Sabato 22 novembre scorso ricorreva il 51° anniversario della morte di J.F.Kennedy, definito il “Presidente della Nuova Frontiera”, ucciso a Dallas, Texas, appunto il 22 novembre 1963. Secondo un film sull’assassinio, il sospetto che l’omicidio fosse stato deciso addirittura da un gruppo governativo. Nella silloge del prof. Giorgio Càsole, dal titolo “Peregrinazioni poetiche”, di prossima pubblicazione, una ode che pubblichiamo sotto, scritta 11 anni fa, in memoria dello storico e drammatico evento che, all’epoca dei fatti, commosse e sconvolse il mondo intero.
G.T.
ODE PER JFK – di Giorgio Càsole
Quarant’anni fa a Dallas morì
il gran capitano di ogni dì
non impavido sul campo di guerra
né con lo sguardo diretto al timone
ma pronto a battersi contro un leone
o altre simili bestie infernali
come quando nelle acque fatali
inseguiva il nostro rombante e vinse
dopo ìmpari lotta, giovane e bello.
Trionfante infine l’alloro lo cinse
eroe in casa per l’immane duello
per i compagni sottratti alla sorte
per la sfida costante alla morte.
Dolorante per i colpi subìti
cavaliere si rialzò per un fine
più alto, per quell’impresa e conquista
prevista dagli avi: gli Stati Uniti.
Quarant’anni fa a Dallas morì
il gran capitano mai stato lì.
Andava fiero il gran capitano
del nuovo e più grande regno di Camelot
dall’una e dall’altra costa e si fidava
degli altri cavalieri per combattere
i nuovi nascosti orchi del male
e alzare una frontiera spirituale.
In mare aperto oltre la baia andò
il capitano degli Stati Uniti
quando in duello l’orso russo affrontò
tenendo il mondo col fiato sospeso
senza morti alla riva o feriti.
Andava fiero il gran capitano
del suo sogno sulla tolda robusta
ma un giorno gli tolse il sogno e la vita
il giorno che fu a Dallas, novembre
ventidue dell’anno del Signore
millenovecentosessantatré.
Fu colpito quel giorno a tradimento
mentre indifeso e a capo scoperto
andava verso la folla osannante
quando da lontano un colpo preciso
contro la nuca del gran capitano
gli fora il cervello: l’ha già ucciso
come animale portato al macello.
Ma altri colpi rintronano ancora
violenti in frenetica successione
e il suo sangue bagna la processione
e non ferma chi lo sorregge invano
e il suo cervello schizza di mano
schizza il cervello del gran capitano
come freccia che sibila lontano.
Quarant’anni fa a Dallas morì
il capitano che giace ora qui.
Qui giace solo nell’umida terra
di quella verde collina fiorita
di bianche croci, quanti i morti in guerra,
di chi col sangue la patria ha servita.
Lui, in pace sconfitto a tradimento
spoglio ormai d’ogni ornamento, qui giace.