AUGUSTA, DON MATTEO ANTICIPÒ PAPA FRANCESCO

Ricordati gli insegnamenti di p. Pino a un anno dalla morte

padre Pino nel 6o°AUGUSTA. A un anno di distanza dalla morte di don Matteo Pino, già arciprete della Chiesa Madre di Augusta, appare doveroso ricordarne la figura di parroco, di pastore, non tanto per fare una sterile apologia della sua persona, quanto per ricordarne il modello di vita cristiana da emulare. Abbiamo già avuto modo, in altre occasioni, di parlare della storia della sua vita, costellata di lutti, sacrifici, sofferenze, ma anche di tanti risultati e apporti alla comunità cristiana quali l’istituzione in Chiesa Madre della “Conferenza della S. Vincenzo dei Paoli”, della “Caritas”, del Movimento dei focolarini, dell’acquisto di un vecchio immobile, diventato il centro parrocchiale “Agape”, etc.. Oggi pare più opportuno ricordare la persona di don Matteo come uomo. “Vi assicuro che ho fatto veramente poco, pochissimo in relazione a quello che avrei potuto o voluto fare”. Queste, alcune delle sue ultime parole, per lasciare ai suoi fedeli,  parrocchiani, considerati più che famigliari, un messaggio di amore, di servizio. Da buon focolarino amava spesso dire il motto di Chiara Lubich “Dare, dare, dare sempre. Non appoggiarsi a nessuno. Il sacerdote è un sacro, separato che aiuta tutti, ma per sé chiede solo a Dio”. Grazie alle sue doti di bontà, di paterna accoglienza, di massima disponibilità, di semplicità, di profonda umiltà, di amore verso Dio, la Chiesa e il prossimo, si  guadagnò la stima, la simpatia, la fiducia e l’affetto del popolo, soprattutto di quella fascia che, impropriamente, l’attuale società consumistica e produttivistica considera elemento di scarto e che viceversa viene elogiata e valorizzata da Papa Francesco. Don Pino prestava infatti una particolare  attenzione per i deboli, i bisognosi, i sofferenti, le persone anziane, i cosiddetti fragili. Spesso offriva denaro agli indigenti che non potevano pagare le varie bollette di luce, gas o non avevano di che mangiare, ed effettuava delle visite ai malati,  ai moribondi (non potrò mai dimenticare le visite fatte a mia madre sul letto di morte. In tal senso, in effetti, in Padre Pino ognuno ha riconosciuto la continuità di affetto dei vari cari defunti, uno strumento di unione che nel tempo, per diverse generazioni, ha rappresentato un vero amico e un vero prete). Molti gli insegnamenti lasciatoci da padre Pino: essere abbastanza sereni, semplici schietti, sempre disponibili e pronti all’aiuto e all’amore reciproco; instaurare sia all’interno della chiesa che nella vita sociale di ogni giorno dei rapporti di fratellanza, consci di essere figli diversi ma tutti di un unico Padre (negli incontri periodici, in particolare dei focolarini,  che allora avvenivano nella sacrestia, gradiva che gli intervenuti raccontassero dei reali episodi di vita quali validi esempi di testimonianza di servizio cristiano); trovare il tempo per il silenzio, la meditazione l’ascolto della parola di Dio (don Pino trascorreva parecchio tempo, in silenzio a meditare inginocchiato davanti al Santissimo Sacramento conservato nella cappella laterale); valorizzare sia i momenti di liturgia che di catechesi e di preghiera sia singola che comunitaria; recarsi a ricevere l’Eucarestia in fila per due in segno di unione e di condivisione del percorso terreno in nome di Gesù Cristo  e del versetto Mt 18, 20Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sarò con loro”. Molti altri sono stati gli insegnamenti ereditati da don Pino, ma bisogna ricercarli nell’ombra, lontano dai clamori e dalle varie attività che  oggi si compiono per soddisfare dei protocolli o delle formalità che esaltano l’esteriorità, l’autoreferenzialità, le mode di una società vuota di contenuti e che rischia di perdere molti dei vecchi ma autentici valori etico-morali.

         Gaetano Gulino