Nave “Comandante Bettica” torna a casa

 

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I familiari sono in ansiosa attesa sul balcone della sala riservata ai componenti della flottiglia dei pattugliatori.  E’ un folto drappello di persone: uomini di una certa età, donne e bambini, principalmente. Sono i familiari dei componenti l’equipaggio della nave “Comandante Bettica”, che ha pattugliato le acque del golfo di Aden per prevenire azioni di pirateria non solo contro le navi mercantili italiane, ma  anche contro le altre navi del vecchio continente. Infatti, l’unità italiana, per circa due mesi ha incrociato quelle acque sotto l’unica bandiera europea. (7).JPGTra i familiari, spicca anche qualche giovanotto. Non si tratta del figlio grandicello di  qualcuno dell’equipaggio, composto quasi tutto da giovani, compreso il comandante Lorenzo Agnerelli, capitano di fregata. No.  Si tratta del compagno di vita di un componente femminile. Segno dei tempi. Fino a qualche anno fa, una scena simile era impensabile. Erano le donne con i loro figli ad aspettare con ansia il ritorno dei mariti  dopo un lungo viaggio, non esente da rischi, come quello che ha affrontato la Bettica (come dicono tutti in gergo).  Non dimentichiamoci che i pirati moderni sono bene attrezzati e possono anche rappresentare un pericolo anche per una nave da guerra, qual è questa. Oggi le donne fanno parte a pieno titolo di un equipaggio e rivendicano gli tessi diritti-doveri degli uomini.  Comunque, fino a qualche tempo fa era anche impensabile vedere, almeno qui ad Augusta, una scena simile, quale quella di venerdì 3 aprile, quando, già alle nove del mattino, i familiari affollano l’ampio balcone-veranda come se stessero aspettando in aeroporto l’arrivo dei loro cari. Anche qui il segno dei tempi. La Marina Militare, da quando è stata abolita la coscrizione obbligatoria, vuole dare l’immagine di una grande famiglia, in cui c’è spazio per l’esternazione dei sentimenti. Si tratta pur  sempre, però, della vecchia arma nobile, le cui tradizioni di  eleganza e di rispetto della forma  si sono stratificate nel corso degli anni e obbediscono a ragioni di tipo protocollare. La nave entra in porto con anticipo, ma viene salutata regolarmente dai rimorchiatori presenti con il suono prolungato della sirena e con festosi spruzzi d’acqua. Attracca regolarmente, ma nessuno si muove, né i familiari né i componenti dell’equipaggio. C’è , sì, un po’di movimento, ma è quello degli aiutanti di bandiera dei tre ammiragli presenti: il contrammiraglio Camerini, che è il padrone di casa, essendo il capo della flotta dei pattugliatori, tra cui la Bettica, che è di stanza ad Augusta, l’ammiraglio di divisione Toscano, comandante di Marisicilia, che ha sede  nella città federiciana, e l’ammiraglio di squadra  Giuseppe Lertora. C’è  anche il movimento dovuto all’accoglienza di noi giornalisti della carta stampata e delle varie televisioni.

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La Marina vuole dare grande risalto e ampia visibilità all’evento. A un segnale convenuto, il drappello dei familiari sui muove, accompagnato da assistenti in divisa, marescialli di stanza nella base. Saliamo tutti a poppa della nave. C’è già schierato il picchetto d’onore. Sul pennone sventola una bandiera azzurra con tre stelle. Sono segnali , picchetto e bandiera, che è atteso l’ammiraglio con la greca e tre strisce, Lertora. Bisogna tributargli l’onore. Occorre rispettare forma e tradizioni. Nessuno si muove, né dal drappello dei familiari, schierato di fronte al picchetto d’onore, né dalla schiera dell’equipaggio che dà le spalle alla banchina e che deve stare di fronte all’ingresso dell’hangar. L’unico fuori dai ranghi è il  bel comandante Agnarelli, che si muove freneticamente con il telefonino in mano per avere con precisione notizia dell’arrivo dei tre ammiragli e per impartire le più minuziose istruzioni. Dopo circa un quarto d’ora di attesa sotto il caldo sole primaverile e di quasi religioso silenzio, rotto solo dal ronzio di qualche telecamera, dal buio dell’hangar fanno il loro ingresso i tre ammiragli, impeccabili nelle loro divise eleganti.  Tutto si svolge come da copione: presentatarm,  attenti, saluto, riposo. Camerini e Toscano stanno in posizione arretrata rispetto all’ammiraglio Lertora, che dà sùbito l’impressione di un vecchio lupo di mare grazie alla barba folta,  più sale che pepe, e all’imponente , massiccia figura, quasi un  fiero capitano Achab, senza la benda però. Ci è sembrata strana la non esecuzione dell’inno  nazionale. Forse la nave non è attrezzata alla bisogna.  Nel romanzo di Melville, il capitano Achab  vuole arpionare l’enorme balena bianca Moby Dick, sulla poppa di nave Bettica l’ammiraglio Lertora vuole soltanto elogiare i suoi uomini  e lo fa con calma e solennità sotto il sole finalmente primaverile, dopo giorni di clima quasi invernale. Alla fine, il sospirato rompete le righe e, finalmente,marinai, sottufficiali e ufficiali possono riabbracciare i loro cari.

                            Giorgio Càsole       foto Giuseppe Manoli