Oggi i libici sbarcano in Sicilia, ma gli Italiani sbarcarono in Libia per colonizzarla – di Ugo Passanisi

COME BALLAVANO QUELLI DELLA QUARTA SPONDA

CANTO TRIPOLIAUGUSTA. Verso la fine degli anni ’40 avevo all’incirca 18 anni ed ero da poco rientrato avventurosamente e clandestinamente in Libia dopo aver vissuto per un paio d’anni ad Augusta subito dopo la fine della guerra. Qui, nel nuovo ambiente, mi ero gradualmente inserito in un giro di amicizie, costituito soprattutto dai compagni di scuola del Liceo Scientifico “Dante Alighieri” da me frequentato, che era anche l’unico Istituto italiano di istruzione superiore in funzione a Tripoli in quegli anni. Al mio ritorno in Libia mi ero però ritrovato in una realtà sociale molto diversa da quella dalla quale provenivo, cosmopolita è vero, ma piuttosto gretta, chiusa e provinciale, rimasta isolata ed esclusa per anni dal resto del mondo a causa degli avvenimenti bellici e politici, per la quale sembrava che il tempo si fosse fermato agli anni dell’anteguerra. Così anche per noi giovani,ragazzi e ragazze, i rapporti personali tra i due sessi obbedivano ancora a regole rigide e severe,molto simili all’apartheid, e spesso limitati alle sole ore dedicate alle attività scolastiche. Riempire il tempo libero con qualche tipo di attività ludica, tranne d’estate quando c’era la possibilità di frequentare le bellissime spiagge attrezzate del litorale africano, era perciò un problema che cercavamo di risolvere in qualche modo, anche organizzando tra noi, studenti di Liceo, armati di uno scassatissimo giradischi a 78 giri, improvvisate feste danzanti alle quali,vincendo la loro iniziale riluttanza, riuscivamo il più delle volte a coinvolgere le nostre compagne di scuola, magari con la promessa di far partecipare anche le nostre sorelle. Poi, col passare del tempo, si formarono piccole orchestrine di musicisti dilettanti, e altre in particolari occasioni ne vennero dall’Italia, per allietare con le musiche ed i ritmi in voga in quegli anni i tediosi pomeriggi invernali al “Circolo Italia” dove, la domenica, la comunità italiana si ritrovava senza distinzione di ceti sociali, unita dall’unico desiderio di divertirsi dando sfogo con il ballo a una sana esuberanza giovanile che fuori da quelle mura non era consentita e che, in un paese dalla cultura rigidamente musulmana, era vista con ostilità e considerata peccaminosa. Ho cercato di descrivere quell’atmosfera e quell’ambiente nel mio libro “Noi, quelli della Quarta Sponda” e, chi l’ha letto, certamente se ne ricorderà. A quei tempi non esistevano né discoteche né balli di gruppo,  nella cui promiscuità è ormai del tutto sconosciuto il rapporto diretto dama-cavaliere e dove ciascuno si agita per suo conto, incurante e indifferente a tutto il resto che lo circonda: il ballo, a quei tempi, era considerato una cosa seria che, contro ogni regola corrente, consentiva ai giovani maschi di tenere tra le braccia una fanciulla che sarebbe restata altrimenti assolutamente inaccessibile.

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UN EXCURSUS AVVINCENTE DELLO STORICO AUGUSTANO UGO PASSANISI

DA BISANZIO AI NORMANNI  (I p.)

normanni2AUGUSTA. Nel drammatico momento storico che stiamo attraversando in cui la sanguinaria violenza dell’autoproclamato Stato islamico dettata dall’odio per veri o presunti torti subìti, da antichi rancori, desiderio di vendetta e, soprattutto, dall’integralismo religioso, spaventa e impressiona duramente l’opinione pubblica, si risvegliano ovunque in Europa ataviche paure e forti sentimenti anti-islamici, sentimenti oggi, forse più ancora che in passato, ampiamente condivisi da gran parte della società occidentale. Si aggiungono a questo stato di malcelata ostilità nei confronti del mondo musulmano il disagio e i timori alimentati dalla inarrestabile ondata migratoria proveniente dai Paesi del NordAfrica e del Medio-oriente che ha assunto ormai i caratteri di una vera e propria invasione di massa. In un contesto così conflittuale come quello presente, perciò, potrebbe apparire impopolare, se non inopportuna, la scelta di  un argomento che rivaluta non solo la storia ma anche, e soprattutto, i risvolti positivi della dominazione araba in Sicilia. In realtà non è così, poiché la storia non può tenere in conto le emozioni del momento: la storia è il fedele resoconto degli eventi e delle loro conseguenze così come sono avvenuti nel tempo, e merito e compito dello storico è la capacità di analizzarne gli effetti con la fredda imparzialità dovuta all’epoca storica in cui tali fatti si sono verificati senza lasciarsi fuorviare emotivamente nei propri giudizi da avvenimenti negativi come quelli attuali. Dico questo poiché i quasi tre secoli in cui la Sicilia fu dominata dai Musulmani furono senza alcun dubbio, dopo le inevitabili distruzioni e devastazioni causate dalla guerra di conquista, tra i più felici e positivi della storia della nostra terra, e certamente quelli in cui, come dice Leonardo Sciascia, si forma come in un crogiolo il carattere peculiare della nostra gente, con tutte le sue uniche e irripetibili caratteristiche: quelli in cui gli abitanti della Sicilia che fino a quel momento erano stati sicani, siculi e poi greci, fenici, romani, e greco-bizantini acquistano coscienza della propria identità e divengono finalmente “siciliani”.

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UGO PASSANISI, L’AUGUSTANO DELLA QUARTA SPONDA

Il suo libro “Noi, quelli della quarta sponda” ha vinto un premio prestigioso di saggistica

noiAUGUSTA. “Quarta Sponda” fu un’ espressione del periodo fascista per indicare l’allora colonia italiana della Libia, in aggiunta alle altre tre sponde (adriatica, tirrenica e ionica) del territorio nazionale. Una sua “quarta sponda”, in realtà, l’Italia l’aveva già nella costa siciliana prospiciente la Tunisia, ossia nel Canale di Sicilia. Ma l’errore contava ben poco rispetto all’ icasticità della definizione di “quarta sponda” per la Libia, che di tutte le colonie italiane era certamente la più popolare, la più sentita come propria da una gran parte degli italiani. Effettivamente la Libia era, in effetti,  una “creazione” italiana. Il nome stesso del Paese era un’ invenzione italiana per indicare il possesso dei due territori, la Cirenaica e la Tripolitania, che, insieme con altri, furono organizzati nella colonia italiana di quel nome e che prima di allora non avevano avuta nessuna unità di questo tipo. Perdutone il controllo, in gran parte durante la prima guerra mondiale, gli italiani lo riacquisirono poi con il fascismo, che vi fece condurre campagne militari in cui ”brillò” l’allora generale Rodolfo Graziani. Poi ne fu fatto governatore Italo Balbo, che si ugoappassionò molto al suo compito. Nei suoi anni furono realizzate imprese importanti, dalla redazione di una carta geologica del Paese, che ne mise in luce le potenzialità petrolifere, sfruttate solo a distanza di tempo, alla valorizzazione agricola del litorale mediterraneo, con l’afflusso nella regione di 20.000 coloni italiani con le loro famiglie, che ne cambiarono la precedente condizione agraria. Una delle ventimila famiglie italiane in Libia fu quella del  ventunenne ragioniere augustano Domenico Passanisi  (Passanisi è uno dei nomi di famiglie augustane doc, potremmo dire).

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