Tutte in finale le squadre di Pallavolo del Liceo “Mègara”

volley.jpgAUGUSTA. Ottimi risultati sono stati ottenuti dalle rappresentative di Istituto di Pallavolo maschile e femminile che, per la prima volta, hanno centrato entrambe l’obiettivo della finale provinciale dei Giochi Sportivi Studenteschi. I protagonisti di questa memorabile impresa sono: Mirko Romeo (IV C Liceo Scientifico),  Giuseppe Sirone (III A Liceo Scientifico), Sebastiano De Cristofaro (II A r Liceo Classico), Samuele Marsano, Filippo Gallucci e Luca Passanisi (I C Liceo Scientifico), Vito Pantaleo (III A Liceo Socio-Psico-Pedagogico), Simone Daniele e Roberto Lombardo (III E Liceo Scientifico); Martina Consoli, Nadia Gianino, Giorgia Patania e Maria Cristina Tringali (III C Liceo Scientifico),Giorgia Fiorenza (III A Liceo Scientifico), Roberta Cannavà e Maria Stupia (I B Liceo Classico), Miriana Di Mare e Emanuela Verdibello (IIA Liceo Scienze Umane). La squadra maschile, nel girone di qualificazione,  ha battuto l’ITIS di Augusta per 3 set a 0, sia nella partita di andata che si è disputata il 19 gennaio 2012 ( 1° set 25-18; 2° set 25-22; 3°set 25-19) che in quella di ritorno del 30 gennaio 2012 (1° set 25-20; 2° set 25-20; 3° set 25-22). I veterani Mirko Romeo, nel ruolo di schiacciatore, e Giuseppe Sirone, nel ruolo di alzatore, hanno saputo guidare i più giovani e meno esperti verso la vittoria e la qualificazione per la semifinale. Il 23 febbraio 2012 a Lentini, presso la palestra del Polivalente, si è disputato il triangolare con il Liceo Scientifico “Vittorini” di Lentini e l’Istituto Tecnico “Juvara” di Siracusa. Il primo incontro con il Liceo Scientifico “Vittorini” è stato abbastanza sofferto, soprattutto nel 2° set ma, decisivo per la qualificazione alla finale. Grazie ad una buona prova di carattere della squadra, il nostro Istituto si è imposto per 3 set a 0 ( 1° set 25-18; 2° set 25-21; 3°set 15-11). Con l’Istituto Tecnico “ Juvara”, invece, la partita è stato vinta a tavolino per 3 set a 0 poiché la squadra non si è presentata. La squadra femminile , invece, è stata inserita in un girone di qualificazione assieme al 2° Istituto Superiore “Ruiz” di Augusta e al Liceo Scientifico di Canicattini Bagni. Il 26 gennaio 2012 ad Augusta si è disputato il triangolare di andata  nel quale il nostro Istituto ha battuto sia la squadra del  “Ruiz” per 3 set a 0 (1°set 25-19; 2°set 25-6; 3°set 25-23) sia quella del Canicattini Bagni sempre a punteggio pieno (1° set 25-6; 2° set 25-8;3°set 25-18). Nel triangolare di ritorno, che si è  disputato a Canicattini Bagni il 3 febbraio 2012, le pallavoliste del “Mègara” hanno riconfermato la loro superiorità tecnica imponendosi a punteggio pieno sia contro la formazione locale (1° set 25-13; 2° set 25-6) sia contro la squadra augustana del “Ruiz” (1° set 25-9;2°set 25-23). Ciò ha permesso alla nostra rappresentativa di partecipare a Lentini, il 24 febbraio 2012, al triangolare di semifinale assieme al Liceo Scientifico “Vittorini” di Lentini e al Liceo Polivalente “Quintiliano” di Siracusa.  La prima partita contro la formazione locale è stata vinta agevolmente dalle nostre alunne per 3 set a 0  (1°set 25-4; 2°set 25-8; 3°set 15-11). La squadra siracusana ha invece disputato il secondo incontro imponendosi a punteggio pieno contro la formazione lentinese. A questo punto in una situazione di parità, decisivo per la conquista del posto in finale, è stato il terzo incontro tra la nostra rappresentativa e quella del Liceo Polivalente”Quintiliano” di Siracusa. La nostra squadra ben concentrata e determinata in campo, trascinata dalle ottime prestazioni sia degli schiacciatori che dell’alzatore, ha disputato una brillante partita non concedendo nulla alle avversarie e imponendosi per 2 set a 0 ( !° set 25-18; 2° set 25-21).  La finale del Torneo Provinciale si disputerà ad Augusta presso il Palazzetto dello Sport  di Brucoli il 13 marzo 2012; le ragazze sfideranno il Liceo Scientifico “Einaudi” di Siracusa, mentre i ragazzi dovranno affrontare il Liceo “Majorana” di  Avola. Occorrerà da parte di ogni singolo componente delle squadre il massimo impegno poiché, nelle prossime partite, incontreremo formazioni tecnicamente e tatticamente preparate .

  Maria Rosa Masotti

LA DONNA, VITTIMA E CARNEFICE DELLO SVILUPPO INDUSTRIALE

Neoanacronismi d’autore a fimminina

 

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Il mito della donna resistente resiste da più di sessant’anni, in Italia, collegandosi al più vasto fenomeno della Resistenza partigiana. Negli anni Settanta il mito ha avuto un notevole rinforzo ancorandosi a movimenti oltranzisti di protesta emancipativa femminile, ancora una volta connettibili ai movimenti di più ampia diffusione politica, spesso devianti – o anche deviati ad arte – verso forme di protesta eversiva, finanche terroristica.  Fra queste due svolte epocali, in cui come detto la situazione-donna si innestava in canali di più ampia manifestazione di disagio sociale e speranza di liberazione di tipologia più meramente intersessista – anzi, per certi aspetti, cavalcandone gli sviluppi storici – e diffusamente “umana”, gli anni Cinquanta e Sessanta, prima, gli anni Ottanta, Novanta e i primi scampoli del Duemila, poi, ne hanno in qualche modo attenuato solo apparentemente la forza. Probabilmente, invece, sono stati proprio questi anni di apparente o forse provato disimpegno che hanno fortificato l’istanza femminile a un movimento che prescindesse da una protesta strutturata generalmente come una sorta di dogmaticità, convertendola a più linee comportamentali e concettuali manifestanti un proposito liberatorio a tutto campo e non solo politico.

Per certi aspetti sembra che gli anni dell’immediato dopoguerra abbiano visto funzionalizzarsi un essere umano, specie nella dimensione italiana e più in generale di quei paesi usciti con le ossa rotte dal conflitto mondiale, in particolare un essere donna che sapesse attivamente contribuire alla ricostruzione sociale e politica dei paesi in questione, attingendo fondamentalmente alla propria femminilità a tutto campo. Ferma restando una notevole dose di tragica autoironia – il cui modello è ben ravvisabile nell’Anna Magnani di “Roma città aperta” ma anche, per rimanere nella dimensione cinematografica neorealistica e postneorealistica italiana, nelle donne, anzi nelle “femmine”, di Fellini o Lattuada o nella Mangano di “Riso amaro” di Giuseppe De Santis, come nelle prime versioni della donna concettuale emergente dalle pellicole esordienti di Michelangelo Antonioni, in particolare nei ritratti di Monica Vitti e Lucia Bosé, con l’Alida Valli strepitosa interprete del viscontiano “Senso” a fare da tragicomico trait d’union -, che fosse tragica, tragicomica, o già comicamente anticipatrice dello straripante riproporsi comico della stessa Vitti dei primi anni Settanta e della Melato degli stessi anni, la donna riusciva a perdere in quegli anni lo stereotipo della sensualità fine a sé stessa, cui l’aveva sottoposta la commedia classica prebellica, per riproporre una sensualità più complessa, matura, ironica e non iconica.  Compresi i paralleli tentativi di reimposizione degli stilemi classici, ormai volgarizzati, che riconducevano il ruolo della donna a quello della “femmina”, ma senza il senso di straniamento di cui s’è tentato di dire finora, del cinema e di tutta una sottocultura di genere dei medesimi anni della lotta femminista.  Questi tentativi di subordinazione sembravano non essere altro che la conferma, come per contraltare, di quanto appunto affermato. Sono proprio questi gli anni in cui la donna, come dimostra il manifesto dell’evento “a’ fimminina”, svoltosi a Lentini (“Villa Gorgia”), l’8 settembre 2010 grazie all’ideazione e all’ottimo sviluppo di un progetto dell’Associazione “Talè”, afferma la propria avvenuta femminilizzazione, cavalcando l’onda liberatoria del cosiddetto “boom” economico e riuscendo a essere a un tempo vittima e carnefice dello sviluppo industriale.  La donna e l’uomo, maturando nuovi gusti estetici e latamente etici, rimanevano comunque confinati dentro i rispettivi ruoli, ma ne venivano nello stesso tempo allontanati per mescolarsi in un comune senso di sessualità miscelata. La donna e l’uomo cominciavano a invertire i propri ruoli, pur rimanendo ancorati rigidamente a convenzioni preindustrializzate. La donna va, sì, sulla vespa, ma non la cavalca come l’uomo, bensì  a fimminina, molto simile all’andare a dorso di mulo della donna prebellica e prenovecentesca.  La donna e l’uomo svolgevano le stesse funzioni, seppure in maniera esteticamente, e, di conseguenza, latamente etica, differente. Per gli anni successivi alla deriva femminista degli anni Settanta, confinante con i cosiddetti “anni di piombo”, i ruoli divergenti del femminile e del maschile tendevano a ricomporsi senza però, spesso, riconoscersi reciprocamente. L’evento in programma ha teso a dissimulare la carica eversiva dei movimenti postfemministi più oltranzisti, ormai decisamente demodé, per riaffermare un ironico essere donna come essere umano a tutto tondo e prescindente da forzate e anacronistiche differenziazioni.  La donna è differente dall’uomo, ma soprattutto ogni donna è differente dall’altra e dalla sé stessa di un attimo prima. Una certa ironia sta dietro a questa modalità d’uso dell’essere donna, che poi è un essere femmina, anzi per dirla in modo nostrano “fimmina”.

Quello che si cela dietro gli interventi, parlati, musicati, recitati e visivamente rappresentati, è un non-ruolo femminile, in quanto eversivo o sottomesso, e in questo non avere il ruolo la donna, le singole donne, varie e varianti la propria oggettiva e libera partecipazione a ogni tipo di sviluppo e, perché no, anche a volte di regresso, sia anche soggettivamente implicata a essere partecipe di un proprio destino neoumanistico, riscoprendo in ciò anche il proprio onore di essere “cacciatrice d’uomini”, nel duplice senso di dare la caccia e cacciare dai ruoli noiosamente stereotipati l’altera pars dell’umanità.

   Francesco D’ Isa