Siracusa/ Deposizione corona in Largo Caduti Capo Matapan

MATAPANSIRACUSA – Sabato 29 marzo, alle ore 10.00, è avvenuta la celebrazione del 73° anniversario della battaglia navale di Capo Matapan, nell’occasione è stata deposta a cura dell’ ”Opera Nazionale Caduti in Guerra senza Croce”, una corona commemorativa nella Piazza del Comune di Siracusa intitolata, nell’anno 2007, proprio ai Caduti di tale cruento scontro navale.  Fra le giovanissime vittime che si trovavano a difendere la Patria a bordo delle unità navali della Marina Militare coinvolte nello scontro con una squadra navale inglese, anche un siracusano, il Capo di 2^ Classe cannoniere Nazzareno Bramante, padre della Sig.ra Lucia, che da sempre si adopera instancabilmente affinché il sacrificio di tante vite umane non venga avvolto dall’oblio. La stessa Sig.ra Lucia, in qualità di Presidente della suddetta Associazione, ha voluto che la cerimonia avvenisse nella massima sobrietà. Difatti due marinai della Capitaneria di porto di Siracusa al comando del vice Comandante della stessa Capitaneria hanno deposto una corona sul luogo della cerimonia. Particolarmente toccanti, oltre le note struggente del “Silenzio” eseguite dal Maestro del Corpo bandistico “Città di Siracusa”, sono state le parole con le quali la stessa Signora Bramante, della nipote Giorgia, del Professor La Cara e dell’Architetto La Pira hanno ricordato il tragico evento della notte tra il 28-29 Marzo 1941.

AUGUSTA, Crollo del rivellino, ITALIA NOSTRA chiede interventi urgenti per la messa in sicurezza, la salvaguardia del patrimonio storico e culturale e della viabilità della città di Augusta.

l (321)AUGUSTA. Dopo il j’accuse di Carmelo Miano, ex consigliere di circoscrizione, in séguito all’ultimo rovinoso crollo del Rivellino di Porta Quintana, ecco l’appello della locale sezione di ITALIA NOSTRA, firmato dalla presidente, Jessica Di Venuta: “Si chiede, che si ponga al più presto rimedio per evitare l’ulteriore disfacimento di un bene che non solo è  inserito nel codice dei beni culturali, ma che è sopra ogni cosa immagine inequivocabile e rappresenta un vincolo storico e sentimentale che lega l’intera nostra  comunità, oltre al fatto di essere  un simbolo peculiare e qualificante per la città di Augusta. Si chiede che si valuti la possibilità di intervenire per salvaguardare e tutelare il sito, con la realizzazione e messa a dimora di  protezioni in legno per evitare che i marosi continuino ad erodere e distruggere le campate del ponte di epoca spagnola e la struttura del rivellino già gravemente compromessa. Si chiede che si valuti la possibilità della posa in opera di una palizzata in legno a protezione delle campate del ponte e del rivellino, ovvero la edificazione di una barriera frangiflutti lignea posta a protezione, che scongiurerebbe ulteriori crolli e danni e metterebbe in sicurezza l’intera area al fine di evitare ripercussioni sulla incolumità pubblica e sulla viabilità, in un territorio ad elevato rischio sismico ed industriale (SIN). Ma indipendentemente da  qualunque considerazione di carattere tecnico-giuridico o burocratico, si chiede: riappropriamoci delle nostre origini, delle nostre tradizioni, sono le cose più belle che possiamo possedere. Non con le chiacchiere, ma con il linguaggio eterno dell’arte si possono trasmettere valori positivi.  Al di là della nostra immagine e dei nostri averi, perché è la nostra storia, la nostra identità, quello che trasmetteremo ai nostri figli e a i nostri nipoti. Una comunità che non tiene conto delle proprie origini, si consegna a valori effimeri è non può esserci futuro senza una precisa identità”

   I.N.

AUGUSTA/HANGAR, IL GIGANTE ABBANDONATO – di Giorgio Casole

L’appello per la salvaguardia di un monumento eccezionale. Dichiarato monumento nazionale per iniziativa della Sopraintendenza, attende ancora la realizzazione di un progetto che risale al 1989. Un percorso ideale di visita dall’ hangar i forti spagnoli (in centro di porto) 

hang4AUGUSTA. Maestoso, imponente, abbandonato  e in percolo (dopo il tentativo di fruizione messo in atto dall’associazione  Hangar team, convenzionata con il Comune). Così potremmo sinteticamente definire l’ hangar per dirigibili, che domina, come un tempio greco sull’ acropoli, la baia di Augusta: il primo esempio italiano di architettura militare posto sotto il vincolo della tutela monumentale dalla Soprintendenza di Siracusa. “L’ hangar di Augusta è una delle pochissime opere di tal genere esistenti in Europa. Costituisce, quindi, un prezioso esempio di architettura militare ed è, nel contempo, una valida hang3testimonianza sullo stato dell’arte delle grandi costruzioni in cemento armato all’inizio del secolo,”, il Novecento. Così si legge nella motivazione per il vincolo, redatta dall’architetto Pavone della Soprintendenza aretusea, che nel 1989 annunciò un progetto di restauro conservativo “già in cantiere”. Pavone assicurò: ”Ci misureremo con nuove tecnologie e soluzioni all’avanguardia”. Nel 1989, infatti, si registrò un “cedimento sottofondazionale sotto il portone principale”, come dnunciò l’architetto augustano Francesco Lombardo, autore, con la sua collega Giovanna Cavallo, di uno studio sul recupero funzionale dell’hangar. Il cedimento provocò una grossa lesione in un punto delicato della struttura, “tanto che un contrafforte sta per cedere”, preconizzava  Lombardo, il quale va  che l’Aeronautica militare, proprietaria dell’area,  era intervenuta per frenare “lo sbilanciamento in avanti della parte anteriore dell’edificio. Il Comando della Terza Regione Area, di stanza a Bari, riconosceva  che l’hangar era in “cattive condizioni” ma, a quanto pare, non aveva  intenzione di sborsare più una lira, pur riconoscendo il pregio dell’opera monumento nazionale. Il tenente colonnello Eugenio D’Amico, addetto stampa di quel comando, confermò all’autore di queste righe che “trattandosi di un complesso che non riveste più interesse per fini specifici di difesa dell’Aeronautica e la cui custodia e conservazione richiede l’impiego di notevoli risorse che la Forza armata istituzionale non può distrarre dalle risorse necessarie all’assolvimento di fini specifici, il Comando ha già da tempo avviato una proposta per la dismissione dell’area, sulla cui successiva destinazione è competente il Ministero-Difesa”. Al ministero della Difesa si  rivolse l’allora sindaco di Augusta, Pippo Gulino, per chiedere formalmente l’acquisizione al demanio comunale dell’hangar, degli edifici circostanti e di circa quaranta ettari di terreno dell’area comprensoriale, un tempo aeroporto “Luigi Spagnolo”, oggi area verde a macchia mediterranea, “ideale cornice a impianti sportivi di base (campo di calcio e campi da tennis, già esistenti, ma abbandonati), percorsi di corsa campestre e piste ciclabili”, auspicava  il sindaco Gulino, il quale affermava  che “gli edifici già esistenti, ristrutturati, potrebbero ospitare punti di ristoro, sale convegni e centri sociali, l’hangar debitamente ristrutturato e salvato dalle angherie del tempo e dal disinteresse delle ultime generazioni, potrebbe diventare una struttura polifunzionale (fiere, spettacoli, incontri sportivi), mantenendo la sua natura e importanza di monumento storico”.In effetti l’hangar con i suoi 86.000 metri cubi, all’interno dei quali visitatori antichi e recenti, ospiti volontari o forzati hanno lasciato una variegata testimonianza attraverso graffiti e scritture più o meno deprimenti, potrebbe divenire un enorme contenitore di svariate attività: dall’auditorium del teatro, dall’albergo-foresteria al ristorante, dalla sala esposizioni al centro commerciale (con annessi magazzini).

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IL MISTERO DELL’ IMMAGINE DELLA PORTA DI TERRA DI AUGUSTA

l (321)AUGUSTA – Nel 1680 il vicere’ di Sicilia, conte Francesco di Benavides, a tutela della città di Augusta e del suo porto, diede incarico a  Carlos De Grunembergh, nobile ingegnere di chiara fama, di migliorare le fortificazioni. De Grunembergh lavorò per apportare molte migliorie, progettando anche due monumentali porte di terra:  la Porta Spagnola, superbamente eretta all’ingresso dell’ isola e quella del Rivellino o Quintana, dal nome di un consigliere del viceré che diresse i lavori,  della quale ad oggi rimangono solo parte dello stipite sinistro e la colonna tortile, una spirale con funzione decorativa. Il Rivellino Quintana (1682), posto su un isolotto triangolare, fungeva da avamposto militare a difesa della città. In origine, un istmo congiungeva alla terraferma l’isola di Augusta. Nel 1671, nel corso dei grandi lavori di potenziamento della Piazzaforte, l’istmo fu tagliato, creando un fossato, e da quel momento questa zona fu chiamata “la tagliata”. Furono tre all’ origine i Rivellini, il Quintana, il Sant’Anna e il Santo Stefano, costruiti In architettura militare al posto dell’istmo; quello di S. Stefano, in particolare, sorgeva dove attualmente ha sede il Commissariato P.S. di Augusta. Il collegamento con la terraferma fu assicurato da due ponti levatoi, sostituiti nel 1800 da due stretti ponti in muratura, ampliati poi negli anni ‘30.

Ciò premesso, ai nostri giorni non sono mai pervenute immagini originali dell’ intera struttura del Rivellino Quintanapurtroppo, ad eccezione di quelle relative allo stipite sinistro, quali foto o disegni su cartoncino, come quelli tipici usati nei primi anni del secolo scorso. Per questa nobile ragione, otto anni orsono, due amici appassionati di storia locale, Francesco e Peppe, il pittore della chiesa del Cristo Re e l’amministratore del weblog cittadino, davanti a una tazza di caffè ristretto consumato di sera tardi, decidono di provare una ricostruzione al pc dell’immagine della Porta di Terra del Rivellino Quintana, per poi decidere di effettuarne le prime pubblicazioni in rete, partendo proprio da una foto raffigurante lo stipite rimasto e cercando di garantirne, per quanto possibile, l’originalità, le proporzioni e il fondamento storico. Ecco chiarito il mistero dell’ immagine tanto apprezzata, quanto dai profani disprezzata nei moderni social networking, mentre altri, i più furbi, ne hanno già arbitrariamente attaccato i loghi.

Non importa che se ne parli bene o male, l’importante è che se ne parli (O. Wilde).

   Giuseppe Tringali

Il primo ministro sloveno, ad Augusta il 22 gennaio 2014, ha ricordato il campo di concentramento fascista dell’Italia, a breve distanza dal GIORNO DELLA MEMORIA.

AAAAUGUSTA – In provincia di Udine, a Visco, esiste l’unico campo di concentramento del regime fascista in Italia ancora integro. In base alle testimonianze storiche risulta che vi furono rinchiuse tra le 3 e 4 mila persone, rastrellate anche a colpi di lanciafiamme, furono rinchiusi anche 120 bambini e molte donne. La sua attività disumana ha avuto luogo tra il 1941 e il 1943, imprigionando in prevalenza sloveni e croati. La superficie dell’area, che comprende anche l’ex caserma Borgo Piave, è enorme, è di circa 130 mila metri quadrati. Ma a oggi quel luogo è dimenticato, abbandonato. Ecco perché il primo ministro sloveno, Bratusek, il 22 gennaio 2014, ha sollevato il problema ad Augusta, SR, in occasione dell’incontro bilaterale ITALIA-SLOVENIA di cooperazione per l’attività Mare Nostrum, con il ministro italiano della Difesa, Mario Mauro.  Oltre il senso dell’inquietudine, ciò che sorprende è che in zona non si vede  neanche un cartello, nessuna insegna. Sul futuro di quel luogo si è molto discusso, tra chi voleva proporre mobilifici o centri commerciali o musei.  Il ministero per i Beni e le attività culturali ha riconosciuto il valore storico e culturale della ex caserma che rinchiudeva la prigione della disumanità anche se oggi il luogo persevera nel totale stato di abbandono, nonostante varie interpellanze parlamentari o proteste di comitati, associazioni, cittadini. Ora vedremo se, dopo l’appello della Bratusek ad Augusta, qualcosa si muoverà. Si nota sùbito  una lunga e infinita recinzione, il filo spinato conquistato dalla ruggine, le torrette di guardia, i muri fatiscenti, le finestre rotte e soprattutto che è chiuso e inaccessibile. La memoria reale, la memoria che si vive attraverso il percorso del luogo fisico, dello spazio concreto, può recare grande turbamento. E forse è per questo motivo che l’Italia continua a negare a quel luogo il giusto peso che deve avere, perché riconoscere pienamente la disumanità che ha caratterizzato il popolo italiano fascista, è cosa da evitare. L’Italia deve essere ricordata per i suoi monumenti, per l’arte,  non per le bestialità che si sono realizzate. Abbandonare quel luogo al degrado, all’incuria, all’oblio, vuol dire essere complici del negazionismo, negare che anche l’Italia è stata maledettamente disumana. I campi di concentramento non devono essere abbinati all’Italia.

AUGUSTA/MUSEO DELLA PIAZZAFORTE, LUOGO DELLA MEMORIA

Bilancio di un anno di attività da parte del direttore Antonello Forestiere 

museo

AUGUSTA. Il Museo della Piazzaforte chiude il 2013 con numeri positivi e in crescita come confermano alcuni dati conclusivi resi noti dal direttore Antonello Forestiere. Riaperto nuovamente al pubblico l’11 maggio scorso (dopo la forzata chiusura del Municipio dal settembre 2012), il Museo ha registrato un migliaio circa di visitatori, sebbene con apertura limitata al sabato e domenica e chiusura da agosto a metà settembre. La collezione, con oltre 600 pezzi quasi tutti esposti, si è quasi raddoppiata rispetto a quella già ospitata nella vecchia sede del Bastione San Giacomo al Castello Svevo dal 1990 al 1996. Nell’androne di ingresso è stato posto un austero proiettile navale della Regia Marina, mentre la Sala 1 si è arricchita di ulteriori materiali che incrementano il settore antico della storia militare cittadina dal Medioevo all’Unità d’Italia. Tutta la collezione è cresciuta anche in qualità, con alcune donazioni di particolare importanza mentre va sottolineato che i pezzi esposti sono tutti autentici. Il Museo, in particolare, in quanto ente pubblico, possiede regolarmente una ricca collezione di armi italiane, tedesche e angloamericane (mitragliatrici, fucili, mitra, pistole, bossoli) assieme a sciabole, spade e baionette nonché alcune pregevoli armi antiche, che lo rendono unico nel suo genere. “Non è una raccolta di armi e oggetti militari fine a sé stessa” – precisa il direttore – “e non vuole avere i caratteri del puro collezionismo che spesso può essere solo di nicchia o, peggio, autoreferenziale. Continua a leggere

IL SOMMERGIBILE ASCIANGHI E IL COMANDANTE CHE MORÌ DUE VOLTE – di Francesco Migneco

ascianghi.jpgNel luglio scorso, su queste pagine ci siamo occupati ampiamente della tragica, ma alquanto gloriosa vicenda del piccolo sommergibile Ascianghi, che nella totale obbedienza alla Patria e all’onore militare, che ha sempre contraddistinto la Marina Militare Italiana, il 23 luglio 1943 condusse quella ardimentosa e coraggiosa sortita contro un convoglio di cacciatorpediniere inglesi al largo della rada di Augusta. Il servizio di stampa sul Diario e Augusta News, fu reso con fedeltà storica e con gli elementi fino al momento conosciuti, ma al di là di questo, si è inteso, esclusivamente, dare umano e dignitoso riconoscimento ai 23 giovani marinai che dal lontano 23 luglio ’43, giacciono col loro battello proprio a due miglia dal porto megarese. Non importa, se altri che neanche gli è sfiorato il pensiero di questa commemorazione, se ne siano arrogata l’iniziativa, ed ipocritamente affermando di averla suscitata, preparata e celebrata. Sul punto ci limiteremo a questo, ma, in effetti, meriterebbe un più duro commento. Tuttavia è stato, ed è interessante che l’episodio che rispecchia valori di notevole valenza, al di là di ogni limite, sia stato giustamente rievocato, non fosse altro per onorare e recare deferenza a quei ventisette caduti. Ed è proprio in merito a questi caduti che abbiamo voluto riprendere l’argomento, anche per correggere la “colossale gaffe storica” riportata da un incauto quanto superficiale cronista sull’edizione de la Sicilia del 23 luglio 2013, ove a grosse lettere veniva titolato “… il primo a morire fu il Comandante”. Se il frettoloso cronista, e probabilmente lo storico che ne accompagnò la notizia, avessero posto attenzione alla fonte storica, avrebbero evitato che il Sottotenente di Vascello Mario Fiorini, Comandante dell’Ascianghi, morisse due volte. Dall’esame diretto di documentazione a noi pervenuta, emerge, invece, che il Fiorini sopravvisse all’affondamento del sommergibile assieme ad altri 26 membri dell’equipaggio. Infatti, il Fiorini fu fatto prigioniero dagli inglesi, e dopo 30 mesi di prigionia tra l’Algeria e l’Inghilterra, venne rimpatriato il 31 marzo 1946. Il Fiorini, quindi, non morì il 23 luglio 1943, bensì molti anni dopo, ossia a Roma il 18 novembre 1983 (Atto di morte 05976, Parte 2a Serie B01) Era nato a Camogli il 28 giugno 1916 (Atto di nascita n. 70 Parte 1a RA 1916). Dopo la tragedia dell’Ascianghi fu riammesso in servizio nella nuova Marina Militare Italiana, congedatosi con il grado di Contrammiraglio. Quindi la STORIA non può essere imbrogliata e sarebbe corretto che la facesse chi ne ha competenza, lontana dagli istrioni, ciarlatani ed imbonitori. E per completezza dell’esposizione, giova altresì utile riportare integralmente la conclusione dell’inchiesta, a firma del senatore Giuseppe Micheli, Ministro della Marina Militare dell’epoca, in seguito all’interrogatorio reso dal Fiorini alla Commissione Speciale Militare, dopo il suo rimpatrio dalla prigionia.

“Al STV Mario Fiorini

Ho esaminato la relazione della Commissione Speciale d’Inchiesta, in merito all’affondamento dell’Ascianghi avvenuto il 23 luglio 43 al largo di Augusta e di cui Lei era il Comandante. Da esso ho rilevato che Ella, si comportò con perizia e slancio durante un attacco contro caccia nemici e quando in seguito a grosse avarie riportate dall’Unità al Suo Comando, come da conseguenza avversaria, si trovò nella dura necessità di dover scegliere tra il perdere l’Unità con tutto l’equipaggio, o perderla cercando di salvare il personale, giustamente decise per quest’ultima soluzione. Giudico, pertanto, il Suo comportamento conforme alle leggi dell’onore militare e dai doveri derivanti dalla situazione contingente.

Roma 14 ottobre 1946

F.to G. Micheli

Copia conforme originale

Maggiore Commissario

F.to Ugo Del Corso”

Altra documentazione originale dimostra che il Comandante Fiorini diede esempio di coraggio e decisione nel condurre in salvo parte dell’equipaggio fuori dal battello che, ormai, rapidamente scivolava in fondo al mare. Non ci fu spazio per la gloria dell’Ascianghi ed anche a distanza di tanto tempo riesce difficile convincersi, perché malgrado le positive risultanze dell’inchiesta, al Fiorini non fu mai concessa alcuna onorificenza. Ma ancor più sorprende che non si rinviene nel carteggio, nemmeno una citazione alla memoria dei ventitré caduti nello adempimento del loro dovere. Ma ci abbiamo pensato noi, e soprattutto chi scrive, ad aver fatto sì che il 23 luglio scorso, a due miglia al largo di Augusta è stata onorata e commemorata la MEMORIA del loro sacrificio.

                   Francesco Migneco

MESSINA/ V EDIZIONE DELLO SPETTACOLARE SBARCO DI DON GIOVANNI D’AUSTRIA

Definiti dall’architetto Nino Principato, regista della manifestazione, i dettagli relativi al Corteo Storico-Navale.

 

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Messina – Martedì 23 luglio 2013 presso Palazzo “Zanca”, sede del Comune di Messina, ha avuto luogo la riunione, organizzata dall’Associazione Culturale “AURORA”, per la definizione delle misure di coordinamento e delle modalità di dettaglio necessarie per la realizzazione del Corteo Storico Navale in occasione della quinta edizione della Rievocazione Storica dello sbarco a Messina di don Giovanni d’Austria (4 agosto 2013).  L’Associazione “AURORA” in sinergia con le Guardie Ambientali di Messina si occuperà degli aspetti logistici. L’architetto Nino Principato, regista e autore della sceneggiatura, colonna portante di ogni edizione della manifestazione, ha illustrato i momenti salienti in cui si articolerà  l’esibizione del corteo: luoghi di partenza e soste, momento dello sbarco al Molo del Marina del Nettuno, composizione e ordine di sfilamento, arrivo nella Cittadella Fieristica.   Anche la quinta edizione della manifestazione ha preso, quindi, forma e sostanza grazie alla sinergia attuata, non solo con le Istituzioni, ma anche con Associazioni e privati che ormai da anni garantiscono la propria presenza in questo evento di alta valenza storico-culturale. L’Associazione “Carrozze Storiche Molonia” metterà a disposizione una carrozza che simulerà l’antica carrozza senatoria oggi custodita presso il Museo Regionale di Messina. Il corteo si comporrà di figuranti (circa 150) in costumi d’epoca della “Compagnia d’Armi Rinascimentale della Stella” (Messina), presieduta dal cav. Giuseppe Amato autore delle armature e dei pregevoli costumi, del Gruppo “Arte e Costumi Marinesi” (Marino Laziale), del Gruppo siciliano rievocazioni storiche “La Corte di Aragona” (Catania), dei “Tamburi d’Aragona” (Castelvetrano), del Gruppo Corteo Storico del Comune di Nicosia e del Comune di Troina (Enna). I personaggi storici saranno impersonati dagli attori Pippo Luciano (Stratigò), Mauro Failla (don Giovanni d’Austria), Pippo Castorina (mons. Reitana) e Nunzio Barbera (Francesco Maurolico). Il corteo trova fondamento storico nelle cronache del tempo, descritte nel volume di G. Arenaprimo “La Sicilia nella Battaglia di Lepanto“, recentemente ristampato dalla EDAS alle quali si ispiro la prima rievocazione storica del 1903: “[…] reiterandosi la salva dell’artiglieria, così dalle fortezze della città come dai navili del porto, et precisamente dalle Galeazze, seguita dall’archibugeria dei soldati don Giovanni d’Austria, con i dignitari della sua corte, seguito dai generali e capitani romani, veneti e spagnuoli, veniva ricevuto sopra un ricchissimo palco messo a mare, presso il forte di S. Giacomo, dirimpetto la porta della città che d’allora in poi si disse di Portareale, dai signori don Girolamo Romano, don Domenico Saccano, don Annibale Alifia, don Onofrio Giurba, don Girolamo Marullo, don Antonio Maurolico, componenti l’Illustrissimo Senato della Città, e da numerose quadriglie di cavalieri della nobiltà,messinese, nei loro abiti più sfarzosi e mirabili per la stranezza, delle foggie, per la varietà degli ornamenti, per le pinnacchierie variopinte imposte ai berretti, per la bizzarria delle bardature e delle gualdrappe, ond’erano coperti i loro cavalli […]”.

   Enrico Casale

UNA CORONA PER I 23 GIOVANI MORTI DEL SOMMERGIBILE ASCIANGHI NEL LUGLIO 1943, INABISSATOSI A LARGO DI AUGUSTA

Promotore dell’evento l’ex pretore onorario Francesco Migneco

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som1.jpgAUGUSTA. Anche i 23 giovani del sommergibile Ascianghi, inabissatosi al largo di Augusta il 23 luglio del ’43 hanno avuto la loro scheggia di memoria, 7° anni dopo la sciagura, cioè martedì 23 luglio 2013.. Apprezziamo la sensibilità del Comandante di Marisicilia, Ammiraglio Roberto Camerini, anch’egli fervente sommergibilista, per avere consentito una breve ma significativa commemorazione dei 23 marinai, per la maggior parte ventenni, che da quel lontano 23 luglio 1943 giacciono nel silenzio degli abissi, custoditi da quel mare tanto amato e che brutalmente li inghiottì. A bordo dell’imbarcazione di rappresentanza, con l’amm. Camerini, il cappellano militare don Paolo Spinella, alcuni ufficiali e con gli avvocati,  Francesco Migneco, ex pretore onorario e  promotore dell’evento, e  Antonello Forestiere, direttore del Museo della Piazzaforte, si raggiungeva la posizione 37°09’N – 015°22’E ove l’imbarcazione veniva messa impeccabilmente alla cappa di poppa, dando luogo alla celebrazione. Il tenente di vascello Umberto Castronovo, solerte e attento Aiutante di Bandiera  dell’amm. Camerini, dava lettura del nome, cognome e grado dei caduti osservando, contestualmente, un minuto di silenzio. Il cappellano militare recitava una breve omelia in suffragio e benediceva la corona d’alloro fasciata dal tricolore e retta da due marinai. È stato un momento di sincera commozione quando l’alloro si è posato in mare, e lentamente si allontanava verso l’orizzonte, proprio sulla stessa rotta che il piccolo Ascianghi percorse per l’ultima volta, lasciando, al di là di ogni eroica esaltazione, un esempio di vera e convinta dedizione ai valori della patria. Anche se per motivi contingentali, quel simbolo non è stato posato alle otto miglia dalla nostra costa ove avvenne l’affondamento, bensì a circa tre miglia, tuttavia l’abbiamo visto allontanarsi placidamente tra le onde, quasi a dimostrare di conoscere la rotta e di aver fretta di raggiungere quel luogo che custodisce quei 23 giovani, cui il destino negò di conoscere la vita. L’’avv. Miogneco ha commentato: “Grazie Marisicilia per averci consentito questa breve ma simbolica commemorazione, carica di sincera e sentita commozione e soprattutto di rispetto umano. Insieme abbiamo chinato il capo alla memoria di quei martiri che, anche se per loro non vi fu posto per la gloria, oggi abbiamo dimostrato che vi è nella MEMORIA dei vivi.”

M.F. 

23 LUGLIO 1943 – 23 LUGLIO 2013. 70 ANNNI FA LA TRAGEDIA DEL SOMMERGIBILE ASCIANGHI

Eroi senza gloria saranno ricordati con il lancio di una corona d’alloro

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AUGUSTA. Anche se non paragonabile alle straordinarie imprese del Toti, dello Scirè, del Todaro, tuttavia il piccolo sommergibile Ascianghi d’attacco costiero, scrisse il 23 luglio del ‘43, nell’ultimo conflitto, e al largo di Augusta, la sua pagina di storia, quale indiscutibile esempio di coraggio e valore. L’ infelice fine dell’Ascianghi fu immeritatamente liquidata dall’agonizzante regime con uno scarno bollettino di guerra del giorno dopo. Il sommergibile Ascianghi dislocava appena 698 tonnellate, per una lunghezza di 60,18 m con 6,5 m di larghezza. Dotato di quattro tubi lancia siluri, due a prua e due a poppa, con 6 siluri di scorta, inoltre montava, sulla coperta, un cannone da 100/47 e due mitragliere Breda da 13,2 mm indipendenti. L’unità, malgrado alcune sfortunate vicende, non poté conseguire grandi successi, tuttavia compì 22 missioni di guerra percorrendo il mare per ben 24.000 miglia in emersione e 4.313 in immersione. Ebbene, quando già lo sbarco alleato in Sicilia era avvenuto e inspiegabilmente la grande Squadra navale della Regia Marina restava rintanata nei porti della penisola, al piccolo Ascianghi venne dato l’ordine di “contrastare le operazioni di sbarco alleato”. Strano ordine, perché già le truppe dell’8a armata di Montgomery straripavano su mezza Sicilia orientale, e la Marina di Sua maestà britannica aveva occupato e teneva saldamente i porti di Augusta e Siracusa. A questo punto, giova fare una breve premessa. Pochi giorni prima della vicenda dell’Ascianghi e precisamente il 20 luglio ’43, il Regio Sommergibile NICHELIO compì una clamorosa impresa e con successo nelle acque tra Siracusa ed Augusta. Per tre lunghi giorni aveva atteso in agguato, rispettando il motto del sommergibilista “accoppia coraggio e pazienza e aspetta”. Infatti, il quarto giorno avvista un grosso trasporto inglese in convoglio. Manda a segno due siluri che vanno a squarciare la fiancata destra della nave che si inabissa velocemente con le sue ottomila tonnellate. Il Nichelio, riesce a disimpegnarsi dai cacciatorpediniere di scorta inglese, riuscendo con grande perizia e  astuzia, a posarsi sul fondo della secca di Murro di Porco. Attese in assoluto silenzio per alcune ore, e poi, riemergere e guadagnare indenne la base nel continente.

Probabilmente anche l’Ascianghi sulla scia del successo del Nichelio voleva emularne l’impresa. Il 18 luglio ’43 lasciava il porto di Napoli al comando dell’STV Fiorini, l’unico giovane Sottotenente di Vascello che con tale grado ebbe a comandare nella Regia Marina italiana un sommergibile. Il Fiorini attende in perlustrazione per cinque giorni, sempre nella acque tra Siracusa e Augusta, quando il 23 luglio avvista un convoglio inglese composto da incrociatori pesanti e caccia torpediniere. Decise di attaccare l’incrociatore pesante di prima fila, lanciando la prima coppiola di siluri di prua che purtroppo andarono a vuoto. Con altrettanta rapidità lanciò la seconda coppiola di poppa, uno dei quali colpì a prua l’incrociatore pesante NEW FOUNDLAND di 8.000 tonnellate che fu visto sbandare vistosamente. Come poi riportato dagli stessi inglesi, fu rimorchiato con grande difficoltà a Malta, dove vi rimase inattivo fino al 1944. La reazione dei caccia inglesi fu immediata, violenta e senza sosta: la sorte del piccolo sommergibile era segnata! Braccato, inseguito, circondato in particolare dai due veloci caccia, LAFOREY ed ECLIPSE, fu fatto segno a incessante lancio di bombe di profondità. Apertesi nella zona prodiera dello scafo numerose vie d’acqua, il sommergibile cominciò a sprofondare oltre la soglia di sicurezza e per non finire schiacciato dalla pressione, il Comandante Fiorini fu costretto a dare l’ordine di emersione. Non appena emerso, gli inglesi con inaudita ferocia, spazzarono la coperta e il già malandato scafo del sommergibile, con intenso fuoco delle artiglierie e le mitraglie di bordo. Dei cinquanta uomini di equipaggio 23 furono inghiottiti dal mare insieme al battello, 27, di cui alcuni feriti, laceri e sporchi di nafta furono recuperati e fatti prigionieri. Per questi li aspettavano altre sofferenze e disagi sotto il sole cocente di Algeria. Breve fu l’agonia del piccolo Ascianghi, affondò e lentamente, rivolgendo la poppa al cielo e per un attimo rimase dritto come a salutare quel vicino porto di Augusta che per gli anni di guerra pregressi l’aveva spesso ospitato. E così, anche l’Ascianghi e il suo equipaggio al limitare di una guerra dallo scontato esito infausto, scrisse la propria pagina di storia, vergata dal sangue di 23 giovani marinai, che, quest’anno compiono settant’anni, che giacciono e riposano in fondo al mare a quasi 10 miglia a nord-est dal porto di Augusta. Erano le 15,43 quando il piccolo sommergibile italiano condusse l’attacco, ed erano le 16,23 di quel pomeriggio del 23 luglio 1943, quando tutto era già compiuto! L’Ascianghi, però lasciò il simbolo più puro del valore e del coraggio, e soprattutto il senso dell’obbedienza alla patria, comunque essa venisse rappresentata, e anche se per il loro sacrificio non c’era più posto per la gloria. Grazie alla sensibilità dell’ammiraglio Roberto Camerini, comandante di Marisicilia Augusta, il 23 luglio prossimo, sarà posata in mare, lungo l’ultima rotta del sommergibile Ascianghi, una corona d’alloro in onore ai suoi caduti

Francesco Migneco