Incidente in mare

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Tragico incidente mortale ieri sera alle ore 18,00 al pontile 2 della raffineria Esso di Augusta. Vittima di turno un uomo di 46 anni , Rosario Cardile di Augusta, inghiottito dalla furia del mare mentre era impegnato in una manovra di disormeggio della petroliera Rhonesten per conto della compagnia portuale “Gruppo Ormeggiatori”, dalla quale egli dipendeva da circa 20 anni. Il suo compagno di lavoro, Angelo Caramagno di anni 51 ha cercato invano di salvarlo, ma nel tentativo è riuscito solo lui a cavarsela con qualche piccola ferita. Attualmente si trova ricoverato presso l’ ospedale civile Muscatello, lo stesso presidio ospedaliero locale che oggi si vorrebbe chiudere e per il quale gli augustani sono scesi in piazza la mattina del 29 novembre scorso per protestare assieme al sindaco della città Massimo Carruba, che in quell’ occasione ha capeggiato la manifestazione indossando la fascia tricolore. Sul luogo della disgrazia sono tempestivamente intervenuti gli uomini della locale Capitaneria di porto che  ha aperto un’ inchiesta, assieme a una seconda  inchiesta partita per iniziativa della Procura di Siracusa. La salma di Rosario Cardile, trasportata all’ospedale Umberto I di Siracusa, sarà sottoposta ad autopsia. 

                                               

Quello dell’ormeggiatore, purtroppo, è un lavoro molto pericoloso e insidioso e l’ incidente verificatosi ieri sera non è il primo; si ricorda un altro episodio successo sempre ad Augusta in cui rimase vittima, per ironia della sorte, Salvatore Caramagno, padre di Angelo, l’uomo che ha tentato il miracolo pur di salvare la vita al compagno Rosario, tutte persone  “navigate”  che hanno vissuto grandi esperienze in mare. Il papà Salvatore fu costretto a vivere il resto dei suoi anni senza una gamba perché questa gli saltò in aria proprio  durante una manovra di ormeggio, mentre altri incidenti vengono registrati in altre parti d’Italia e sempre dalle altre compagnie di ormeggiatori . Alla fine del 2007 a Ravenna,  per citare ancora un altro episodio,  Filippo Rossano di 57 anni si trovava sulla sua imbarcazione adibita al servizio di ormeggio per l’attracco della nave Gracechurch Meteor alla banchina del Terminal Container, quando la pilotina, dopo avere compiuto una brusca manovra, fece perdere l’equilibrio al nostro uomo che battè la testa per finire il suo tempo in acqua . Anche allora furono inutili i tentativi dei colleghi di salvarlo. Rossano era prossimo alla pensione, ancora qualche turno, un po’ di ferie, poi avrebbe lasciato il lavoro attivo; a Rosario Cardile di anni di lavoro, invece, gliene sarebbero rimasti altri venti.

 

 

Dopo questo  tragico incidente costato la vita al giovane ormeggiatore, le organizzazioni sindacali di categoria hanno proclamato per il 16 gennaio uno sciopero nazionale di 10 minuti dei lavoratori del porto. Nella stessa giornata, a mezzogiorno, le sirene di tutte le imbarcazioni presenti nei porti d’Italia suoneranno ininterrottamente per dieci minuti per sensibilizzare le istituzioni e l’opinione pubblica sulle problematiche legate alla sicurezza portuale, visto che a Roma l’accordo c’è stato ed è rimasto disatteso.

Per noi di Augusta, le sirene suoneranno in memoria del giovane ormeggiatore Rosario Cardile.

                   Giuseppe Tringali

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Morti di serie A e di serie B

brucoli02.jpgIn una livida e rigida serata di gennaio, il 12 gennaio 2009, un  lavoratore di Augusta, Rosario Cardile, muore mentre sta lavorando. Si tratta di un dipendente del Gruppo ormeggiatori, dov’era stimato come persona competente e assennata, comunque  con un’esperienza ventennale. E’ un altro di quegli omicidi bianchi da attribuire  all’insicurezza dell’ambiente di lavoro o è stata una tragica fatalità dovuta essenzialmente al  maltempo e alla  forte mareggiata?  I sindacalisti propendono per la prima ipotesi.  Si sa. I sindacalisti fanno il loro mestiere, ma non è necessario gridare sempre  “al lupo, al lupo”, altrimenti, come nella fiaba, non si  viene creduti. Crediamo sia molto più verosimile propendere per la tragica fatalità, avvenuta comunque nello svolgimento del proprio lavoro. A parte, però, il sentimento di cordoglio che occorre provare e manifestare per la scomparsa di un uomo nel pieno vigore degli anni e con un’aspettativa di vita di qualche decennio ancora, un uomo che, come tutti, aveva certamente salutato l’avvento del  2009 con speranza, forse contribuendo egli stesso a far suonare la sirena del natante dov’era imbarcato allo scoccare dell’ultimo tocco della mezzanotte,  in questo momento avvertiamo un sentimento di sdegno per i servizi che hanno dedicato all’evento i telegiornali nazionali. Servizi? Si sono limitati a dare la notizia. Niente più. L’unico servizio lo abbiamo visto  durante l’edizione del tg regionale, grazie a un inviato da Catania che ha saputo fare bene il suo lavoro, con varie interviste, compresa quella allo sfortunato compagno di lavoro di Cardile che, generosamente, ma inutilmente, s’è buttato in mare per tentare di salvare il suo compagno disperso  e annegato tra i marosi. Morte evidente, causa palese. Non si capisce perché sia necessario sottoporre il corpo allo strazio dell’autopsia. Mi sia concesso di esprimere la  mia indignazione  verso, soprattutto, il tg1 che ha mandato in onda un lungo pezzo dalla Sicilia per parlare giustamente delle condizioni del maltempo nel porto di Palermo, con interviste assolutamente inutili che nulla aggiungevano all’informazione, mentre è stata trascurata la tragica vicenda di Augusta?  Non mi pare che in altre circostanze, di tragedie  simili avvenute nel Nord, il tg1 si sia comportato a questo modo. Eppure questo tg è diretto da un siciliano, il palermitano Riotta. A questo punto una domanda s’impone.  Discriminiamo anche i morti? Ci sono morti di serie A e morti di serie B? Una domanda anche a chi ci amministra. Il sindaco Carrubba proclamerà questa volta il lutto cittadino? Intanto, proponiamo per Angelo Caramagno una medaglia al valor civile perché ha messo a repentaglio la sua stessa vita pur di salvare l’amico e collega. Se il sindaco non dovesse accettare, lo proporremo al prefetto di Siracusa.

      prof. Giorgio Càsole

La meritocrazia

La meritocrazia fra pubblico e privato

2103051431.jpgLa meritocrazia è un valido strumento che, applicato in assoluta buona fede, riconosce il giusto merito a tutti coloro che operano nel mondo del lavoro, dall’operaio al ricercatore scientifico. L’azienda che persegue questa logica è destinata a prosperare, ad espandersi, ad essere presa a modello dagli altri. Creare una giusta, sana e leale competizione tra chi opera, a distanza di tempo non può che avere risvolti positivi. Nell’azienda in cui si applica questo principio emergeranno i più bravi e i più volenterosi saranno gratificati in termini di emolumenti e di carriera; soprattutto si eviterà che il mediocre, figlio del tizio o amico del caio, abbia la carriera spianata dalle solite e odiose scorciatoie, con l’irreversibile danno non solo ai colleghi, ma soprattutto all’azienda stessa.  Nel nostro paese sono presenti diverse tipologie di lavoro, ma fondamentalmente sono imperniate su due categorie: il Pubblico e il Privato; senza rammarico diciamo che se la strada che porta alla meritocrazia nel privato è relativamente facile, nel pubblico è irta di mille difficoltà. Nel primo caso, infatti, il dirigente responsabile ha tutto l’interesse affinchè l’azienda produca, cresca e aumenti il proprio fatturato, con risultati bivalenti: per l’azienda che vedrà crescere il fatturato e per i dipendenti che godranno di una vita lavorativa più tranquilla senza lo spauracchio della mobilità o del licenziamento, anzi con la consapevolezza che il loro impegno produrrà qualche beneficio. Nel Pubblico Impiego la cosa è ben diversa perché ad eccezione di qualche realtà dove il riconoscimento del merito può trovare una “certa plausibilità”, ci sono tantissimi settori dove lo stesso Pindaro si 767333603.jpgsarebbe arreso. Tanti, troppi uffici della P.A. ci hanno provato, con risultati a dir poco deludenti. Nel comparto Ministeri le cose non vanno meglio, anzi vanno decisamente peggio: in quello della Salute, appena si discute di salario accessorio spuntano i bisturi sul tavolo della contrattazione. Al Ministero dell’ Istruzione è sorta quasi un’ insurrezione generale da parte dei docenti, i quali hanno posto un netto rifiuto a questo genere di confronto. E via discorrendo.. . Particolare attenzione merita invece il nostro Ministero Difesa per la sua atipicità (l’unico, dove ancora troviamo operai dello Stato). Consapevoli di arrecare un profondo dispiacere ai Ministri – Don Chisciotte e ai tanti giuslavoristi – sapienti, crediamo di potere affermare, fino a prova contraria, che applicare il concetto di meritocrazia nel nostro Ministero, allo stato attuale è pressoché impossibile perché reduci da oltre un decennio da fallimenti in materia; nel frattempo sono cambiati Ammiragli, Generali, Dirigenti e Sindacalisti senza aver mai raggiunto risultati concreti. La meritocrazia è strettamente legata ad un altro termine altrettanto suadente: produttività. Ma produttività di che? Di cosa? Se costruissimo pentole.. sarebbe facile applicare un conteggio ma noi produciamo essenzialmente servizi; noi conosciamo i miracoli a cui sono chiamati  (tra sciatiche e colpi della strega, tra un macchinario fuori norma ed un altro pure) quei quattro lavoratori anzianotti rimasti alle lavorazioni. Per non parlare dell’ insostituibile figura del sottoufficiale che nello stesso ufficio esegue lo stesso lavoro ad un trattamento economico decisamente diverso. E nelle officine? Chi lo stabilisce che un lavoro vale più di un altro? No signori, il dirigente responsabile il più delle volte è una figura effimera nominata quasi per caso il cui obiettivo spesso è quello di tornare al più presto da dove è venuto, mentre i suoi sott’ordini, avulsi dal contesto in cui si trovano, ignorano la materia del settore dato a loro in affidamento. Sono questi i personaggi chiamati a pronunciarsi sulla meritocrazia. Dio ci salvi dal dirigente che ha le idee chiare, che ha trovato la formula magica della meritocrazia, che ti parla di aumentare la produttività là dove in molti casi non si produce un bel nulla, che rivendica il criterio di valutare il “numero delle pentole”, che in fase di contrattazione sarà bene non contraddire (diversamente, la rissa della riunione condominiale, a confronto, potremmo paragonarla a una piacevole conversazione tra amici).

Cari dirigenti statali e cari giuslavoristi che spendete parte del vostro prezioso tempo a spiegarci il moto rivoluzionario della terra, provate a  riflettere se vale realmente la pena di spacciare ipocritamente un interesse e un’ambizione personale per un bene collettivo.                                

                       Il Segretario FP CGIL Difesa Provinciale

                                 Sebastiano TRIGILIO