IL TRINAGOLO INDUSTRIALE DI AUGUSTA-PRIOLO E MELILLI, OVVERO LA SEVESO DEL SUD? – di Cecilia Càsole

porto-augustaDopo oltre  vent’anni di   battaglie, in campo ambientalistico, in àmbito giornalistico e  in sede istituzionale,  nella legislazione italiana è tata introdotta una norma che rende il diritto italiano  più vicino al all’area giurisdizionale europea e in particolare  il diritto penale più  vicino alla sensibilità moderna verso quelli che sono stati definiti  “ecoreati”, cioè quei delitti che, consapevolmente, commettono tutti coloro,  imprese o singoli, contaminano, inquinano, recano danni all’ambiente: reati contro l’ambiente (“eco”, dal greco oikos).  Il codice del diritto penale italiano,  dal 22 maggio 2015, si è arricchito grazie all’introduzione, nel II libro del C.D.P., di una nuova disciplina: il diritto penale ambientale, che prevede ben cinque  nuovi delitti contro l’ambiente, che occupano un intero Titolo, il VI-bis.  – Gli ecoreati : Gli ecoreati,  previsti dalla legge n. 68, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 22 maggio 2015 entrata  in vigore il 29 maggio  successivo, sono: 1) inquinamento ambientale; 2) disastro ambientale; 3) delitti colposi contro l’ambiente; 4) traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività e materiale a radiazioni ionizzanti; 5) impedimento del controllo. Queste le sanzioni previste da questa nuova disciplina. Passaggio di civiltà:  Il 19 maggio 2015, giorno in cui  il decreto legge sugli ecoreati, fu approvato dal Senato per essere trasformato in legge dello Stato,  è stato definito un giorno storico , sia per i  precedenti lunghi tempi di attesa, oltre vent’anni, sia per gli strumenti giuridici contenuti contro le cosiddette ecomafie, quelle organizzazioni criminali che negli ultimi vent’anni, appunto, hanno speculato, specialmente nel Meridione d’Italia, lucrando sul trattamento dei rifiuti, con conseguente nocumento all’ecosistema.  Esemplare al riguardo la famigerata “Terra dei fuochi”, portata alla luce in tutta la sua tragicità da Roberto Saviano nell’ormai arcinoto libro-denuncia “Gomorra”. L’approvazione della legge è stata definita un vero passaggio di civiltà perché  sono stati introdotti riferimenti certi per tutta una serie di fatti gravi, per esempio l’inquinamento da Eternit, con conseguente avvelenamento per operai e non, giacché  in precedenza erano previsti reati inadeguati alla gravità dei fatti, tanto che, spesso come nel caso  Eternit, gli imputati sono stati assolti. Il nuovo titolo del Cp, il  titolo VI-bis denominato “Delitti contro l’ambiente”, al di là delle figure di reato introdotte per contrastare in maniera articolata  ogni possibile violazione ambientale,  segna davvero in Italia una svolta che è stata definita epocale, perché contiene l’aggravante ambientale che, secondo Roberto Pennisi, sostituto procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, può essere considerata rivoluzionaria – la cui   portata potrà misurarsi  ovviamente solo attraverso l’applicazione giurisprudenziale – che adegua finalmente la nostra legislazione ordinaria ai precetti  costituzionali… e proietta la legislazione italiana ai vertici fra quelle dei Paesi dell’Unione Europea.”  R.Pennisi, “Quella svolta epocale nel reprimere i reati contro l’ambiente”in Guida al Diritto,  IlSole 24 ore, 13/6/2015, n.25, p.10. Il nuovo titolo, “Delitti contro l’ambiente”, è stato votato a larghissima maggioranza da un amplissima rappresentanza parlamentare, che ha provocato un coro di consensi con ampia risonanza sugli organi di stampa.

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE, IL PRINCIPIO DI TRASPARENZA, PARITÀ DEI SESSI , PERCORSI GIUDIZIALI – di Cecilia Càsole

R928540855_nIl principio di trasparenza è anzitutto contenuto nell’articolo del 1 della legge 7 agosto del 1990 sul procedimento amministrativo [1]  : legge sottoposta a modifiche in seguito alla legge n.15 del 2005 recante “ Modifiche e integrazioni alla legge 7 agosto del 1990, num. 241, concernenti norme generali sull’azione amministrativa”. I differenti istituti della trasparenza amministrativa sono, altresì, disciplinati dalle leggi statali o regionali a seconda che rientrino o no nelle materie indicate nell’articolo 117 comma 2 e 6, rispettivamente inerenti all’ “ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali” , e “alle fonti regolamentari degli enti pubblici territoriali”. Il principio che ci proponiamo di esaminare è stato oggetto di lunghi dibattiti incentrati sull’ individuazione della connotazione attribuibile a esso. Introdotto nell’art. 1 della L.241/ ’90 con la riforma del 2005, è stato un principio che sin da subito  è stato privo  di una chiara formulazione di norme di settore, tanto da essere stato definito un principio “ Bon a tout faire” ( Manganaro). Nei dibattiti giurisprudenziali gli interrogativi mirarono a chiarire se si trattasse di un principio che tendesse semplicemente a perfezionare il principio di pubblicità o potesse essere considerato dotato di una sua autonomia applicativa .

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I partiti e il sistema delle “quote rosa” – di Cecilia Càsole

CeciliaIl sistema delle quote è uno strumento volto a garantire una distribuzione equa delle cariche politiche tra donne e uomini ed è espressione della trasformazione tra “uguaglianza di opportunità” a quello di “ eguaglianza di risultati.” Nel primo caso dovevano essere rimossi gli ostacoli che impedivano il raggiungimento di alcune posizioni come il diritto di voto e il diritto di poter candidarsi. L’eguaglianza di risultati esprime un concetto più vasto, che comporta non solo la rimozione di alcuni ostacoli, ma, soprattutto, l’introduzione di misure che garantiscano di fatto la possibilità di canditura e di elezione delle donne, in modo che possano davvero far parte della rappresentanza politica. Coloro che si occupano di promuovere azioni a favore di una maggiore presenza delle donne negli organi elettivi sono movimenti e organizzazioni delle donne che attivano circuiti di supporto nella società civile e tra le organizzazioni internazionali. C’è, tuttavia, chi sostiene che l’introduzione delle quote non produce automaticamente più rappresentanza  perché ci sarebbe comunque la resistenza del mondo politico e la persistenza di stereotipi sociali che considerano ancora la donna come femme du foyer. Infatti, come abbiamo avuto modo di sottolineare, la semplice rimozione dei modelli discriminatorie non appare sufficiente, perché spesso, pur eliminando tutte quelle forme di discriminazioni di discriminazioni palesi continuano a permanere dei pregiudizi a volte avallati dagli stessi soggetti vittime di tali discriminazioni in presa a un delirio di disistima. L’introduzione delle quote rosa è sorta in virtù dell’imposizione istituzionale delle c.d. azioni positive.

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DIRITTI CIVILI E POLITICI DECLINATI AL FEMMINILE – di Cecilia Càsole

grafico quote rosaIn Italia per quanto riguarda i diritti civili, le donne restano segnate da un’ impostazione culturale che, in molti casi, nella gestione degli interessi patrimoniali, non le ritiene in grado di provvedere autonomamente e perciò assoggettate all’assistenza e alla tutela del padre, del marito o chi per loro. Per ciò che concerne i diritti politici, l’esclusione delle donne dal voto, prima, e della rappresentanza in seguito, ha sostanzialmente evidenziato una contraddizione tra l’eguaglianza formale dei cittadini nel godimento dei diritti politici, così come viene dichiarato dalla Costituzione e da altre numerose disposizioni di legge, e l’effettivo godimento di questi diritti. Culture e prassi organizzative di partiti e istituzioni rendono difficile l’esercizio di tali diritti.

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L’UGUAGLIANZA DEI CITTADINI NELLA COSTITUZIONE ITALIANA – di Cecilia Càsole

Celilia CàsoleLa Costituzione della Repubblica Italiana è stata emanata dall’ Assemblea Costituente il 22 dicembre del 1947 ed è entrata in vigore il 1°  gennaio del 1948. Per comprendere l’inserimento di un principio come quello delle pari opportunità all’interno del territorio nazionale non si può prescindere dalla considerazione dell’importanza in questo settore delle entità locali che compongono il nostro Paese. I padri  costituenti hanno ripartito la Repubblica in “ regioni, province e comuni” ( art.114  Cost.). Le regioni nell’art. 115 sono definite “ enti autonomi con propri poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione”; l’articolo128 Cost. indica Province e Comuni  come “enti autonomi nell’ambito dei princìpi fissati da leggi generali della Repubblica”. In origine, caratteristica della competenza legislativa delle regioni ordinarie fu essere solo concorrente e limitata a un numero ridotto di materie elencate nell’articolo 117 Cost.  Cioè, in tutta una serie di materie le regioni avrebbero potuto legiferare  mantenendosi all’interno le leggi dello Stato , cui spettava il compito di stabilire i princìpi fondamentali della materia. Quanto a Comuni e Province, la Costituzione impose che fossero disciplinati non da leggi regionali ma come disposto dall’articolo 128 dall’ordinamento della Repubblica. Per conoscere l’ordinamento regionale è necessario consultare il testo del titolo V Cost. riformato prima dalla l. Cost. 1/1999 e poi dalla l. Cost. 3/2001. Al dì là della ripartizione di materie di materie tra Stato e Regioni, stabilita dall’art. 117 della Costituzione, ci sono materie di competenza concorrente, e sono quelle nelle quali la potestà legislativa regionale deve esercitarsi all’interno delle c.d. leggi cornice o desunte dall’ordinamento vigente. Il comma 4 dell’art. 117 Cost. attribuisce la potestà legislativa alle regioni “ in riferimento a ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato”, quindi vi è una competenza residuale delle regioni.

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VERSO LE QUOTE ROSA: IL CORAGGIO D’ESSERE DONNA ANCHE IN POLITICA – di Cecilia Càsole

Che cosa ha significato il XX secolo  per le donne del nostro Paese?

ceciliaL’Italia del  secondo dopoguerra riflette un modello “ di democrazia consociativa a frattura ideologica”. Tale nozione indica la competizione tra i due maggiori partiti  PCI (Partito Comunista Italiano ) e DC ( Democrazia Cristiana), negli anni in cui  nello scenario mondiale domina  la contrapposizione fra le maggiori potenze USA e URSS. 1946, anno decisivo. La massiccia partecipazione alla vita politica del Paese si presentò nel 1946, quando i cittadini furono chiamati a votare per la scelta fra Monarchia e Repubblica. In quell’ occasione, per la prima volta, le donne poterono manifestare la loro preferenza che si espresse nella maggior parte per la forma repubblicana. A quel punto, i partiti si resero conto che occorreva coinvolgere le donne nella politica, non tanto perché intendevano elevare la posizione sociale della donna quanto per un fine meramente opportunistico di acquisizione di voti e  consensi.  A confermare  la svolta fu l’adozione della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali – così come modificata dai successivi protocolli – ( legge 4 agosto 1955 n.848 )[1], che si preoccupò sin dai primi articoli delle donne e della loro tutela. L’articolo 14 della Convenzione, titolato “divieto di  discriminazione”,  non lascia spazio a interpretazione  :  “ Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o di altro genere, l’origine nazionale o locale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita o ogni altra condizione. Nella prima conferenza delle ragazze comuniste del 1954, Palmiro Togliatti, leader storico del PCI , ribadisce la necessità di spingere un acceleratore nel processo di emancipazione femminile. Del resto, la sinistra rispetto alla destra è stata la parte che ha accolto con maggior sensibilità la questione della rappresentanza di genere nell’agenda politica. Gli anni Settanta del secolo scorso  sono gli anni in cui ancora di più la “Questione femminile” assume una dimensione sovranazionale; quando nel 1966 fu adottato dall’Assemblea Generale  dell’ONU il Patto Internazionale sui diritti civili e politici entrato in vigore il 23 marzo 1976[2]. Sia nell’articolo 2 che nell’articolo 25 del Patto troviamo una chiara disciplina sulle modalità di tutela e di esplicazione dei diritti sia essi politici sia civili, nel rispetto dei princìpi di uguaglianza e non discriminazione. Il ruolo delle normative introdotte al di là del territorio nazionale è rilevante perché ha permesso di dare maggiore risalto al ruolo delle donne e alla loro tutela e, a maggior ragione,  ha imposto agli Stati membri  sia  vincoli normativi,  cui devono attenersi, sia il dovere di provvedere alla realizzazione di strumenti idonei a garantire la piena partecipazione delle donne alla vita politica, sociale, culturale, economica del Paese . Un decisivo passo in  avanti si ebbe con la legge n.125 del 1991 ,  Azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donna nel lavoro. Tale provvedimento volle favorire l’inserimento nel mondo del lavoro e la carriera delle donne adottando le cosiddette “ azioni positive”, volte a rimuovere gli ostacoli che, di fatto, impediscono la realizzazione delle pari opportunità tra uomo e donna.

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