RAZZISMO O ECCESSO DI ZELO?

kkk.jpgAUGUSTA. Martedì 6 ottobre, durante una corsa serale di ritorno da Catania dell’autolinee  Scionti, i passeggeri hanno assistito a un fatto singolare: il litigio tra il conducente e un passeggero di colore, probabilmente marocchino. Il primo, dopo avere  effettuato la fermata, inizia una disputa con il giovane che voleva essere lasciato qualche centinaio di metri più avanti, in prossimità della fermata che prevede la salita dei viaggiatori. Con il passare dei minuti, i toni della discussione sono diventati sempre più aspri: al ragazzo veniva intimato di lasciare il mezzo con la minaccia di chiamare le forze dell’ordine. Il passaggio dall’incredulità generale all’indignazione è stato breve: “ L’autista potrebbe accontentarlo”- bisbigliavano  i passeggeri-“ gli altri autisti lo fanno”,  finché qualcuno, spazientito, ha invitato il ragazzo a scendere dove gli era stato indicato e a protestare direttamente con la ditta Scionti. Si è trattato di ecesso di  zelo  o di un vero conato di razzismo da parte dell’autista?   

         Diletta Càsole

De Magistris: “Punito perchè ho fatto solo il mio dovere”.

Al Sig. Presidente della Repubblica
Piazza del Quirinale ROMA

Nuova immagine.jpgSignor Presidente, scrivo questa lettera a Lei soprattutto nella Sua qualità di Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura. E’ una lettera che non avrei mai voluto scrivere. E’ uno scritto che evidenzia quanto sia grave e serio lo stato di salute della democrazia nella nostra amata Italia.
E’ una lettera con la quale Le comunico, formalmente, le mie dimissioni dall’Ordine Giudiziario.
Lei non può nemmeno lontanamente immaginare quanto dolorosa sia per me tale decisione. Sebbene l’Italia sia una Repubblica fondata sul lavoro – come recita l’art. 1 della Costituzione – non sono molti quelli che possono fare il lavoro che hanno sognato; tanti il lavoro non lo hanno, molti sono precari, altri hanno dovuto piegare la schiena al potente di turno per ottenere un posto per vivere, altri vengono licenziati come scarti sociali, tanti altri ancora sono cassintegrati. Ebbene, io ho avuto la fortuna di fare il magistrato, il mestiere che avevo sognato fin dal momento in cui mi iscrissi alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università “Federico II” di Napoli, luogo storico della cultura giuridica. La magistratura ce l’ho nel mio sangue, provengo da quattro generazioni di magistrati. Ho respirato l’aria di questo nobile e difficile mestiere sin da bambino. Uno dei giorni più belli della mia vita è stato quando ho superato il concorso per diventare uditore giudiziario. Una gioia immensa che mai avrei potuto immaginare destinata a un epilogo così buio. E’ cominciata con passione, idealità, entusiasmo, ma anche con umiltà ed equilibrio, la missione della mia vita professionale, come in modo spregiativo la definì il rappresentante della Procura Generale della Cassazione durante quel simulacro di processo disciplinare che fu imbastito nei miei confronti davanti al Csm. Per me, esercitare le funzioni giudiziarie in ossequio alla Costituzione Repubblicana significava tentare di dare una risposta concreta alla richiesta di giustizia che sale dai cittadini in nome dei quali la Giustizia viene amministrata. Quei cittadini che – contrariamente a quanto reputa la casta politica e dei poteri forti – sono tutti uguali davanti alla legge. Del resto Lei, signor Presidente, che è il custode della Costituzione, ben conosce tali inviolabili principi costituzionali e mi perdoni, pertanto, se li ricordo a me stesso.