11 settembre 2001-2011: nel decennale si ricorda

 

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Il nostro prof Càsole, in occasione di quel terribile evento, dedicò una poesia che volle inviare in segno di solidarietà al sindaco di New York, Mr. Michael R. Bloomberg (nella foto), eletto  nel 2001 come successore di Rudolph Giuliani  grazie ad una imponente campagna elettorale.

Il Mayor rimase toccato dalla poesia e volle personalmente ringraziare il nostro prof..

Pubblichiamo di seguito, in occasione della decennale ricorrenza dell’attacco alle torri gemelle, la lettera del sindaco di New York e la poesia del prof. Giorgio Càsole.

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11 SETTEMBRE 2001

COMPIANTO PER I MORTI DI NEW YORK

 Si fermò di botto il tempo quel giorno

quando volò bassa una nube oscura

quando al rombo nero seguì la paura

quando il cielo si coperse di odio

e Manhattan fu come Hiroshima:

da quel giorno non fu mai come prima.

Si fermarono tutti gli orologi

alle nove e dieci di quel mattino

dell’undici settembre duemilauno

e si fermò lo sguardo di ciascuno

nel seguire l’impresa inaudita

e scoppiarono gli occhi della gente

quando la morte scoppiò tra le dita

 a quelli ormai senza più la mente. 

                                  

                          

Si fermarono tutti gli orologi

e un bambino lanciò alto un grido

acuto come freccia sibilante                                  

poi muto s’arrestò di fronte al nido 

e quindi volò giù come un aliante  

come un aliante senza l’alettone 

che il suo volo finisce in unburrone.

E come lui anche madri e papà

da quel titanic di ferro e cemento

per sfuggire all’inutile tormento

delle fiamme assassine in libertà.

Si fermarono tutti gli orologi

e le torri, titanici uncini

per graffiare le olimpiche vette

nuove babeli d’acciaio corrette

per sfidare gli altissimi confini,

le torri, cuore possente d’America,

le torri, ricche di pieni destini,

fatali sirene di pietra, tragica

vissero una sorte giammai prevista:

colpite afflosciate implose annientate

con quelle genti nel fango mischiate:

rapida agonia che più rattrista.

Si fermarono tutti gli orologi

in quell’istante di rabbia e dolore

tutti gli orologi di tutto il mondo

inorriditi per il gesto immondo

o infiammati d’odio e di rancore.

Un’altra nube densa si levò

di carne e di fango, di sangue e di pianto,

sull’isola tutta luttuosa manto

lento un lamento lieve s’innalzò.

Tacquero gli urli dell’ambulanza

tacquero le grida dei poliziotti

tacquero i balli in lontananza

e tacque il fremito dei giovanotti.

 Si fermarono tutti gli orologi

nel cratere immane, a ground zero:

solo del silenzio s’ode ora il canto

dei morti si sente ancora il respiro.

Il vento spazzò via le illusioni

fervono però ora quelle azioni

perché non rimanga solo un compianto.

Si fermarono tutti gli orologi

alle nove e dieci di quel mattino

dell’undici settembre duemilauno

e si posò lo sguardo di ciascuno.