La tragedia di Viareggio: incidente industriale “a distanza”.
Una tragedia come questa probabilmente nessuno se l’aspettava, né tantomeno gli abitanti di Viareggio. Si poteva pensare a una tragedia così solo nelle aree industriali a rischio di incidente rilevante, dove i piani di protezione civile ed il PEE (=PIANO PER L’EMERGENZA ESTERNA) dovrebbero essere obbligatori. Viareggio sicuramente non risulta essere uno di quei comuni a rischio. Ha basato la sua economia sul turismo, sul carnevale, su attività sicure: eppure è rimasta vittima, secondo me, “non di un disastro ferroviario, ma di un disastro industriale …. a distanza”. Ma come si sa, nel “belpaese”, con il senno di poi si risolve tutto. Ma prima deve accadere il disastro con morti, feriti e danni, altrimenti non è successo nulla. A pochi metri (non più di 25) dalla mia scuola c’è la ferrovia, dove transitano treni come quelli del disastro di Viareggio. Ai miei alunni l’ho detto tante volte: quelle sono “bombe viaggianti”. Ormai la scuola è finita, ma sono certo che l’anno prossimo, il primo giorno di scuola, quando passerà un altro treno come questo, che farà tremare vetri e pavimenti, i miei alunni penseranno sicuramente più che alle mie parole al disastro del 29 giugno 2009. C’è anche un’altra scuola dall’altro lato della ferrovia, ancora più vicina. Forse al prossimo anno scolastico qualcuno se ne ricorderà. Ma la ferrovia passa, come a Viareggio, accanto (meno di dieci metri) ai palazzi a 5 piani, addossati l’uno all’altro per centinaia di metri. Basterebbe il semplice deragliamento di un normalissimo treno per provocare una strage. Ma su questa ferrovia, a binario unico, da Messina a Siracusa, (esempio di progresso e sviluppo nel meridione) passano tutti i tipi di treni: si discuterà per settimane se un treno carico di sostanze pericolose debba transitare attraverso un centro abitato (specie dopo la sciagura di Viareggio) ma da almeno trenta anni ed oltre nessuno discute o si preoccupa più di tanto di quel che qui accade: i treni passeggeri da Augusta per andare verso Siracusa debbono attraversare necessariamente quasi 15 chilometri di stabilimenti chimici e petrolchimici della Sasol, della Esso, dell’Enichem, dell’Erg della dismessa famigerata e letale Eternit. Vale a dire che i passeggeri vanno mandati deliberatamente incontro al pericolo. Paradossalmente la ferrovia passa a pochi metri anche dalle case ormai disabitate o ancora ostinatamente abitate da qualche irriducibile abitante di Marina di Melilli, il paese raso al suolo dalle ruspe perché aveva avuto la “colpa” di essere nato dove un giorno sarebbe arrivato il “progresso industriale”. Il treno effettua una fermata anche a Priolo, il paese che anziché fare la stessa fine di Marina di Melilli – per gli stessi problemi – è stato fatto crescere invece proprio in direzione degli stabilimenti industriali, benché fosse già in vigore la “direttiva Seveso”. Questa legge recepita anche dall’Europa vieta di costruire impianti pericolosi vicino alle case, ma non vieta di costruire case vicino agli impianti pericolosi!!? Se a Viareggio possiamo parlare di un “incidente industriale a distanza” ad Augusta e Priolo possiamo senz’altro parlare di possibilità di “incidente industriale a distanza ravvicinata”, con il beneplacito di tutte le istituzioni. Quando il 19 maggio del 1985, le 5 esplosioni e i boati dell’ICAM furono sentiti a decine di km di distanza furono gli stessi sindacati a minimizzare, e le istituzioni a dimenticare. (quell’incidente in termini giuridici è stato “archiviato” senza colpevoli perché quella domenica notte provocò “solo” – direttamente o indirettamente – due morti e cinque feriti. Quando la notte del 13 dicembre 1990 la terra tremò in tre province Siracusa, Ragusa e Catania, collocando il suo “vero epicentro” nell’area industriale Augusta-Priolo-Melilli per sapere del disastro non si dovevano vedere i telegiornali, bisognava venire di persona ad Augusta per capire quanto era accaduto. E a Roma politici e scienziati sapevano, tacevano e, anche deliberatamente, depistavano. Allora non c’era internet, non c’era you tube, non c’erano blog: i telefonini erano un privilegio di pochi. Ad Augusta, la popolazione, osteggiata apertamente dalla sovrintendenza, aveva chiesto dopo il disastro dell’ICAM la costruzione di un secondo ponte per tentare di fuggire in caso di disastro. Nel giorno del terremoto erano iniziati da pochi mesi i lavori per la costruzione del secondo ponte. Ma ancor prima del 1985, in riferimento ai rischi, ad Augusta si chiedeva di spostare la cintura ferroviaria dal centro urbano, almeno al fine di decongestionare il traffico veicolare; si chiedeva anche con petizioni popolari e pubblici dibattiti di “delocalizzare” (= far spostare fuori del perimetro urbano il deposito costiero di carburanti (denominato Max-Com). Incidenti industriali, perfino un terremoto di magnitudo “ufficiale” superiore a 5: tutto questo non è servito ad eliminare i fattori di rischio. Anzi, oggi, assistiamo in pieno centro abitato – oltre al transito dei treni “bomba” – anche al transito quotidiano di decine di autobotti (altre bombe) che vanno a rifornire il deposito costiero collocato tra la stazione ferroviaria e gli edifici civili a ridosso della stazione. Io conservo ancora la memoria di incidenti simili a quello di Viareggio: Genova, Napoli, Trieste, Trento. A questi probabilmente se ne potrebbe aggiungere un altro: Augusta-Priolo. Anche se qui tutto questo “non può mai accadere”. Chissà perché nell’ottobre 2005, nell’esercitazione “Eurosot 2005” fu ipotizzato proprio un incidente come quello di Viareggio. Era solo un’esercitazione. E, come si sa, nelle esercitazioni tutto finisce bene. Ovviamente la Magistratura si muove sempre e solo dopo il disastro: ma quando i cittadini denunciano preventivamente? Beh, si beccano la denuncia di “procurato allarme”. Dopo Sangiuliano di Puglia, dopo L’Aquila, (eventi naturali) perché qualche magistrato ha cercato di trovare i colpevoli tra Amministratori, tecnici o funzionari, perché hanno deciso di indagare persino sulla qualità dei materiali di costruzione? La colpa non è della Natura ma degli uomini. Un processo alla Natura non si potrebbe fare. Ora, dopo Viareggio, un’altra indagine: con chi se la prenderanno? Staremo a vedere….. Intanto, nel famoso “triangolo della morte”, Augusta, Priolo, Melilli, il più grande polo petrolchimico d’Europa, uno dei luoghi del mondo dove i rischi sono più concentrati (industriale, militare e sismico), gli attuali governi hanno deciso: potenziamo il polo petrolchimico, alla polveriera già esistente e perennemente innescata, aggiungiamo anche il rigassificatore. Poco importa se nella stessa area del petrolchimico Augusta-Priolo-Melilli si sono avuti tre terremoti del IX-X grado Mercalli e uno dell’XI senza contare quelli minori. Poco importa se nella città di Augusta di grandi tsunami (o maremoti) storicamente se ne sono contati 5 contro i 2 di Messina. I 18 miliardi di euro del polo petrolchimico valgono sicuramente di più delle potenziali 50.000 vittime che il prossimo terremoto annunciato potrebbe provocare. Prevenire sarà più difficile che seppellire. E come nel passato spesso insieme ai morti vengono seppellite anche le responsabilità. Tante vittime non hanno mai avuto né giustizia ne postumi riconoscimenti. Aspetto di vedere quanti politici parteciperanno in prima fila ai funerali delle vittime di Viareggio. Non per spirito di polemica, ma il 15 dicembre 1990, in Sicilia, di fronte alle dodici bare (i morti furono in tutto 17) del terremoto del 1990 nessuna autorità dello stato fu presente. (*) E questo non lo dimenticherò mai, anche perché, quasi vent’anni dopo quel terremoto, alcune ferite sono ancora “aperte e visibili”. E i rischi, sono ancora lì, appena dietro l’angolo. Mi auguro che non venga scritta un’altra triste pagina di storia.
Sac. Prisutto Palmiro