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Di nuova invenzione è invece la figura del soldato che si fa narratore, coscienza critica, coro: compito affidato a Giovanni Calcagno. Scene, costumi e animazioni sono firmati da Nicola Console e Alice Mangano, le luci da Pasquale Mari, le musiche da Andrea Rocca, Quello di Luigi Lo Cascio è veramente un “altro” Otello, nient’ affatto geloso ma piuttosto travolto dalle spire dell’odio verso colei che ritiene abbia tradito il patto d’amore. Attraverso l’uso dei versi e con una scrittura in cui la lingua italiana e quella siciliana si fronteggiano a colpi di endecasillabi, il plot si presenta modificato già nella sequenza temporale. Come spiega egli stesso: «Si comincia dalla fine del testo di Shakespeare. La tragedia di Otello è già compiuta. Un soldato che ha assistito agli avvenimenti, non sopportando le distorsioni e i travisamenti con cui la vicenda rischia di venire tramandata, racconta la storia del suo amato generale, la storia di un uomo. E ciò che lo conduce al compimento del suo atto scellerato non è chiaramente dovuto alle implicazioni che derivano dal colore nero della pelle. Ma da quella differenza fondamentale che talvolta, invece di generare un incontro tutto da costruire in virtù del desiderio, può spalancare un varco da cui può irrompere un odio smisurato. Questa differenza è quella tra uomo e donna». Tutta la forza dell’assunto viene condensata da Luigi Lo Cascio in un racconto per flashback: pezzi di un puzzle in cui colpe, peccati e menzogne rivelano una verità radicale. Da rimarcare infine che Teatro Stabile di Catania ed Emilia Romagna Teatro Fondazione realizzano insieme il nuovo allestimento puntando a un incremento produttivo di qualità, sulla scia dei consensi e dei prestigiosi premi conquistati nel 2012 e 2013 con la coproduzione di “Un tram che si chiama desiderio”.
Caterina Andò