Al “BRANCATI” di CATANIA VA IN SCENA UN’ ESILARANTE E SURREALE FIABA DI WOODY ALLEN, IL GENIO AMERICANO DELL’ UMORISMO

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Giovedì 8 marzo 2012 alle h 21 debutto al Teatro Vitaliano Brancati di Catania, in via Sabotino, La Lampadina galleggiante, attesissima commedia firmata dal genio dell’umorismo Woody Allen, e mai rappresentata in Italia. Una favola postmoderna, semplicissima e illuminante al tempo stesso, delicata e divertente, interpretata da Mariangela D’Abbraccio insieme a Fulvio Falzarano e Mimmo Mancini diretti dalla sapiente regia di Armando Pugliese. La storia è ambientata in una degradata periferia di New York nel 1945, e racconta le vicende di una stravagante famiglia in piena crisi esistenziale. Il padre sogna di vincere alla lotteria e scappare con la sua amichetta, una cameriera di un locale di quart’ordine, ma è assalito dagli strozzini; la madre da ragazzina voleva fare la ballerina e ora progetta di vendere fiammiferi personalizzati per corrispondenza, anche se le sue frustrate ambizioni di successo si riversano sul figlio ‘artista’. Dei due figli , uno appicca incendi, l’altro vorrebbe fare il prestigiatore,  ma è letteralmente terrorizzato dal pubblico e continua a balbettare. Infine,  c’è un manager il cui migliore cliente è un cane che canta. Dall’incontro tra madre con ambizioni artistiche e manager fallito si sviluppa il nodo drammatico del testo. Dalla penosa esibizione del figlio ‘mago’ davanti al finto impresario si passa al desolante rivelarsi di solitudini che sono destinate a non incontrarsi mai, e ogni illusione s’ infrange nel progressivo delinearsi di tante identità fallite e destinate a rimanere tali. In un’atmosfera hopperiana la critica dell’autore al ‘sogno americano’ si fa progressivamente più feroce. L’opera di Allen è intrisa di sfumature oniriche ed è chiaramente inverosimile, eppure presentata con una naturalezza quasi disarmante che la rende plausibile. É un’opera che conquista ed emoziona, catturando il pubblico con la magia e la poeticità dei suoi dialoghi e dei sui personaggi, che difficilmente si dimenticano. Completano il cast Barbara Giordano , Francesco Brandi e Luca Buccarello. Le scene sono firmate da Andrea Taddei, i costumi da Silvia Polidori .

Si replica sino a domenica 11 marzo.

  Claudia Catalano

 

 

 

SUGO FINTO, ODIO E RISATE Al “BRANCATI” di CATANIA, fino al 26 febbaraio

 

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Dopo Grisù, Giuseppe e Maria  di Gianni Clementi,   in dialetto napoletano, rappresentato qualche giorno con successo al teatro Brancati di Catania, diretto da Tuccio Musumeci, in questi giorni si sta replicando con altrettanto successo, un’altra sapida commedia dello stesso Clementi, in vernacolo romanesco, con due autentiche attrici di razza, PaolaTiziana Cruciani e Alessandra Costanzo, nei panni di due sorelle, zitelle e sciancate, proprietarie nella capitale  di una piccola merceria che rischia la chiusura, come tanti altri piccoli negozi, a causa dell’invasione dei cinesi. L’azione si svolge, per due tempi, tutta nel modesto tinello dell’abitazione delle due che battibeccano continuamente, con battute al vetriolo, soprattutto per le ristrettezze economiche in cui la sorella maggiore, Rosaria,  vuole far vivere il piccolo universo domestico che sta per essere travolto. L’altra sorella è  Addolorata, un nome” parlante” potremmo dire, giacché ella trova conforto solo nel guardare programmi televisivi  trash (si sente, infatti, la voce di Maria De Filippi),   nell’acquisto di qualche elettrodomestico  per un maggiore comfort o nel desiderare  di usare una volta il tassì per recarsi al matrimonio del cugino “carnale”.  Le due donne, di probabile origine meridionale (come fanno intuire i loro nomi), sono le uniche  ad apparire sulla scena di questo chiuso universo, sordo al  mondo esterno, di cui si sente la voce irritata del vicino di casa, sordo anche allo squillo del telefono, ma non alla sirena  del tubo catodico. Come in ogni coppia,  compresa quella gemellare, c’è sempre chi è dominante rispetto all’altro: qui è Rosaria, che attribuisce a sé tutti i meriti e squalifica continuamente la sorella;  orgogliosa  di sé, non ammette repliche, persino nella preparazione del sugo di pomodoro, definito finto (da qui il titolo) quando non c’è la carne. La carne, ovviamente, costa troppo  e, allora, il sapore è dato dal sedano. “Non faccio mai il sugo senza sedano”, borbotta Rosaria, mentre la sorella, spaparanzata davanti al televisore l’accusa, appunto, di preparare solo “sugo finto. Anche  Addolorata  borbotta mentre recita il ruolo della vittima, finché un  ictus “provvidenziale” provoca il rovesciamento dei ruoli: Rosaria diventa la vittima silenziosa, immobile,  davanti al vituperato apparecchio televisivo, di un’Addolorata che ora domina l’universo domestico, ma senza spirito di vendetta, anzi con un affetto sorprendente giacché cura amorevolmente la sfortunata sorella, che imbocca come una bambina. Nella sventura ha scoperto il valore del legame fraterno. Paola Tiziana Cruciani e Alessandra Costanzo, servite dalla regia di Ennio Coltorti, fanno trascorrere due ore di sano divertimento. Si replica al “Brancati” fino al 26 febbraio.

 

Giorgio Càsole – Nella foto: Alessandra Costanzo a sin. Paola T. Cruciani, a ds

 

A CITTA’ DELLA NOTTE, DOMENICA 5 FEBBRAIO MASSIMO DAPPORTO DIRA’ LA VERITA’

 

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Città della notte/VILLASMUNDOCon un’esibizione travolgente dell’orchestra giovanile del Teatro Bellini di Catania, è ripresa alla grande la stagione del 2012, diretta dal tenore Marcello Giordano Pellegrino, che ha voluto dare un’impronta diversa rispetto alla precedente direzione artistica: non solo prosa, ma anche musica, canto e balletto. Domenica 5 febbraio sarà la volta della prosa con un’allegra commedia intitolata “La verità”, con Massimo Dapporto e Antonella Elia. Come tutti ricorderanno, Antonella Elia ha conosciuto un periodo di successo televisivo grazie alla popolare trasmissione “ La corrida”, trasmessa da canale 5. Nell’edizione di Città della notte, Antonella Elia reciterà in sostituzione di Benedicta Boccoli, altra piccola star televisiva degli anni passati. Il pubblico verrà condotto allegramente fra tradimenti veri e tradimenti raccontanti insieme ai personaggi, che oscillano dal ruolo della vittima a quello del colpevole … e, alla fine, al pubblico rimarrà il piacere di capire la verità del titolo. Ma sarà bene conoscerla davvero? Com’ è noto, la verità può anche far male. La pièce  gioca con il classico tema del tradimento coniugale portandolo alle estreme conseguenze, in un continuo scambio di ruoli, fra i quattro personaggi sulla scena, un gioco di specchi, vero divertimento della commedia, specchi che riflettono verità sorprendenti: un gioco quasi pirandelliano diretto dal regista cinematografico Maurizio Nichetti, un tempo mimo tra i più famosi d’Italia.

Cecilia  Càsole    nella foto, da sin.: Nichetti, Elia, Dapporto

ARRIVA IN CITTA’ L’ARTE DI PULCINELLA

Gaspare_Nasuto.jpgPer la prima volta ad Augusta si avrà la possibilità di vedere le guarattelle napoletane. I burattini partenopei hanno una storia lunga che parte ne l 1500 e Gaspare Nasuto , guarattellaro DOC  premiato con riconoscimenti  nazionali e  internazionali, porterà il suo spettacolo alla SALA MAGNANI all’interno del FESTIVAL DELLE DUE SICILIE  la cui direzione artistica è curata da AREATEATRO.

PULCINELLARTE mette in scena le gag classiche di Pulcinella: tra l’inconfondibile risata di Pulcinella e le   mazzate Gaspare Nasuto con il suo stile personale ci porterà in un viaggio divertente  per tutta la famiglia.

Il sodalizio tra la compagnia Pulcinella di Mare e AREATEATRO porterà a maggio alla realizzazione di un corso di scultura e manovra Guarattelle nella nostra città, anche in questo caso ci troviamo di fronte a un evento perché sarà la prima volta che Nasuto tiene un corso in Sicilia.

In occasione della presenza in città dell’artista partenopeo il 21 mattina avrà luogo all’interno sempre di Sala Magnani un conferenza sul 1500 napoletano e la commedia dell’arte, fruitori dell’incontro gli alunni della terza elementare dell’Istituto O.M. Corbino del Dirigente Marcello Pisani.

   AREATEATRO

REGIONALE DI KAMIKAZE AND ROCK ‘N’ ROLL A SORTINO

IMG_6961.jpgArriva la prima regionale dello spettacolo che vede in scena per la prima volta insieme  Gaspare Nasuto e Alessio Di Modica. Sabato 21 al Teatro Italia di Sortino, all’interno del FESTIVAL DELLE DUE SICILIE  a cura di AREATEATRO e  in questa occasione anche grazie collaborazione con Centro Studi Faber ,  all’ospitalità dell’Associazione L. Pirandello  di Sortino. Al suo debutto lo scorso anno al teatro Petrella in occasione del festival  Arrivano dal Mare.. Nasuto e Di Modica mischiano le loro arti, le loro tradizioni: burattinaio della tradizione napoletana delle Guarattelle il primo, narratore della tradizione del Cunto siciliano il secondo.

I loro linguaggi tradizionali si contaminano per dare vita ad  una messa in scena  raffinata  e pregevole, aprendo una pagina importante della sperimentazione del teatro popolare di cui i due sono tra i più  significativi  rappresentati delle nuove generazioni. Attraverso il Cunto e le Guarattelle ci racconteranno il dramma dei Kamikaze giapponesi  durante la seconda guerra mondiale con citazioni delle pagine più profonde dello scrittore nipponico, più volte vicino al nobel, Yukio Mishima. In questa trasposizione i linguaggi popolari teatrali utilizzati danno una forza umana di grande impatto scenico alla parola dello scrittore e ci aiutano a conoscere qualcosa della storia recente di uno dei paesi  più controversi e affascinanti del mondo e a riflettere sulla ferocia degli ideali, sugli assolutismi religiosi,  ideologici ed economici  dei nostri tempi.

IL CELEBRE E POPOLARE ATTORE SICILIANO TUCCIO MUSUMECI CELEBRATO IN UN LIBRO

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Mercoledì 14 dicembre 2011 alle ore 20 al Teatro Vitaliano Brancati di Catania con Pippo Baudo presentazione dell’ l’ultimo libro di Santino Mirabella dal titolo “In Scena-Conversazione con Tuccio Musumeci” (edizioni Flaccovio Editore).Una serata evento che celebra un attore simbolo del nostro teatro  Tuccio Musumeci. Cinema, televisione, ma soprattutto teatro:Tuccio Musumeci in un’ inedita conversazione insieme all’autore , ripercorre la sua carriera di interprete, dagli esordi in coppia con Pippo Baudo – che firma la prefazione al volume – fino ai più recenti successi. Una dichiarazione d’amore per un mestiere vissuto con passione quasi esclusiva, ma anche una fonte inesauribile di notizie di prima mano su sessant’anni di storia dello spettacolo in Italia. Santino Mirabella , giudice al Tribunale di Catania, è un grande appassionato di teatro e letteratura. Autore presente in numerose antologie di poesia e narrativa , tra le sue pubblicazioni più recenti : l’ Opera di poesie Come qualsiasi delle ombre…’, (2011 Casa editrice: ‘Gruppo Albatros Il Filo’ , premiato alla VI^ Edizione del Concorso Internazionale di Poesia ‘Vitruvio’, in Lecce ed alla X^ Edizione del Premio Nazionale di Poesia “Italo Carretto”, in Bardineto e la pluripremiata opera di poesie Per i Viali senza via’ (2010), con illustrazioni di Luigi Fiore( ‘A&B Editrice’) . Tra i vari riconoscimenti di Santino Mirabella si annoverano il Premio Italo Calvino’ (Sanremo); Premio Letterario Nazionale “Le Nuvole–Peter Russell, in Napoli; Premio ‘Giordano Bruno’ dell’Accademia Internazionale Partenopea “Federico II”, in Napoli.

<<Il libro su Tuccio Musumeci -dichiara l’autore – nasce da un atto d’amore per l’uomo e per l’artista>>.

Alla serata di mercoledì 14 dicembre al Teatro Vitaliano Brancati presenti, l’autore , Tuccio Musumeci e PippoBaudo.

    Claudia   Catalano

SI RIDE DALL’INIZIO ALLA FINE CON “MISERIA E NOBILTA’” DI EDUARDO SCARPETTA AL BRANCATI DI CATANIA, DIRETTO DA TUCCIO MUSUMECI

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Catania –  Apertura di stagione con il botto al teatro Brancati di Catania, grazie all’esilarante messa in scena della classica commedia Miseria e nobiltà di Eduardo Scarpetta, commediografo napoletano di fine Ottocento, prolifico di commedie e di figli:  Miseria e nobiltà  è la più famosa e rappresentata commedia, tra i figli illegittimi, memorabili i tre De Filippo,  Eduardo, Tina e Peppino, che presero il nome della madre. Nel 1954 la commedia fu portata sullo schermo da un irresistibile Totò, allora in auge come grande maschera napoletana, nei panni di Felice Sciosciammocca, personaggio topico dei lavori scarpettiani,  circondato da un cast di tutto rispetto, tra cui una giovanissima Sophia Loren, maggiorata fisica, agl’inizi della carriera, nei panni improbabili, data l’esuberanza pettorale, di una ballerina classica, Gemma, interpretata a Catania da una pimpante Giorgia Migliore (nomen omen?) , sul cui seno aggettante adagia il capo  il fortunato Tuccio Musumeci, nella parte recitata da Totò. Il film con Totò e la Loren viene periodicamente trasmesso   dai canali televisivi, tanto da essere diventato un film da culto del genere comico italiano. Il confronto, dunque, poteva essere rischioso e far pendere la bilancia a favore del film diretto da Mario Mattoli, regista che sapeva  “servire” Totò, attore creativo che non si atteneva sempre al copione, inventando di suo.  Nessun rischio.  Né Tuccio Musumeci né Nicasio Anzelmo, il regista della rappresentazione catanese, si sono fatti schiacciare dal confronto e ne sono usciti vincitori. Sì, possiamo dirlo con certezza, non solo perché alla prima di giovedì 27 ottobre, il pubblico rideva e applaudiva a più riprese, ma perché la traduzione in siciliano e l’adattamento alla realtà catanese, con l’inserimento di ironiche battute, hanno conferito sapidità alla rappresentazione tanto da riuscire più comica della rappresentazione filmica. Come sempre, Tuccio Musumeci è sé stesso, caratterizzato, naturaliter, da  una forza, che deriva dalla sua mimica facciale, dalla sua tipica inflessione catanese, grazie alla quale, come abbiamo osservato in altre occasioni,  egli stesso potrebbe essere considerato una maschera del teatro popolare siciliano: la maschera di Tuccio Musumeci , che s’impone sulla scena più con la tecnica del levare, come quella utilizzata  dal grande Eduardo (ci riferiamo a De Filippo, che negli ultimi anni firmava le sue regie con il solo nome di battesimo), cui bastava  soltanto sollevare un sopracciglio per esprimere un’emozione. Eduardo era attore e drammaturgo essenzialmente drammatico.

Tuccio Musumeci è attore essenzialmente comico, ma siamo convinti che potrebbe benissimo interpretare parti drammatiche, come ebbe modo di fare, specie in Amarcord di Fellini,  il compianto nostro conterraneo Ciccio Ingrassia, palermitano, che spopolò al cinema negli anni Sessanta-Settanta del Novecento con quell’altra maschera comica marionettistico-funambolica che era Franco Franchi, palermitano  come Ciccio.  Il pubblico catanese,  e non solo,  ama il Tucciomusumeci comico popolare, che fa ridere per il solo piacere di ridere,che poi era lo stesso principio programmatico delle commedie plautine: risum movère. Non a caso citiamo Plauto, il grande attore e commediografo della Roma antica. Plauto è citato, infatti,  nella nota di regia di Nicasio Anselmo, laddove riferisce che “fin dai tempi di Plauto, per i comici, la fame ha costituito il carburante che innesca la risata ed è qui trattata da Scarpetta  con una dignità fino a oggi sconosciuta: è una brezza leggera, rivestita di dignità  seppur disgraziata.” La fame, appunto, la fame  vera, atavica, la fame dei miserabili, di chi è costretto a impegnarsi persino il cappotto pur di mettere qualcosa in pancia, la fame,  che fa scatenare le  rivolte popolari, scatena gl’istinti aggressivi di due donne nel primo atto: una è Luisella, interpretata da una scatenata Margherita Mignemi, convivente dello scrivano  Felice Sciosciammocca, l’altra è Concetta, interpretata da una convincentissima Barbara Gallo, moglie dello squattrinato fotografo Pasquale,interpretato da un divertente Massimo Leggio,  amico di Felice, in stretto rapporto d’interdipendenza: condividono l’appartamento, la miseria e, quindi, la fame. Con la fame temporaneamente calmata si chiude il primo atto, la cui seconda parte ricalca fedelmente il film con Totò, con la differenza che nel film l’apoteosi finale è rappresentata da Totò che conserva in tasca gli spaghetti fumanti intinti nel sugo, mentre sulla scena catanese si vedono sì gli spaghetti,  ma senza sugo e senza nessuna personale appropriazione. Alla fame si contrappone il benessere, alla miseria la nobiltà, non dell’animo, ma del casato, la nobiltà del censo, che porta all’ostentazione della ricchezza, del lusso, soprattutto quando si tratta di nuovi ricchi, cioè di parvenu, che vorrebbero avere, oltre  ai soldi, lo stemma gentilizio.  Ed ecco che la commedia diventa la commedia di una commedia o, meglio, di una farsa: la commedia farsesca dei miserabili Felice e Pasquale che, nobili per finta, vogliono pigliare a gabbo un parvenu, l’ex cuoco Semmolone,  interpretato da Marcello Perracchio in stato di grazia, che aspira a diventare nobile per il tramite della figlia Gemma, fidanzata a un marchesino, Plinio Milazzo sulla scena,  che vuole sposarla, ma non ha il consenso del padre, ragion per cui chiede a Pasquale e a Felice di recitare la parte del proprio padre e del proprio zio  recandosi da Semmolone per dare l’assenso alle nozze.  Pasquale si fa accompagnare da Concetta e dalla loro figlia Pupella, impersonata da Egle Doria, che, sostanzialmente, recita in tre ruoli: in quello della giovane, ossuta mortadifame, in quello della caricatura di nobile contessina e in quello di allegra fidanzata  di Luigino , figlio di Semmolone, il cui unico scopo nella vita è quello di sciupare i soldi del padre.  Claudio Musumeci, figlio di Tuccio, che, nelle movenze e nella voce, ricorda il padre, indossa i panni vistosi di Luigino,  tanto più vistosi nel primo atto in quanto contrastano con i miseri panni spenti  degli abitanti del tugurio condiviso, con l’affitto arretrato di ben “cinque mesate”.  Nel secondo atto, che racchiude il II e il III della pièce scarpettiana, una vera folla di personaggi appare sulla scena colorata e funzionale,  con pochi elementi scenici: riappare come Vicienzo, servo di Semmolone,  il simpaticissimo Salvo Scuderi, che avevamo visto già nel ruolo del padrone di casa e del frigorifero, rigorosamente vuoto, e con lui Valentina Ferrante, spiritosa nei panni d’una fasulla istitutrice di origine inglese, semplice ” serva” nel testo di  Scarpetta, Aldo Toscano, che, con garbo e ironia, sa vestire i panni dell’attempato marchese, abituale frequentatore di casa Semmolone perché desidera ricevere  le grazie della giunonica Gemma senza convolare a nozze, Rossana Bonafede, davvero efficace nelle vesti della pepatissima servetta di Gemma, moglie separata di Felice e madre di Peppeniello, bambino di cinque anni,  felicemente interpretato dal  giovanissimo Giuseppe Testa, già ammirato nel primo atto, protagonista del tormentone “Vincenzo, m’è padre a me” nel film trasformato in” Vicienzo, m’è padre a mia!”, e tutti gli altri in una spassosa  girandola di gag e di situazioni – memorabile il “duello” fra Bettina e Luisella, moglie e amante di Felice – girandola che fa venirei mente le pochade francesi. La commedia  nella commedia ha termine quando Luisella, travestita da principessa di  Casador, piomba inattesa, fingendosi malata, nella villa di Semmolone e svela l’imbroglio.  La commedia termina con l’immancabile happy end.  Peccato non andarla a vedere. Si replica fino al 13 novembre,  al teatro Brancati di Catania , in Via Sabotino,  4 , non lontano dalla sala “Musco” di Via Umberto.

Giorgio Càsole    Nella foto di Giuseppe Messina: il cast al completo

SPETTACOLO IN APERTURA DI STAGIONE AL BRANCATI DI CATANIA, DIRETTO DA TUCCIO MUSUMECI

Giovedí 27 ottobre 2011 alle h 21 Miseria e Nobiltà, il capolavoro in tre atti di Edoardo Scarpetta

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Ambientata nella Napoli di fine ‘800, la storia nota a tutti, è quella di Felice Sciosciammocca lo squattrinato scrivano, interpretato da un esilarante Tuccio Musumeci, che vive alla giornata  condividendo la casa con il figlio Peppiniello, la compagna Luisella e  l’amico Pasquale, fotografo ambulante, con la moglie Concetta e la figlia Pupella. Una commedia che ruota tutta intorno alla fame e alla relativa pancia vuota dei suoi protagonisti.

Una situazione difficile, che un giorno viene stravolta dalla proposta del marchesino Eugenio, il quale vorrebbe sposare Gemma, ma  ha bisogno del consenso dei suoi genitori, contrari a tale unione. Il giovane nobile chiede allora a Felice e a Pasquale di  spacciarsi per i suoi aristocratici parenti. Travestimento che darà inizio a una serie di irresistibili equivoci, che si concluderanno con un lieto fine. Fame e scambio di identità , congegni comici del testo, di cui Scarpetta è maestro. Una storia che racconta un’ “Italietta” che parrebbe ormai scomparsa – ma che purtroppo oggi è più attuale che mai – fatta di uomini e personaggi costretti a reinvertarsi ogni giorno per la sopravvivenza, sbarcando il lunario.

Una storia vivace e briosa, resa sul palcoscenico da una cast d’eccellenza diretto da Nicasio Anzelmo: insieme a Tuccio Musumeci e Marcello Perracchio, Rossana Bonafede, Egle Doria, Barbara Gallo, Valentina Ferrante, Massimo Leggio, Plinio Milazzo,Giorgia Migliore, Margherita Mignemi,Claudio Musumeci, Aldo Toscano, Salvo Scuderi e il piccolo Giuseppe Testa. La regia è di Nicasio Anzelmo, le scene di Riccardo Perricone i costumi di Angela Gallaro, i movimenti coreografici di Silvana Lo Giudice.Per info abbonamenti Botteghino  TeatroV.Brancati via Sabotino 4 Catania aperto da martedì a sabato dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 20 tel.095-530153 www.teatrodellacitta.it

 

C.C.  –  nella foto, il cast al completo

Lisa Viola recita Martoglio

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AUGUSTA. Lisa Viola, giovane diciottenne liceale, che ha superato lo scoglio dell’esame di Stato al liceo scientifico di Augusta, fa parte del cast artistico che ha rappresentato e sta ancora rappresentando nelle piazze , dell’Isolaun classico testo del grande autore siciliano di Belpasso, Nino Martoglio, che aprì la via del teatro a Luigi Pirandello, il grande drammaturgo agrigentino che rivoluzionò il teatro italiano e europeo all’inizio del secolo scorso. Il testo “Annata ricca (massaru cuntentu)” è stato scritto da Martoglio, nel 1914, in lingua italiana, nel clima della grande guerra e ripreso in dialetto e steso in due atti nel 1921. Questo spettacolo viene rappresentato, proprio, durante questa incomprensibile, volutamente mediatica, guerra degli USA contro l’Iraq. E’ tempo di gaiezza e di festosità, suggerisce lo spettacolo, da contrapporre al dramma del quotidiano. Beviamo del buon vino, dopo il raccolto e la vendemmia, per dimenticare e facciamo l’Amore… 
E oggi, con singolare coincidenza temporale, il testo – completamente stravolto dal genio di Fioretta Mari che pone al centro della scena come personaggio principale quello della levatrice lanciando il messaggio “Unitevi e prolificate”- viene rappresentato, soprattutto, come inno alla gioia del vivere insieme in pace e allegria, quasi per affrancarci per un attimo, solo per un attimo, il tempo di uno spettacolo, dagli incubi di una guerra volgare in atto.
Una sorta di racconto campagnolo boccaccesco dove la natura la fa da padrona! 

29 settembre: tempo di vendemmia. Nella notte di San Michele Arcangelo, la natura che viene rappresentata dalla campagna del meridione, per l’esattezza ambientata in una masseria, esplode durante la raccolta dell’uva e durante la pigiatura. Una scansione stagionale del tempo eterno dell’amore, che è soprattutto tempo di trasgressione. Entusiasmo, sesso e ironia ! E’ il tramonto. L’aspetto ludico della festa serotina scatena gli istinti più nascosti. Fa caldo. Il sudore del lavoro si trasforma nel sudore dell’accoppiamento. Giovani e meno giovani rimangono coinvolti dai loro furtivi desideri. Massaru Michelangilu, maturo marito di Grazia, molto più giovane di lui e padre di Pina, un’inquieta ragazza, riesce ad allontanare Marianu, smanioso di sessualità, l’incosciente amante della moglie, ma non può impedire che quest’ultimo seduca la figlia senza farsi scoprire. Che rivelerà una grande sorpresa nel finale.  Ci si ritrova così coinvolti in un intricato giocoso racconto i cui fili si aggrovigliano e simmetricamente si sbrogliano, si sciolgono in un microcosmo di passioni che sottilmente raccontano l’uomo e le sue precarietà. La libera e spontanea coralità della festa si confonde con la coralità imposta dal lavoro. I due atteggiamenti si intrecciano e reciprocamente scambiano l’inquietudine dell’impegno con la gioia del disimpegno. Il luogo dove si svolge il racconto è quello della povertà, della fatica e del dolore e gli attori esprimono il tentativo umano di dimenticare angustie e sofferenze affidandosi totalmente al significato profondo della festa e della trasgressione. L’uomo, da sempre, vorrebbe gestire la propria visione umana di libertà. Tenterebbe di allontanare da sé il dolore, la fatica e il sacrificio quotidiano; vorrebbe dimostrare a sé stesso e agli altri che può conquistare la libertà, ed è con questo spirito, questa attesa che vive la festa e le gioie dell’amore. Un atto liberatorio che alla fine diventa soltanto compensativo.  Tutto è apparecchiato per la grande festa orgiastica, per un rito orgiastico del piacere per il piacere, un baccanale dedicato all’amore travolgente e disordinato, ricco di imprevedibili esiti. Ogni cosa è rivolta ai più generosi aspetti della natura sovrana, ai più incontrollabili empiti sensuali contro l’austerità della vita, contro la decenza e la piattezza della vita e la tendenza alla sua normalità. Alla negazione della banalità e della ripetitività delle quotidiane faccende propriocon la contrapposizione degli impulsi indistinti, liberatori di umanità e natura, senza controllo alcuno. Eros e Thanatos sono i padroni della vita. Amore e morte sono Bacco ed Arianna. Vivono la sensualità come comunicazione privilegiata dell’essere al mondo, come esaltazione della vita contro la paura, consapevole o non, della morte, con la insoddisfazione dell’amore alla ricerca della sazietà, come completezza, ma la smania d’amore riprende, sazietà che momentaneamente appaga, ma nella realtà non sazia mai. Una classica commedia campestre e boccaccesca, oggi con maestria rivisitata nel genere del musical, che si risolve in una esibizione dell’eccessivo e della passione: ragionevole e credibile panacea per i mali del mondo. Lisa Viola, la nostra giovane augustana diciottenne, alla sua prima esperienza come professionista della scena, fa onore alla sua città.

V. L.    Nella foto: Lisa Viola