Nave Garibaldi presente nel mediterraneo

gari.jpgSi trova nel mediterraneo, a 20 miglia del porto militare di Augusta, la portaeromobili Garibaldi della Marina Militare Italiana, con la sua linea di volo dai 12 ai 18 aeromobili, che da Trapani si è spostata nell’area dove sono in corso le operazioni belliche in Libia.

Come si ricorderà, la Francia è intervenuta per prima, secondo quanto appreso dalle TV  BBC e Al Jazeera, dando il via al trattato delle Nazioni Unite e silurando, a nord di Bengasi, i mezzi terrestri dell’esercito libico di Gheddafi.

Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il Ministro italiano della difesa Ignazio La Russa hanno dichiarato che  il 17 marzo la risoluzione Onu ha stabilito una no-fly zone sulla Libia, per cui il governo italiano ha dato disponibilità delle proprie forze.  L’Italia quindi, in qualità di paese alleato, continuerà a partecipare attivamente con il supporto di sette basi aeree Nato, oltre quelle nazionali.

SBARCATO AL PORTO MILITARE DI AUGUSTA UN CRONISTA TELEVISIVO FRANCESE FERITO IN LIBIA

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foto di G.C..jpgAUGUSTA. Mercoledì 9 marzo, ore 14. 45,  porto militare di Augusta, ex  banchina torpediniere, oggi “Marcon”:  con un lieve ritardo il pattugliatore Libra, al comando del trentatreenne  tenente di vascello Luca Di Giovanni, attracca con una lieve inclinazione a sinistra. Una piccola folla di giornalisti, muniti di microfono o di taccuino,  è in attesa  per intervistare un collega, Jean Marie Lemaire, cronista e fotografo di una stazione televisiva francese. Lemaire è un ospite eccezionale della Libra, unità navale di stanza ad Augusta, che viene denominato “pattugliatore”. Con altre unità della  flotta , infatti, ha il libra.jpgcompito di sorvegliare il Mare Nostrum, come i Romani orgogliosamente chiamavano il Mediterraneo, per tutelare i nostri pescatori, per sorvegliare i migranti e per altro. La Libra   era stata inviata il 1l 5 marzo per portare aiuti umanitari  (farmaci, riso, acqua per circa 25 tonnellate e coperte e  gruppi elettrogeni) per gli ospedali della Cirenaica, regione della Libia, l’ex colonia italiana la cui popolazione s’è ribellata e si sta ribellando ancora contro il colonnello Gheddafi,  l’autocrate che per oltre quarant’anni ha  dominato completamente i suoi conterranei. Per soccorrere gli italiani residenti  in Libia per lavoro sono state inviate altre navi di stanza ad Augusta, che, però, hanno sbarcato i nostri connazionali nel porto commerciale di Catania. Per far fronte tempestivamente a emergenze dovute all’acuirsi della crisi libica, la portaerei Cavour, nave ammiraglia della Marina Militare italiana, ha sostato per alcuni giorni al pontile NATO di Augusta sotto strettissima sorveglianza. “La Libra è stata accolta con grande entusiasmo dai cittadini del porto di Bengasi, dove abbiamo sostato il tempo necessario per sbarcare il materiale e di ripartire con a bordo il giornalista francese, sopravvissuto a un’imboscata”, ha precisato il TV Di Giovanni, al suo primo comando, che  era visibilmente gratificato per l’importanza della missione. Alto, con barba curatissima, la disinvoltura di  un attore americano, Di Giovanni ha risposto davvero di buon grado a tutte le domande che gli sono state poste, sùbito dopo l’intervista a Jean Marie Lemaire, sceso dalla nave, claudicante, con una vistosa ingessatura alla gamba destra, a causa della ferita  subìta durante l’imboscata nella quale hanno trovato la morte i  tre libici – “ribelli” li definisce Lemaire .  che lo accompagnavano e in cui è stato ferito l’autista del mezzo su cui viaggiava.  “Mi è andata veramente bene. Me la sono cavata con un gesso alla gamba a differenza dei ribelli con cui mi trovavo che sono stati uccisi a Bani Jawad, dove mi trovavo per svolgere il mio lavoro”, chiarisce il reporter francese , il quale, mentre tenta di rispondere alle domande dell’insolita conferenza-stampa, risponde più volte alle chiamate sul suo telefonino. E non aggiunge altro perché ha fretta di raggiungere l’aeroporto di Catania, dove lo attende  un aereo,  che, alle 15,30, lo  deve riportare in Francia.

L’ospitalità  per Lemaire su nave Libra è stata richiesta dall’ufficio consolare francese di Bengasi al ministero italiano per gli affari esteri, che ha girato la richiesta alla Marina Militare, impegnata con le sue unità per venire incontro alle esigenze scoppiate in séguito alla crisi libica. 

  Giorgio Càsole – Nella foto in basso, Jean Marie Lemaire

La Libia, le tre scimmiette, Confindustria e i pacifisti

libia.jpg Dalla Libia arrivano le immagini orripilanti di un genocidio nel quale un regime folle sprofonda il suo popolo nelle fosse comuni e nel sangue. Al Arabiya parla di 10mila morti, altri di 50.000. Bengasi si è liberata e i mercenari di Gheddafi bombardano Zawia, mentre gli insorti marciano verso Tripoli, dove le guardie pretoriane del dittatore e i fedelissimi del regime hanno già inondato le strade del sangue dei ribelli. Obama si dice sdegnato, mentre il nostro governo balbetta e invoca pacificazione davanti al massacro di un popolo, e pare più preoccupato per il gas e il petrolio, per i lucrosi affari di Stato e per il crollo del muro anti-immigrati  fatto di omicidi, vessazioni e torture, che Gheddafi aveva costruito con i nostri soldi e le nostre armi. In tutto questo fa certamente bene leggere sul Sole 24 Ore l’articolo “Tre scimmiette nel deserto” di Christian Rocca che sottolinea il pilatismo complice del nostro governo e conclude: «L’idea del ministro Franco Frattini, secondo cui non è compito dell’Europa interferire negli affari interni della Libia, non è solo miope, sbagliata e fondata sull’illusione che il regime alla fine si salverà. È anche diametralmente opposta a un’ormai consolidata politica estera italiana, condivisa dai governi di centro-sinistra (Somalia, Serbia, Albania, Libano) e di centro-destra (Iraq e Afghanistan) e incentrata sul diritto all’ingerenza democratica e sul dovere d’intervenire per fermare i massacri a pochi chilometri di distanza da casa nostra», Ma fa male leggere sullo stesso giornale il furbesco cerchiobottismo del breve articolo non firmato (e quindi attribuibile alla direzione) intitolato “Non commuove il dolore della Libia” che, come per un ormai collaudato riflesso condizionato, se la prende con i pacifisti italiani: «Stupisce che questa mattanza stia passando nel silenzio assordante di associazioni, organismi, enti sempre impegnati in prima fila quando bisogna, meritoriamente, difendere i diritti dei popoli oppressi in tutto il mondo. Fino a oggi non abbiamo avuto notizia di condanne, né alte né basse, da parte di nessuno. Niente manifestazioni, nessuna bandiera della pace esposta, nessun corteo pacifista. Niente strali perché nessuno tocchi Caino. Eppure, al contrario, i manifestanti libici stanno cercando di liberarsi del colonnello Gheddafi, uno dei dittatori più sanguinari dell’ultimo secolo. Sarà la stanchezza, sarà la rassegnazione, ma per i morti in Libia s’ode un silenzio assordante». Più che assordato il giornale della Confindustria sembra sordo e cieco, perché le voci delle associazioni pacifiste e per i diritti umani si erano levate (e si levano) da anni in tutto il mondo, purtroppo inascoltate dagli imprenditori “pragmatici” che con il regime genocida libico facevano (e fanno) affari d’oro. Non avevano visto gli industriali italiani, fin dal tempo di Gheddafi nella Fiat e nella Juventus, cosa succedeva nella nostra ex colonia? Non avevano capito quale era il prezzo dei loro affari quando seguivano in codazzi festanti il nostro capo del governo nelle tende beduine del dittatore? Non avevano capito quanto sangue, dolore, ingiustizia e sopraffazione c’era dietro l’accordo Libia-Italia che hanno calorosamente applaudito e che, in cambio della repressione dei migranti e dei danni di guerra per il colonialismo fascista, dava all’Italia e alle industrie parastatali e private, appalti miliardari per costruire autostrade di regime e per trivellare altro gas e petrolio? Cosa pensavano gli industriali italiani quando, scortati da Berlusconi e dai suoi ministri, stringeva sorridente la mano di Gheddafi in occasione delle sue visite romane con tende, cavalli e hostess al seguito che ci hanno resi ridicoli (ancora una volta di più) davanti al mondo? Qualcuno si ricorda un qualche adirato commento confindustriale in occasione del baciamano di Berlusconi a Gheddafi in Libia che sta facendo il giro del web come dimostrazione dell’assoluta complicità del nostro governo con l’aguzzino di Tripoli?

Umberto Mazzantini

CRISI LIBICA: AZIONI NEL MEDITERRANEO

mediter.jpgA seguito della chiusura delle attività marittime dei porti libici, è attesa in serata ad Augusta una nave italiana che trasporta cavalli da corsa e intere scuderie che avrebbero dovuto partecipare nei primi di marzo  al Gran Premio di Libia. Altre navi dirette in Libia saranno dirottate su altri porti italiani, mentre la nave militare Fenice salperà oggi dalla base militare di Augusta per andare a sostituire nave Driade nell’ attivitá di Vigilanza Pesca (?) e di controllo dei flussi migratori, assieme alla corvetta Chimera, anch’ essa di stazza ad Augusta e da qualche giorno ai massimi livelli operativi.

Forte preoccupazione per i massicci sbarchi degli ultimi giorni nell’isola hanno inoltre reso necessaria   un’  attività di esercitazione navale al largo di Siracusa da parte della Guardia di Finanza,  mentre la Capitaneria di Porto di Siracusa vista la pericolosità nello spazio marittimo interessato alle operazioni ha ritenuto opportuno disporre il divieto alla navigazione civile.

    Giuseppe  Tringali