AUGUSTA / SCOSSA IL 5 GENNAIO 2015, IMMANE TERREMOTO L’11 GENNAIO 1693

terre08Augusta. E’ stata  avvertita distintamente dalla popolazione di Augusta la scossa di terremoto, magnitudo 3.2 scala Richter, lunedì 5 gennaio, intorno alle 8,3o, secondo l’Istituto Nazionale di Vulcanologia di Catania, che ha diramato il comunicato ufficiale, secondo cui l’epicentro, come il 13 dicembre 1990, ricordato come il terremoto di S. Lucia, è stato al largo delle coste augustane, in mare, a 21, 5 metri di profondità. Non sono stati registrati danni né a persone né a persone. domenica 11 gennaio 2015, 13:04. Sono passati 322 anni dal giorno in cui la Sicilia fu sconvolta dal terremoto più forte della storia d’Italia: era l’11 gennaio 1693 e una scossa di magnitudo 7.4 colpì la costa orientale dell’isola, tra Catania e Siracusa. Passato alle cronache come il “terremoto del Val di Noto“, quel sisma distrusse totalmente oltre 45 centri abitati, fra cui AUGUSTA,  provocando circa 60 mila vittime e dando vita nello Jonio a un maremoto le cui onde arrivarono fin nelle coste della Grecia. In quel caso il terremoto arrivò al culmine di uno sciame sismico, basti pensare che due giorni prima, la sera del 9 gennaio 1693, un altro forte terremoto (ma non così violento come quello dell’11) interessò la zona, facendo crollare alcuni edifici e provocando dei morti. Poi, l’11, il terremoto più forte e devastante seguito, nei due anni successivi, da oltre 1.500 scosse d’assestamento. Il bilancio del sisma fu drammatico: a Catania morirono circa 16.000 persone su una popolazione di 20.000 residenti; a Ragusa morirono circa 5.000 persone su 9.000 residenti; a Lentini 4.000 vittime su 10.000 abitanti, a Siracusa 4.000 vittime su 15.000 abitanti, a Militello 3.000 vittime su 10.000 abitanti. Oltre a essere il più intenso terremoto della storia d’Italia, è anche il 2° terremoto più disastroso della storia d’Italia dopo quello del 1908 nello Stretto di Messina (che fu di magnitudo 7.2, ma provocò oltre 120.000 morti) e il 23° sisma più disastroso della storia di tutta l’umanità (quello dello Stretto è al 12° posto). Un terremoto simile nella Sicilia orientale si era verificato il 4 febbraio 1169, quindi 524 anni prima. Un aspetto del terremoto del 1693 fu quello della ricostruzione, che valorizzò al massimo il barocco siciliano, lo stile architettonico con cui furono ricostruiti i centri distrutti da quel sisma nel corso del ‘700. Se oggi Noto, Ragusa, Catania, Siracusa e moltissimi altri centri grandi e piccoli della Sicilia sud/orientale possono vantare un favoloso patrimonio artistico, lo devono a quella ricostruzione che mise in piedi veri portenti di arte barocca. Quasi 25 anni fa, la Sicilia sud/orientale è stata colpita da un altro terremoto abbastanza forte, quello “di Santa Lucia”. Era il 13 dicembre 1990, appunto il giorno di Santa Lucia, patrona di Siracusa. Era ‘una di notte di notte quando la terra tremò con violenza con una scossa di magnitudo 5,7, poco più debole di quello de L’Aquila. Il sisma, con epicentro nel Golfo di Augusta, provocò gravi danni in molti paesi del Siracusano, dove morirono 17 persone. I feriti furono centinaia, i senzatetto oltre 15 mila. Le vittime furono tutte a Carlentini, dove gli edifici erano costruiti in tufo. I maggiori danni, però, furono ad Augusta, dove oltre  settemila persone rimasero senza una casa.

D. C. – nel tondo, un’ abitazione colpita dal terremoto del 1990

AUGUSTA/ 28 E 29 SETTEMBRE VOLONTARI IN PIAZZA PER LA CAMPAGNA NAZIONALE PER LA RIDUZIONE DEL RISCHIO SISMICO

 


POSTER_TERREMOTI_Io_non_rischio2013a_01 (1).jpgAUGUSTA
– Per il terzo anno consecutivo, il volontariato di Protezione Civile, le istituzioni e il mondo della ricerca scientifica si impegnano insieme per “Terremoto io non rischio”, la campagna informativa nazionale per la riduzione del rischio sismico: oltre 3.200 volontari di 14 associazioni nazionali di protezione civile allestiranno punti informativi “Io non rischio” in 215 piazze, distribuite su quasi tutto il territorio nazionale, per sensibilizzare i propri concittadini sul rischio sismico. L’iniziativa è promossa dal Dipartimento della Protezione Civile e dall’Anpas-Associazione Nazionale delle Pubbliche Assistenze, in collaborazione con l’Ingv-Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e con ReLuis-Consorzio della Rete dei Laboratori Universitari di Ingegneria Sismica e in accordo con le Regioni e i Comuni interessati. Sabato 28 e domenica 29 settembre, in contemporanea con le altre piazze in tutta Italia, i volontari dell’associazione Club Elettra F.I.R. C.B. ed il Gruppo MASCI DI Augusta, partecipano alla campagna “Terremoto io non rischio” con punti informativi allestiti in Piazza Duomo per distribuire materiale informativo, rispondere alle domande dei cittadini sulle possibili misure per ridurre il rischio sismico e sensibilizzarli a informarsi sul livello di pericolosità del proprio territorio. I volontari e le volontarie, formatisi durante l’anno attraverso l’incontro con esperti per poi istruire a loro volta altri volontari, sono protagonisti di un percorso di diffusione della cultura di protezione civile che coinvolge nelle diverse piazze proprio le associazioni di volontariato che operano ordinariamente sul territorio, promuovendo così la cultura della prevenzione: volontari più consapevoli e specializzati, cittadini più attivi nella riduzione del rischio. Sul sito ufficiale della campagna, www.iononrischio.it, sono disponibili le mappe interattive per conoscere la storia e la pericolosità sismica del nostro territorio e per individuare gli oltre duecento Comuni interessati dalla campagna nel weekend del 28 e 29 settembre prossimi. Inoltre, è possibile consultare la sezione “Domande e risposte” sul rischio sismico e sulla sicurezza degli edifici, leggere approfondimenti sul volontariato di protezione civile e scaricare il pieghevole sulle regole di comportamento da tenere in caso di terremoto.

   augusta@iononrischio.it

 

BIG ONE IN SICILIA? NON E’ PREVEDIBILE, MA E’ MEGLIO PENSARCI

L’opinione del prof. Luigi Solarino di Augusta

sicilia.jpgLa Sicilia potrebbe essere investita entro i prossimi 24 mesi da un terremoto senza precedenti”: una previsione agghiacciante che mette già i brividi solo a parlarne. Eppure ci sono studiosi che si dicono convinti che qualcosa di drammatico stia davvero per accadere. Secondo alcuni studiosi il “Big One” sta per arrivare in terra sicula, mentre la Regione al momento non ha approntato alcuna misura preventiva. Abbiamo avuto 400 anni di tempo per evitare la catastrofe ma non sono stati impiegati in alcun modo per realizzare infrastrutture a norma e aiutare la popolazione a difendersi da eventi catastrofici. A questo punto, se le cose stanno come viene prospettato dal prof. Alessandro Martelli, direttore del Centro ricerche “Enea” di Bologna, ci resterebbero 24 mesi per salvare il salvabile: ma l’80% dei siciliani è senza piano di emergenza e rischia di non avere scampo se davvero arriverà il “Big One”. Da parecchio tempo ormai si parla della possibilità che la Sicilia sia investita da un sisma senza precedenti e sull’argomento si è scatenato un confronto aspro, feroce è il caso di dire, tra coloro che sostengono la plausibilità del rischio e quelli che invece ritengono si tratti di allarmismo fondato oggettivamente sul nulla, cioè su nessun riscontro. Gli studiosi ipotizzano, come detto, il “Big One”, il grande terremoto che devasterebbe l’isola siciliana.

Lo stesso terremoto che pone dei fortissimi dubbi sulla sicurezza della costruzione del ponte sullo stretto. Un terremoto “secolare” in quanto è atteso dal lontano 1693 che dovrebbe superare i 7.5 gradi della scala Richter. L’incubo di un terremoto devastante minaccia lo Stretto e adesso la gente inizia ad aver paura sul serio. Non solo Martelli, ma anche altri enti e recenti studi lanciano d’altronde segnali inquietanti alla comunità scientifica italiana: i tempi sarebbero maturi per un violento terremoto tra la Sicilia e la Calabria. Sono di questo avviso l’Università di Trieste, l’Accademia russa delle Scienze e l’International Centre for Theoretical Physics. L’evento sismico, che non vogliamo nemmeno immaginare e di cui mai vorremo parlarvi, potrebbe liberare molta più energia di quella prodotta dal terremoto del 2009 a L’Aquila. Che l’Italia nella sua interezza sia un paese ad alto rischio sismico è un fatto ampiamente noto. Alcune ricerche, di cui anche una prodotta da Vladimir Kossobokov, dell’Accademia Russa delle Scienze, aprono addirittura nuovi scenari apocalittici. “Nel 2010 – ha spiegato lo scienziato – è stato individuato un periodo di maggiore probabilità, calcolato per terremoti di 7.5 Richter, in un ambito d’indagine che include la Sicilia e la Calabria, e queste informazioni sono state trasmesse ai nostri colleghi italiani”. Messe a confronto due mappe delle zone a rischio, una di qualche anno fa e un’altra più recente, ci si è resi conto di come, dallo scorso marzo 2012, il rischio nel Sud Italia pare sia aumentato. “La situazione sismica – spiega Giuliano Panza, professore di sismologia all’Università di Trieste – è in continua evoluzione”, per cui è necessario confrontare, di volta in volta, la pericolosità di massimo spostamento del suolo in caso di terremoto e i movimenti tellurici in atto. Ma in questi casi la cautela non è mai troppa. I dati di rischio non devono far supporre l’imminente arrivo di una catastrofe. “In base ai risultati ottenuti fino ad oggi, – ha spiegato lo stesso Martelli, direttore dell’Enea di Bologna – si può pensare ad un 70 per cento di attendibilità. Una previsione del tipo “un evento x avverrà nel giorno x è assolutamente impossibile al giorno d’oggi. Quello che si può prevedere, con una certa probabilità, è che un terremoto possa avvenire in un certo lasso di tempo, tipo qualche mese o un anno, in una zona molto estesa come dimensioni. Si tratta, però, di qualcosa che potrebbe anche non verificarsi”. “Qualcuno – ha detto Martelli – ci accusa di allarmismo, ma il nostro unico obiettivo è quello di aiutare la popolazione e cercare di dare un contributo per migliorare questo Paese, che rimane al momento incosciente di fronte a fatti concreti e poi piange per mesi quando arriva una catastrofe. Le istituzioni devono muoversi dalla loro inerzia in termini di Protezione Civile e va verificata una ricognizione strategica in termini di sicurezza ambientale, e fare una corretta campagna di informazione per la gente”. Il rischio sarebbe esponenziale dove sono presenti gli impianti RIR, ovvero a Rischio Incidente Rilevante. Si tratta delle zone industriali come quella della raffineria di Milazzo, nel Messinese, o a Priolo-Augusta. L’azione di un violento terremoto amplificherebbe la tragedia a causa della fuoriuscita di acidi e gas dagli stabilimenti, con la quasi certa conseguenza di disastro ambientale. “La preoccupazione è per il metano – avverte Luigi Solarino, già docente di Chimica industriale all’Università di Catania – che, essendo più leggero dell’aria, incontrerebbe le centinaia di fiaccole industriali, innescando un enorme incendio che distruggerebbe tutto”. Resta da chiedersi quando le amministrazioni si decideranno a dare il via, nelle zone a rischio, a campagne di esercitazioni con i cittadini, simulando evacuazioni ed interventi di soccorso. Bisognerebbe anche effettuare controlli a tappeto negli edifici critici, come scuole, ospedali e nei tanti depositi di elementi chimici. Non si eviterebbe di certo la catastrofe, ma la si renderebbe meno devastante di quello che potrebbe essere. I siciliani lo sanno, lo temono, che qualcosa potrebbe accadere, attendono però l’evento totalmente impreparati ed ignari di ciò che li aspetta. Non è bastato nemmeno il maremoto di Messina che ha costretto ben 3 generazioni in baracca a smuovere un piano contro le calamità. A fronte di 5 milioni di siciliani a rischio vi sarebbero appena 4 mila tende. E attenzione al pericolo trivelle in aree sismiche, come d’altronde si è già evidenziato pure in Campania nell’area dei Campi Flegrei. Molti hanno obiettato che non esistono studi scientifici che dimostrino il collegamento tra la trivellazione di alcuni territori ed i terremoti. Tuttavia esistono due studi ufficiali condotti in America che dimostrano, dati alla mano, il collegamento tra la trivellazione di alcuni territori e l’incremento di terremoti. Per questo diventa lecito chiedersi se siamo di fronte ad un allarmismo esasperato e del tutto privo di elementi concreti e schiaccianti che attestano la previsione del fenomeno sismico. O se, invece, il terremoto in Sicilia è veramente così imminente. “Gli impianti petrolchimici di Gela, Priolo-Augusta e Milazzo sono vetustie non resisterebbero a forti scosse”, affermano gli esperti, In buona sostanza c’è anche l’idea di un disastro ambientale. E i piani di emergenza dove sono? “Catastrofe prevista fra 24 mesi”. Questa l’ipotesi che fa paura. Alessandro Martelli, direttore dell’Enea di Bologna, auspica la previsione immediata di piani di emergenza a fronte della tesi secondo cui il sisma potrebbe verificarsi entro i prossimi 24 mesi. Come a dire che quel che non abbiamo fatto sinora bisognerebbe tentare di farlo nell’arco di due anni tra crisi economica ed instabilità politica. Le parole del direttore Enea di Bologna, successive al sisma in Emilia, hanno scatenato una bufera: “Ora tocca al Sud, in particolare a Sicilia e Calabria”. Ma il fatto è che anche altri studiosi affermano: “il Big One è imminente”. Già nel 1985 la Protezione Civile invitò le autorità siciliane a predisporre dei piani di emergenza per evitare la catastrofe che si sarebbe potuta abbattere nei successivi 15 anni. Ma la Sicilia anche all’epoca preferì dormire sogni tranquilli. L’Ingv (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) sinora sconfessa con decisione ogni previsione catastrofica, rilevando che “non è possibile prevedere i terremoti”. E la speranza ovviamente è che, alla fine, sulla questione del Big One e della Sicilia a rischio, sia proprio questa la sola e unica versione veritiera.

D. C.

AL CIRCOLO UNIONE, CONFERENZA SUL 320° ANNIVERSARIO DEL TERREMOTO DI AUGUSTA – di Gaetano Gulino

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terremoto 1693,terremoto augusta,circolo unione augusta,augustanews,augustaAUGUSTA – Lunedì giorno 4 febbraio, nel salone di rappresentanza del Circolo Unione di Augusta,  a qualche giorno di distanza dall’avvenuta inaugurazione, dopo i lavori  di ristrutturazione che lo hanno riportato agli antichi splendori, si è tenuta una conferenza dal titolo “ 12 gennaio 1693     ……. manca la carta….”.  Relatore il dott. Piero Castro, un attento studioso e ricercatore in campo storico, già noto ad Augusta per aver partecipato a vari eventi culturali, che ha riportato i risultati di lunghi e approfonditi studi in merito all’evento catastrofico  che colpì anche il territorio augustano il 9 e l’11 gennaio del 1693.  Varie le fonti citate: il notiziario storico di Augusta, gli archivi storici di Catania, Palermo, Simancas ed altri, gli  atti notarili dal 1693 al 1735, nonché il registro parrocchiale della Chiesa Madre dell’epoca che, per le prerogative e modalità  di archiviazione frammentaria, ha suggerito allo storico il titolo di “….manca la carta… In effetti molte morti venivano prima appuntate in pezzini di carta e successivamente riportate anche in modo non perfettamente cronologico sul registro ufficiale. Il relatore ha proiettato una serie di immagini riproducenti i documenti ufficiali di difficile lettura ma in ogni caso comprensibili  e tra questi:  – una lettera del  gennaio del 1693, rintracciata presso l’archivio generale di Simancas, con cui il Governatore di Augusta informava il Vicerè Duca di Uzeda sulle vittime e sui danni  causati dall’evento calamitoso  alle fortificazioni spagnole del “Castillo” e di “Torre  Davalos”; – un elenco di morti sia del 9 che dell’11 gennaio che furono seppelliti “nella chiesa lapidea del castello sotto titulo dell’Immaculata Concezione di Maria Sempre Vergine”; – vari elenchi di vittime, dirette o indirette del terremoto, riportate nel  registro parrocchiale della Chiesa Madre ; – altri elenchi di danni e di misure, modalità e costi di ricostruzione  riguardanti il Monastero di Santa Caterina, la Chiesa di San Lorenzo, Palazzo Omodei etc.

Il dott. Castro è passato poi alle deduzioni sui costumi, sulle abitudini e consuetudini del tempo evidenziando alcuni fatti  specifici di vita come ad esempio: – il contratto tra la Madre Badessa e il pittore Agostino Caravaglio per affrescare la Chiesa di Santa Caterina che prevedeva uno sconto  da parte dell’artista qualora gli fossero state  sistemate all’interno del monastero le proprie figlie; – le misure Canna e Palmo del sistema metrico siciliano utilizzate con estrema precisione nei vari contratti; – le controversie delle confraternite delle chiese di San Giovanni, San Lorenzo Gesù e Maria, Santo Antonio Abate ( ubicata nel luogo dove poi sorgerà il Bar Noé) considerato che il terremoto rese libere aree di loro competenza che furono destinate all’ampliamento della Piazza d’Arme; – lo scambio di denominazioni tra la chiesa di San Giovanni con quella di Gesù e Maria e di quest’ultima con quella di Sant’Antonio Abate; – i termini cornu Litterae e cornu Evangeli per indicare rispettivamente il lato destro e quello sinistro delle chiese ( Prima del Concilio Vaticano II il Vangelo veniva letto a sinistra e le Sacre Letture a destra); – la richiesta del rettore di Gesù e Maria di passaggio nei locali di San Giovanni per il numero elevato di  confrati rappresentati da ben 250 capofamiglia in una popolazione censita nel 1681 di solo 6173 unità a dimostrazione dell’importanza che avevano allora le confraternite come centri sociali, di interessi e benefici vari, di forme di assistenza etc.; – la possibilità di ricostruire quasi una pianta toponomastica del paese grazie ai dettagli strutturali e di confini descritti negli atti di riedificazione dei vari lotti o dell’acquisto o edificazione di nuovi, dai circa 15 notai ( tra cui Avolio, De Luis, Ferrara, Mangano etc.) che operarono ad Augusta dal 1693 al 1735, periodo in cui avvenne la gran parte della ricostruzione; – la descrizione delle varie categorie di mastri che, secondo le diverse specializzazioni, operarono la ricostruzione; – l’importanza del capomastro unico nel paese che aveva la responsabilità di progettare  e dirigere i lavori delle costruzioni comprese le chiese, tranne quella di Sant’Andrea che fu progettata da un frate domenicano; – i nominativi dei mastri e dei capimastri tra cui Pietro Palumbo responsabile della costruzione delle due cupolette della Chiesa Madre e di Antonino Greco. “In merito al numero dei morti” – ha affermato il relatore – “vi sono tesi molto discordanti che vanno da 1100 secondo l’ordine dei frati domenicani a circa 3600 secondo la monaca che descrisse brillantemente  l’episodio catastrofico almeno per quanto riguardò il monastero, e tutt’oggi risulta abbastanza difficile stabilire il numero esatto per le difficoltà sociali, economiche del tempo che si ripercuotevano sul lato tecnico amministrativo, tuttavia è sicuro che i superstiti ricevettero un discreto aiuto anche dalle popolazioni vicine, da alcuni benestanti, dal gran Maestro dell’Ordine dei Cavalieri di Malta e  da Giuseppe Lanza, Duca di Camastra. Questi ebbe infatti dal viceré Uzeda la nomina a vicario generale per il Val Demone e, successivamente, per il Val di Noto, al fine di fronteggiare la drammatica situazione del momento e di programmare la ricostruzione a cui contribuì in maniera determinante grazie alle esperienze acquisite nel campo dell’urbanistica e alla collaborazione dell’ingegnere militare Carlo de Grunenbergh. Tuttavia, considerato che Augusta era una città demaniale, il maggior contributo fu dirottato dalle autorità spagnole alla ricostruzione delle fortificazioni militari”. Il dott. Castro ha concluso infine esortando in particolare i giovani ad amare la storia, a raccogliere quanta più documentazione possibile per metterla a disposizione della città in quanto, anche se a parer suo, “la storia non è  precisamente – magistra vitae -, tuttavia è fondamentale per farci capire molto del futuro in un cammino che ci deve trovare sempre più preparati e maturi.  Pare invece che la città abbia dimenticato questo episodio e persino la Chiesa che puntualmente con solennità lo commemorava in vari momenti liturgici come il Te Deum, Il Signore Esposto e con  il tradizionale suono delle campane a morto”. Al numeroso pubblico letteralmente incantato della qualità e quantità di informazioni storiche, la dott.ssa Gaetana Bruno, Presidente del Circolo Unione, ha promesso in futuro un ulteriore incontro auspicando in particolare la partecipazione anche dei giovani, considerati  principali  beneficiari di tali messaggi culturali.      

         Gaetano Gulino