IL TERREMOTO DEL ’90, NEL GIORNO DI SANTA LUCIA – di Giuseppe Tringali

 

terremoto 13 dicembre,terremoto ad augusta,augustanewsAugusta – E’ ancora vivo in noi, a distanza di oltre vent’ anni, il ricordo di quella funesta notte trascorsa fuori casa, al freddo, tra i calcinacci, il caos dei veicoli nelle strade, il pianto di quei piccoli tirati giù a forza dal letto e avvolti frettolosamente nelle coperte di lana, tra gli sguardi poco rassicuranti degli adulti in preda alla disperazione e alla paura, la paura di non riuscire più a ripartire da quelle enormi macerie, a ripartire da zero. Tutto successe nel giro di 45 interminabili secondi durante i quali, giusto per rendere l’idea ai giovani che fortunatamente non hanno vissuto quei tragici momenti, gli abitanti dei piani alti degli edifici furono investiti dalla netta sensazione di precipitare, disarmati. Il frastuono fu così grande da non sentire neppure il rumore dei cocci di porcellana e dei frammenti di cristallo che, cadendo dalle cristalliere, andavano frantumandosi, mentre nella notte, a letto, avvolti nella nuvola di polvere sprigionata dai calcinacci che continuavano nel frattempo a piombarci addosso,  le coppie aspettavano, impotenti e serrati in un forte abbraccio, il momento dello schianto. Nei piani alti degli edifici, quei movimenti sussultori e ondulatori, in appena 45 secondi, diedero l’incredibile sensazione di precipitare da un piano ancora più alto, come da un attico di un grattacielo newyorkese. Quando, dopo avere avvolto i ragazzi con una coperta di lana, scendemmo in strada, alla vista di quelle macerie, abbiamo sperato tanto che l’epicentro fosse stato proprio ad Augusta perché, diversamente, la tragedia sarebbe stata di ancora più vaste dimensioni. Tra i cittadini rimasti senza tetto, non possiamo dimenticare l’esperienza vissuta da un’ intera generazione di giovani augustani cresciuta, per oltre  un decennio, in un sito lasciato per troppo tempo in assoluto degrado, per essere riconsegnato, appena 2 anni fa, alla civiltà, con una piazza ben illuminata, piazza “Unità d’ Italia”,  un parco giochi attrezzato per bambini e quant’altro. Dalle enormi proporzioni del sito, ci si chiede se non sia davvero, allo stesso tempo, l’esagerato frutto nato dall’ inconscio desiderio di rimuovere definitivamente, assieme ai container, quei terribili ricordi legati ai drammi vissuti da tante, troppe famiglie augustane, dopo essere state costrette a vivere un secondo dramma post-terremoto, quasi alla stessa stregua dei nostri sfortunati amici extracomunitari.

Il Sisma del 13 dicembre ’90 ci colse nella notte. – si legge  nella prefazione del libro di Giorgio Casole “Augusta, cronache di un terremoto annunciato  – Sembrava che il mondo ci crollasse addosso. Furono momenti di incredulità, di paura. Pensavamo ai nostri cari, alla nostra vita. Tutto ci apparve confusamente, scendemmo per strada, convinti che le nostre case non fossero più sicure. In poco tempo, le strade, le piazze furono invase. Nei volti di tutti si leggeva la paura, tutti cercavamo aiuto: lo trovammo nelle abitazioni delle campagne circostanti l’abitato di Augusta, presso amici che aprirono i loro cuori a quanti, meno fortunati, avevano visto le ferite che si erano aperte nelle loro case. Alla paura della notte, seguì la ragione. Bisognava continuare a vivere, ad accettare e comprendere quanto era accaduto, a ricostruire quanto era accaduto, a ricostruire quanto ero stato distrutto. Tutti fummo colpiti dal bisogno di aiutare il prossimo, cadde l’egoismo, l’indifferenza e prevalse l’altruismo e il mettersi a disposizione del prossimo. Le pagine di quelle giornate hanno fatto rivivere quei tragici momenti, che non vanno dimenticati, ma che debbono servire alle nuove generazioni a ricordare, perché la memoria ci renda capaci di affrontare le sfide del nostro futuro. Vennero tecnici, esperti a spiegare cosa era successo e come dovevamo imparare a convivere con i rischi del nostro territorio. Il Prof. Enzo Boschi non ci nascose le sue preoccupazioni e ci spronò a essere uniti e a lavorare per rendere meno vulnerabile il nostro territorio, ed essere attori del nostro futuro.

  Giuseppe Tringali