A SEGUIRE, PERCHE’ ANTONELLO RIZZA HA STRAVINTO – di Giorgio Càsole
PRIOLO. Mercoledì 12 giugno, ore 12°°. L’ufficio centrale per il controllo dei voti è al completo, pronto perché si possa passare al primo degli adempimenti: la proclamazione del sindaco. A Priolo non è un mero adempimento formale, svolto alla bell’e buona, davanti a quattro gatti. No. E’ una proclamazione vera e propria: solenne e coram populo. Si svolge all’interno dell’aula consiliare, portata a dignità dal sindaco che sta per essere proclamato: Antonello Rizza, fisico asciutto (dimagrito grazie alla sfibrante campagna elettorale), cinquant’anni compiuti, sposato con un’insegnante, due figli, ex operaio dell’area industriale che ha già svolto cinque anni di sindaca tura, lasciando ovunque il segno. Infatti, appena si entra nell’androne del palazzo municipale, si legge una scritta di colore scarlatto su un palle che ricopre la parete. “Il Comune ogni giorno al servizio dei cittadini, il sindaco Antonello Rizza”. Salite al primo piano e si legge un’epigrafe lapidea posta sotto uno stemma “sannita, auspice il sindaco Antonello Rizza”. Siamo nei pressi dell’aula consiliare. Rizza , intorno alle 12,20, fa la sua entrata nell’aula,dove lo aspetta una piccola folla osannante, accompagnato dal fido braccio destro, il vice sindaco Parisi, in perfetto abito scuro, dal capo di gabinetto e dalla moglie, elegantissima.
Rizza procede verso lo scranno più alto, ma,. Appena si accorge che la moglie è rimasta seduta in prima fila, con un gesto affettuoso la fa avvicinare. E’ giusto che la prima donna della città debba condividere l’esaltazione del trionfo con il primo cittadino. Rizza è vestito sobriamente e sùbito pone l’accento sulla sobrietà. Non solo non ci saranno vendette trasversali, ma nemmeno festeggiamenti: “non ci saranno né buffet né tappi di spumante, i tempi non lo permettono, non soltanto i tempi del Paese Italia, ma nemmeno quelli di Priolo. E scatta sùbito l’orgogli per una città che prima non contava nulla e ora, invece, è considerata e, addirittura, temuta. Appena comincia a parlare, chiedendo scusa agli astanti per essersi messo a sedere, fa scattare un primo caloroso applauso. Comincia a dire che vuole essere il sindaco di tutti i priolesi, che lui non il burattino di nessuno, che al suo tavolo siedono partner con pari dignità – e qui, evidentemente, le allusioni soni ai nemici della campagna elettorale- che vogliono il benessere di Priolo.” Chi non vuole il benessere di Priolo può andarsene in un’altra città. Noi non lo tratterremo. Gli applausi crescono dio intensità e di frequenza. E’ poi la volta di qualche anatema contro le industrie del territorio, anche se non si sente afflitto da delirio di onnipotenza. Senza arrivare all’arbitrio e nei limiti consentiti dalla normativa, Rizza tenacemente combatterà non contro le industrie, ma è per il benessere di tutto il territorio, tant’è che vuole intraprendere un’azione in sinergia con il sindaco di Melilli, e non con Augusta, perché Augusta è commissariata. “Vedrete nei prossimi giorni” ammonisce Rizza. Ha finito e si congeda dagli astanti con la fascia tricolore a tracolla, che aveva dismesso per scaramanzia e per rispetto formale delle istituzioni. La gente applaude. Poi ci ripensa, riprende, ha una specie di mancamento, abbassa il capo, trattiene le lacrime. Riprende con la voce rotta dalla commozione. Intona un tributo alla moglie, ai figli, alla famiglia, esortando i giovani a non commettere il proprio errore. “Mi sono fatto da me, non sono ricco, né figlio di papà, ma per la politica ho trascurato i miei figli; mia moglie, che non è la metà di me, ma l’ottanta per cento ha accettato tutto di me con leggerezza, tutto anche le mie incazzatine” La gente sorride ed è commossa. Rizza abbraccia la moglie, la stringe vigorosamente a sé. E anche a lei luccicano gli occhi.
Giorgio Càsole
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Giorgio Càsole