ARSENALE MILITARE/ FINALMENTE LA BONIFICA DEI RELITTI PORTUALI – di Francesco Migneco

La gara vinta da una ditta olandese  per l’importo di 2 mln e 330 mila euro

 

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AUGUSTA. L’amm. Giuseppe Abbamonte, direttore dell’arsenale M.M. di Augusta ha dichiarato che finalmente il progetto della rimozione di parte dei relitti militari nel porto di Augusta è nella sua fase di attuazione. Ci sono voluti parecchi anni, e non ne vogliamo dire il numero, e ciò non per colpa o negligenza dell’ente arsenalizio o dei comandi territoriali interessati a supporto. Sembra facile per il profano dire: “che ci vuole a tirare fuori dall’acqua una carcassa di nave”. Bene, non è così! Le varie direzioni dell’Arsenale hanno dovuto combattere e non è finita, e combattono con la tremenda ed inestricabile normativa burocratica relativa all’ambiente e allo smaltimento dei rifiuti conseguenti che nella fattispecie, fagocita anni e anni di tempo, in un groviglio di scartoffie, autorizzazioni, pellegrinaggi e attese snervanti innanzi agli usci degli uffici ministeriali competenti. Senza mettere in conto poi, spesso come avviene in Italia l’avventarsi continuo di leggi e codicilli che investono l’ambiente e la regolamentazione dello smaltimento dei rifiuti nocivi o no. Non va disgiunto, altresì l’aspetto economico, cioè il finanziamento che lo Stato deve approntare per dette operazioni. Indubitabilmente, la lungaggine dell’iter burocratico comporta la lievitazione dei prezzi e capita spesso che la pratica si interrompa oppure perché va incontro a periodi di poco confortevole assetto economico nazionale. Nello specifico, sono interessate alla bonifica:

lo specchio acqueo antiastante il Forte Vittoria;

lo specchio acqueo antiastante la banchina di Punta Cugno.

 

Nel primo sito, sono da sgomberare l’ex dragamine Loto e Giaggiolo, un MTF, mentre per il secondo, cioè Punta Cugno, dove sono ormeggiate le ex corvette Alcione e Airone, oltre all’MTF 1302 e l’ex dragamine Palma. Dei relitti del Loto, Giaggiolo e dell’MTF emergono in superficie solo alcune parti, e si tratta di oltre 1.000tonnellate. A proposito della sigla MTF “Mezzo Trasporto Fari”, altre fonti indicano trattarsi di un MTC “Mezzo Trasporto Costiero” che in origine doveva essere un LCS “Landing Craft Ship” ossia un mezzo anfibio alleato utilizzato durante lo sbarco in Sicilia e successivamente ceduto all’Amministrazione Militare italiana. Di questo mezzo, allo stato, emerge solo la chiglia piatta. A Punta Cugno, invece, il recupero è più complesso in quanto il dragamine Palma di 500 tonnellate è posato sul fondale, mentre l’MTF1302 ha in superficie solo la plancia. I relitti più consistenti sono rappresentati dalle corvette Airone e Alcione. La prima venne varata nel 1954, ed entrò in servizio il 21 ottobre del 1955 con un dislocamento di 895 tonnellate, 76,30 m di lunghezza e 9,60 m di larghezza. Era dotata di due cannoni da 76/62 e due mitragliere da 40/70, e un equipaggio di 117 di cui 6 ufficiali. Utilizzata sino al disarmo avvenuto nel 1992, come unità di addestramento di TT.VV., per il pattugliamento e vigilanza pesca, con base ad Augusta. La sigla era F544, e a poppa stagliava il motto “Nihil me deflectit”. L’Airone della stessa classe, dal 1955 ha prestato gli stessi servizi dell’Alcione. Di stazza leggermente superiore alla sua gemella (950 tonnellate) era dotata in più di quattro tubi lancia bombe. Al momento del disarmo avvenuto in Augusta nel 1992, i due scafi vennero appaiati al molo di Punta Cugino e così sono rimasti per lungo tempo fino a quando qualche anno fa, un violento fortunale fece rovesciare di fianco l’Alcione che si adagiò con l’alberatura sull’Airone. In seguito, l’alberatura è ceduta e, quindi, l’Alcione è scivolato sul fondo sul suo lato dritto. Infine l’MTF1302-A5362 presenta solo la parte della plancia fuori dall’acqua. Questo relitto, infatti, essendo coperto da fanghiglia richiederà più lavoro e l’impiego di attrezzature più avanzate. A questo punto, come ha riferito con dovizia di particolari l’amm. Abbamonte, vale soffermarsi sulla procedura del recupero. Verranno utilizzati sistemi d’avanguardia per tale tipo di lavori, anche, perché si deve tenere conto dell’impatto ambientale. A tal uopo, si procederà secondo quanto stabilito dalle “Conferenze dei Servizi” del 2005 e 2006 in cui specificatamente venivano affrontati i problemi inerenti i recuperi navali e ponendo vincoli e prescrizioni ineludibili e spesso pesanti che diluiscono nel tempo il conseguimento di tali opere. Nel mostro caso, spiega ancora l’amm Abbamonte i relitti da smaltire , praticamente vengono circoscritti e isolati da un cosiddetto “bacino di demolizione”, vale a dire che si pone in opera una cintura di paratie in lamiere d’acciaio conficcate nel fondale che in pratica imprigiona, a tenuta, il relitto da recuperare. Ciò consente di agire nella massima sicurezza, evitando qualsiasi sversamento di sostanze nocive, durante l’imbragamento delle parti sommerse. Si premette, per dovere di completezza che preliminarmente, tale livello di attenzione è stato adottato in quanto sono stati già effettuati carotaggi sino a un metro sotto il fondale dove allo stato giacciono i relitti. Fortunatamente, nei siti interessati non è stata rilevata concentrazione di mercurio o di altri metalli nocivi fuori dalla norma. Pur tuttavia, è previsto che man mano che il relitto verrà smantellato e portato in superficie, verrà effettuato un continuo monitoraggio dell’acqua al fine di evitare ogni dispersione eventuale, per cui non vi potranno essere problemi sulla continuità delle operazioni. Il contratto dei lavori se lo è aggiudicato il raggruppamento temporaneo di concorrenti, con a capo la ditta MAMMOET SAVAGE B.V. di Rotterdam (Olanda) con la CHELAB srl, per un valore complessivo di € 2.330.000. Questa impresa è una delle più qualificate in campo internazionale in ordine al recupero di relitti navali anche a profondità rilevanti. Infatti di recente è passata alla storia per avere recuperato un troncone, pari a tre quarti della zona prodiera del sommergibile nucleare sovietico, il “CURSK” di 13.500 tonnellate, inabissatosi nel mare Artico a una profo9ndità di oltre 120 metri. La stessa ditta procederà, inoltre, allo smaltimento di tutte le parti dei relitti mediante la separazione dei rifiuti classificati nocivi e non, osservando scrupolosamente quanto previsto dalle norme di legge. Orbene, finalmente, “la grande novella”, come si apostrofava negli ambienti portuali, sormontando caparbiamente vincoli, scaramucce e l’evoluzione continua della normativa in materia, si avvia alla definitiva soluzione. Concludendo, non va disattesa, la svolta decisiva data prima dall’amm.  Brogi, e poi dal suo successore amm. Abbamonte che ha guidato e guida con competenza l’operazione, unitamente all’altrettanto esperto staff di ufficiali arsenalizi. Senza dubbio la bonifica si concluderà, almeno, per quegli specchi d’acqua del nostro porto e, quindi, sarà restituita l’antica bellezza paesaggistica a lungo deturpata da questi avanzi inerti.

     Francesco Migneco