AUGUSTA/HANGAR, IL GIGANTE ABBANDONATO – di Giorgio Casole

L’appello per la salvaguardia di un monumento eccezionale. Dichiarato monumento nazionale per iniziativa della Sopraintendenza, attende ancora la realizzazione di un progetto che risale al 1989. Un percorso ideale di visita dall’ hangar i forti spagnoli (in centro di porto) 

hang4AUGUSTA. Maestoso, imponente, abbandonato  e in percolo (dopo il tentativo di fruizione messo in atto dall’associazione  Hangar team, convenzionata con il Comune). Così potremmo sinteticamente definire l’ hangar per dirigibili, che domina, come un tempio greco sull’ acropoli, la baia di Augusta: il primo esempio italiano di architettura militare posto sotto il vincolo della tutela monumentale dalla Soprintendenza di Siracusa. “L’ hangar di Augusta è una delle pochissime opere di tal genere esistenti in Europa. Costituisce, quindi, un prezioso esempio di architettura militare ed è, nel contempo, una valida hang3testimonianza sullo stato dell’arte delle grandi costruzioni in cemento armato all’inizio del secolo,”, il Novecento. Così si legge nella motivazione per il vincolo, redatta dall’architetto Pavone della Soprintendenza aretusea, che nel 1989 annunciò un progetto di restauro conservativo “già in cantiere”. Pavone assicurò: ”Ci misureremo con nuove tecnologie e soluzioni all’avanguardia”. Nel 1989, infatti, si registrò un “cedimento sottofondazionale sotto il portone principale”, come dnunciò l’architetto augustano Francesco Lombardo, autore, con la sua collega Giovanna Cavallo, di uno studio sul recupero funzionale dell’hangar. Il cedimento provocò una grossa lesione in un punto delicato della struttura, “tanto che un contrafforte sta per cedere”, preconizzava  Lombardo, il quale va  che l’Aeronautica militare, proprietaria dell’area,  era intervenuta per frenare “lo sbilanciamento in avanti della parte anteriore dell’edificio. Il Comando della Terza Regione Area, di stanza a Bari, riconosceva  che l’hangar era in “cattive condizioni” ma, a quanto pare, non aveva  intenzione di sborsare più una lira, pur riconoscendo il pregio dell’opera monumento nazionale. Il tenente colonnello Eugenio D’Amico, addetto stampa di quel comando, confermò all’autore di queste righe che “trattandosi di un complesso che non riveste più interesse per fini specifici di difesa dell’Aeronautica e la cui custodia e conservazione richiede l’impiego di notevoli risorse che la Forza armata istituzionale non può distrarre dalle risorse necessarie all’assolvimento di fini specifici, il Comando ha già da tempo avviato una proposta per la dismissione dell’area, sulla cui successiva destinazione è competente il Ministero-Difesa”. Al ministero della Difesa si  rivolse l’allora sindaco di Augusta, Pippo Gulino, per chiedere formalmente l’acquisizione al demanio comunale dell’hangar, degli edifici circostanti e di circa quaranta ettari di terreno dell’area comprensoriale, un tempo aeroporto “Luigi Spagnolo”, oggi area verde a macchia mediterranea, “ideale cornice a impianti sportivi di base (campo di calcio e campi da tennis, già esistenti, ma abbandonati), percorsi di corsa campestre e piste ciclabili”, auspicava  il sindaco Gulino, il quale affermava  che “gli edifici già esistenti, ristrutturati, potrebbero ospitare punti di ristoro, sale convegni e centri sociali, l’hangar debitamente ristrutturato e salvato dalle angherie del tempo e dal disinteresse delle ultime generazioni, potrebbe diventare una struttura polifunzionale (fiere, spettacoli, incontri sportivi), mantenendo la sua natura e importanza di monumento storico”.In effetti l’hangar con i suoi 86.000 metri cubi, all’interno dei quali visitatori antichi e recenti, ospiti volontari o forzati hanno lasciato una variegata testimonianza attraverso graffiti e scritture più o meno deprimenti, potrebbe divenire un enorme contenitore di svariate attività: dall’auditorium del teatro, dall’albergo-foresteria al ristorante, dalla sala esposizioni al centro commerciale (con annessi magazzini).

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AUGUSTA/QUANDO IL PROF NON OSAVA PRONUCIARE LA PAROLA “CUL”

downloadAUGUSTA. Quasi 5o anni fa, nel 1966, alcuni studenti, due ragazzi e una ragazza,  del prestigioso liceo “Parini” di Milano pubblicarono sul loro  giornale d’Istituto, La zanzara, un’inchiesta sui giovani e la sessualità. L’inchiesta provocò uno scandalo che superò i confini del liceo e di Milano.  I tre giovani furono accusati di oscenità e di “corruzione di minorenni”, perché le ragazze intervistate   non avevano la maggiore età. In virtù di una legge fascista in vigore, il giudice incaricato dell’indagine obbligò gli studenti a spogliarsi, per verificare l’esistenza di tare fisiche e psicologiche. I maschi  si spogliarono, la ragazza rifiutò  decisamente. Finirono sotto processo e su tutti i giornali. Il caso “La zanzara” divenne un caso nazionale. I tre studenti alla fine furono assolti, ma  il caso divenne emblematico d’un’Italia in cui  la censura la faceva da padrona e in cui non  si poteva pronunciare la parola sesso senza timore. Ricordo la mia insegnante di biologia  che, al liceo, saltava a piè pari il capitolo sulla riproduzione; ricordo che, nello stesso liceo, il mio insegnante di Italiano  nel leggere un  verso di Dante sulla scurrilità dei dèmoni infernali, “ed elli avea del cul fatto trombetta”, saltava la parola “cul”, mentre tutti  seguivamo il testo e leggevamo la parola censurata dal docente; ricordo le mie compage di classe che bisbigliavano la parola “assorbente”, per indicare il  tampone intimo indossato durante le mestruazioni e quando io percepii la parola credevo si trattasse  della carta assorbente, usata per asciugare l’inchiostro della penna stilografica; ricordo bene quell’anno perché  diedi vita al giornale studentesco del liceo Il Cicerone , che gravava interamente sulle mie spalle, anche dal punto di vista finanziario, ma che, per poter vendere fra i ragazzi del liceo,  dovevo sottoporre al visto censorio di quello stesso insegnante che non osava pronunciare la parola cul . Dopo quasi mezzo secolo, in quello stesso liceo  si può parlare di sesso, tranquillamente, ufficialmente, com’è successo in una recente assemblea di istituto,  che qui viene riferita da uno studente quindicenne.

   Giorgio Càsole

AUGUSTA/IL COMANDANTE DI MARISICILIA SUI MARO’ ITALIANI IN INDIA: “ABBIAMO PECCATO DI INGENUITA’”

 Esclusivo, Giorgio Càsole intervista l’amm. Roberto Camerini

okAUGUSTA. Anche il comandante di Marisicilia,il contrammiraglio Roberto Camerini, ha  incontrato i giornalisti per gli auguri di fine e inizio anno e per mettere in evidenza le difficoltà della Marina Militare Italiana in questo periodo di drammatica crisi economica. La scure dei tagli si abbatterà anche sulla forza armata che, da qui a dieci anni, dovrà ridurre il trenta per cento di personale e dovrà ridimensionare molte basi, fra cui quella di Augusta, sede di Marisicilia. La ristrutturazione di Marisicilia  era prevista a partire dal 1° gennaio 2014, ma la data è stata spostata al giugno dello stesso anno. Dovrebbe anche cambiare la denominazione: da Marisicilia a Maricomlog. Anche la flotta subirà drastici tagli, pur essendo già la nostra nazione al quinto posto  nel confronto con le principali flotte europee, dietro a Regno Unito, Francia, Germania, Spagna e davanti solo a Turchia e a Grecia. La nostra flotta attuale comprende sessanta unità fra cacciatorpediniere, fregate, corvette, cacciamine, pattugliatori, sommergibili e altre unità, compresa una portaerei.  Molte di queste navi hanno trent’anni  di vita, che – ha sottolineato Camerini  – rappresentano un’enormità per navi che devono essere sempre efficienti. Camerini è poi passato a snocciolare una serie di dati riguardanti l’operazione “Mare nostrum”, varata dal governo Letta per evitare che si dovesse assistere ancora alla spaventosa tragedia delle centinaia di corpi galleggiare davanti alle coste di Lampedusa: dal 16 ottobre al 2° dicembre 2012 sono state impiegate sei navi, 750 persone fra equipaggi della M.M. medici della Fondazione RAVA e poliziotti e mediatori culturali  dipendenti dal Ministero degli  Interni, “11.500 i migranti/naufraghi assistiti da tutti gli assetti in mare, 454 il numero dei minori effettivamente recuperati”. I luoghi degli sbarchi, oltre a Lampedusa: Porto Empedocle, Pozzallo, Reggio Calabria, Siracusa, Catania e, ovviamente, Augusta.

–    Per la prima volta, questo gravissimo fenomeno delle ondate migratorie ha toccato Augusta. Avete avuto difficoltà?

“Devo riconoscere che  in questa fase emergenziale la prefettura di Siracusa ha funzionato benissimo, predisponendo un apparato di forze istituzionali per l’accoglienza a terra. Augusta ha risposto in modo  efficace e tempestivo.”

–    Una domanda che potrebbe apparire fuor di luogo, ma non fuori tempo. Qual è il suo giudizio sulla vicenda dei nostri marò attualmente ancora in India?

–   “Abbiamo peccato di ingenuità su tutta la linea. Certamente non abbiamo fatto una bella figura come Paese Italia.”

    Giorgio Càsole

DEDICATO A MEMMO GARSIA IL CONCERTO DI CRISTIANA MASTRANTONIO

Al Circolo Ufficiali concerto  pianistico con intermezzi poetici

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DSCN0852AUGUSTA.  Si è tenuto il 2 sera il “Concerto di capodanno” al Circolo Ufficiali della M.M., presieduto dal direttore dell’arsenale, amm. Giuseppe Abbamonte. Protagonista la 24enne Cristiana Mastrantonio, augustana, diplomatasi in pianoforte, che si sta perfezionando all’accademia romana di Santa Cecilia.  E’ stata  un’esibizione di altissimo livello, non solo per l’indiscussa capacità della pianista di suonare a memoria, senza spartito, ma per le forti emozioni che ha saputo trasmettere al folto pubblico presente. Cristiana Mastrantonio ci teneva a esibirsi nella sua città  natale e si è rivolta a chi scrive, già suo docente al liceo scientifico, che ha proposto l’”evento” al presidente Abbamonte, ricevendone immediatamente l’assenso. Fra i presenti tutti gli ex compagni di classe che, con Cristiana, parteciparono sette anni fa, alla messa in scena della pièce  teatrale “La vita non muore”, tratta da chi scrive dal famoso libro di Oriana Fallaci “Lettera a un bambino mai nato”. Come allora, anche durante il concerto, Cristiana ha dato prova del pathos artistico che “sente” e trasmette come interprete. Al concerto del 2 ha interpretato, con non poco sforzo fisico e con autentico virtuosismo, la “Davidsbundler danz opera 6, libro i e II, l di Schumann, la Sonata, op. 101, di Beethoven e la “Tarantella da Venezia a Napoli” di Liszt. Caratteristica della serata gli intermezzi poetici, fra un pezzo musicale e l’altro, a cura di Abbamonte e di chi scrive ,  ognuno dei quali ha interpretato testi poetici dell’altro: una formula apprezzata, che ha consentito alla concertista di prendere fiato e al pubblico di ascoltare anche testi recitati. Grazie al beneplacito del presidente Abbamonte, all’inizio della serata ho ricordato Memmo Garsia e ho dedicato alla sua memoria il concerto.

Giorgio Càsole

AUGUSTANEWS SEGNALATO NELLA HOME PAGE DI VIRGILIO

virgilioAugustaNews, presente in rete da oltre 6 anni con un bacino di utenza che supera il migliaio di visite giornaliere, a distanza di appena un mese dal trasferimento in WordPress, leader mondiale delle piattaforme CMS, la sera di giovedì 5 dicembre è stato segnalato e pubblicizzato nella home page del provider nazionale Virgilio con un articolo del prof. Giorgio Casole, primo sostenitore e collaboratore della testata.

   Giuseppe Tringali

LAVORO E SVILUPPO ATTRAVERSO LE INFRASTRUTTURE E IL POLO INDUSTRIALE

“Lavoro e Sviluppo attraverso le Infrastrutture e il Polo Industriale” è stato il tema della conferenza tenutasi ad Augusta, organizzata dalla CGIL in occasione della celebrazione dei 100 anni dalla nascita dello stesso sindacato. 

cciAUGUSTA. 100 anni per il lavoro, per i diritti, per tutti. Un secolo di storia attraverso le immagini dell’archivio fotografico della Camera del Lavoro di Siracusa approda ad Augusta e riscuote grande partecipazione di pubblico, studiosi ed appassionati. Un lungo excursus fotografico, inaugurato venerdì sera, 22 Novembre, presso palazzo Zuppello, che ricostruisce la storia dei diritti, delle lotte e delle conquiste della CGIL di Siracusa condensato in una mostra di pregio che fissa i momenti topici della lotta sindacale nel nostro territorio.  Continua a leggere

Biagio Càsole ricordato il 2 novembre dal figlio Giorgio in Facebook

avion-blu nodo.jpgAUGUSTA. Mio padre è stato davvero un galantuomo. Lo dico non per amore di figlio, ma per amore della verità. Veniva da una famiglia povera di Gallipoli, in provincia di Lecce. Ha lavorato senza mai lamentarsi e ha affrontato la vita con senso dell’umorismo. Il fato se l’è portato via improvvisamente, senza darmi il tempo di abituarmi alla sua scomparsa, che credevo impossibile non comunque in quel momento, anche se non ero giovanissimo e  lui non troppo vecchio. Ha lavorato fino all’ultimo giorno. Ricordo l’ultima sera a casa dei miei. Pur sposato, quella sera cenai da loro. Mio padre mi affettò una mela, un gesto tenerissimo che non ho mai dimenticato. Stava vedendo un film che gli piaceva, eppure pensò me. Poche ore dopo, di notte, un ictus maledetto gli  tolse prima la parola, poi la conoscenza e dieci ore dopo il respiro. Mio padre si chiamava Biagio. Era Biagio Càsole, di Gallipoli, Lecce, Salento, Puglia, ma augustano di adozione per aver trascorso ad Augusta quasi cinquant’anni della sua esiostenza, essendo un ex sottufficiale di Marina, arruolatosi volontario a 16 anni, e ha sperimentato la tragedia della II guerra mondiale. Poi diventò agente di viaggio. Mi diceva – e aveva ragione – “Quando muoio io, muore tutto il mondo”. Dove sei, adesso, papà? Ti ho invocato tante volte, ma il cielo è rimasto muto. Mi sei,però, venuto in sogno:

STANOTTE HO SOGNATO MIO PADRE

Stanotte ho sognato mio padre

ancora una volta

solo

in quella grande stanza semivuota

nell’abito liso infagottato

davanti alla macchina per scrivere

aduso allo scartafaccio del giorno

come quando era in vita.

Muto tutto

non si accorse del mio arrivo

triste allora

in contrasto con sempre

rimase

lo sguardo senza risposta.

Più e più volte invocai papà

allarmato dal suo stato

ma s’infransero le grida

nella dissolvenza del mattino.

Giorgio Càsole

ESCLUSIVO – MARE NOSTRUM/PER LA PRIMA VOLTA AD AUGUSTA, PORTO COMMERCIALE: DALLA NAVE SAN MARCO SBARCANO MIGRANTI SOMALI, ERITREI, SIRIANI (281 uomini, 81 donne e 46 minori) – di Giorgio Càsole

 

immigrazione,giorgio casole,augusta,augustanewsAUGUSTA. Domenica 27 ottobre, Ore 8°° di una  mattinata tipicamente estiva.  A una banchina del porto commerciale attracca la nave del battaglione San Marco che ha ospitato per tre notti 408 migranti, di cui 46 minori di quattordici anni, 281 gli uomini e 81 le donne. Sono di varie etnie, in maggioranza  eritrei e somali, molti dei quali a piedi nudi. Ci sono anche i siriani. Sono stati raccolti, al largo di Lampedusa, dai pattugliatori “Chimera” e “Cigala Fulgosi” di Comforpat,  cioè del comando della flotta che ha la base proprio ad Augusta, in servizio per l’operazione denominata Mare Nostrum, voluta dal governo Letta, quale missione umanitaria per evitare   tragedie come quella di giorni fa, quando le acque lampedusane sono state  funestate da centinaia di cadaveri di emigranti che lasciano la loro terra d’origine, in un vero esodo epocale  di massa , come l’esodo che interessò nel secolo scorso milioni di Italiani che, morti di fame qui nella nostra terra, cercarono la speranza oltre oceano, nelle lontane Americhe e nell’ancor più remota Australia.  E non dimentichiamoci le migliaia di Italiani che, nel secondo dopoguerra, migrarono verso la Francia, il Belgio, a Germania. I migranti italiani  s’indebitavano per pagare regolari biglietti  per la traversata su piroscafi d’altura. I migranti africani e asiatici, non essendoci navi che possano portarli qui, s’indebitano per pagare gli scafisti che fanno loro rischiare la vita. Nel secolo scorso nelle Americhe e in Australia  ci fu un tempo in cui i migranti italiani potevano sbarcare tranquillamente. Poi non più. Oggi in Italia i migranti  sbarcano perché  la nostra è la terra europea di confine più vicina a loro. Moltissimi vogliono solo transitare dalle nostre parti. Vogliono andare altrove, dove possono trovare lavoro, nel resto d’Europa o altrove, dove ci sono lavori che i bianchi, i residenti, non svolgono, come quando  nei Paesi d’oltremare i nostri connazionali  delle prime ondate si sobbarcavano a svolgere i lavori più umili. Le navi hanno intercettato i barconi con mille migranti circa  e ne hanno raccolto oltre quattrocento. Gli altri seicento sono stati tratti in salvo dalle unità della Guardia costiera di stanza a Lampedusa.  “Cigala Fulgosi” e “Chimera” non sono però unità sufficienti e attrezzate per   soccorso, identificare,. Rifocillare e alloggiare tutte queste persone. Perciò i 408 sbarcati ad Augusta sono stati trasbordati  a bordo della nave San Marco, più capiente( può ospitare, infatti, i trecento uomini del battaglione San Marco) , più attrezzata  anche perché nave porta-elicotteri. Un migrante ammalato è stato, infatti, trasportato in ospedale.   Unici giornalisti presenti allo sbarco, abbiamo assistito a tutta l’operazione,  durata poco meno di due ore. Lo sbarco dei migranti è avvenuto a scaglioni, per consentire ai poliziotti a terra, dotati di inutile mascherina perché  i migranti erano stati tutti controllati dal punto di vista sanitario, tant’è che i poliziotti imbarcati e gli uomini dell’equipaggio, che hanno agevolato lo sbarco dall’interno della nave, non portavano la mascherina. Portavano la mascherina anche uomini e donne della fraternita Misericordia di Augusta. Il comandante di Marisicila, l’ammiraglio Roberto Camerini, che è salito è per primi a bordo per portare i saluti, ci ha spiegato che la mascherina è un retaggio del ricevimento dei primi migranti a Lampedusa, quando non si sapeva se potevano essere contagiosi o no. Ora questo si sa prima, a bordo della nave, dove   vengono imbarcato personale della polizia di Stato per l’identificazione di ciascuno dei migranti a ognun o dei quali viene rilasciato un biglietto con un numero prima dello sbarco. Ad attendere i migranti, oltre al cordone  “sanitario” di polizia, croce rossa, protezione civile, carabinieri, anche rappresentanti locali, come Samanta Papiro, d’un’associazione , la “Lustro di Luna”, che, con la Pro Loco, ha raccolto indumenti e  scarpe per questi migranti. Samanta Papiro, quando vedeva uomini e donne senza scarpe, porgeva loro un paio di calzature. A ogni bambino Samanta ha donato un bambolotto di pezza di colore celeste per i maschietti, di colore rosa per le femminucce.Ci è sembrato un gesto indovinatissimo per l’accoglienza di queste persone,  non pochi i gruppi familiari, quattro le donne incinte, perché il gesto di donare una bambola di pezza  ha per i bambini una forte valenza psicologica: è testimonianza  d’affetto, la stessa testimonianza che hanno dimostrato gli uomini e le donne della nave San Marco che hanno giocato con i bambini durante la traversata, “con naturalezza, come si deve fare con i bambini”, ci ha detto Andrea Serra, ufficiale d’ispezione della nave.  Il comandante, il capitano di vascello Zampano, ci ha detto che per cena, la sera di sabato a tutti è stata offerta la pizza., il cibo “veloce” che più rappresenta l’Italia.

Giorgio Càsole