AUGUSTA. Mercoledì 9 marzo, ore 14. 45, porto militare di Augusta, ex banchina torpediniere, oggi “Marcon”: con un lieve ritardo il pattugliatore Libra, al comando del trentatreenne tenente di vascello Luca Di Giovanni, attracca con una lieve inclinazione a sinistra. Una piccola folla di giornalisti, muniti di microfono o di taccuino, è in attesa per intervistare un collega, Jean Marie Lemaire, cronista e fotografo di una stazione televisiva francese. Lemaire è un ospite eccezionale della Libra, unità navale di stanza ad Augusta, che viene denominato “pattugliatore”. Con altre unità della flotta , infatti, ha il compito di sorvegliare il Mare Nostrum, come i Romani orgogliosamente chiamavano il Mediterraneo, per tutelare i nostri pescatori, per sorvegliare i migranti e per altro. La Libra era stata inviata il 1l 5 marzo per portare aiuti umanitari (farmaci, riso, acqua per circa 25 tonnellate e coperte e gruppi elettrogeni) per gli ospedali della Cirenaica, regione della Libia, l’ex colonia italiana la cui popolazione s’è ribellata e si sta ribellando ancora contro il colonnello Gheddafi, l’autocrate che per oltre quarant’anni ha dominato completamente i suoi conterranei. Per soccorrere gli italiani residenti in Libia per lavoro sono state inviate altre navi di stanza ad Augusta, che, però, hanno sbarcato i nostri connazionali nel porto commerciale di Catania. Per far fronte tempestivamente a emergenze dovute all’acuirsi della crisi libica, la portaerei Cavour, nave ammiraglia della Marina Militare italiana, ha sostato per alcuni giorni al pontile NATO di Augusta sotto strettissima sorveglianza. “La Libra è stata accolta con grande entusiasmo dai cittadini del porto di Bengasi, dove abbiamo sostato il tempo necessario per sbarcare il materiale e di ripartire con a bordo il giornalista francese, sopravvissuto a un’imboscata”, ha precisato il TV Di Giovanni, al suo primo comando, che era visibilmente gratificato per l’importanza della missione. Alto, con barba curatissima, la disinvoltura di un attore americano, Di Giovanni ha risposto davvero di buon grado a tutte le domande che gli sono state poste, sùbito dopo l’intervista a Jean Marie Lemaire, sceso dalla nave, claudicante, con una vistosa ingessatura alla gamba destra, a causa della ferita subìta durante l’imboscata nella quale hanno trovato la morte i tre libici – “ribelli” li definisce Lemaire . che lo accompagnavano e in cui è stato ferito l’autista del mezzo su cui viaggiava. “Mi è andata veramente bene. Me la sono cavata con un gesso alla gamba a differenza dei ribelli con cui mi trovavo che sono stati uccisi a Bani Jawad, dove mi trovavo per svolgere il mio lavoro”, chiarisce il reporter francese , il quale, mentre tenta di rispondere alle domande dell’insolita conferenza-stampa, risponde più volte alle chiamate sul suo telefonino. E non aggiunge altro perché ha fretta di raggiungere l’aeroporto di Catania, dove lo attende un aereo, che, alle 15,30, lo deve riportare in Francia.
L’ospitalità per Lemaire su nave Libra è stata richiesta dall’ufficio consolare francese di Bengasi al ministero italiano per gli affari esteri, che ha girato la richiesta alla Marina Militare, impegnata con le sue unità per venire incontro alle esigenze scoppiate in séguito alla crisi libica.
Giorgio Càsole – Nella foto in basso, Jean Marie Lemaire