IL MINISTRO DELLA DIFESA INTERROGATO DA GIORGIO CÀSOLE SUL CASO SCOTTANTE DEI MARÒ ITALIANI IN INDIA

AUGUSTA/ “MARE NOSTRUM”, VERTICE FRA IL PRIMO MINISTRO SLOVENO, BRATUSEK, E IL MINISTRO ITALIANO DELLA DIFESA, MAURO

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Conferenza stampa BRATUSEK.MAUROAUGUSTA. Una mattina importante per l’immagine di Augusta quella di mercoledì 21 gennaio, per l’incontro avvenuto nell’ area della Marina Militare fra il primo ministro sloveno, l’avvenente Alenka Bratuisek, e il ministro italiano della Difesa, Mario Mauro. Giornata dal clima per noi rigido, non per il folto sèguito di sloveni: gli operatori televisivi erano abbigliati come noi durante l’estate. La stessa Bratusek era vestita alla “mission impossible”, con berretto con visiera e tenuta da cavallerizza. “Perbacco”, deve aver pensato la bella e statuaria signora, “vado in un ambiente militare, mi vesto alla bisogna”. Tutto il contrario di Incontro iItalia SloveniaMario Mauro, in tenuta governativa: vestito scuro e cravatta blu su camicia bianca. I due ministri hanno viaggiato insieme nella stessa berlina e, preceduti dalla staffetta di motociclisti, sono arrivati  puntualmente alla banchina torpediniere. Venivano direttamente da Siracusa dove avevano visitato il centro di accoglienza dei migranti, ai quali il primo ministro sloveno ha consegnato pacchi di medicinali.  Dalla berlina è scesa per prima, agile e pimpante, la Bratusek, che ha offerto la mano al padrone di casa, l’amm. Camerini, comandante di Marisicilia. Senza por tempo in mezzo, senza  cerimonie protocollari di sorta, Bratusek e Mauro, con il foltissimo nugolo di persone al séguito,  si sono recati a visitare il pattugliatore sloveno Triglav 11, ad Augusta dal 15 dicembre  scorso, da quando la Slovenia, primo e unico Stato europeo finora, ha messo in atto la decisione di cooperare con l’Italia per l’operazione “Mare Nostrum”. La  Triglav, 36 uomini di equipaggio, quasi tutti giovani, può ospitare fra ottanta-centocinquanta migranti, è stata ricoverata nell’arsenale militare di Augusta. Dopo la visita del pattugliatore sloveno e di quello italiano  “Cigala Fulgosi”, c’è stato un incontro di lavoro fra le due delegazioni e successivamente una conferenza-stampa congiunta di Bratusek e Mauro. Il nostro ministro ha ringraziato la Slovenia per aver voluto per prima cooperare con l’Italia e questo dovrebbe far capire a tutti gli altri stati europei che l’Italia non può essere lasciata sola, che il problema dei migranti non è solo italiano, che le coste italiane rappresentano i confini dell’Europa. La Bratusek, dopo alcune frasi di circostanza, ha voluto mettere l’accento su due problemi che stanno a cuore agli sloveni: il  dimenticato campo di concentramento di Visco, vicino a Udine, dove gli Italiani rinchiusero sloveni e altri ex iugoslavi, e la presenza nel  Parlamento italiano della minoranza slovena in Italia. Al momento delle elle domande dei giornalisti,  ho preso per primo la parola per avere maggior informazioni dal primo ministro riguardo a questo campo di concentramento a Visco, ma, inopinatamente, ha risposo solo Mauro con una risposta non  insoddisfacente, meramente diplomatica. E’ stato, invece, più chiaro, anche se più verboso, quando gli ho posto la domanda sulla sorte dei nostri marò in India, all’inizio della conferenza stampa  riservata ai soli giornalisti italiani.

Giorgio Càsole interroga il Ministro della Difesa sul caso scottante dei Marò italiani in India:

– Ministro, i marò italiani  in India, per quanto possa sembrare assurdo, paradossale, rischiano la pena di morte. Questo timore corre lungo la rete, sui giornali, nei cuori degli Italiani. Può dirci, con precisione, che cosa sta facendo il governo italiano per riportare i marò in Italia?

“Questa vicenda dura da due anni. Noi, dunque, abbiamo ereditato, questo caso che è estremamente complicato. Il presidente Letta ha messo in chiaro qual è la linea di comando per ottenere i risultati e ha avocato a sé il caso, mettendo organicamente sotto di sé i ministeri che danno supporto.  Il negoziatore naturale è il ministero degli  Esteri  ed è  stata individuata la figura dell’inviato speciale per dare concretezza, per  mettere tutto il peso di cui l’Italia è capace nella stessa mattonella, nell’ interesse di Girone e la Torre.   Gli altri ministeri, quello della Difesa e degli  Interni, non fanno altro che fornire le figure specialistiche di supporto per la soluzione del caso. La verità è che le autorità giudiziarie indiane e quelle indiane in generale non sono riuscite a garantire finora né regolarità né equità, perché a due anni dall’inizio di questo malcapitato incidente, noi ci troviamo nella condizione di non conoscere il capo d’accusa cui sono sottoposti i nostri fucilieri di  Marina. I nostri fucilieri sono innocenti. E’ qualcun altro che, con animo aperto e  scevro di pregiudizi, deve provarne la colpevolezza, con la capacità d’individuare le responsabilità certe. In assenza della certezza di questi passaggi, i fucilieri di Marina devono poter rientrare a casa, perché è una violazione dei diritti umani impedire  a ipotetici imputati in primo luogo  di conoscere i capi d’accusa, in secondo luogo  di attendere oltre modo e oltre il tempo necessario che il processo cominci. Per questo il governo italiano ha fatto ricorso alla Corte suprema indiana , che pure aveva disposto che era vietato fare ricorso alla legge sul terrorismo. Tutto questo è stato disatteso. Noi non chiediamo che il rispetto del nostro diritto, del diritto dei fucilieri di Marina  e vogliamo  far capire che questo caso non riguarda solo l’Italia, perché nella comunità internazionale molti sono i Paesi che forniscono soldati al fine di garantire tutela e democrazia  in giro per il mondo. Questi stati  sarebbero tubati se le garanzie venissero meno”.

Giorgio Càsole

IL MINISTRO DELLA DIFESA INTERROGATO DA GIORGIO CÀSOLE SUL CASO SCOTTANTE DEI MARÒ ITALIANI IN INDIAultima modifica: 2014-01-23T08:14:00+01:00da leodar1
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