ESCLUSIVO – AUGUSTA, MIGRANTI MINORI AL CENTRO UTOPIA, PADRE ANGELO CI DICE…..

padre angelo augusta,centro utopia,immigrazione,migranti,augusta,augustanewsAUGUSTA.  “Noi non abbiamo chiesto soldi e abbiamo spontaneamente offerto la nostra struttura e la nostra collaborazione, ma in questo momento ci sentiamo abbandonati dalle istituzioni”. A parlare così è padre Angelo Saraceno, parroco di Santa Lucia, nel quartiere cosiddetto borgata, che ha messo a disposizione la propria struttura denominata “Centro Utopia” , quale centro di accoglienza per i minori di diciotto anni che recentemente sono sbarcati ad Augusta, dalle navi” San Marco e “Comandante Fulgosi”. Appare risentito e preoccupato  padre Angelo, cui domandiamo  sùbito  le ragioni di questi suoi sentimenti. “Sono state scritte cose inesatte su di noi”, esordisce il sacerdote – “ noi non abbiamo avuto requisita la struttura, ma l’abbiamo proposta alla commissione straordinaria, che l’ha accettata, a titolo gratuito per venire incontro alle esigenze del Comune. Noi abbiamo offerto la nostra collaborazione e, invece, le cose si sono capovolte: adesso, è il Comune che collabora con noi”. – Che cosa significa in concreto? Che, praticamente, il peso di questi minori, 69 in un primo tempo, ora solo trenta,  è ricaduto e ricade tutto su di noi. Noi dobbiamo occuparci di tutto, persino di notte dobbiamo fare i sorveglianti.  Non avete le forze di polizia?  No. Addirittura, avevamo troppi rappresentanti delle forze dell’ordine fra poliziotti, carabinieri e finanzieri. Erano una dozzina. Da diversi giorni non c’è più nessuno.

 Abbiamo segnalato il fatto e ci è stato risposto che è sufficiente una pattuglia che “fa il giro”. I nostri volontari, dunque, devono non solo badare ai minori, ma essere  i vigilanti, per evitare che scappino o che possa intrufolarsi qualcuno nottetempo nel nostro campo. – Avete chiesto anche l’intervento dei medici ? Sì, per l’incolumità dei nostri volontari e per la salute degli ospiti abbiamo dovuto richiedere l’intervento di “Emergency”. Sono venuti con un grosso furgone rosso e hanno sottoposto i ragazzi a un controllo accurato. Per fortuna, non è stato riscontrato nessuna malattia contagiosa – Eravate attrezzati per la bisogna? – Nella nostra struttura ci sono i letti a castello, ma non avevamo né materassi né coperte sufficienti e li abbiamo chiesti alla Marina Militare che è stata disponibilissimaPuò dire lo stesso della Protezione civile? – Anche qui dobbiamo dire che ci sentiamo abbandonati. Noi ormai facciamo davvero di tutto: abbiamo fatto le pizze, comprato merendine perché questi ragazzi  hanno fame e non possono stare tutto il pomeriggio senza mettere qualcosa sotto i denti. Abbiamo fatto animazione e ancora faremo loro ascoltare musica, faremo vedere film, ma le nostre forze non possono reggere un così lungo impatto. Era stato detto che sarebbero stati sufficienti un paio di giorni. Ne sono passati otto e siamo ancora soli e con loro.

“Loro” sono, appunto, i trenta ragazzi della Somalia e dell’Eritrea  che stanno tentando di vivere qui in SICILIA , AL CENTRO Utopia,  ma solo per un breve periodo. Abbiamo posto alcune domande, recandoci sul posto con la troupe di Rassegna megarese per un video-servizio in esclusiva. Erano tutti somali in quel momento e ci hanno detto che considerano Augusta solo una tappa del loro viaggio verso la salvezza. E la salvezza è a Roma e Milano, vicini alle loro famiglie.

Giorgio Càsole

AL CENTRO UTOPIA DI AUGUSTA, I MIGRANTI MINORENNI NON ACCOMPAGNATI DAI GENITORI

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AUGUSTA – La comunità della parrocchia Santa Lucia di Augusta, che ha conosciuto l’Africa, avendo realizzato un gemellaggio con una comunità cristiana a Bafatà, in Guinea – Bissau, non si aspettava  certo che gli africani avrebbero presto ricambiato le visite. Così come io non avrei mai potuto lontanamente immaginare che un giorno l’intera mia famiglia, con due figli militari più volte impegnati nel canale di Sicilia, sarebbe stata interamente coinvolta nell’ assistenza e nel recupero di questo flusso di persone in balìa del mare e del vento, alla ricerca disperata di un tetto sicuro e un piatto caldo, in attesa di un futuro … e basta, neppure tanto migliore. L’opinione pubblica si divide in due, quelli favorevoli all’ accoglienza di questi poveracci, e quelli contrari. Personalmente credo che se l’intera collettività riuscisse a fissare una scala prioritaria, basata su principi non necessariamente religiosi, ma umani, a fronte della realtà vera, cruda e nuda, di fronte a ciò che si presenta davanti agli uomini impegnati in azioni umanitarie di questo tipo, decadrebbe automaticamente qualsiasi beneficio sul dubbio. Eritrei, Somali, Siriani, uomini in fuga che hanno voluto affrontare l’avventura per la vita, e tra questi oltre 60 minorenni, al momento ospitati dal “Centro Utopia”, in territorio di Villasmundo, un centro di formazione appartenente alla suddetta parrocchia Santa Lucia di Augusta. Cioè ragazze e ragazzi sbarcati da Nave San Marco della Marina Militare, al largo del porto commerciale di Augusta, caricati su scialuppe di salvataggio, coperti successivamente da grossi teloni per essere riparati dall’ improvvisa, seppur breve pioggia scrosciante e trasferiti al centro, a distanza di circa 24 ore. Si presentano così la sera del 5 novembre: sconvolti, disorientati, impauriti, puzzolenti e, soprattutto, diffidenti, anche a seguito dei trattamenti subìti durante la prima navigazione, prima di essere raccolti dalle navi militari. Nei loro occhioni scuri, di ingenui ragazzi, si legge il pesante disagio e la fatica fisica e psicologica, persino nell’ accettare la nostra prima assistenza. Sono ragazzi che sanno correre velocemente a piedi scalzi, perennemente in fuga, abituati a muoversi  da un posto a un altro, da un continente all’altro. Ed è così che nel buio della notte un gruppetto si organizza per saltare la recinzione, malgrado i cancelli siano stati lasciati aperti, col presidio di agenti di polizia, carabinieri e guardia di finanza, in servizio a tutte le ore, solo per assicurare l’ incolumità dei minori e l’ordine pubblico, almeno così ci fanno sapere. Non sarebbero reclusi i ragazzi al “centro utopia”, sarebbero potuti cioè uscire dal cancello principale lasciato aperto, nessuno li avrebbe mai fermati, ma questo a loro non è dato sapere e quindi decidono di saltare di nascosto, qualcuno abbandonando prima le scarpe, per una iniziale corsa a piedi nudi e il successivo vagare, per tutta la notte, lungo la strada provinciale che porta a Villasmundo; bene per loro, quando rientrano nuovamente al “centro” nelle prime ore del mattino per la prima colazione, avvistati e riaccompagnati da altri agenti in servizio nella contrada. Le bravate di quattro giovani in fuga in uno scenario di ben più ampie dimensioni, quello di un’ intera popolazione in fuga; lo scenario e non lo “spettacolo”, come spesso si usa dire in questi casi, qualora volessimo usare un linguaggio meno “televisivo”, meno politicizzato, senza condizionamenti e più consono al genere umano.

   Giuseppe Tringali