IN 200 PER SALVARE IL CASTELLO SVEVO

 

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AUGUSTA. Castello Svevo: da tutti conosciuto, da pochi apprezzato. Passando dal ponte cosiddetto “nuovo” e dai ponti di campagna lo vediamo ogni giorno, ma realmente lo guardiamo? Ci accorgiamo, giorno dopo giorno, di cosa cambia nel suo precario aspetto?  Sappiamo realmente cogliere la bellezza dei suoi scorci sul mare? Non tutti sanno, per quanto sia paradossale, che il nostro castello è un’importante prova del passaggio di Federico II di Svevia nella zona catanese-siracusana, inoltre rappresenta e contiene tutti i caratteri dei castelli federiciani, portati alla massima bellezza. Mescola perfettamente caratteristiche comuni a tutti i castelli, o per meglio dire le fortezze, del periodo, quali la pianta e i materiali, a particolari elementi della muratura e della posizione. Si trova, infatti, tra la porta Spagnola e il mare, cinto dai bastioni, che si affacciano appunto sul mare per due lati. Questa particolarità è stata estremamente deprezzata, sebbene sia uno dei pochi castelli così vicino al mare. Oltre a queste bellezze, bisogna aggiungere gli archi e le volte ogivali all’interno dei saloni. Nonostante tutte queste meraviglie sembrerebbe impensabile in un paese del nord o un paese estero non approfittarne a fini turistici e culturali. Qua no. Qua gran parte del bastione sta cedendo. Qua si realizza una passeggiata e si interdice l’anno dopo. Qua si guarda il castello implodere dentro una voragine. Qua si guarda senza dire nulla..o forse no.  Sembra, infatti, che alcuni giovani e non si siano accorti del crescente problema e che, soprattutto, si siano resi conto dell’importanza di questo bene. Così, mossi da spirito di iniziativa e praticità, cominciano a realizzare una serie di iniziative, coinvolgendo qualora possibile la popolazione. Si muovono su diversi piani, mirando a arrivare a tutte le fasce d’età, partendo dal blitz per pulire il bastione e “fare la barba” al “signor Svevo” fino a una passeggiata per informare gli interessati sulla storia e la situazione attuale del castello.  L’ultima iniziativa si è svolta domenica  6 maggio e hanno partecipato circa duecento persone, testimonianza che il problema non è sottovalutato da alcuni. Ma i nostri ragazzi, non soddisfatti dei successi cittadini, sono determinati a risolvere realmente e alla base il problema svevo. Mandano, quindi,  una lettera con richiesta d’intervento a tutti gli enti responsabili, dall’Unione Europea alla Sovrintendenza passando per il ministero della cultura. Affiancano alla richiesta ufficiale, le richieste e i pensieri dei singoli cittadini, permettendo loro di ricoprire finalmente un ruolo di primo piano in questa faccenda. Le persone pensano. E questo è importante, e questo è giusto. Salvare il nostro castello non consisterebbe semplicemente nel salvare un bene storico, ma un intera città dal degrado urbano e culturale. Preserviamo la cultura e coltiviamola, salviamo le nostre origini. Come pensiamo di avere un futuro, se non rispettiamo il nostro passato?  La manifestazione di cui si parla nel pezzo  pro Castello Svevo ha avuto un grande richiamo, anche perché è stata preannunciata sia di cosiddetti social network, reti, cioè, di comunicazione interpersonale cui tutti si possono collegare attraverso il computer o altri mezzi sofisticati, come l’ipad, è stata ripresa da una troupe di un telegiornale della RAI.

  Anna Guerrisi

IL CASTELLO SVEVO VA IN ROVINA: SALVIAMOLO!

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“Io salvo il mio castello … e tu?” Così è stata intitolata la manifestazione del 22 aprile in Piazza Duomo per la salvaguardia del Castello Svevo di Augusta, ormai in rovina,  organizzata  dal gruppo  locale  PartecipAgire”. Allo scopo di salvare il maniero federiciano,  il gruppo ha  raccolto molte  firme, tra cui quelle di ragazzi stranieri in visita alla città,  artisti e clown francesi, spagnoli e rumeni, per il progetto europeo di gemellaggio culturale Play Safe: Le associazioni che si occupano della salvaguardia dell’ambiente e del territorio hanno deciso di rivolgersi con una lettera alla Commissione europea, al Comune di Augusta, al ministero dei Beni culturali, all’ Assessorato regionale e allaProvincia di Siracusa..Il “nostro”castello non è un rudere che fa parte del panorama. Prossimo appuntamento: DOMENICA 6 MAGGIO.

 

Laura Adragna, Domenico Brusca

Le tre “maledizioni” dei poeti Siciliani

Federico II, fondatore di Augusta, voleva creare una lingua unitaria per aggregare politicamente i popoli a lui soggetti, ma…

Federico-II-.jpgFederico  II di Svevia,  fondatore di Augusta, stupor mundi, avviò una serie di riforme che non lasciarono nulla d’intentato ai fini di un risanamento morale, politico, economico, sociale e letterario del suo regno di Sicilia, fulcro del più ampio progetto imperiale, già in atto ma anche messo in crisi dalla lontananza della Germania, madrepatria, della quale l’isola mediterranea tendeva a sostituire la centralità in modo inversamente proporzionale alla coesione dell’Impero: tanto più la Sicilia era il centro della corte quanto più la corte stessa si frazionava finendo con l’esaltare la sua nazionalità relativa rispetto all’assolutezza del potere federiciano. In altre parole, Federico, nella sua riforma dell’Impero, seppe comprendere, anticipandola, la direzione che avrebbe preso la storia moderna d’Europa due secoli dopo, con la formazione degli Stati nazionali sulle ceneri degli ormai sgretolati poteri sovra-statali, Impero e Papato. Tanto più quanto proprio il pontificato romano si intrometteva geograficamente nella già debole coesione territoriale fra la Sicilia e la madrepatria tedesca. Questo, forse, comportò l’esasperata ricerca di un’identità linguistica cui Federico diede luogo e che pareva oltrepassare i consueti confini della letterarietà per configurarsi come una vera e propria progettualità politica. Dietro la poesia siciliana del Duecento si cela una fortissima, appunto quasi esasperata, ricerca della novità e della radicalità di una lingua che la rappresentasse e che a un tempo sapesse altresì rappresentare la presenza aggregatrice di più istanze politiche, all’apparenza disomogenee e disarticolate. Quindi, dietro questa ricerca più che letteraria si nascondeva ancor più la ricerca di un’identità politica statale che continuasse a dissimulare la centralità tedesca e di conseguenza la potenza imperiale, ormai – era un dato di fatto – vacillante. I poeti della scuola siciliana finirono col veicolare un progetto politico e in ciò fu plausibile configurarli come appartenenti a un movimento letterario, che di fatto non ci fu mai, ma che ben dissimulava a sua volta l’idea di una intenzionalità comune – a volte consistente anche nella preterintenzionalità -se non nelle cause, certamente negli effetti. E questa può essere intesa come una sorta di prima “maledizione” che cadde su questi poeti, asserviti a un progetto comune e assorbiti da esso, che li rese organici a una temperie culturale e storica, in cui rischiarono di perdersi i tratti spontanei e individuali, per annegarli tutti dentro una presunzione di scolasticità che altro non fosse che l’adesione anche involontaria alle necessità del dominus. Collegabile a questa è la seconda e determinante “maledizione” che rimane aderente a un fatto più squisitamente artistico, linguistico e letterario: la traduzione toscana che ne favorì la tradizione nella misura in cui ne spense l’originalità della trasmissione e, più erano accattivanti le liriche tradotte, più la loro trasmissione ne tradiva il testo originale rivestendosi di un  toscano che grazie al siciliano rifatto si faceva illustre e consegnava sé stesso a futuri destini prestigiosi.

Lo “stil novo” è figlio di questa tradizione siciliana non soltanto nei contenuti (dei quali la matrice comune risale all’arte trobadorica provenzale),  ma,  soprattutto nelle forme che imprigionò, violentò, lasciò a una posterità presto dimenticatasi del siciliano “illustre”. Uno stuprum mundi dunque avvenne nei confronti di tutta una tradizione (da cui andarono esenti pochissimi commoventi testi, resisi, dunque, uniche imprescindibili e preziosissime testimonianze di una lingua letteraria unica e irripetibile). Lo scopo politico di Federico fu in parte raggiunto ma il contrappasso della perdita di un’identificazione linguistica e letteraria, lo “stupro” di un mondo linguistico e figurativo immenso e unico, fu l’inevitabile contraltare. Se la prima “maledizione” è di tipo storico (l’asservimento anche involontario e preterintenzionale di una ricerca linguistica e tematica originali a un progetto politico) e la seconda di tipo artistico (la sostituzione di una lingua da parte di un’altra che ne prese il posto predestinandosi allo stesso ruolo egemone nei destini della letteratura nazionale), la terza “maledizione” è di tipo meramente filosofico: la necessità di cantare l’amor “fino” (raffinato, astratto, insensibile, assoluto) sulla scorta di una necessaria imitazione dei provenzali ma rafforzata dalla contingenza di un’annessione linguistica, quella toscana di cui si è detto, che ingenerava l’idea di una poesia artificiosa e incapace di relativizzarsi alle modificate condizioni sociali dei poeti stessi e della corte che li circondava. La poesia siciliana rifatta dai toscani sembrava esemplificare il modello di derivazione trobadorica e indugiare oltremisura verso forme di astrazione platonica, che anticipavano decisamente e unilateralmente la successiva stagione stilnovistica, nella misura in cui la lettura di quel poco che ci è pervenuto in originale siciliano lascerebbe intendere una più congrua e perspicace commistione di platonismo e aristotelismo (la cui tradizione era forte in Sicilia grazie all’inevitabile forte presenza araba), favorita da una aderenza maggiore alla res consistente anche nel volgare originario, che farebbe di questa poesia siciliana addirittura una degna anticipazione di temi petrarchisti e quindi della futura tradizione poetica italiana dominante per almeno altri due secoli e mezzo. La maledizione di una lettura unitariamente platonizzante (che già di per sé era intendibile come una “maledizione” almeno parallela e convertibile in quella opposta di una lettura unicamente sensuale e aristotelica di questa, quindi dirittamente “maledetta”) si sommava alla perdita di un’identità composita ed equilibrata della stessa, che sapesse contemperare l’idealismo asessuato e il realismo carnale nella stessa dimensione poetica, quella dei siciliani, ridati alla loro vera e pregnante essenza letteraria e non solo.

Francesco D’Isa

La festa dei morti in Sicilia

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Il giorno  dedicato alla commemorazione dei defunti, per i siciliani “doc” è il giorno della “festa dei morti”, una ricorrenza molto cara che si perde nella notte dei tempi, risalente addirittura al X secolo. Per rievocare le figure dei familiari defunti,  infatti, fino a qualche tempo fa si raccontava  ai bambini siciliani che durante la notte tra l’ 1 e il 2 novembre avrebbero ricevuto le visite dei morti, generalmente nonni o familiari defunti i quali, gironzolando in casa in punta di piedi per non farsi scoprire,  avrebbero nascosto per  loro, negli angoli più remoti dell’abitazione,  giocattoli e regali di ogni tipo, segno del loro eterno e infinito amore. Il più delle volte questi doni coincidevano proprio col frutto dei desideri dei piccoli, desideri segretamente confessati  prima ai genitori. I meno giovani ricorderanno certamente l’emozione di quelle notti insonne, un po’ per la paura di imbattersi in quel tipo di incontro e un po’ per il tentativo di svelarne  il  mistero  in attesa che arrivasse presto il giorno,  per dare così inizio a una vera e propria caccia al tesoro dentro casa, dove mamma e papà si divertivano ad aiutare i loro  picciriddi” nella ricerca di questi preziosi doni.

festa dei morti,commemorazione dei defunti,augusta,sicilia,augustanewsCi si chiede: cosa avrebbe potuto desiderare all’epoca un “picciriddu” siciliano come regalo per la festa dei morti?? Ancora oggi questo è un mistero; si sa solo che dalle prime luci dell’alba, il 2 novembre, i ragazzini andavano in giro “armati” fino ai denti  con pistole, fucili, mitragliatrici e mortaretti di ogni tipo, giocattoli si intende, quasi a voler simulare una guerra civile. Ordunque, malgrado il cellulare fosse solo quello in dotazione alle forze dell’ordine e del telefono, in genere, si fosse venuti a conoscenza poiché si diceva  essere stata una grande invenzione, ancora oggi non s’è capito bene come questi picciriddi riuscissero a organizzarsi in tempi così rapidi, seppur per gioco,  nella formazione di bande rivali, dotate di munizionamenti e in grado di spararsi  incessantemente a vicenda per qualche giorno di fila, dall’alba al tramonto; le picciridde invece, si sa, normalmente  in quei giorni stavano chiuse in casa a pettinare le bambole ricevute in regalo, sempre dai loro morti, per non correre il rischio di essere usate come bersagli mobili dai picciriddi armati e appostati come cecchini,  in ogni angolo di strada.

Questo succedeva solo ieri, mentre oggi per la “festa dei morti” sono rimaste le tradizionali fiere, che si svolgono in molte parti della Sicilia,  dove si possono ancora  trovare  bancarelle di giocattoli e oggetti vari per il regalo ai bambini.  Oltre a giocattoli di ogni sorta, esiste comunque l’usanza di regalare scarpe nuove, talvolta piene di dolcetti, come i particolari biscotti tipici di questa festa:  i ossa i mottu o i pupatelli ripieni di mandorle tostate, i taralli,  ciambelle rivestite di glassa zuccherata, i nucatoli  e i totò,  bianchi e marroni, mentre frutta secca, cioccolatini e  frutta martorana riempiono il tipico cesto, assieme alle primizie di stagione.

Infine, in alcune zone della  Sicilia viene ancora oggi  preparata la muffoletta, quasi  a imitazione dell’ ancor più nota colazione anglosassone, consistente in una  pagnottella calda che si consuma la mattina del giorno dei morti, condita  con olio, sale, pepe, origano, filetti di acciuga sott’olio e qualche fettina di formaggio primosale pepato.

  Giuseppe  Tringali

 

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Era mio padre: augustano di adozione,  pugliese d’origine, che tanto si spese in favore degli emigranti –   Poesia di Giorgio Càsole

 

 

SUL FREDDO MARMO

 

Sul freddo marmo t’abbiamo allungato,

papà, che fino a ieri sorridevi

quando ancora ti recavi al lavoro

a passi faticosi e lenti, vivo

come il ragazzo dal lungo avvenire

verso la nuova terra a te feconda

dalla patria bella ormai lontano.

 

La gente contagiava il tuo sorriso

schietto e leale stampato nel cuore:

tutti ci hai amati di grande amore

e fino all’ultimo hai pensato a me

primo della tua prole, incapace

oggi di trovare giuste parole

perché eri il più buono dei papà,

le lacrime, sì, non solo di pianto

ma d’atroce rimorso e di rimpianto.

 

Tu hai fatto cenno e non l’ho capito

ch’era arrivato il momento supremo:

tu l’hai toccato: io ero svanito.

Ti chiedo ora perdono e tu non senti

qui giaci spoglio d’ogni sentimento

altrove sei stella del firmamento.

 

Mi rifugerò nella mia stanza

ma non verrai più, papà, per chiamarmi.

E io forse non t’ho amato abbastanza.

Davvero ora è morta la giovinezza.

Di te, papà, vive la tenerezza

e i tuoi figli con altra prole accanto.

 

 

PRESENTATO AL TEATRO COMUNALE DI AUGUSTA IL DOCUMENTARIO “CHISTA E’ A GUERRA” , DI ANTONIO CARAMAGNO E ROBERTO FURNARI

Augusta negli anni 40

 

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Oggi 18 giugno, alla presenza del sindaco, dei rappresentanti delle varie associazioni che operano per il rilancio culturale della città e di un numerosissimo pubblico, presso il teatro comunale di Augusta è stato proiettato il cortometraggio “Chista è a guerra”, un documentario  della durata di 65 minuti  progettato dall’ UNITRE (Università delle tre età) di Augusta, con il sostegno del Comune di Augusta.

 

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Da un’ idea di Antonio Caramagno e Roberto Furnari, di creare un documentario sugli anni della seconda guerra mondiale, è stato realizzato un film tutt’altro che amatoriale,  un vero capolavoro di storia raccontata dai suoi anziani testimoni. Storie, avventure e drammi degli abitanti di una delle città siciliane più duramente colpite dai bombardamenti; una raccolta di immagini, video e testimonianze inedite per rendere omaggio alla memoria degli augustani, che dalle macerie della guerra hanno saputo rialzarsi e ricostruire la propria città. 

Nel video sotto, alcune scene tratte dal documentario “Chista é a guerra”

   Giuseppe Tringali

68° Anniversario del bombardamento aereo statunitense su Augusta

IL COMUNE RICORDA I MORTI DEL 13 MAGGIO 1943,  MA FRANCESCO MIGNECO NON VIENE INVITATO

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AUGUSTA. Il 68° Anniversario del bombardamento aereo statunitense su Augusta del 13 maggio 1943 che provocò sessantadue vittime civili e profonde distruzioni nell’abitato è stato celebrato, nell’ auditorium “Don Paolo Liggeri” del civico palazzo San Biagio,  con una conferenza di carattere storico-militare organizzata dal Comune per il tramite dell’assessore alla Cultura, Giovanna Fraterrigo,  in collaborazione con il “Museo della Piazzaforte”, rappresentato dal suo direttore, Antonello Forestiere. L’Assessore ha informato che l’amministrazione comunale ha dichiarato  ufficialmente con apposito atto amministrativo il 13 maggio giornata della memoria di quel luttuoso evento di guerra. Ha ribadito l’importanza del museo quale elemento indispensabile per l’attività scientifica di ricerca, manutenzione e tutela di cimeli militari relativi alle vicende storiche belliche in cui la città è stata coinvolta, oltre che quale volano di iniziative culturali autonome e in collaborazione con altri sodalizi aventi analoghe finalità. Il direttore  Forestiere ha tratteggiato il quadro generale della situazione militare nel Mediterraneo nel 1943, evidenziando le ragioni che diedero origine al poderoso attacco aereo statunitense su Augusta. Si è soffermato  ad approfondire le differenze operative adottate dagli inglesi e dagli americani in merito alle attività di bombardamento, descrivendo poi caratteristiche e limiti del sistema difensivo antiaereo della Piazzaforte oltre che le fasi dell’attacco aereo alla città. Il siracusano presidente dell’associazione storico-culturale “Lamba Doria”, Alberto Moscuzza, ha affrontato, frutto di personali ricerche,  il tema dei soccorsi dopo l’incursione soffermandosi sul ruolo e sull’organizzazione dell’U.N.P.A.(Unione Nazionale Protezione Antiaerea), anche attraverso l’esibizione di documenti originali dell’epoca riguardanti i componenti e i vari ruoli in cui era ripartita l’unità operante ad Augusta; in sala sono stati esposti alcuni cimeli della sua collezione privata,  quali elmetti, maschere antigas, manifesti e documenti. Il presidente del “Gruppo Modellisti Città di Augusta”, Domenico  Catalano, ha commentato  il pregevole modello di bombardiere quadrimotore statunitense B-24D “Liberator” realizzato in scala 1/48 dal gruppo modellisti e destinato a incrementare la collezione del “Museo della Piazzaforte”; è stato anche esposto in sala un plastico della città di Augusta con l’indicazione dei punti principali di scoppio delle bombe sganciate dalle due ondate di bombardieri americani. La serata ha avuto un gran successo di pubblico per il gran numero di persone presenti e per l’apprezzamento manifestato. L’unica nota stonata  è sembrata l’assenza di chi avrebbe potuto raccontare con le sue parole l’esperienza di quella terribile giornata, quando, appena dodicenne, subì il trauma che si è portato dentro per un sessantennio, fino a quando, lo scorso anno, ha pubblicato un libro interamente dedicato a quell’evento, Augusta, 13 maggio 1943, pubblicato a sue spese, come per sciogliere un voto in memoria dei caduti, per liberarsi, psicoanaliticamente, di un peso che gravava nella sua psiche. Ci riferiamo all’ottantenne Francesco Migneco, avvocato in pensione, già pretore onorario del circondario di Augusta, che, attraverso la sua preziosa, forse unica, testimonianza, avrebbe certamente dato un arricchimento alla serata rievocando i momenti di quella giornata, come li ha rievocati,  in anni recenti, in  varie occasioni pubbliche e private, di cui la stampa quotidiana si è occupata, battendosi sempre perché QUEI POVERI MORTI FOSSERO RICORDATI. . Indimenticabile testimonianza offerta l’anno scorso, proprio di questi tempi, agli alunni del liceo “Mègara”, che lo  ascoltarono con  riverente silenzio, fino alla commozione.

Come mai non era presente alla serata?, abbiamo chiesto all’avv. Migneco.  Non mi hanno invitato, è stata la malinconica risposta.

       

     G.C.

68° Anniversario del bombardamento del 13 maggio 1943 – a cura del Comune e del “Museo della Piazzaforte”

 

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Il 68° Anniversario del bombardamento aereo statunitense su Augusta del 13 maggio 1943 che provocò sessantadue vittime civili e profonde distruzioni nell’abitato è stato celebrato con una conferenza di carattere storico-militare organizzata dal Comune per il tramite dell’Assessorato alla Cultura in collaborazione con il civico “Museo della Piazzaforte”. L’incontro si è tenuto giovedì 12 maggio scorso ad Augusta presso la Sala Don P. Leggeri a Palazzo San Biagio. Al tavolo degli oratori l’Assessore alla Cultura del Comune di Augusta Avv. Giovanna Fraterrigo; il Direttore del civico “Museo della Piazzaforte” Avv. Antonello Forestiere; il Presidente dell’Associazione storico-culturale “Lamba Doria” Dott. Alberto Moscuzza; il Dott. Domenico Catalano per il “Gruppo Modellisti Città di Augusta”.

L’Assessore Fraterrigo ha portato il saluto del Sindaco Dott. Massimo Carrubba ed ha esposto le motivazioni che hanno indotto l’Amministrazione Comunale ha dichiarare ufficialmente con apposito atto amministrativo il 13 maggio giornata dedicata alla memoria di quel luttuoso eventi di guerra. Ha ribadito l’importanza dell’istituzione museale quale elemento oramai indispensabile per l’attività scientifica di ricerca, manutenzione e tutela di cimeli militari relativi alle vicende storiche belliche in cui la città è stata coinvolta, oltre che quale volano di iniziative culturali autonome ed in collaborazione con altri sodalizi aventi analoghe finalità.

L’Avv. Forestiere ha tratteggiato il quadro generale della situazione militare nel Mediterraneo nel 1943, evidenziando le ragioni che hanno dato origine al poderoso attacco aereo statunitense su Augusta. Si è soffermato nell’approfondire le differenze operative adottate dagli inglesi e dagli americani in merito alle attività di bombardamento, descrivendo poi caratteristiche e limiti del sistema difensivo antiaereo della Piazzaforte oltre che le fasi dell’attacco aereo alla città.

Il Dott. Moscuzza ha affrontato il tema dei soccorsi dopo l’incursione approfondendo il ruolo e l’organizzazione dell’U.N.P.A., anche attraverso l’esibizione di documenti originali dell’epoca riguardanti i componenti ed i vari ruoli in cui era ripartita l’unità operante ad Augusta, frutto di suo ricerche personali; in sala sono stati esposti alcuni cimeli del tempo della sua collezione privata quali elmetti, maschere antigas, manifesti e documenti.

Il Dott. Catalano ha commentato per il pubblico il pregevole modello di bombardiere quadrimotore statunitense B-24D “Liberator” realizzato in scala 1/48 dal “Gruppo Modellisti Città di Augusta” e destinato ad incrementare la collezione del “Museo della Piazzaforte”; è stato anche esposto in sala un plastico della città di Augusta con l’indicazione dei punti principali di scoppio delle bombe sganciate dalle due ondate di bombardieri americani.

All’evento hanno partecipato il Vice Sindaco di Augusta Geraci, il C.M.M.A. in Sicilia Amm. Div. Ruzittu, il Contrammiraglio Compiani, Comandante di COM.FOR.PAT., il C.V. Gianino per la Direzione di Marinarsen, il S.T.V. Ferreri per il Comandante del Porto di Augusta; la signora Amalia Guttadauro Vella, congiunta di M.O.V.M. e la sig.ra Margherita Fazio Gigli, congiunta augustana di superstite del P/f “Conte Rosso”; il Gen. Vincenzo Inzolia; varie delegazioni tra le quali la Guardia Costiera Ausiliaria con il responsabile per Augusta Di Mauro; l’A.N.C. Sez. di Augusta con il Presidente Giallongo; l’A.N.F.I. Sez. di Augusta con il Presidente Montepulciano; i sommergibilisti Cav. Camisa e sig. Nicolini. Sono intervenuti il Presidente del Kiwanis Club Augusta Rizzotti ed il Segretario Purgino; il Dott. Pitari per il Rotary Augusta. Tra gli ospiti il Dirigente scolastico Dott.ssa Maria Concetta Castorina, il Presidente della Università della Terza Età Dott. Caramagno, il Dott. Francesco Paci, il Presidente della ICOB Sig. Rametta. Numerosi i componenti del Consiglio Comunale presenti nonché tutti i corrispondenti locali degli organi di informazione.

Il Museo era rappresentato dai componenti del Comitato di Direzione Sig. Giuseppe Fazio e Prof.ssa Angela Gigli Amato; dal Rag. Domenico Strazzulla del Collegio dei Revisori; dai sig.ri Gino Iurato, Francesco Caruso, Domenico Collorafi, Maurizio Tempio, Pino Ramaci, Giuseppe Saraceno, Francesco Carriglio, Renato Arena, Giuseppe Solarino, Filippo Tringali, Amm. Paolo Russotto, Dott.ssa Ivana Sarcià (oltre che da due dei relatori), tutti componenti del Comitato dei Collaboratori.

NASCE “LAMIS”, un’associazione di ex liceali per l’impegno civile

 

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Augusta –Si è costituita ad Augusta, l’associazione “Lamis onlus”, nata dalla collaborazione tra cittadini mossi dal desiderio di un maggiore impegno civile.

Del comitato promotore fanno parte Gabriella Cannone, cui è stata conferita la carica di presidente, Gianmarco Catalano, Francesco Scionti, Massimiliano Moretti, Ivan Alicata e Carmelo Di Mauro. L’associazione nasce con l’intento di perseguire obiettivi di tutela e valorizzazione del patrimonio artistico, culturale e ambientale del territorio di Augusta, attraverso iniziative che coinvolgano quanto più sia possibile la cittadinanza e ne stimolino l’impegno sociale e civico. L’associazione Lamis intende, inoltre, collaborare fattivamente con l’amministrazione comunale di Augusta e con le altre istituzioni presenti sul territorio.

Il nome dell’associazione vuole ricordare un personaggio importante nella storia della nostra città. Lamis era infatti “l’ecista” che guidò i coloni greci verso la Sicilia e li condusse alla fondazione di Megara Hyblea. I promotori dell’associazione esprimono, con questa scelta, l’auspicio che il futuro di Augusta possa trovare nuovi valori etici e culturali su cui  fondarsi. L’associazione Lamis comunica, inoltre, la propria piena adesione al progetto “PartecipAgire” che vede alcune delle principali associazioni cittadine collaborare per il rilancio sociale e culturale della città di Augusta.

A breve, l’associazione si doterà di un proprio sito internet e darà luogo a iniziative di cui tutti saranno prontamente informati.

C. D.

L’ inganno del Risorgimento

storia, cultura, risorgimentoAUGUSTA. Giorno 29 aprile,  nell’auditorium “Don Paolo Liggieri” del  civico palazzo S. Biagio di Augusta, si è tenuta la presentazione del libro “Il Sud e l’inganno del Risorgimento” di Giacomo Càsole , storico e scrittore, da anni impegnato a promuovere le verità storiche riguardanti un periodo così complesso quale l’unità d’Italia che coinvolse anche la Sicilia. Il convegno-dibattito ha fornito ottime e interessanti chiavi di lettura, sopratutto nell’anno in cui si festeggia il 150° anniversario dell’unità d’Italia.

Per addentrarci meglio nell’argomento, abbiamo deciso di intervistare  l’autore del libro, Giacomo Casole, fondatore e presidente dell’associazione culturale “ Due Sicilie”.

Lei ha intitolato il suo libro “Il Sud e l’inganno del Risorgimento”. Perché usare proprio il      termine “inganno” in riferimento a un determinato periodo storico, solitamente definito da autorevoli storici e scrittori fondamenta per l’unità d’Italia?

Nelle prime tre righe del capitolo denominato il “Razzismo” ha riportato una frase, presumibilmente  credibile di Luigi Carlo Forini, nominato luogotenente una volta conquistato il Regno delle due Sicilie: “ Altro che Italia, questa è Africa. I beduini a riscontro di questi cafoni sono fiori di virtù civile”. Supponendo la veridicità della fonte da cui proviene questa espressione, vuole spiegarci le motivazioni per cui i meridionali vennero considerati inferiori , addirittura peggio dei beduini?

 

“Come ho avuto modo di spiegare durante la presentazione del mio libro, innanzitutto bisogna mettersi d’accordo sul significato della parola “ Risorgimento” che derivando dal verbo risorgere, sta a indicare “resurrezione” o meglio” riscatto” e “rivalsa”.

Ma il Sud che era già da tantissimo tempo uno Stato sovrano libero e indipendente da ingerenze straniere, non aveva bisogno di risorgere né di riscattarsi da alcunché, pertanto molto semplicisticamente posso dirle che il significato di Risorgimento non può adattarsi a tutta l’Italia del 1860.

E’ il Nord che ha bisogno di riscatto in quanto frammentato in piccoli Stati,  è ancora soggetto a pesanti influenze straniere come l’Austria,  che domina direttamente il Lombardo-Veneto. Ed è sempre il Nord che ha l’esigenza per poter crescere ed espandersi, di liberarsi, di riscattarsi, di risorgere; dunque,  è in questo senso che si può parlare di inganno, di imbroglio per la gente del Sud,  a cui si è fatto credere fino a oggi che il “Risorgimento “ fosse un’esigenza sentita e necessaria per tutta l’Italia che si doveva creare come Nazione. Il Sud è già una nazione, e ha un nome conosciuto e rispettato in tutta l’Europa e nel mondo. Il Sud era conosciuto come il “Regno delle Due Sicilie” e possedeva  una lingua e una cultura comuni, oltre a leggi e  usi propri. Per fare l’Italia,  solo il Sud fu stato costretto a rinunziare alla propria peculiarità, alla propria cultura e ai propri averi.  Infatti,  tutti i beni del Regno delle Due Sicilie furono sequestrati e trasferiti al Nord,  che così creò le basi per trasformare la propria povera economia in quella industriale e capitalistica che conosciamo. Il Nord ha ingannato il Sud convincendolo che perseguire la strada dell’unificazione era la sola possibile al bene comune e così come sappiamo bene noi al Sud, non è stato, anzi,  al contrario,  non solo il Sud ha perso tutto, ma ci ha guadagnato il dileggio e il disprezzo oltre a un diffuso razzismo che da allora continuamente serpeggia in ogni discorso, in ogni articolo, in ogni situazione. Il Sud è diventato una questione con l’unità d’Italia, quella meridionale e da allora a oggi ( a 150 anni suonati) non c’è soluzione. Le ricordo che la Germania ha colmato il divario con la sorella dell’Est in meno di un ventennio, in Italia al contrario ancora si discute il da farsi. Altro che inganno questo risorgimento!” Per quale motivo in Italia l’eccidio dei meridionali, avvenuto durante la spedizione dei mille, rimane un mistero, se non un tabù? A tal proposito cosa si può fare per risvegliare la coscienza meridionale?

 “I piemontesi che,  immediatamente conquistato il Regno delle Due Sicilie, vennero a contatto con il popolo meridionale, si accorsero da subito che la lingua, la cultura, gli usi e i costumi erano differenti dai loro, loro  che parlavano una lingua molto più simile al francese che all’italiano, che avevano modi e gesti affettati. Essi  non solo non compresero nulla, ma l’impatto un po’ brusco con il chiassoso e colorito popolo meridionale, li portò a respingere in toto quelle persone e quelle situazioni che non avevano mai visto e non solo non capirono mai nulla , ma non si sforzarono nemmeno di farlo.

Così, nei loro giudizi superficiali e affrettati, subentrò immediatamente il razzismo per persone o cose che erano al di fuori da loro e che non capivano.

Tutte le forme di razzismo d’altronde sono dettate da ignoranza e da prevaricazione. D’altronde il popolo meridionale non fu docile carne da macello, ma cercò con una guerra partigiana, definita guerra di brigantaggio, di contrastare l’invasione manu militari di questa nazione straniera. E questo non poteva far piacere ai piemontesi invasori, i quali ancora di più si inasprirono contro il popolo meridionale, definito beduino, africano,  ecc.”

Quali furono le conseguenze economiche, politiche e sociali che, purtroppo ancora oggi si ripercuotano nella nostra terra?“Innanzitutto, devo dirle che l’eccidio della popolazione meridionale è avvenuto non solo durante la cosiddetta spedizione dei Mille,  ma anche e soprattutto durante l’occupazione sabauda.

Garibaldi si rese responsabile del famoso episodio di Bronte, dove alcuni contadini,  credendo ai falsi proclami del dittatore, si erano  impadroniti delle terre di alcuni possidenti. Un intero paese fu dichiarato in stato d’assedio, sei cittadini innocenti furono fuciliati a seguito di un processo sommario condotto dal boia Bixio e molte altra centinaia furono rinchiuse per lunghi anni in carcere, senza processo e senza sentenza. Così Garibaldi liberava il Sud, così il Sud pagava il prezzo del Risorgimento fasullo. I Savoia fecero di peggio comportandosi talvolta con ferocia indiscriminata senza guardare in faccia uomimi, donne o bambini,  per ridurre all’obbedienza e alla ragione il popolo meridionale. Si comportarono talvolta con brutalità  talmente gratuita e insopportabile da essere paragonate successivamente  ai peggiori barbari o alle SS naziste. Le conseguenze furono : la diffidenza verso i nuovi governanti, considerati a volte peggiori di quelli vecchi e l’allontanamento progressivo ma ineluttabile da quegl’ideali che avevano  reso possibile il Risorgimento e dall’idea di Nazione giusta ed equa. “Recentemente sono state celebrate le nozze tra il principe ereditario William d’Inghilterra e Kate Middleton. Sorvolando sulla piacevolezza o no di quello che viene definito dalla stampa mondiale il matrimonio del secolo, è strano c Quali furono le conseguenze economiche, politiche e sociali che, purtroppo ancora oggi si ripercuotano nella nostra terra? Che in questo matrimonio non siano stati invitati gli eredi di Casa Savoia, artefici dell’unità d’Italia, mentre era presente Carlo di Borbone, discendente della famiglia Borbonica del Regno delle due Sicilie. Che  ne pensa? “Premesso che il matrimonio di un rampollo della casa reale inglese non  sfiora nemmeno lontanamente i miei interessi e se mai appartiene al gossip, tuttavia si può notare non dico con soddisfazione ma con interesse la notizia che sia stato invitato a questa cerimonia un erede della Casa Reale delle Due Sicilie. Ciò significa che almeno in idea l’antico e glorioso Stato meridionale vive ancora non solo nel gossip , ma anche nella mente e nel cuore di tutti quei meridionali che dovrebbero andare orgogliosi del proprio passato e della propria storia.”

Federico Tringali

RIEVOCAZIONE STORICA DELLO SBARCO A MESSINA DI DON GIOVANNI D’AUSTRIA

 

Messina 18 aprile 2011 – Oggi, con inizio alle ore 11, ha avuto luogo presso il Forte “San Salvatore” di Messina la conferenza stampa di presentazione della terza edizione della “rievocazione dello sbarco a Messina di don Giovanni d’Austria”, evento di alta rilevanza promosso anche quest’anno dall’Associazione culturale “Aurora” insieme alla “Marco Polo System” di Venezia e coorganizzato con il Comune di Messina e la Provincia Regionale di Messina. I lineamenti organizzativi della manifestazione di quest’anno sono stati illustrati dal dott. Fortunato Manti (Presidente dell’Associazione culturale “Aurora”), dal prof. Vincenzo Caruso (direttore artistico dell’evento) e dall’on. Nanni Ricevuto, Presidente della Provincia Regionale di Messina. Moderatore della conferenza il dott. Enrico Casale, giornalista pubblicista, studioso di storia militare e storia patria. Erano presenti, inoltre, il C.V. Santi Le Grottaglie (Comandante del Distaccamento di Messina della Marina Militare), il C.V. Antonio Musolino (Comandante della Capitaneria di Porto di Messina), gli assessori Pippo Isgrò e Dario Caroniti in rappresentanza dell’on. Giuseppe Buzzanca (Sindaco della città di Messina), il Col. Joselito Minuto (Comandante del Gruppo Aeronavale della Guardia di Finanza), il C.F. Francesco Capparucci (Comandante Zona Fari), l’ing. Mauro Sidoti in rappresentanza dell’ing. Gianfrancesco Cremonini (Agenzie Industrie Difesa – Arsenale di Messina), la dott.sa Daniela Faranda (Vice Presidente dell’Ente Teatro Vittorio Emanuele), il sig. Carmelo Recupero (Lega Navale di Messina), la dott.sa Michaela Stagno d’Alcontres (Istituto Italiano dei Castelli).

Nutrito il pubblico con personaggi di spicco quali l’architetto storico Nino Principato e l’editore Antonino Sfameni.

Numerose le attività in programma quest’anno. L’ormai consueta rievocazione, evento centrale della manifestazione, che vedrà quest’anno delle innovazioni di alto contenuto storico. La Regata Velica “Don Giovanni d’Austria – Trofeo città di Messina”, organizzata dalla Lega Navale in collaborazione con i circoli velici messinesi, inserita per la prima volta nel calendario nazionale della Federazione Italiana Velica (FIV). Sarà ristampato il libro “I Siciliani nella battaglia di Lepanto”, di G. Arenaprimo (ed. 1892), nella collana delle Edizioni Antonino Sfameni (EDAS) “Lo Stretto di Messina nella Storia Militare”. Al corteo storico e alla rievocazione prenderanno parte le rappresentanze, in costumi d’epoca, dei comuni di Sermoneta (LT), Venezia, Lepanto, Marino Laziale (Roma), Nicosia e, per la città di Messina, la Compagnia di Armi Rinascimentali. Realizzazione di un convegno, nella prima decade del mese di agosto, in sinergia con il Museo del Mare di Palermo sul tema “il soggiorno di don Giovanni all’Abbazia Benedettina di S. Martino delle Scale di Palermo”. Nel mese di settembre sarà organizzata un’attività espositiva, inerente i costumi di scena di Opere Liriche ambientate nel periodo rinascimentale presso il Teatro Vittorio Emanuele, e una mostra di opere riferite al XVI secolo costudite dalla Biblioteca Regionale. Saranno presenti le Autorità venete, greche, maltesi e veneziane e sarà chiesta la partecipazione del Sindaco di Ratisbona, città natale di Don Giovanni dove esiste una riproduzione, autorizzata nel 1978 dal Sindaco di Messina, della statua del condottiero.

L’intera manifestazione si caratterizza per la sinergia realizzata tra l’Associazione Culturale “Aurora” e la Società Marco Polo System di Venezia, il Comune di Messina, la Provincia Regionale di Messina, l’Autorità Marittima dello Stretto, il Distaccamento di Messina della Marina Militare Italiana, la Capitaneria di Porto di Messina, il Gruppo Aeronavale di Messina della Guardia di Finanza, il Reparto Supporto Navale, il Comando Zona Fari, l’Agenzia Industrie Difesa (Arsenale di Messina), l’Autorità Portuale, la Lega Navale di Messina, i Circoli Velici di Messina, la Soprintendenza BB.CC.AA. di Messina, l’Ente Teatro Vittorio Emanuele, la Biblioteca Regionale di Messina, l’Ente Fiera Internazionale di Messina, la “Marina del Nettuno”, l’Istituto Italiano dei Castelli, il Comune greco di Lepanto, la Regione Veneto, il Comune di Venezia, il Ministero della Cultura di Malta, il Museo del Mare di Palermo. Il luogo ed il nome di Lepanto sono strettamente legati alla storia militare del Mediterraneo. Oggi, lasciata alle spalle la tragica dimensione dello scontro, può essere assunto quale punto di riferimento del Mediterraneo, delle storie e delle culture che lo compongono, perché è indiscutibile che, anche se contrapposte, quella domenica del 7 ottobre del 1571, tutte le lingue, le culture, le religioni lì, nella tragedia, si sono ritrovate. Messina, grazie alla sinergia tra i soggetti promotori e le istituzioni cittadine si prepara quindi ad accogliere, durante il periodo del Ferragosto, un evento turistico e culturale capace di attrarre migliaia di visitatori e di esportare nei paesi del Mediterraneo l’immagine della città dello Stretto e il ruolo che ebbe nella storia.

  Enrico  Casale