CINEFORUM NEL CARCERE DI AUGUSTA

cinema.jpgEcco cosa ci ha detto stamattina un detenuto di una sezione “speciale” del carcere di Augusta prima di iniziare la proiezione settimanale del film nell’ambito della nostra attività di volontariato.

Questo signore “ristretto” (preferiamo questa denominazione a quella usuale di “detenuto” o “carcerato”) ha presentato questo suo progetto, di cui leggerete più avanti, alla direzione del penitenziario e spera che la sua proposta venga accolta; intanto ha voluto condividerla con noi. Eccola, esattamente come lui lo ha scritto:

…“Cineforum” è un progetto interessante che ha la funzione di intrattenere ma anche di formare.

Il progetto.

Alla fine della proiezione sarà proposto un momento di dibattito dal quale nascerà una scheda di lettura che potrà trasmettere una visione critica della pellicola che diventa non solo intrattenimento ma anche un’occasione formativa.

Tale iniziativa sarà un ottimo motore terapeutico per noi e un’occasione di poter esternare emozioni e riflessioni spesso soffocate.

E quindi si avrà un modo di parlare di sé, delle proprie emozioni e di far conoscere i propri pensieri la maggior parte delle volte non espressi in modo aperto.

Aggiungo che chiederò alla direzione in futuro, e in questo caso sarà interessante, la partecipazione delle scuole. Infatti l’idea è quella di coinvolgere, come ospiti esterni, studenti delle scuole superiori per sensibilizzare i giovani alla realtà della detenzione e alla difficoltà, poi, del reinserimento. Un’occasione!!!

Il progetto “La libertà in immagini” preciserà che l’intento non è finalizzato solo ai detenuti ma anche alla società esterna per attenuare gli atteggiamenti pregiudiziali che non permettono nessun tipo di reinserimento nella stessa.

La società esterna, infatti, deve essere più disponibile nei confronti del detenuto i modo da facilitargli il ritorno alla vita normale. E ribadisco che bisogna avere sempre in vista che la pena e la detenzione dovrebbe favorire, come insegna già il Diritto (Costituzione art. 27), la rieducazione morale e la reintegrazione sociale del reo, ricordandoci incessantemente che in carcere entra il “reo” (l’uomo) e non il reato.”

Siamo perfettamente d’accordo con le parole di Francesco ma, purtroppo, è davvero raro che queste “persone ristrette” dopo la proiezione abbiano voglia di rimanere a parlare sia perché spesso non sono abituate al dialogo civile e costruttivo (vuoi per carenze pregresse di studi scolastici vuoi perché sono ormai la solitudine in cui sono costretti a vivere li ha disabituati alla parola e vuoi perché molti di loro parlano una delle decine di lingue presenti all’interno del carcere) sia perché hanno gli orari esattamente “cronometrati” e quindi non possono trattenersi con noi.

         Daniela Domenici