’installazione di almeno due dossi artificiali che potenzino la validità delle strisce pedonali che   hanno bisogno di una  ritinteggiatura visto che in molti casi sono sbiadite o completamente scomparse.Non vi è tempo da perdere e non credo che stavolta si gradisca la solita frase “Non ci sono fondi” l’incolumità della collettività è un fondamento per chi ha deciso o è stato nominato per amministrare una città,è un Dovere che non può essere rimandato, lo pretendiamo! 

Giovani vite sono state date in sacrificio per continuare il gioco della patata bollente e far rimbalzare da una parte all’altra le responsabilità civiche a cui si va incontro quando si è chiamati ad amministrare.Non dimentichiamo Martina, vittima sacrificale della mancanza di un controllo capillare del territorio da parte delle autorità preposte, assenza che ha permesso di trasformare le nostre strade urbane in pista da corse fatte per gioco, giochi figli di una Noia offuscata dai fiumi di alcool consumati nell’oscurità dei luoghi di ritrovo dei giovani.Non dimentichiamo Claudia, vittima dell’ irresponsabilità di un giovane patentato. Ma Claudia è anche vittima delle negligenze e dal totale abbandono in cui versa la nostra Cittá, quel tratto è stato spesso oggetto di polemiche e proteste che considerato il triste epilogo sono andate nel dimenticatoio assoluto. É inammissibile che un passaggio pedonale che si trova su un arteria pericolosamente trafficata senza distinzione di orario sia gestito in modo così leggero, da anni il semaforo pedonale non è più funzionante, i dissuasori luminosi funzionano a tratti, le siepi lasciate crescere senza controllo ostruiscono la visuale sia da parte del pedone che da parte dell’automobilista,  per non parlare della scarsa illuminazione che ormai caratterizza l’intero territorio.Quel passaggio pedonale in prossimità di scuole e mercati rionali e punti di ritrovo giovanili è fortemente utilizzato e l’inosservanza delle piu elementari regole sulla sicurezza stradale è INACCETTABILE! Ed è per questo che è giunta ora di agire in maniera forte e tangibile, vogliamo una dimostrazione di responsabilità civica da parte dell’amministrazione tutta, e confidiamo fortemente che venga presa in seria considerazione la costruzione di un ponte pedonale, o di ponti pedonali li dove è necessario e fattibile, riteniamo sia la soluzione più adeguata dopo gli svariati tentativi di messa in sicurezza del sito andati a vuoto con le tragiche conseguenze ottenute. 

Abbiamo bisogno di un segnale forte, Vogliamo sicurezza, Vogliamo una città amica e non nemica dei propri cittadini.  

 

 Una Madre Preoccupata

STRISCE BIANCHE, SEMAFORI E PASSAGGI PEDONALI

Lettera aperta indirizzata al Sindaco di Priolo Gargallo

SEMAFORO.JPGPRIOLO GARGALLO – Egregio Sindaco, numerose sono state le lamentele rivolteci dai cittadini, tra cui svariati anziani, con le quali siamo stati portati a conoscenza della carenza o mancanza delle strisce bianche nei passaggi pedonali, schiarite dal sole o annerite dalla circolazione delle autovetture, concausa di continui incidenti stradali. I soci del Circolo Culturale T. Gargallo, inoltre, dopo un’accurata verifica hanno potuto constatare la carenza o ridotta visibilità delle strisce bianche nei passaggi pedonali soprattutto nelle vicinanze delle scuole, degli incroci e rotatorie, piazze e zone particolarmente frequentate come nei pressi degli esercizi commerciali. Nelle vie principali del nostro comune, pur essendo state revocate dalla amministrazione, sono ancora presenti le strisce blu che segnalano le zone destinate ai parcheggi, così da creare confusione e incertezza sulla gratuità delle stesse tra gli automobilisti. Pertanto con la presente si invita a provvedere al ripristino delle strisce bianche per la segnalazione dei parcheggi. Sarebbe di certo più opportuno modificare le modalità di destinazione delle aree di parcheggio, sostituendo a quelle attuali il cosiddetto a sistema a “spina di pesce” soprattutto tenuto conto dell’esiguità dello spazio disponibile e del congestionamento del traffico veicolare che ne deriva. Così come il nostro comune ha virtuosamente, più che nel resto della provincia, provveduto a istallare sofisticati sistemi di telecamere e videosorveglianza potrebbero essere più che utile la collocazione di moderni semafori a comando manuale in prossimità di passaggi pedonali e dei punti più pericolosi e nevralgici della viabilità. La vivibilità di una comunità inizia certamente dalle “piccole cose” che realizzate per bene, puntualmente e con la necessaria programmazione garantirebbero una rilevante emancipazione amministrativa. Il Circolo Culturale T. Gargallo, quindi, ha ritenuto opportuno segnalare tutte le problematiche in oggetto, infine manifesta la propria disponibilità nonché il proprio impegno affinché l’Amministrazione Comunale e i Consiglieri possano soddisfare queste esigenze.

  Angelo Musumeci

AUGUSTA/ 28 E 29 SETTEMBRE VOLONTARI IN PIAZZA PER LA CAMPAGNA NAZIONALE PER LA RIDUZIONE DEL RISCHIO SISMICO

 


POSTER_TERREMOTI_Io_non_rischio2013a_01 (1).jpgAUGUSTA
– Per il terzo anno consecutivo, il volontariato di Protezione Civile, le istituzioni e il mondo della ricerca scientifica si impegnano insieme per “Terremoto io non rischio”, la campagna informativa nazionale per la riduzione del rischio sismico: oltre 3.200 volontari di 14 associazioni nazionali di protezione civile allestiranno punti informativi “Io non rischio” in 215 piazze, distribuite su quasi tutto il territorio nazionale, per sensibilizzare i propri concittadini sul rischio sismico. L’iniziativa è promossa dal Dipartimento della Protezione Civile e dall’Anpas-Associazione Nazionale delle Pubbliche Assistenze, in collaborazione con l’Ingv-Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e con ReLuis-Consorzio della Rete dei Laboratori Universitari di Ingegneria Sismica e in accordo con le Regioni e i Comuni interessati. Sabato 28 e domenica 29 settembre, in contemporanea con le altre piazze in tutta Italia, i volontari dell’associazione Club Elettra F.I.R. C.B. ed il Gruppo MASCI DI Augusta, partecipano alla campagna “Terremoto io non rischio” con punti informativi allestiti in Piazza Duomo per distribuire materiale informativo, rispondere alle domande dei cittadini sulle possibili misure per ridurre il rischio sismico e sensibilizzarli a informarsi sul livello di pericolosità del proprio territorio. I volontari e le volontarie, formatisi durante l’anno attraverso l’incontro con esperti per poi istruire a loro volta altri volontari, sono protagonisti di un percorso di diffusione della cultura di protezione civile che coinvolge nelle diverse piazze proprio le associazioni di volontariato che operano ordinariamente sul territorio, promuovendo così la cultura della prevenzione: volontari più consapevoli e specializzati, cittadini più attivi nella riduzione del rischio. Sul sito ufficiale della campagna, www.iononrischio.it, sono disponibili le mappe interattive per conoscere la storia e la pericolosità sismica del nostro territorio e per individuare gli oltre duecento Comuni interessati dalla campagna nel weekend del 28 e 29 settembre prossimi. Inoltre, è possibile consultare la sezione “Domande e risposte” sul rischio sismico e sulla sicurezza degli edifici, leggere approfondimenti sul volontariato di protezione civile e scaricare il pieghevole sulle regole di comportamento da tenere in caso di terremoto.

   augusta@iononrischio.it

 

L’AREA DEL FARO È INTASATA; SENZA PARCHEGGIO, LE NUMEROSE AUTO INTRALCIANO IL PERCORSO; E SE DOVESSE INTERVENIRE UN’AMBULANZA?

AUGUSTA,  IL MARE NEGATO, MA QUANDO C’ERA CONDORELLI SI APRIVANO TUTTI I CANCELLI.

faro.jpgAUGUSTA  Ore 12.35 di sabato 6 luglio.Caos al Faro S. Croce, per colpa di alcuni automobilisti che hanno parcheggiato ai lati della strada d’ingresso. Momenti di panico, gente che urlava, bambini che piangevano all’interno delle auto, file chilometriche, e così via non voglio aggiungere altro che è meglio. I vigili hanno fatto il loro lavoro multando giustamente le auto, ma non si può continuare così, non si può.” La denuncia è di Giovanni Camardo, augustano che scrive a un sito telematico gestito da Mimmo Di Franco, che ha indirizzato una richiesta anche a noi del DIARIO: “Poiché gestisco una pagina del social network “Augusta su Facebook” mi corre l’obbligo di segnalare alla stampa le lamentele di tanti concittadini esasperati che vogliono usufruire di un tratto di mare balneabile. Chiedo,cortesemente,  alla stampa cartacea, di farsi portavoce presso la Commissione prefettizia. Ci sono dei post che superano anche i 50 commenti poiché il problema è molto sentito. Per evitare spiacevolissimi incidenti dovuti alla stanchezza,al caldo,all’esasperazione e tensione che si vive sotto il solleone,bisogna trovare,in tutti i modi una soluzione.Ho sollecitato nei primi giorni di giugno,tramite funzionari istituzionali di far pervenire ,alla commissione prefettizia di trovare la soluzione del parcheggio della zona del Faro. Ho anche suggerito una soluzione drastica ma efficace per il momento critico. Intanto requisire,per ordine pubblico, i due lotti per poter parcheggiare le auto e dare sfogo alla popolazione e usufruire dell’unico metro di mare disponibile. Comunque  è stato autorizzato il parcheggio delle auto sulla piazzetta,a mio parere scelta infelice. Le auto multate sono state quelle parcheggiate sulla via di transito che porta al Faro. Se dovesse intervenire un’ambulanza ha gravissime difficoltà di raggiungere la zona. Ci vuole buon senso da parte di tutti. Consiglierei di concordare con gli amici per non andare ognuno con la propria auto. “ Questo è quanto ci scrive Mimmo Di Franco. In altri posti, a Brucoli, contrada  Gisira, per esempio, domenica scorsa, i vigili urbani sono stati chiamati da automobilisti che volevano recarsi a mare, violando  una proprietà privata, giacché  l’intero villaggio della Gisira è privato , con un cancello inequivocabile, ma i proprietari hanno indicato un percorso alternativo che tutti possono percorrere a piedi per andare a mare, bene collettivo che non può essere privatizzato? Un altro vistoso cancello, al monte, contrada Sant’Elena,   un altro cancello al centro di un’imponente rete metallica rappresenta il simbolo della privatizzazione  indisturbata i ampie aree costiere. Dieci anni fa,  di questi tempi, sui muri della città, apparve un manifesto con la scritta “Quando c’era Condorelli, si aprivano tutti i cancelli”. Condorelli era quell’Antonino Condorelli, ultimo dei pretori nazionali  cosiddetti d’assalto, che, per un quinquennio, diresse la pretura di Augusta, richiamando qui l’attenzione di testate giornalistiche nazionali e internazionali per via dei processi alle industrie inquinanti. Condorelli andò via. La pretura, come le altre in Italia, fu soppressa. Ora non abbiamo nemmeno più la sezione staccata del tribunale. I cancelli, però, sono rimasti. E ogni estate si ripropongono gli stessi problemi. In un regìme di democrazia sospesa, qual è quello che ci è stato imposto dal governo Monti,  non abbiamo amministratori eletti, ma solo funzionari pendolari.  Forse, a breve, sarà soppresso  anche il commissariato della polizia di Stato. I vigili urbani sono quattro gatti. Rimarranno la Benemerita e le Fiamme Gialle. Lo Stato, dunque, non è del tutto assente. Facciamo sentire la nostra voce.

Giorgio Càsole  –   nella foto, uno dei cancelli che impedisce l’accesso al mare.

AUGUSTA/DISABILI, PASS O NON PASS

pass.jpgAUGUSTA. Si continua a discutere di episodi  di inciviltà che coinvolgono disabili i quali vedono trasgredire quanto la legge sancisce per favorire la loro già difficile vita quotidiana. “Ad Augusta, posteggiare le auto davanti agli scivoli per disabili è una cosa normalissima, sono talmente tanti i “distratti” oltre a quelli incivili. Ci vorrebbe una campagna stampa per scoraggiare gli automobilisti a posteggiare davanti agli scivoli, con la speranza di scuotere la coscienza di coloro che imperterriti bloccano il passaggio di disabili, mamme con bebè in carrozzina e anziane con il carrello della spesa. Ci vorrebbe pure maggior controllo da parte delle autorità,non solo ad elevare le multe ai trasgressori,ma utilizzare il carro attrezzi per liberare lo scivolo. Inoltre,si ricorda che i pass vanno rilasciati alle persone con ridottissima deambulazione e non a chiunque abbia fatto richiesta d’invalidità. Si è fatto un censimento attuale dei pass e degli stalli personalizzati? Il problema è molto sentito in città”. E’ questo un tema spesso dibattuto negli anni passati ma ancora drammaticamente attuale vista la situazione non ben definita, malgrado le normative promulgate in materia, a cominciare da quella legge n. 13/89 che a distanza di quasi 15 anni dalla sua emanazione ancora non è del tutto operativa. Tutto ciò è ampiamente documentato dallo stato di fatto esistente ad Augusta, dove peraltro, accanto alle barriere ancora esistenti, esistono anche strutture che invece hanno saputo adeguarsi alle normative vigenti. La gente continua a negare le pari opportunità, negando soprattutto a sé stessa la consapevolezza che è proprio il non rispetto delle normative e un comportamento poco civile e responsabile a rendere la persona veramente handicappata. Infatti , il mancato adeguamento di tanti edifici pubblici, negli uffici comunali, nelle scuole e altrove è una grave carenza cui si aggiunge il comportamento dei cittadini allorquando lasciano l’auto parcheggiata davanti a uno scivolo, impedendo così l’accesso e il transito delle carrozzelle, o occupano un parcheggio riservato agli invalidi. Si parla tanto di solidarietà,  ma sarebbe più opportuno ricordarsene concretamente tutti i giorni nei comportamenti comuni. Coloro che danneggiano i disabili sono soprattutto i parenti degli stessi,perché abusano del pass e lo usano più come un privilegio di famiglia che un’agevolazione del parente disabile. In questi giorni si stanno aggiungendo altri stalli senza eliminare quelli scaduti o quelli personalizzati,i cui titolari sono deceduti.

Mimmo Di Franco

ANCHE AD AUGUSTA I GIOVANI SONO PRONTI A METTERSI IN GIOCO

 

manuel.jpgAUGUSTA. L’aria pesante assale Augusta, un po’ per le industrie, un po’ per le numerose vicende che la stanno rappresentando, in alcuni casi fanno di essa una meravigliosa città, in altri invece, fanno solo sperare in un cambiamento. Basta guardarsi intorno, l’occhio critico dei cittadini non lascia scampo; senza andare troppo lontano, già dal computer di casa, possiamo trovare sul più comune social network di sempre, Facebook, numerose pagine sulla nostra amata città. Molte di esse nate con il solo scopo di mettere in risalto le lacune della pubblica amministrazione, in alcuni casi ironicamente, in altri, in modo più serio. Una cosa però è certa, gli augustani col tempo, stanno perdendo l’elemento fondamentale per una rinascita solida e reale, la speranza. Basta guardare, sempre da casa e senza scomodarci troppo, le pagine Facebook create su Augusta, due anni fa spopolò sul web una scommessa fatta da Mimmo Di Franco, in cui, se fossero stati raggiunti cinquemila iscritti ad un gruppo, creato appositamente per l’iniziativa, egli si sarebbe messo in pantaloncini e maglietta, abbandonando il suo modo di vestire  “giacca e cravatta”, per intenderci. Quest’estate invece i toni sono totalmente differenti, infatti il gruppo più attivo del momento è proprio un gruppo con “occhio critico” nei confronti della polizia municipale di Augusta, che, secondo i membri del gruppo, non svolge regolarmente le proprie mansioni. Commentano questa situazione con post e foto, che colgono in flagrante le forze dell’ordine mentre non svolgono il proprio dovere, o lo svolgono in modo poco adeguato. Parlando da ragazzo però, mi dico dove possa arrivare una città senza ambizioni, che rivolge particolare attenzioni alle critiche, ma, tranne casi eccezionali, non si applica in modo pratico per cambiare davvero le cose. Io spero che la nostra città possa “ripartire dal basso” citando un po’ il leader politico preferito dagli augustani che ha dominato alle elezioni regionali, nella nostra città, superando il 40% dei consensi, ma attenzione, per basso intendo dai giovani, infatti loro hanno le idee, la grinta e la forza, per poter cambiare davvero le cose, per annunciare fermamente all’Italia e al mondo che Augusta non è un consiglio comunale sciolto per infiltrazione mafiosa, non è un arciprete indagato, non è “le industrie”. Augusta è storia, arte, cultura, natura e meraviglie, noi giovani siamo pronti a metterci in gioco per cambiare le cose, domani proviamo ad alzarci con un piede diverso, con il piede della speranza e del cambiamento, di certo le cose non cambieranno dall’oggi al domani, ma sarà un processo di lento miglioramento, sopratutto che farà bene ai nostri modi di vivere e pensare.

      Manuel  Mangano  –  Nella foto, auto dei VV.UU. davanti a  uno scivolo per disabili!

STORIE VISSUTE: IL GUARITORE

reiki-300x211.jpgAl termine del lungo rettilineo, la  strada prendeva una svolta a  sinistra e si apriva su uno spiazzo sterrato che lasciava vedere in lontananza le prime casette del borgo, e lì moriva. Lo spiazzo  presentava su un lato una piccola collinetta;  due stradine anch’esse sterrate  la attorniavano e dipartivano una in direzione del paese, l’altra si perdeva fra muri a secco, fino a  diventare, fra tanta vegetazione spontanea, un viottolo ricoperto da rovi, e su quel rialzo  una bottega. Si accedeva attraverso una scalinata in pietra delimitata lungo tutto il suo perimetro da una balconata in ferro battuto; fuori, davanti e di lato alla porta di ingresso, una catasta di bidoncini e contenitori vari, quasi tutti di plastica, anche se in un angolino, ordinati, facevano bella mostra delle bottiglie in vetro con il tappetto a pressione, in ceramica. Tanto che il negozio sembrava vocato esclusivamente  alla vendita di questi oggetti. Erano da poco passate le sei  e alcuni curiosi  si affollavano intorno a questi bidoncini, per sceglierli e acquistarli.

 

Sotto il rialzo e quasi nascosta alla vista, l’entrata di una abitazione: la porticina di legno era aperta e si intravedeva una stanza i cui muri avevano rilasciato da un bel po’ il bianco e presentavano un giallo chiazzato di nero con vaste zone screpolate, sotto un odore di muffa; attorno alla stanza delle panchette in legno, anch’esse in cattive condizioni e poi,  inchiodate ai muri, dei poster di santi  e una immagine gigantografica di Gesu’ davanti ad un’altra porticina. Un pezzo di carta appiccicato con del nastro adesivo sulla porta portava dei nomi scritti e la gente che via via arrivava metteva il proprio nome su quel fogliettino. Un tizio che  stava in piedi quasi vicino l’entrata mi dice: “senta, se deve parlare con il santo scriva il suo nome su quel foglietto” e me lo indica. -“grazie “ – “ah, la penna la trova  legata sotto quella copertina” – “di nuovo grazie tante” – abbozzo un sorriso.  Le panchette  lungo il perimetro si stavano nel frattempo riempiendo di vecchiette vestite di nero, a ricordare lutti recenti e passati, con scialli e mantelline, e qualcuna di queste portava delle ceste con uova e verdure, altre  bottiglie di olio che avevano adagiato sul pavimento. Gli uomini  attendevano fuori e, per ingannare l’attesa, alcuni passeggiavano nei dintorni senza nessun riferimento, e si trovavano, forse senza rendersi nemmeno conto, a girare in modo circolare e passare e ripassare negli stessi punti. E cosi facendo combattevano il freddo pungente e si riscaldavano in attesa  che arrivasse il “santo”.  Altri, meno coraggiosi, dopo aver scritto il proprio nome entravano dentro le macchine, in attesa di un segno che potesse indicare l’arrivo del “santo”! In questo vagabondare in modo del tutto spontaneo, come se ognuno cercasse l’altro o volesse comunicare qualcosa di importante ,si formano dei crocchi, e la gente si ferma curiosa ad ascoltare, e così si allarga sempre più il cerchio delle persone che vogliono  ascoltare i le storie degli altri, di quelli che gia’ avevano avuto modo di conoscere il “santo”.  Ah si, sai… quel dottore, il primario di un ospedale. Era stato ormai dichiarato speranzato, le cure non facevano piu’ effetto, poi hanno chiamato Antonio. Oh,  dopo una settimana quel male era sparito, quel cancro che lo stava divorando e  che gli impediva di parlare se n’ era andato e poi agli esami non c’era piu’ nulla,  sparito! E lui ne parla sempre: “ah si, sai l’ho visto, e un tipo alto magro con gli occhialini, un’aria distinta, viene con una bella signora, sara’ la moglie, sai questo viene spesso a trovarlo, ha portato anche altri amici suoi, una coppia che non poteva avere figli e che ormai avevano deposto ogni speranza, mentre dopo aver fatto un sacco di cure…,  sai erano andati anche all’estero, e poi Antonio ha fatto il miracolo e lei, dopo un paio di mesi, e’ rimasta incinta e ha dato un bambino. Sai,  hanno messo anche il suo nome! “Ah si, signora, io so di un amico mio a cui Antonio ha strappato tre molari senza anestesia e senza tenaglia solo con le mani questo non ha sentito niente”,  e ognuno diceva qualcosa di quello che aveva sentito e le cose si ingigantivano sempre di piu’,  il passa parola – si quello si e’ salvato, – si quella ha partorito, –  quello era quasi morto e poi lui li ha salvati”. Mamma quante storie circolavano ed in ognuno cresceva sempre di piu’ la fede e la voglia di sentirlo – poi sa’ un fatto che  ho potuto vivere direttamente l’odore di rose che lascia sulle persone, l’odore che emana non ti lascia per giorni e giorni, mamma mia e’ un grande santo – e gli altri, quelli che avevano avuto queste sensazioni assentiscono, mentre quelli che ancora non avevano provato queste cose, nel sentire l’odore e il profumo delle rose al contatto con Antonio profumo, che non ti lascia piu’ per molto e molto tempo, era come se gia’ lo stessero respirando ed inalando. Poi una voce molto piu’ alta delle altre si innalza da uno dei crocchi, gridando sempre piu’ forte, tanto piu’ forte da attirare l’attenzione di tutti quelli che si trovavano nello spiazzo. Come per incanto, tutti si voltano verso la voce che spunta dal nulla, e tutti si dirigono verso quella voce, e quel crocchio si trasforma in un grande, unico crocchio. Altri che erano dentro le macchine scendono incuriositi, poi il silenzio! “Antonio, Antonio voi non sapete ma io ho assistito ad un miracolo. Antonio, un mattino mi trovavo qui, e arriva una macchina; scendono tre finanzieri, di cui un capitano, venuti per arrestarlo. Era successo che i mediconi avevano fatto delle denunce per abuso dell’ attività di medico. Questi mediconi bastardi, che per una visita’ sottraggono un sacco di soldi alla povera gente,  che li spennano e poi  non sono capaci di curare nulla,  medici del cazzo! Antonio invece e’ un santo, non ha mai chiesto nulla, e un sacco di gente e’ guarita. Un brusio si alza,  tutti assentiscono e il mormorio va verso la cattiveria di questi dottori, il non rispetto per il santo e per le persone che sono state guarite o per quelle che ancora si stavano curando.  “Oh ma Dio esiste, altroché!  Esiste e si e’ manifestato ! Sapete cos’e’ successo?  Mi sforzo intanto di allungarmi per vedere quell’uomo che parla, ma sono lontano dal circolo di gente, solo la voce mi arriva, tanto il crocchio si e’ allargato. “Se Dio esiste! Quando il nostro Antonio e’ stato fatto salire in macchina, questa non e’ partita! Nell’attesa dell’ arrivo di un’altra macchina, Antonio e’ sceso e un finanziere ha fatto un altro tentativo. “Oh la macchina si e’ messa in moto e Antonio e’ stato chiamato ad entrare, ma appena salito, la macchina si e’ di nuovo spenta. Scende e la macchina si rimette in moto, entra di nuovo ed essa si spegne. “Oh, i finanzieri sono scappati, hanno abbracciato Antonio e sono andati via con solo loro dentro! Ditemi se questo non e’ il volere di Dio! Antonio!! Antonio!! La gente assentiva e alcuni si buttavano anche a terra in direzione della casetta, la commozione per quello che si era appena sentito pervadeva tutti, ma in mezzo a quella folla io quell’uomo non l’ho visto! Ma ha dato la speranza a quelli che non l’hanno mai conosciuta e che  diviene certezza, o fiducia, o  fede, direi cosi  intensa da non lasciare nessun dubbio. “Ah! Radici amare nutrite con il sale delle folle che ti fa’ vedere e sentire quello che i tuoi sensi non vedono e sentono! Finalmente entriamo: –  Dimmi da dove vieni –  Veniamo da …. e nel dire questo mi abbraccia e bacia, mentre una donna si butta ai suoi piedi, con un mazzo di fiori! Lo conosce da molto, penso, da come lo chiama a quello che dice. Lo stupore mi prende e seguo l’isteria della donna, come se fossi trascinato da lei in questo gorgo mistico. Fa con tutti così, prima me lo avevano detto; dava e voleva che lo si chiamasse per nome. Poi chiude la porta e sono con lui, dentro la stanza semibuia, anche se fuori da un bel po’ splende un bel sole. Un tavolo al centro, sulle pareti  figure di santi  che nascondevano, non riuscendoci, la  muffa e lo sporco, un pavimento di mattonelle invecchiate dall’umido e dal tempo, sul tavolo le bottiglie d’olio e le ceste di uova e frutta che avevano le vecchine vestite di nero. Una bacinella a terra piena di sangue con dei brandelli di carne  o qualcosa di simile  dentro.  Ah si sai quella  che e’ uscita adesso, ho fatto un intervento ho tolto l’utero perchè pieno di fibbromi ! Inebetisco e rimango per un pò incapace di connettere, mi sento totalmente nelle sue mani. Mi chiede cosa può fare per noi. Ah…. ma venite da ….sai uno del tuo paese  si chiama …  L’ho salvato dal cancro … lo conosci vero ? Si, si, rispondo, riprendendomi dallo shock della bacinella, a un metro da me, anche se stranamente non sentivo nessun fetore provenire da quel contenitore. Antonio è un ometto piccolino, di media eta’, con una faccina rotonda e delle guance rosee, un paio di occhi vispi e curiosi che ti guardano intensamente  dietro a  degli occhialini color oro. Indossa una camiciola non tanta linda, un pantalone di velluto nero a coste, mentre sul collo penzola un grosso  crocifisso d’oro con una catena d’oro e una corona  per il  rosario.  Le mani sono piccolini e tozze ma lisce, come di uno che non ha mai fatto lavori pesanti. Poi un odore di rose invade la stanza. “Sai Antonio, siamo qua’ perchè non abbiamo potuto avere figli, tu puoi fare qualcosa ? “Mi fa sedere su una di quelle sedie polverose e traballanti e incomincia a toccarmi, tocchetti  brevi ed intensi, mi tasta il collo, le braccia, le gambe per un paio di minuti e dopo fa la stessa cosa con la mia compagna. “Dammi il bidoncino …”Dopo un po’ torna con il contenitore pieno contenente circa 5 litri di acqua. “Senti, dovete berla la mattina e la sera per circa 15 giorni, se volete la potete anche bollire”.  “Ma dimmi Antonio c’e’ speranza ? “Si, si in due tre volte di questa acqua avrete i figli! L’importante avere fede in Dio, io non sono altro che una sua pedina,  ma voi con la fede che dimostrate di avere, otterrete che chiedete. Quando venite fra una quindicina di giorni portatemi anche dei campioni di urina! Cosi ci abbraccia, ci bacia e ci accompagna verso la porta. Lascio un’ offerta in un cesto che avevo intravisto sul tavolo, circa ventimila lire, e lo abbraccio e bacio di nuovo.  Solo l’odore di rose mi e’ rimasto addosso per un paio di giorni, poi anche questo e’ scomparso.

 

 

E.G.

 

 

 

GLI STUDENTI DEL LICEO MEGARA SI CONFRONTANO SUL TEMA DELLA DIPENDENZA DALLE TECNOLOGIE

liceo megara,augusta,augustanewsAUGUSTAConsapevoli che le assemblee studentesche sono un momento importante nella vita della scuola  per noi giovani studenti per approfondire tematiche che possano contribuire alla nostra  formazione culturale e civile in un contesto di partecipazione democratica, di dibattito e di confronto, l’assemblea di istituto che si e’ svolta il 28  aprile nei “locali” del nostro  Liceo e’ stata incentrata sul tema della dipendenza dalle tecnologie. I rappresentanti degli studenti, Luca Roggio, Salvo Roggio, Roberto Greco e Vito Pantaleo, hanno introdotto il tema rendendo noti i risultati di un sondaggio che era stato effettuato nei giorni precedenti tra gli studenti attraverso la somministrazione di un questionario nelle classi, che ha costituito un primo momento di riflessione ed autoanalisi sul tema. In particolare le domande, tra le quali dove teniamo il cellulare, in che modalità, quando e perchè lo usiamo,  erano incentrate sul “rapporto” che ciascuno di noi ha con il telefonino sia a scuola che nell’arco della giornata. L’eccellente lavoro di preparazione all’assemblea consisteva in simpatiche interviste a sorpresa ad ignari studenti che nei corridoi della scuola hanno espresso considerazioni ed “ammissioni” dalle quali è emerso che noi ragazzi riconosciamo di considerare il cellulare uno strumento di comunicazione indispensabile dal quale non ci si separa mai  durante tutta la giornata, sempre a portata di mano anche durante lo studio, pur con la consapevolezza che è comunque un elemento di distrazione. Per molti, ma per fortuna non per tutti,essere sempre presenti nel mondo virtuale della comunicazione rappresentato da facebook e altri social network è fondamentale.La parola è quindi passata agli esperti il Dott. Riccardo Gionfriddo, psichiatra responsabile dell’Osservatorio Epidemiologico provinciale delle dipendenze che coordina i progetti di educazione alla salute e la dott. ssa Enza D’Antoni, sessuologa del SERT di Augusta.Partendo dalla considerazione che l’uso quotidiano e comune del telefonino rende spesso difficile tracciare un confine tra “comportamento normale” e ”dipendenza” l’esperto ha spiegato che  per l’individuazione di tale problematica è importante osservare tanto gli aspetti quantitativi quanto quelli qualitativi del rapporto con il cellulare.Bisogna infatti considerare che questo strumento tecnologico ancora assolve alla funzione di strumento di lavoro anche se principalmente ciò riguarda gli adulti e si può parlare di “cellularomania” quando il traffico telefonico quotidiano, costituito per noi giovani principalmente da sms sia in entrata che in uscita, ammonta all’incirca a 300 contatti. Una delle principali funzioni psicologiche oggi attribuite al cellulare è quella di costruire un “ponte” che ci permette di rimanere vicini e presenti costantemente alle persone a cui siamo legati, ma bisogna fare attenzione che non diventi uno strumento per gestire abitualmente le relazioni, rischio aumentato dalle  innumerevoli possibilità tecniche offerte dai moderni prodotti tecnologici in commercio. Il cellulare-dipendente è quindi colui che dedica la maggior parte del proprio tempo ad attività connesse all’utilizzo del telefonino come per esempio telefonate, sms, giochi, consultazioni, uso di foto-videocamere, ecc., svolte in modo esclusivo o in concomitanza con altre attività. Oltre a  divenire l’unica capacità di mettersi in relazione, creando all’opposto isolamento relazionale, l’uso prolungato del cellulare può provocare senso di stordimento, mal di testa, vertigini, dolori al viso o all’orecchio o altri sintomi fisici che possono essere collegati all’abuso del telefonino.Il prof. Alfio Castro, docente di storia e filosofia del Liceo Scientifico e  funzione strumentale per il coordinamento degli alunni, ha poi concluso il dibattito scaturito con la considerazione che la nostra generazione è un banco di prova perchè è la prima generazione che è soggetta al bombardamento delle onde elettromagnetiche sin dalla nascita. Perchè quindi aumentare i nostri rischi di inquinamento elettromagnetico con un uso improprio ed esagerato?  Con tanti buoni propositi  ed il cellulare in tasca abbiamo lasciato la scuola quando l’assemblea è stata sciolta.

ALESSANDRO BARBERA 

STRUTTURE ABBANDONATE E INUTILIZZATE: COME SALVARE L’UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE e DELL’UFFICIO DELLE ENTRATE

mm.jpgAUGUSTA. Si ritorna a parlare di edifici abbandonati e inutilizzati che deturpano il decoro urbano, minano l’incolumità delle persone e sono ricettacoli di rifiuti e animali. Un tavolo tecnico per discutere di questo tema,considerando la crisi occupazionale e trovando la soluzione,sarebbe un modo per rimettere in moto l’economia edilizia con gli effetti collaterali positivi.  Si citano i casi più clamorosi che sono: il biglietto da visita all’ingresso di Augusta in via Umberto angolo via C. Colombo dove da tantissimi anni insiste un pianoterra, con tetto in eternit abbandonato, l’ex cinema Kursaal, che domina gli abbandonati giardini pubblici, l’Impero, l’ex macello, la ricetta di Malta oltre alle tante case private con porte e finestre  murate e senza tetto. Tra questi risalta, in via X Ottobre, un edificio abbandonato da oltre un decennio, dove può essere ricettacolo di immondizia e animali. Inizialmente, molti anni fa, tal edificio fu utilizzato dalla Esso come foresteria, successivamente passato di proprietà alla Marina Militare,fu utilizzato per alcuni anni per i propri uffici. A tal proposito, ci si chiede se non sia opportuno che il Comune verificasse la necessità di rilevare  tale struttura e utilizzarla per le proprie necessità. Il sito, essendo di proprietà dello Stato potrebbe far evitare spese di affitti al Comune,oppure pagandolo direttamente allo Stato,ci sarebbe un giro conto. Per il momento,molti uffici pubblici sono dislocati in varie siti privati,tra l’altro arretrati nei pagamenti,considerati i debiti e la mancanza di liquidità del Comune. Sicuramente la Marina Militare cederebbe volentieri tale struttura,poiché sarebbe oneroso pagare l’IMU e la TARSU per un immobile non utilizzato e oltretutto ripulirlo dalle erbacce e rimetterlo in sicurezza. Questa sarebbe la soluzione ideale per salvare l’ufficio del giudice di pace e quello delle entrate.

 

   Mimmo Di Franco  (nella foto, la palazzina della M.M.)

LE URLA DAL SILENZIO – INTERVISTA A PASQUALE DE FEO, DETENUTO A CATANZARO

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CATANZARO – Il nostro Pasquale De Feo – detenuto a Catanzaro – ci ha inviato questa intervista, o meglio, queste tre domande a cui lui ha risposto.

Pasquale scrive che l’autore di questa intervista è il marito della giornalista Francesca De Carolis, autrice del libro “Urla a bassa voce”. Non metto il suo nome, perché al momento non lo conosco.  Queste domande, come vedrete, sono abbastanza emblematiche, specialmente la prima e la terza. L’impressione è che chi è stato condannato per reati connessi all’associazionismo criminale -a prescindere dalla sua concreta vicenda giudiziaria e dal suo percorso trattamentale- per potere “meritare” una futura possibilità di uscire, debba necessariamente fare cose “estreme”, tipo svolgere una “attività da infiltrato in una organizzazione mafiosa tesa a smantellare la struttura di comando”.  Lo spirito sotteso a queste domande sembrerebbe essere quello di certi romanzi o film, dove qualcuno del governo andava dai detenuti nel braccio della morte e, in cambio della libertà, gli proponeva qualche missione suicida. A prescindere, una intervista interessante, seguita da un commento di Pasquale De Feo.

1)Se non fosse in regime ostativo e potesse uscire dal carcere almeno durante il giorno, sarebbe disponibile a fare il meditore sociale in un quartiere come lo Zen a Palermo o Scampia a Napoli per dissuadere i giovani dall’adesione alla criminalità organizzata, anche a rischio della vita per la guerra che la criminalità le farebbe?

Inizio col correggere un errore. L’ ostatività della pena non è un regime, ma è una legge repressive “razzista” perché colpisce solo i meridionali. Si tratta dell’art. 4 bis Ordinamento Penitenziario, legge emanata dopo le stragi di Stato del 1992. Qualche settimana fa ho finite di leggere il libro “Il ritorno del principe” scritto dal Procuratore capo di Palermo, Roberto Scarpinato. Lui chiama principe il potere che comanda il Paese, compost da tanti soggetti, e per fare un esempio la rappresenta con i Promessi sposi. Oggi è diverso nelle forme, trovandoci nell’era moderna, ma nei fatti  non è cambiato niente, tutto procede affinché il “principe” continui ad avere i suoi privilege e a depredare lo Stato. Quando è minacciato di revoca dei suoi privilegi e di chiudere i rubinetti dei soldi pubblici, come ha fatto in passato e farà in future, ricorrerà anche alla violenza, usando alla bisogna gli attori più disponibili, dopo saranno abbandonati al proprio destino: uccisi o sepolti vivi in carcere. Devo premettere che il “principe” ha fatto un buon lavoro con lei, è stato indottrinato così bene che nel suo cervello c’è un solo corridorio dove passano tutte le notizie, filtrate dal pregiudizio  instaurato da un clima di caccia alle streghe dai Savonarola del circolo dell’odio, novella Torquemada che hanno instillato nella popolazione un razzismo lombrosiano, inquinando anche le leggi. Un tempo il meridione era un covo di briganti (partigiani meridionali), oggi è ritenuto un covo di mafiosi. Con questo criterio hanno legittimato un sistema coloniale, per tenere gi “iloti” ssottomessi, con  un repression che deve essere costante. D’altronde nel meridione l’unica industria che funziona è quella della repression. Hanno messo in piedi un mastodontico apparato repressive che ingoia miliardi di euro all’anno, senza nessun controllo, d fare invidia alle dittature passate e anche a quelle odierne. La mia risposta alla sua domanda è NO, perché mi dovrebbero spiegare perché ci sono posti come lo Zen e come Scampia. Inoltre con migliaia di parassiti pagati dallo Stato dovrei accollarmi io un onere del genere. La mia parte l’ho fatta. Sono riuscito  non far deviare nessuno dei miei nipoti, tutti bravi ragazzi che lavorano, con la speranza che l’apparato della repression colonial non me li rovini. Nel nominarmi Scampia mi è venuto in mente Saviano, uno dei Savonarola per eccellenza, che non ha fatto niente e non sta facendo niente, eppure si è arricchito col disagio sociale della sua terra; perché dovrei farlo io? Che da quando sono nato ho ricevuto solo calci in bocca dallo Stato sperimentando tutta la sua ferocia? Il deserto istituzionale che è stato programmato scientificamente da 150 anni per saccheggiare tutte le ricchezze di una terra che non conosceva tutte le brutture cusate di Savoia, nascoste con la favola risorgimentale. Un saccheggio che continua ancora perché il Meridione serve come colonia all’Italia padrone del Nord, che alimenta questi fenomeni di devianza. D’altronde non c’è bisogno di un sociologo e di un criminologo per capire che questi disagi derivano sia dalla mancanza dello Stato e sia dalla mancanza di un tessuto economico. L’unica presenza tangibile dello Stato è quella della polizia e della repressione. Le sue domande sono impregnate di pregiudizi, inquinate da un razzismo lombrosiano strisciante, e se non cambierà questa subculture create per rendere colonia il Sud, non cambierà mai niente, fino a quando il Meridione non si ribellerà e ritroverà la sua indipendenza.

2)E’ d’accordo sulla confisca dei beni della criminalità organizzata che diventano patrimonio comune di tutta la collettività?

 La legge “La Torre” è un’altra legge razzista perché colpisce solo i meridionali, ed è usata come lo fu la famigerata legge Pica per saccheggiare il Meridione. Le leggi devono riguardare tutti i cittadini, invece aggrediscono solo una minoranza. Leggi caratterizzate da una schizofrenia orchestrate dal “principe” (mandante di tutte queste stragi). Poi bisognerebbe domandarsi a chi dava fastidio La Torre con el sue marce contro i missili di Comiso? Forse qualche risposta la potrebbe dare il solito “principe”. Infatti, chi ne paga sempre le conseguenze? I meridionali, usati e gettati ogni volt ache il principe ha bisogno di mostri. La confisca dei beni dovrebbe riguardare tutti, viceversa nel Meridione si sequestrano beni anche per una manciata di euro non certificate, e sempre solo per sospetto. La settimana scorsa in una trasmissione televisiva economica, hanno fatto vedere la lista dei “paperoni” italiani che pagano le tasse. Al terzo posto c’era Walter Veltroni con alcune centinaia di milioni di euro. MI chiedo come possa essere milionario, una persona che nella sua vita non ha mai prodotto niente, a parte vivere di politica come un parassita, dove li ha presi tutti questi soldi? Berlusconi nel 1994 aveva 5000 miliardi di debito, il suo amministratore voleva portare i libri contabili in tribunale per dichiarare fallimento, scese in politica ed è diventato l’uomo più ricco d’Italia, con un patrimonio che supera i 10 miliardi di euro (20.000 miliardi di vecchie lire). A loro non chiedono dove li hanno presi, perché non sono meridionali, non saranno mai colpiti dal reato di 416 bis, reato non reato che colpisce al 99,99% solo meridionali, motivazione per ogni sequestro di beni. Quando questa legge riguarderà tutti i cittadini di questo Paese e non solo gli “Iloti” della colonia penale, allora se ne potrà discutere.

3) Se lo Stato le concedesse la libertà in cambio di un’attività da infiltrato in una organizzazione mafiosa tesa a smantellare la struttura di comando accetterebbe?

 Se volevo riacquistare la libertà con questo metodo, avrei collaborato con la giustizia, ma siccome non ho mai fatto la spia e disprezzo chi la fa e usa questi metodi infami per riacquistare la libertà, non lo farei MAI. Anche per questo motive sono detenuto da trent’anni, e preferisco morire in pied in carcere piuttosto che fare il GIUDA in ginocchio. L’operazione che andrebbe fatta, che poi non è solo un mio pensiero, perfino le varie polizie lo dicono, che la repression non serve a niente se non ad esasperare gli animi e riempirli di odio e rancore contro lo Stato, sarebbe quella di un massiccio intervento sociale in tutti i settori, perché solo così si può ridurre la devianza in termini fisiologici. Purtroppo questo discorso non interessa al “principe”, anche perché per tenere in piedi un determinate sistema, c’è bisogno della mostrificazione di un determinate territorio e tenere impegnati i pensieri della popolazione, che ha bisogno sempre di un nemico e di mostri a cui indirizzare ogni frustrazione.

 

Egregio Signore,

Le sue domande derivano da una cultura penale crudele, stravolta da un ventennio di latrocini, e per riuscire a fare tutto ciò c’era bisogno che la popolazione italiana fosse impegnata a vedere  ed essere impegnata in altre cose, non essendo bastata tangentopoli, dopo tre mesi il “principe” ha provveduto con le stragi del 1992-93, creandoci intorno una sorta di “religione”, in più è servitor a calpestare ogni garanzia costituzionale, e con leggi di emergenza divenute ordinarie, e che continuano tutt’ora. Nel 1992 il debito pubblico era 700 miliardi, oggi è triplicate, chi ha beneficiate di tutti questi soldi? C’era l’IRI che valeva 800 miliardi, che fine ha fatto? Se la sono mangiata con la scusa delle liberalizzazioni, chi ha banchettato? La mafia? Mi auguro che lei non sia così catechizzato da non ragionare con la sua testa. Sono detenuto da trent’anni, per mi attitudine seguo tutti i TG che posso ascoltare, pertanto le mie opinion non sono traviate dalla politica, ma ho analizzato i fatti, anche se la mia cultura era scarsa. Sui fatti non si può polemizzare, se ne possono trarre solo le conclusioni. Se fossi nato a Parma non mi troverei in carcere e con l’ergastolo, perché in una parte del Paese ci sono tutte le opportunità, in un’altra non c’è niente, solo repression e trattati come figli di un Dio minore. Mi sono rassegnato già al mio destino, mi dispiace che le prossime generazioni di ragazzi subirono la stess sorte che ho subito insieme a migliaia di meridionali, perché sarà difficile che cambieranno le cose; la storia ci insegna che le colonie si possono affrancare solo rivoltandosi. In tanti anni di cattività mi hanno insegnato che prima di sindacare bisogna conoscere, perché solo con essa possiamo capire e giudicare la realtà, per evitare di essere strumentalizzati dal “principe”. Sono convinto che non si aspettava queste risposte, ma siccome lo Stato mi ha tolto tutto e con la sua brutalità mi ha fatto diventare vittima innocente, l’unica cosa che non può soffocare sono i miei pensieri, pertanto non mi limito a risposte di circostanza  ma a quello che penso e ritengo giusto. Mi auguro di essere riuscito a farla soffermare almeno e riflettere.

La saluto cordialmente.

Pasquale De Feo