AUGUSTA/INIZIA “L’ERA” PRISUTTO IN CHIESA MADRE

Insediamento PRISUTTO2AUGUSTA. Dalle ore 21°° di giovedì 28 novembre l’augustano Palmiro Prisutto, dopo circa vent’anni di servizio a Brùcoli, quale parroco dell’unica parrocchia dedicata a San Nicola di Bari, è ufficialmente il nuovo parroco della Chiesa  Madre di Augusta e, di conseguenza, arciprete. Succede al 74enne  Gaetano Incardona, originario di Buccheri, attualmente sub iudice. Poco dopo gli arresti di Incardona, ai domiciliari per via dell’età, l’arcivescovo Pappalardo aveva nominato un amministratore straordinario e solo dopo qualche mese ha scelto Prisutto quale nuovo parroco. Incardona era succeduto a don Matteo Pino, nativo di Francofonte, parroco della Chiesa Madre per un trentennio, mentre Incardona lo è stato per sei anni. Don Matteo era presente alla cerimonia solenne del 28 novembre. Incardona non poteva esserlo  perché  dalla magistratura aretusea è stato colpito dal divieto di mettere piede sul territorio del Comune di Augusta. Palmiro Prisutto è ufficialmente parroco  dalle 21 del 28 perché a quell’ora ha firmato il decreto di accettazione dell’incarico, letto solennemente e coram populo, poco dopo l’inizio della lunga cerimonia d’insediamento, avviatasi puntualmente alle 19°°, com’era previsto, anche se  tutte le confraternite cittadine sono state invitate a presentarsi alle 18,30. La cerimonia è durata due ore, con canti diretti da Anna Saia. Alla fine il nuovo parroco ha ringraziato il vescovo Pappalardo affermando: “I titoli sono una cosa, la realtà un’altra. Non mi metterò certo a controllare l’operato dei miei confratelli, con cui cercherò di condividere le responsabilità”.

Giorgio Càsole

AUGUSTANI IN CAMMINO PER SANTIAGO DE COMPOSTELA:LA TESTIMONIANZA DI UN PELLEGRINO

 Il Cammino di Santiago di Compostela è il lungo percorso che i pellegrini fin dal Medioevo intraprendono, attraverso la Francia e la Spagna, per giungere al santuario di Santiago di Compostela, presso cui sarebbe sepolto l’apostolo Giacomo. L ‘itinerario è  stato dichiarato dall’UNESCO Patrimonio dell’umanità.

 

santiago_home.jpgA distanza di anni, la mia fede si era assopita, mi sentivo ogni giorno sempre più solo, come se fossi stato abbandonato dal Signore. Succede però, per puro caso, nel vedere un documentario sul cammino per Santiago de Compostela, di avvertire una spinta, una voce interiore e il desiderio di agire, di mettermi in movimento. Ne parlai subito con l’amico che aveva assistito con me alla proiezione, e fu così che il 12 luglio scorso, alle 8 di mattina ci ritrovammo assieme nella realtà di quei luoghi che avevamo visto prima nel film, alla porta di San Pedro, presso la città di Lugo per iniziare il nostro cammino verso Santiago, ovvero 150 chilometri di percorso effettuato con 12 chili di zaino sulle spalle. Il terzo giorno è stato il più difficile: saliti a quota 1400 metri dal livello del mare, tra la fitta nebbia e l’umidità al 100%, tra gli infiniti sentieri boschivi, sentivamo la brina sulla pelle. Eppure, dopo avere superato ogni stanchezza del giorno, ogni mattina mi sentivo sempre più fortificato, e credo che questa sensazione era diffusa anche tra i giovani che si erano organizzati per effettuare un cammino completo, di 840 chilometri, dopo avere attraversato persino le alpi. Quando li incontravi ti salutavano “buon cammino”, a passo veloce, con un entusiasmo che ti coinvolgeva e che, allo stesso tempo, ti ricaricava.  In cammino per Santiago, non so per quale santa ragione, quando incontravo i pellegrini pensavo alla mia vita vissuta da giovane,  i miei sbagli, le mie conquiste, le delusioni.  Nello stesso terzo giorno abbiamo conosciuto una ragazza giapponese; lei stava camminando da 30 giorni e ci comunicò a gesti, parlando un po’ in lingua spagnola e un po’ in lingua inglese, che nell’ attraversare i Pirenei era caduta, procurandosi delle brutte ferite alle  ginocchia che non tardò a mostrarci.  Rimase in nostra compagnia fino alla sera finché, dopo cena, ci chiese se poteva continuare ancora un po’ il cammino con noi. Fummo contenti di acconsentire e proseguire assieme. Stranamente, strada facendo, il percorso ci sembrava meno difficoltoso e ci sentivamo meno affaticati, mentre con l’avvicinarsi della meta pensavo cosa avrei potuto chiedere davanti la tomba di San Giacomo.

 Chiedere all’amico di Gesù l’ intercessione per il perdono dei miei errori? La risposta l’ebbi il penultimo giorno di cammino, quando raggiungemmo un paesino nel giorno della festa del CARMELO. Siamo entrati di pomeriggio in una chiesa: era proprio la chiesa del CARMELO e mentre partecipavamo alla messa, il prete italiano che la presenziava, durante l’omelia ci chiese le motivazioni del nostro cammino a Santiago. Disse: “sapete perché vi faccio questa domanda? Perché molte persone mi hanno risposto di essere venuti a Santiago dopo essersi lasciati con la moglie o con la fidanzata….”. Personalmente risposi mentendo di essere stato ispirato dalla lettura di un libro. Dopo averci ascoltato, il prete replicò duramente: “cari fratelli, a Santiago si viene per pregare sulla tomba di San Giacomo, per chiedergli di migliorare la parte più negativa di noi e quindi, durante il cammino bisogna stare in raccoglimento e in preghiera”.  Quelle parole risuonarono nella mia testa come una tromba, una risposta al mio quesito di partenza, tanto che nell’ultimo tratto del mio pellegrinare intensificai la meditazione, chiedendo altresì perdono al Signore per tutte le persone a cui io avevo fatto del male e per tutti coloro da cui ne avevo ricevuto. Ho pregato anche per tutti i non credenti che stavano in cammino in veste di turisti, affinché il Signore li illuminasse, guidandoli nella via della conversione. Mi resi conto dopo come quelle  riflessioni mi avevano effettivamente preparato per presentarmi davanti alla tomba di San Giacomo. Un altro momento forte è stato quando abbiamo ritirato la Compostela; infatti, prima di iniziare il cammino avevamo ricevuto in consegna la CREDENCIAL DEL PELLEGRINO, un cartoncino diviso in diverse parti, al fine di apporre un timbro indicante le tappe del viaggio. Arrivati a Santiago abbiamo consegnato le credenziali nell’apposito ufficio preposto alla verifica del percorso, per ricevere la COMPOSTELA, un documento scritto in latino col proprio nome che certificava il proprio personale cammino. Tante persone, dopo aver ricevuto quel documento hanno pianto a dirotto, altre si sono inginocchiate, altre ancora la reggevano in mano come una preziosa reliquia. Di seguito, partecipando alla messa dentro la cattedrale di Santiago, nel momento della benedizione fu acceso un’ enorme incensiere, chiamato BOTAFUMEIRO, dal peso di  65Kg il quale, tirato a forza con delle corde, improvvisamente iniziava a oscillare vertiginosamente alto, benedicendo tutti i fedeli sparsi per tutta la navata. L’ultima interessante tappa è stata FILISTERRE, dove siamo andati per gettare tradizionalmente in mare un sasso portato da casa, bruciare un indumento indossato nel cammino, e fare il bagno di purificazione. Quando dovevo lanciare la pietra nell’oceano ho chiamato a telefono mia moglie, che in quel momento si trovava ad Augusta con un gruppo di amici, per condividere telefonicamente con tutti loro quell’indimenticabile evento, per volere annunciare a tutti il gettito in mare della durezza del mio cuore. 

  G.G.

 

AUGUSTANI IN CAMMINO PER SANTIAGO DI COMPOSTELA

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AUGUSTA – Il cammino di Santiago è un pellegrinaggio spirituale di grande intensità e suggestione, scelto da giovani e adulti desiderosi di vivere un’esperienza, che abbina la dimensione della ricerca interiore a un rapporto profondo e diretto con la natura. Quest’anno dalla nostra città partiranno alcuni temerari pellegrini, desiderosi di ripercorrere questo lungo estenuante cammino che li porterà alla Cattedrale di Compostela e di seguito a Finisterre. Essi sono: Giuseppe GALOFARO, dipendente Esso, sposato, due figli; Carmelo GILIBERTO, dipendente Isab Energy, sposato, una figlia; Domenico MOSCHITTO, celibe, insegnante ITIS; Francesco SPINALI, celibe, figlio del nostro socio Giovanni, lavora e vive in Norvegia; Giovanni SPINALI, sposato, da poco pensionato,  ha lavorato nella zona industriale, un figlio; Salvatore TRAINA,  pensionato,  ha lavorato nella zona industriale, due figli. Il percorso si svolge il 9 Luglio, giorno della partenza, al 23 Luglio, giorno del rientro. Da Catania, in aereo, andranno a Barcellona. Da Barcellona, in macchina, si fermeranno a Pamplona, a vedere la corsa dei tori, tradizione particolare  di questa città.  Da Pamplona si sposteranno a Lugo, a prendere la Credenziale (foto), un libretto che verrà timbrato ogni volta che raggiungeranno una tappa ed inoltre sarà il loro lasciapassare come pellegrini. Da Lugo a Santiago di Compostela, faranno circa sette tappe; le prime due  saranno a contatto con la natura e col silenzio; a seguire incontreranno i primi villaggi. Le prime cittadine saranno: Melide, Pala de Rey e Porto Marin. Arrivati a Santiago, nella cattedrale, assisteranno al “Botafumeiro“ l’espansione dell’incenso da un grande incensiere, che dalla navata centrale purificherà lo spirito e il fisico di tutti i pellegrini presenti. Un altro giorno emozionante ed importante sarà a Finisterre, considerato il limite conosciuto della Terra, fino al Medio Evo;  lì  bruceranno un loro indumento come segno di rinascita e di nuova vita; infine tireranno un sasso verso  la costa dell’oceano Atlantico, che avranno portato da casa,  esprimendo un loro desiderio.

RIFLESSIONI  DEI PARTECIPANTI:

Giuseppe Galofaro : ”Vent’anni fa ho frequentato  un corso nei Cursillos e la mia vita è cambiata completamente in positivo; da quasi ateo sono diventato cristiano, apprezzando il valore della vita, fino a sentire costantemente la presenza di Dio accanto me. In televisione, per caso, ho visto un filmato sul “Cammino di Santiago“, sono rimasto affascinato e toccato nell’animo; confidai ad un amico che un giorno avrei voluto fare quell’esperienza per sentirmi di nuovo vivo…….Quel giorno sta arrivando!” – Carmelo Giliberto:  “Io sto partendo da turista, con lo spirito d’avventura, entusiasta di vivere il contatto con la natura, in compagnia  di questo gruppo, molto unito.  Per il momento non ho altro da aggiungere…..” – Domenico Moschitto : ”Il desiderio di andare in pellegrinaggio l’ho sempre avuto e quando di mi è stato chiesto di partecipare al Cammino di Santiago, l’idea mi ha allettato; l’ho sentito come viaggio d’interiorità, come  benessere del proprio animo. Prima del Cammino, andremo a Pamplona a vedere la corsa dei tori ed il lato folkloristico mi  ha attirato ancora di più. Avverse condizioni, forse, m’impediranno a partecipare;  sappiate che comunque sarete nei miei pensieri.” – Francesco Spinali:  “Nell’ eseguire questa tappa del cammino desidero esprimere  e manifestare a me stesso tutto l’entusiasmo e l’impegno verso sempre più alti ed impegnativi obiettivi della mia vita…” – Giovanni Spinali: “Il Cammino, quest’anno, è per me la seconda esperienza; ricordo che lo scorso anno partii da turista e tornai pellegrino. La motivazione di quell’esperienza fu mio figlio; egli lavorava fuori e si trovava in difficoltà in una città straniera. Volevo dimostrargli che le difficoltà nella vita si dovevano superare con forza e coraggio, senza abbattersi, che la vita è un susseguirsi di alti e bassi e con la forza d’animo doveva sempre superare tutte le avversità. Quest’anno il viaggio lo affronteremo insieme, quindi, naturalmente, parto con una marcia in più, cercando di realizzare degli obiettivi spiritualmente superiori. Nel percorso dell’anno scorso ho trovato la spiritualità nel silenzio e nella contemplazione della natura.” – Salvatore Traina:  “Io sono mentalmente caricato ed ansioso per la gioia  nell’ intraprendere questo Cammino; sto partendo con il cuore pieno di Fede ed offro questo viaggio come ringraziamento al Signore per la vita che mi ha donato, per la famiglia ed il lavoro.  Sarà un viaggio di fatica, ma soprattutto di preghiera…., e Lui sarà la nostra Guida.”

Il cammino di Santiago è un percorso che si svolge in tante tappe, dai Pirenei a Santiago di Compostela, fino a Finisterre, nel Nord della Spagna, “fuori dal mondo”, o meglio fuori dai normali ritmi della vita quotidiana. Il Cammino, affonda le sue radici nel Medio Evo ed è legato al culto delle reliquie di San Giacomo,  che ha liberato l’Europa cristiana dall’invasione musulmana. Per lungo tempo fu praticato dai fedeli quale segno di devozione; con il passare del tempo si ridusse considerevolmente. Un incremento a questo cammino lo diede per primo lo scrittore Paolo Coelho, nel 1987, con la pubblicazione del suo libro “Il cammino di Santiago”, mettendo i lettori a conoscenza di questo cammino spirituale e della vita dell’apostolo Giacomo. Successivamente, un ulteriore incremento al cammino si ebbe con la visita di papa Giovanni Paolo II, a Santiago nell’anno 1989, in concomitanza con l’incontro mondiale della gioventù dove mezzo milioni di giovani convennero a Santiago da ogni parte del mondo, registrando la maggior concentrazione di pellegrini. Da allora il flusso dei pellegrini è aumentato progressivamente e in modo inarrestabile. Il 25 luglio ricorre la festa di San Giacomo. Quando questa giornata ricorre di domenica, l’anno relativo viene dichiarato Anno Santo Compostellano o anno Jacobeo. Santiago è il nome o meglio la contrazione di San Giacomo, uno dei 12 apostoli. Dopo la resurrezione di Cristo per molti anni, San Giacomo girò la penisola iberica per compiere l’opera di evangelizzazione. Tornato in Palestina fu fatto decapitare dal re Erode Agrippa, che temeva che l’apostolo acquisisse un eccessivo potere; i suoi discepoli Attanasio e Teodoro ne raccolsero il corpo e lo trasportarono segretamente con una nave di pietra, nei luoghi della predicazione. Sbarcati nei pressi di Finisterre si addentrarono in Galicia e gli diedero sepoltura. Nei secoli successivi si perse traccia del sepolcro. Nell’anno 813 l’eremita Pelayo vide, per molti giorni successivi, una pioggia di stelle cadere sopra un colle, prendendo il nome di Compostela, campo della stella. Una notte gli apparve in sogno San Giacomo che gli svelò che il luogo delle luci indicava la sua tomba. L’abate rimosse la terra che nei secoli si era depositata e scoprì il sepolcro. Ne diede notizia al Vescovo locale Teodomiro che confermò la veridicità dell ’accaduto. La notizia giunse presto al papa, all’imperatore del Sacro Romano Impero Carlo Magno ed ai principali sovrani cattolici dell ’epoca. Di qui ebbe iniziò il culto di Santiago. Un percorso indubbiamente faticoso che “costringe” a ricercare nella solitudine il contatto con se stessi, cercando di superare gli ostacoli dei luoghi e metaforicamente per similitudine, con gli ostacoli che si frappongono nella vita di ognuno, insomma è vincere le avversità, nel senso più completo del termine, ma nello stesso tempo è anche un percorso nella storia e nell’arte dell’Europa: strade romane, ponti medievali, cattedrali gotiche, borghi fortificati, castelli, eremi, città bellissime e straordinarie. Personalmente credo che questo “faticoso cammino” si può percorre scegliendo due strade; la prima quella di chi ha nello zaino la fede, grazie alla quale si riuscirà a superare gli ostacoli e nel contempo scrutare il proprio animo, capendo quanto sia importante con la fede avere l’aiuto divino, per superare fatiche e barriere, semplicemente facendo leva sul fisico e sull’anima. L’altra strada è quella della “curiosità suggestiva”, molto diversa dalla prima, dove chi percorre questo cammino assapora la novità di essere in un posto straordinario, dove la meta rappresenta solo un fattore agonistico. La prima strada ti segna profondamente, lasciandoti una grande maturità spirituale; la seconda, anche per chi non è credente può comunque vivere il percorso con una spiritualità diversa, verso la natura che lo circonda o come orgoglio personale nell’aver affrontato tanta fatica; io credo che siano solo pochi, a tornare senza aver sentito la presenza di Dio. Cosa serve portare ai pellegrini in questo inusuale viaggio:  una forte motivazione spirituale per portare a termine questo faticoso cammino; tanta umanità, fratellanza con i propri compagni di viaggio e un grande spirito di adattamento; 16mg di gocce di rugiada, da assumere nel Cammino, prima e dopo ogni respiro, per sostenere la fatica con gioia e spiritualità; comprendere le ragioni dell’altro prima delle tue; non lasciare che una piccola discussione ferisca una grande amicizia; se credi in Dio, chiudi sempre a chiave i tuoi averi; se quando raggiungi una meta fortemente agognata, la tua anima non canta e le lacrime non sgorgano dagli occhi, forse essa non è ciò che il tuo cuore sta cercando; volgi altrove i tuoi passi e chiedi al tuo silenzio di risponderti. Per concludere, credo che questo straordinario “cammino”,  sia una possibilità che ognuno di noi dovrebbe avere nella vita, e cioè quella di poter meditare, senza l’influenza di chi può contaminare il proprio animo, nella speranza di rigenerarsi nello spirito. Questo sarebbe il miracolo.

   Carmela Bonfiglio

AUGUSTA / LA TRADIZIONALE FESTA DI SAN GIUSEPPE, IN ARSENALE – di Giuseppe Tringali

 

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AUGUSTA – Il Direttore dell’ Arsenale Militare Marittimo di Augusta, l’ ammiraglio Giuseppe Abbamonte, nel porre le sue attenzioni alle tradizioni popolari cittadine, in particolare al culto di San Giuseppe, ha voluto ieri conoscere personalmente i diretti discendenti del defunto dipendente Carmelo Spirio, ovvero il figlio Giuseppe e l’omonimo nipote, il fabbro che nel 1951 ebbe l’idea di fare costruire dentro lo stabilimento un’ edicola votiva dedicata al Santo, proprio davanti l’officina dove egli stesso prestava servizio. In quell’anno, con il consenso dell’ amministrazione militare, Spirio riuscì a realizzare, assieme al suo reparto, la prima festa di San Giuseppe dell’ Arsenale, probabilmente ignaro di avere dato inizio a una vera tradizione. Nel libro “Il culto di San Giuseppe, di  G. Carrabino e A. Patania, si legge: “da quel momento la festa venne organizzata a turno dai vari reparti dell’ Arsenale militare. Al mattino veniva portato in processione un piccolo simulacro di San Giuseppe, poi veniva celebrata la messa a cui partecipavano tutti i lavoratori con le rispettive famiglie, le autorità civili e militari e le orfanelle dell’ Istituto Parisi-Zuppello Santangelo”.    

In Sicilia la religiosa festa di San Giuseppe è molto sentita, e gli appuntamenti dedicati alle tradizioni popolari, per questa ricorrenza sono diffusi in tutta l’ isola. Ad Augusta, in particolare, la festa dedicata al Santo, oltre ad essere legata storicamente a un’antica confraternita, il cui primo atto costitutivo risalirebbe al 1829, viene celebrata successivamente pure nello stabilimento dell’ Arsenale Militare; una devozione nata tra le vecchie officine, per volontà delle maestranze operaie. Il destino, purtroppo, ha voluto che col passare degli anni alcuni mestieri venissero superati dai tempi e dai moderni processi produttivi, inevitabile causa di chiusura di questi luoghi che hanno dato origine al culto nella tradizione, come la vecchia officina fabbri, situata proprio di fronte l’ edicola votiva realizzata dal fabbro Carmelo Spirio coi mattoni rossi pressati di Sicilia, e le officine fonderia, falegnameria e carpentieri in legno, che da lì a poca distanza si trovavano dislocate. Ma la festa è rimasta nella tradizione, anche se nell’ evoluzione dei tempi la statua raffigurante il Santo è stata sostituita più volte: l’originale, infatti, è un piccolo simulacro in gesso che viene conservato dentro la vecchia nicchia; la seconda statua, più grande della precedente, la si può trovare all’ingresso della nuova palazzina direzionale, inaugurata lo scorso anno 2012 proprio in occasione della stessa festa; l’attuale simulacro, invece, quello grande raffigurante il Santo in compagnia del fanciullo Gesù, a due passi dalla nicchia del 1951, viene conservata all’ interno di un altro locale, più ampio, dentro le mura di cinta del castello di Federico II, quelle fatte costruire dagli spagnoli durante la loro dominazione e che lungo quel percorso  interno all’ Arsenale, non a caso denominato viale San Giuseppe, si ergono dritte e imponenti nell’usura del tempo. Ancora oggi, il 19 marzo il simulacro viene portato in processione nei reparti dello stabilimento, mentre durante la festa del patrono di Augusta, lo vediamo sfilare in processione appresso la “vara” di San Domenico, assieme agli altri simulacri, ognuno in rappresentanza della rispettiva confraternita.

Giuseppe Tringali  –   nella foto, da sin.: l’ Amm. G. Abbamonte, G. Spirio, C. Spirio 

 

Mons Pasquale Amenta, nuovo arciprete di Augusta

chiesa madre.jpgAUGUSTA. Il vescovo di Siracusa, Salvatore Pappalardo, ha in animo di nominare Pasquale Amenta, già parroco di San Martino a Siracusa, nuovo arciprete di Augusta visto che, dopo l’arresto per presunte molestie sessuali del suo predecessore Incardona, che si è dimesso restando ai domiciliari, la Chiesa Madre è stata retta temporaneamente dallo stesso Amenta, che ha già attirato un gran numero di fedeli nella chiesa, e che giovedì sera era affollata fino all’inverosimile. Pappalardo  ha già sottratto la parrocchia di San Martino alla giurisdizione di Amenta.. A giorni l’investitura ufficiale e poi la cerimonia solenne di presa di possesso.-
G. C.

Il 37enne Sebastiano Di Franco, da tre anni partecipa all’asta di San Giuseppe e ne compra il bastone, per voto

s giuseppe.JPGAUGUSTA.  Prima  che il padre morisse, Sebastiano Di Franco, oggi trentasettenne, gli aveva assicurato che avrebbe partecipato alla tradizionale asta di San Giuseppe, un’asta che l’antica confraternita, viva ancora oggi, cui fa capo la chiesa dedicata al padre putativo di Cristo, rinnova ogni anno, offrendo ai fedeli la possibilità di acquistare doni, soprattutto pizze e dolci. Dei dolci il pezzo più pregiato è un bastone di zucchero, che riproduce il bastone pastorale dei vescovi, chiamato, appunto, il bastone di San Giuseppe. Un bastone che sino a una ventina d’anni fa si aggiudicava invariabilmente Joe Conforte, augustano di nascita e di origini, emigrato all’età di undici anni negli USA, dove ha fatto fortuna con il famoso “Mustang Ranch”, a Rino nel Nevada, il primo bordello legale di quel Paese,  grazie al quale fece enorme fortuna. Emigrato come un poverello, con la classica valigia di cartone, Joe,  dopo circa quarant’anni volle tornare nel suo paesello natale, elegantissimo, con un visto soprabito orlato di pelliccia e con un enorme sigaro avana in bocca, uno di quelli che sono vistosamente fallici, accompagnato da due procaci bionde-platino della sua scuderia di giovani puledre del Mustang Ranch. Aveva tutto l’aspetto del parvenu, d’o riccu arrinisciuto,  che doveva esibire la sua  esuberante ricchezza per far schiattare d’invidia i paesani. Venne a trovare il fratello, titolare di un rinomato panificio, e, passeggiando con lui per la main street, cioè la via principale, in  siciliano chiamata strata mastra, cioè la Via Principe Umberto , fu attratto dalle voci fragorose provenienti da un balcone di un edificio attiguo alla Chiesa di San Giuseppe. Curioso, chiese di che cosa si trattasse. Gli furono date le informazioni riguardo all’asta tradizione. Volle partecipare e, senza badare a spese, sbaragliò tutti i suoi avversari, che non potevano competere con uno che esibiva mazzi di dollari fruscianti . Vinse pagando una cifra di circa dieci milioni di lire del tempo. E così ogni anno, per oltre venti. Da quella prima volta, Joe, in più, si faceva accompagnare dalla banda musicale , dopo ogni vincita, pagava circa dieci milioni di lire per i fuochi d’artificio. Sebastiano Di Franco, che si dedica ad aiutare i disabili, soprattutto nello sport, era un ragazzino quando Joe si accaparrava il bastone e il resto e la simpatia della gente, soprattutto della povera gente. La figura del ricco Joe gli sarà rimasta impressa e, in cuor suo, deve aver deciso che doveva emularlo. Si è messo d’impegno. Non rifiuta qualsiasi tipo di lavoro, risparmia come una formica, non chiede alcun sussidio ai suoi. Suo padre muore prima di vederlo trionfare. Sebastiano, Franky per gli amici, dopo tanti sacrifici economici ha vinto la prima volta tre anni fa. Certo non ha sborsato una cifra paragonabile a quelle tirate fuori da Joe, ma ragguardevole: circa 1.300 euro. Ha dedicato la vittoria alla memoria del padre e così ha fatto l’anno  dopo e  quest’anno. Sono tre vittorie consecutive, un vero salasso per Franky, che non osa chiedere un aiuto economico alla madre. “Sono tutti sacrifici miei”, dice orgoglio. E mostra  con soddisfazione le foto che lo ritaggono trionfante con il bastone a fianco.

Giorgio Càsole

LA SINDONE DI TORINO, ANCORA UN ENIGMA

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  AUGUSTA – Intensa stagione quella che si registra  al Circolo Ufficiali, presieduto dall’amm. Giuseppe Abbamonte, direttore dell’Arsenale, fattivamente coadiuvato dalsuo vice, il c. v.  Giuseppe Barbera,comandante di Maribase. Le iniziative si susseguono di settimana in settimana, spesso nella stessa settimana. L’ultima in ordine di tempo una dotto conferenza, con momenti “spettacolari” sulla Sacra Sindone, il lenzuolo di lino che, secondo la tradizione, avrebbe ricoperto il corpo di Gesù dopo la crocifissione. Ha preso per primo la parola l’amm. Abbamonte: “Solitamente nell’introdurre le riunioni o le conferenze che si tengono qui al circolo uso parlare, come si suol dire, “a braccio”. Ma stavolta la caratura dell’evento che vado ad introdurre è tale che, nel tentativo di essere all’altezza della situazione, ho sentito la necessità di preparare un breve intervento introduttivo. Il tema che sta per essere trattato è di altissimo profilo. Si tratta, come sapete, della Sacra Sindone, quel lenzuolo che si ritiene abbia avvolto il corpo ormai esanime di Gesù dopo la Crocifissione. Si tratta quindi di un tema importante, complesso, colmo di significati di ogni genere. Ed è per questo che si è cercato di affrontare la difficile sfida di trattare tale soggetto di discussione con la massima attenzione e con il più assoluto rispetto. Abbiamo quindi cercato di non lasciare nulla al caso, a cominciare dalla data in cui abbiamo deciso di tenere questa conferenza. Siamo in pieno periodo pasquale, ci approssimiamo alla Domenica delle Palme. Poi abbiamo cercato di affrontare il tema da una molteplicità di punti di vista e sotto vari aspetti.

Innanzitutto l’aspetto religioso che, come avrete modo di constatare, permea l’intero incontro di oggi. L’aspetto storico, in merito al quale gli interventi dell’avvocato Giovanni Intravaia, presidente dell’Accademia di Santa Croce di Gerusalemme, forniranno dapprima i riferimenti sia storici che bibliografici per ciò che attiene al calvario, alla flagellazione, alla crocifissione ed alla sepoltura di Gesù Cristo, e successivamente una sintesi accurata della storia della Sindone vera e propria, soffermandosi in modo particolare sul periodo di tempo che va dal suo ritrovamento fino ai giorni nostri. Gli aspetti scientifici, sui quali il dott. Fabio Gaudioso ci intratterrà nel corso della sua presentazione, che esaminerà la problematica relativa all’autenticità del telo dal punto di vista medico e, appunto, scientifico, dandoci un’ampia panoramica degli studi fino ad oggi effettuati e sui risultati che è stato possibile ottenere. Infine, abbiamo cercato di non trascurare e, anzi, di dare a giusta dignità anche agli aspetti artistici, con un’ampia serie di citazioni e proiezioni di opere che hanno riguardato gli aspetti più drammatici della vita di Gesù e, soprattutto, con i suggestivi canti destinati a creare l’atmosfera storica, culturale, geografica e psicologica in cui si è svolto il dramma con il quale si è conclusa la vita terrena del Messia. Tali canti saranno eseguiti dalla corale polifonica Euterpe diretta dal maestro Rosy Messina, che abbiamo il piacere di ospitare questa sera con noi e con la quale abbiamo già in programma di continuare un’attività di collaborazione culturale. Ospite d’eccezione il contralto Renato Vinciguerra. Nel ringraziare tutti coloro che sono intervenuti questa sera per assistere a questo evento, in modo particolare l’amm. Camerini, che ci gratifica sempre con la sua presenza, desidero esprimere tutta la mia gratitudine a coloro che hanno reso possibile lo svolgimento dell’evento, in particolare i già citati avv. Giovanni Intravaia, l’amico dott. Fabio Gaudioso, il maestro Rosy Messina e la corale polifonica Euterpe.” Dopo l’introduzione, ha preso la parola Giovanni Intravaia che, con dovizia di  citazioni dei testi sacri, ha descritto il contesto storico palestinese dominato dai Romani che riservavano il patibolo, il legno portato a spalla dai condannati, agli schiavi ribelli e ai sovversivi dell’ordine costituito: il patibolo veniva poi legato a un palo, formando una T: la croce, dove condannati erano crocifissi, dopo una lunga flagellazione, e là attendevano la morte, dopo lunghi patimenti. Era una morte ignominiosa. L’intervento di Intravaia  è stato spezzato con accorta regìa per dare spazio alle esibizioni della Euterpe che ha interpretato canti di intensa spiritualità religiosa. Il medico militare Gaudioso, diventato sindonologo sulla scia del siracusano Rodante, medico anch’egli, ha rivelato il suo iniziale scetticismo, ora superato da tempo, ma non tutti gli astanti sono rimasti convinti dell’autenticità della Sindone come lenzuolo che avrebbe ricoperto il corpo martoriato del Cristo. E’ vero che oggi non si  ritiene più che sia stata opera del genio di Leonardo Da Vinci, ma non si può trascurare il fatto che, oltre vent’anni fa, nel 1988, ben tre laboratori indipendenti, Oxford, Tucson e Zurigo, con l’esame al carbonio 14, fanno risalire il tessuto a un arco di tempo fra il 1260 e il 1330, cioè in età medievale. Gaudioso ha sostenuto che, però, alcuni studiosi che portarono a termine l’esame, hanno ammesso, “con molta onestà intellettuale”, che l’esame è stato condotto male, che era sbagliato e che, comunque, è stato compiuto su una parte troppo piccola del tessuto, parte contaminata da tracce di olio, di cera, ecc. Per fare un esame attendibile occorrerebbe una parte ampia del lenzuolo e ciò sarebbe gravemente nocivo per la Sindone stessa. I dubbi, dunque, rimangono La Chiesa cattolica non ha mai voluto esprimere un parere definitivo. L’enigma rimane. Alla prossima conferenza.

     Giorgio Casole    nella foto, da sin.: Gaudioso, Abbamonte, Intravaia

UNA CERIMONIA SOBRIA E RELIGIOSA, LA FESTA DI S. GIUSEPPE DELL’ ARSENALE MILITARE DI AUGUSTA

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DSCN0687.JPGAUGUSTA, 19 marzo   Una splendida giornata di sole ha particolarmente illuminato quest’anno la tradizionale festa di san Giuseppe lavoratore, patrono dell’ arsenale militare di Augusta.  La cerimonia, che si svolge ogni anno presso lo stesso stabilimento, ha visto la partecipazione del personale civile, fondatore nel 1951 della festa, del personale militare, di alcuni loro familiari, dei rappresentanti delle varie confraternite di Augusta, delle autorità militari e civili,   tra i quali l’ammiraglio Roberto Camerini, comandante di Marisicilia, e il DSCN0691.JPGdirettore dell’ ente, ammiraglio Giuseppe Abbamonte che, subito dopo la messa, è intervenuto per ringraziare il pubblico presente alla cerimonia:

“Signor Capo del Comando Militare Marittimo Autonomo della Sicilia, amici, colleghi, gentili ospiti, signore e signori, innanzitutto desidero ringraziare tutti coloro che hanno voluto prendere parte a questa cerimonia e, in particolar modo, l’Amm. Camerini che ha voluto onorarci con la sua presenza ed il Coro che con i suoi canti, ha contribuito a rendere ancor più suggestiva l’atmosfera che ha permeato lo svolgimento dell’odierna cerimonia. Desidero innanzitutto cogliere l’occasione della solennità del momento, per dar luogo ad una piccola, ma significativa, cerimonia per la consegna da parte del Sig. Comandante di Marisicilia a due nostri militari dei riconoscimenti che sono stati loro attribuiti da parte della Marina e della Nato:

– Consegna medaglie a Capo Monego e STV Bastone –

Sono davvero felice ed onorato che tali riconoscimenti siano stati consegnasti in questa giornata in quanto, come sarà stato possibile notare, entrambe le onorificenze sono state concesse per azioni di solidarietà, avvenute durante operazioni finalizzate alla salvaguardia dei traffici marittimi e della vita umana in mare. Entrambe le onorificenze quindi attestano un comportamento pienamente aderente ai principi della Chiesa cattolica ed ai valori della Marina Militare, principi e valori su cui si basa anche la ricorrenza di San Giuseppe Lavoratore, di cui oggi invochiamo la protezione in un momento difficile per lo Stato italiano e, in modo particolare, per la Città di Augusta.  San Giuseppe, infatti, è dopo San Domenico, il principale protettore della città di Augusta e, per una tradizione ormai ben radicata all’interno del nostro Stabilimento, è da tempo stato assunto quale suo Santo patrono. Sin dal 1951, infatti, per iniziativa di un operaio, Carmelo Spirio, la festa del 19 marzo è stata solennizzata all’interno dell’Arsenale, il cui sito principale, peraltro, dove ora ci troviamo, è intitolato al Santo di cui porta il nome, comprensorio appunto di San Giuseppe. Nel 1951 fu quindi costruita un’edicola votiva a lui dedicata, dinanzi alla quale passeremo in processione, nell’immediata prossimità dell’officina dei fabbri in cui Spirio lavorava. Proprio con la collaborazione del suo reparto questi riuscì ad organizzare la prima festa in onore del Santo, festa che a partire da quel momento, venne per svariati anni organizzata a turno dai vari reparti dell’Arsenale militare. Durante tale festa, al mattino, un piccolo simulacro di San Giuseppe veniva portato in processione per l’Arsenale. Successivamente veniva celebrata la Messa cui partecipavano tutti i lavoratori con le rispettive famiglie. Oggi la tradizione è ancora viva, con la celebrazione della Santa Messa che vede la partecipazione dei lavoratori dell’Arsenale, in servizio ed in quiescenza e delle loro famiglie, e con lo svolgimento della rituale processione che porta il Santo in tutte le officine dell’Arsenale per ricevere dal personale che ivi lavora, il tradizionale bouquet. E se la Statua del Santo non è più quella del 1951, essendo quest’ultima definitivamente posizionata nella nicchia realizzata da Carmelo Spirio, il culto verso San Giuseppe e l’attaccamento alla festa del 19 marzo sono rimasti immutati. E non è un caso che quest’anno abbiamo voluto che la tradizionale Messa si svolgesse in questa particolarissima sede, celebrandola sull’altare in pietra, all’aperto, in riva al mare. E’ un modo per ritornare ai valori che hanno originato questa ricorrenza, valori cui desideriamo manifestare il nostro attaccamento ed il nostro rispetto, in un momento in cui anche il nostro Papa Francesco, che in questo momento sta celebrando la Messa di insediamento, ci richiama con la parola e con l’esempio alla semplicità, alla solidarietà e all’umiltà su cui si è fondata la santa esistenza del Poverello di Assisi. Possano quindi aiutarci ad affrontare ed a superare le asperità che stiamo incontrando sul nostro cammino, in questo difficile momento, la riscoperta dei valori testimoniati da San Francesco cui si ispira il nostro Santo Padre e la protezione di Giuseppe Lavoratore, nostro beneamato Santo Patrono. Concludo esprimendo i miei migliori auguri a noi tutti ed alle nostre famiglie perché possiamo vivere tutti assieme una splendida festa di San Giuseppe rivolgendo, se me lo consentite, un pensiero ed un augurio particolare a tutti coloro che, come me, ne portano il nome”

Quest’anno, purtroppo, alcune autorità per cause di forza maggiore sono mancate all’appuntamento, tra cui l’arcivescovo metropolita di Siracusa, Mons. Salvatore Pappalardo, che  avrebbe dovuto presiedere la Santa Messa anziché trovarsi lo stesso giorno a Roma, in udienza da papa Francesco. Malgrado ogni avversità, comunque, l’attesissima festa del patrono dell’arsenale anche quest’anno si è regolarmente svolta perché fortemente voluta dall’ amministrazione della marina militare. Un’amministrazione che continua a mostrarsi sensibile alle tradizioni cittadine, sia DSCN0688.JPGdentro che fuori le proprie sedi, visto che fra 2 mesi circa lo stesso nostro san  Giuseppe lo rivedremo in un’altra ancor più importante processione, preceduto dallo stendardo azzurro, in occasione dei festeggiamenti dell’ altro santo, Domenico, il patrono della città di Augusta.  Una cerimonia sobria e religiosa, iniziata alle ore 10.30 con la Santa Messa officiata da don Paolo Spinella e don Nicola Minervini, cappellani militari di stanza ad Augusta; a seguire, il saluto degli ammiragli Camerini e  Abbamonte, la premiazione al valor militare e la processione che, partendo dal molo minerva, ha effettuato alcune soste per la benedizione dei vari reparti dello stabilimento, fino a raggiungere la nuova palazzina direzionale, che si affaccia in via Giovanni Lavaggi, della quale si ricorderà di certo il taglio del nastro inaugurativo durante la festa di san Giuseppe dell’anno scorso. Una novità importante, molto apprezzata dal personale civile, la sosta davanti l’edicola votiva contenete la prima statua di san Giuseppe, ricavata nell’antico muro di cinta della città, interamente ristrutturata qualche giorno prima della festa dal personale interno dell’amministrazione, così come dalle maestranze interne fu costruita la  stessa nicchia, nel lontano 1951. La festa si è conclusa con un sobrio vin d’ honneur allestito presso il piazzale della nuova palazzina.

  Giuseppe Tringali