Lettera-aperta di un AUGUSTANO a MILANO, tornato ad Augusta per un giorno

Carissimo Giorgio,

sebastiano.jpgnella mia ultima visita ad Augusta, con te ho avuto modo di visitare, dopo tanti anni, la chiesa di San Sebastiano, ormai perennemente chiusa! Insieme abbiamo constatato gli assurdi “lavori di restauro” (effettuati dopo l’ultimo terremoto del 1990?) Don Scatà, che ringrazio per la cortesia dimostrata nel darci la possibilità di entrare nella chiesa, ha detto che questi lavori sono stati eseguiti sotto la direzione del funzionario delle belle arti, il quale, non solo non ha mai permesso di intervenire di fronte all’insensatezza e all’assurdità di certi lavori, ma ha difeso gli stessi perché così andavano fatti……Sarei curioso di conoscere il nome e cognome di questa persona oltre a sapere cosa e dove ha studiato! L’insensatezza delle modifiche fatte è totale, soprattutto nella sala oratorio adiacente al cortile. Tutto il pavimento delle sale oratorio, della sacrestia e della canonica è stato rifatto in modo sconnesso e dissestato in maniera pericolosa (l’antica via Appia a Roma, in molti tratti è ancora percorribile a piedi senza alcun pericolo per le caviglie!). Tutto è stato scombinato, alcuni esempi: alla canonica (piano superiore) si arrivava attraverso una scala con entrata sulla via Limpetra, ora questa scala è sparita e anche il corridoio si è ristretto…(?). L’attuale muro confina con un appartamento che si dice, (pare) sia di Don Brigante; all’appartamento canonica adesso si accede da una scala “ex novo” assurda, fatta proprio nella stessa sala oratorio in una posizione pericolosa per l’utilizzo della stessa sala; il corrimano, della stessa scala, è irrealizzabile in quanto diventerebbe pericoloso per il passaggio dalla porta che dà alla sacrestia; la seconda entrata alla sacrestia, dalla sala oratorio e viceversa, è sparita come è sparita un’uscita da dietro l’altare. Ma è stato l’intendente alle belle arti (persona che se ne “intende”) a scombinare tutto in maniera insensata? E la chiesa? Dove sono i due cori laterali all’altare? Perché non c’è più la scala che dava al grande organo? DOVE SONO LE CAMPANE?  L’edificio è talmente ermeticamente chiuso che tutte le pareti, rifatte, sono già ammuffite. Per questo suggerirei a Don Scatà di effettuare con un tagliavetro piccoli cerchi ai vetri per far circolare l’aria. Ma la chiesa di San Sebastiano in Augusta è solo sotto la “scombinatezza”, “l’insensatezza”, “l’inettitudine”, l’incapacità dell’intendenza alle belle arti di Augusta? o anche il Sig. Vescovo avrebbe/dovrebbe dire la sua? Caro Giorgio sono molto avvilito e aggiungo anche che molti augustani, soprattutto chi è andato via e torna saltuariamente, avendo occasione (come me) di rivedere luoghi “storici” e non solo cari griderebbero allo scempio!Anche nei tuoi commenti e nel tuo sguardo ho colto delusione e sconcerto! Cosa possiamo fare? Pensi si possa organizzare un gruppo di persone competenti: un architetto, un geometra, un esperto di arte, insomma un gruppo che visitando questi locali possa constatare e giudicare la “sciagurata” realizzazione?  Spero che tu possa trovare lo spazio per pubblicare questa mia lettera di denuncia (giornale/radio) e sarei curioso di conoscere il professionista/i che ha/hanno realizzato questa meraviglia di lavori e di ristrutturazione assurda ed eventuali “motivazioni”.

   Giuseppe Fazio

IL ROTARY CONSEGNA DUE ARMADI RESTAURATI DEL 700 TOSCANO ALLA CHIESA S. MARIA ASSUNTA

 

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 rotary augusta,chiesa assunta augusta,augusta,augustanewsAUGUSTAIl Distretto 2110° Rotary, nella persona del PDG Concetto Lombardo, consegna  due armadi restaurati del 700 toscano  a don Palmiro Prisutto nella sagrestia della Chiesa Santa Maria Assunta di Augusta. Sabato 8 giugno, al termine della cerimonia di consegna nella Chiesa delle Grazie  del Crocifisso ligneo restaurato a cura del Club Rotary di Augusta, il Presidente Pietro Paolo Amara con un folto gruppo di Soci del Club, le autorità civili e militari e numerosi ospiti intervenuti, si sono recati presso la sagrestia della Chiesa Madre  per l’analoga cerimonia di consegna di due armadi del 700 toscano restaurati. Il dott. Concetto Lombardo PDG del Distretto 2110° Sicilia e Malta ha dichiarato di aver aderito ad un vecchio progetto di restauro globale della sagrestia della Chiesa Santa Maria Assunta proposto dall’arciprete don Gaetano Incardona, sostenendolo in particolare con alcuni avanzi di gestione del proprio mandato di Governatore del Distretto e di essere molto fiero per aver contribuito a riportare agli antichi splendori tale settecentesca sagrestia. L’attuale arciprete vicario don Palmiro Prisutto ha ringraziato il Club Rotary e quanti altri hanno contribuito  a ripristinare tale patrimonio storico-artistico e ha tenuto a precisare che si augura che a tale rinnovamento segua quello ancora più importante del vero senso di fede e testimonianza cristiana. In tal senso don Palmiro ha espresso tutta la sua umiltà e senso del servizio cristiano pronto ad accogliere  i fratelli bisognosi del suo  specifico contributo in qualità di parroco. Ha concluso la manifestazione il  coordinatore delle Confraternite di Augusta Giuseppe Carrabino con una sintetica e tecnica descrizione del progetto di riordino della sagrestia. In tal senso si è provveduto all’arredo rispettando le caratteristiche dell’epoca di costruzione dell’edificio dove prima erano custoditi molti preziosi arredi ed argenterie del Monastero di Santa Caterina, delle Chiese di San Domenico, Sant’Andrea, Gesù e Maria e della stessa Santa Maria Assunta. Grazie anche ai contributi della Curia sono stati recuperati    e resi fruibili i due preziosi dipinti della Madonna dei Miracoli, a cui fino al 700 era dedicata la chiesa Madre,  e quello raffigurante la Madonna del Rosario con San Domenico e San Pio V già posto sull’altare maggiore dell’oratorio della Cappella di San Domenico  chiusa con le leggi eversive del 1866. A completamento del progetto, come un fiore all’occhiello, i due armadi del 700 toscano, perfettamente recuperati e restaurati a cura del Rotary, hanno assicurato oltre ai requisiti estetici anche quelli funzionali propri di una sagrestia.

            Gaetano Gulino

 

AUGUSTA, MOSTRA “FUORI LUOGO” DI GIANLUCA & LUCIANO PUZZO, NELLA SEDE DI AUGUSTA PHOTO FREELANCE

puzzo.jpgAugusta. Folto pubblico alla mostra fotografica di Luciano  e Gianluca Puzzo, padre e figlio, di origini  siciliane, ma residenti a Roma da oltre un quarantennio ospitata da APF, Augusta Photo Freelance. Questa è stata la presentazione di Romolo Maddaleni, presidente di APF: “Dopo la mostra di Luigi Mirto (che ha avuto l’incarico di rappresentare l’Italia durante la settimana di fotografia internazionale di San Paolo del Brasile), continua il programma di APF di portare ad Augusta le mostre di “artisti” importanti. E’ stato un vero piacere ospitare le “immagini in versi” di G&L Puzzo, apprezzate per la ricercatezza dei soggetti , per la tecnica fotografica e, non ultimo, per il felice accoppiamento dei versi, “accostati” sapientemente a ogni singola foto. La partecipazione di un pubblico numeroso e attento, che l’autore ha voluto seguire singolarmente, ci ha molto gratificati. “ Di sèguito riportiamo il breve intervento di Luciano Puzzo: “ Per me, siracusano di nascita e sposato con un’ augustana, è stato un piacere portare ad Augusta questo nostro lavoro, frutto di una ricerca durata ben cinque anni (fotografare gli oggetti ritrovati e rilasciati dal mare, lungo gli arenili del litorale romano). Una sequenza di immagini “raccontate” dalle nostre emozioni durante i casuali ritrovamenti.. La Mostra, partita da Siracusa la scorsa settimana, avrà altre tappe in Italia nei prossimi mesi (Ostia, Bologna…)”.

M. R.  nella foto, Luciano Puzzo

Riaprite l’Hangar, da monumento a gigante abbandonato e mortificato

L’appello di Giorgio Càsole

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l (187).jpgUn appello per far tornare fruibile un manufatto di grandissimo rilievo culturale, storico, architettonico: l’Hangar “il gigante abbandonato”. A lanciarlo è Giorgio Càsole che stigmatizza come, dopo essere stato dichiarato monumento nazionale, attende ancora la realizzazione di un progetto che risale al 1989. «Maestoso, imponente, abbandonato. Il primo esempio italiano di architettura militare posto sotto il vincolo della tutela monumentale dalla Soprintendenza di Siracusa. E’ una delle pochissime opere di tal genere esistenti in Europa. Si tratta di un prezioso esempio di architettura militare ed è, nel contempo, una valida testimonianza sullo stato dell’arte delle grandi costruzioni in cemento armato d’inizio Novecento». Così si legge nella motivazione per il vincolo, redatta dall’architetto Pavone della Sovrintendenza aretusea che, nel 1989 annunciò un progetto di restauro conservativo già in cantiere. Pavone assicurò: «Ci misureremo con nuove tecnologie e soluzioni all’avanguardia». Nel 1989, infatti, si registrò un cedimento sottofondazionale sotto il portone principale, come denunciò l’architetto augustano Francesco Lombardo. Il cedimento provocò una grossa lesione in un punto delicato della struttura, «tanto che un contrafforte sta per cedere, preconizzava Lombardo, facendo si che l’Aeronautica militare, proprietaria dell’area, intervenisse per frenare «lo sbilanciamento in avanti della parte anteriore dell’edificio». Il Comando della Terza Regione Area, di stanza a Bari, riconosceva che l’hangar era in cattive condizioni ma non aveva intenzione di sborsare denaro pur riconoscendo il pregio dell’opera. Al Ministero della Difesa si rivolse l’allora sindaco Gulino, per chiedere l’acquisizione al demanio comunale dell’Hangar, degli edifici circostanti e di circa quaranta ettari di terreno tutt’intorno. «Un percorso ideale di visita dall’hangar ai forti spagnoli si potrebbe realizzare, evidenzia Càsole, all’interno del porto, ma la struttura oggi, eccetto, alcuni interventi eseguiti resta chiusa».

A. S. –  LA SICILIA – SIRACUSA – 28/05/2013 – PAG. 30

HANGAR, IL GIGANTE ABBANDONATO – di Giorgio Càsole

Dichiarato monumento nazionale per iniziativa della Sopraintendenza, attende ancora la realizzazione di un progetto che risale al 1989. Un percorso ideale di visita dall’ hangar i forti spagnoli (in centro di porto)

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ha.jpgAUGUSTA – Maestoso, imponente, abbandonato  (dopo il tentativo di fruizione messo in atto dall’associazione  Hangar team, convenzionata con il Comune). Così potremmo sinteticamente definire l’ hangar per dirigibili, che domina, come un tempio greco sull’ acropoli, la baia di Augusta: il primo esempio italiano di architettura militare posto sotto il vincolo della tutela monumentale dalla Soprintendenza di Siracusa. “L’ hangar di Augusta è una delle pochissime opere di tal genere esistenti in Europa. Costituisce, quindi, un prezioso esempio di architettura militare ed è, nel contempo, una valida testimonianza sullo stato dell’arte delle grandi costruzioni in cemento armato all’inizio del secolo,”, il Novecento. Così si legge nella motivazione per il vincolo, redatta dall’architetto Pavone della Soprintendenza aretusea, che nel 1989 annunciò un progetto di restauro conservativo “già in cantiere”. Pavone assicurò: ”Ci misureremo con nuove tecnologie e soluzioni all’avanguardia”. Nel 1989, infatti, si registrò un “cedimento sottofondazionale sotto il portone principale”, come dnunciò l’architetto augustano Francesco Lombardo, autore, con la sua collega Giovanna Cavallo, di uno studio sul recupero funzionale dell’hangar. Il cedimento provocò una grossa lesione in un punto delicato della struttura, “tanto che un contrafforte sta per cedere”, preconizzava  Lombardo, il quale va  che l’Aeronautica militare, proprietaria dell’area,  era intervenuta per frenare “lo sbilanciamento in avanti della parte anteriore dell’edificio. Il Comando della Terza Regione Area, di stanza a Bari, riconosceva  che l’hangar era in “cattive condizioni” ma, a quanto pare, non aveva  intenzione di sborsare più una lira, pur riconoscendo il pregio dell’opera monumento nazionale.

Il tenente colonnello Eugenio D’Amico, addetto stampa di quel comando,  confermò all’autore di queste righe che “trattandosi di un complesso che non riveste più interesse per fini specifici di difesa dell’Aeronautica e la cui custodia e conservazione richiede l’impiego di notevoli risorse che la Forza armata istituzionale non può distrarre dalle risorse necessarie all’assolvimento di fini specifici, il Comando ha già da tempo avviato una proposta per la dismissione dell’area, sulla cui successiva destinazione è competente il Ministero-Difesa”.  Al ministero della Difesa si  rivolse l’allora sindaco di Augusta, Pippo Gulino, per chiedere formalmente l’acquisizione al demanio comunale dell’hangar, degli edifici circostanti e di circa quaranta ettari di terreno dell’area comprensoriale, un tempo aeroporto “Luigi Spagnolo”, oggi area verde a macchia mediterranea, “ideale cornice a impianti sportivi di base (campo di calcio e campi da tennis, già esistenti, ma abbandonati), percorsi di corsa campestre e piste ciclabili”, auspicava  il sindaco Gulino, il quale affermava  che “gli edifici già esistenti, ristrutturati, potrebbero ospitare punti di ristoro, sale convegni e centri sociali, l’hangar debitamente ristrutturato e salvato dalle angherie del tempo e dal disinteresse delle ultime generazioni, potrebbe diventare una struttura polifunzionale (fiere, spettacoli, incontri sportivi), mantenendo la sua natura e importanza di monumento storico”. In effetti l’hangar con i suoi 86.000 metri cubi, all’interno dei quali visitatori antichi e recenti, ospiti volontari o forzati hanno lasciato una variegata testimonianza attraverso graffiti e scritture più o meno deprimenti, potrebbe divenire un enorme contenitore di svariate attività: dall’auditorium del teatro, dall’albergo-foresteria al ristorante, dalla sala esposizioni al centro commerciale (con annessi magazzini). Anche il vecchio bacino di evoluzione dei dirigibili, oggi campo panoramico, libero, da cui si gode un’ampia suggestiva visione della rada, potrebbe essere sede d’uno splendido anfiteatro per ospitare manifestazioni durante la bella stagione che ha inizio a maggio e termina a ottobre Forse è riduttiva, da questo punto di vista la proposta avanzata dagli architetti Lombardo e Cavallo di riuso dell’hangar e della zona circostante come museo storico-navale, seppur concepito con criteri moderni. “La proposta di riuso dell’intera area dell’hangar, da me avanzata con la collega Giovanna Cavallo, in sede di esame di laurea, nasce da una serie di attente valutazioni, che tengono conto del profondo rapporto che lega l’edificio alla città, e questa ha vissuto e vive un rapporto indissolubile con il “mare”, secondo l’architetto Lombardo, “nel museo concepito, il percorso del visitatore procede fisicamente di pari passo con il percorso conoscitivo. Inoltre vi è una componente spettacolare: il visitatore non osserva solo la singola opera ma anche il museo nel suo insieme, attraverso il vuoto del grande spazio centrale. L’allestimento museale continua anche all’aperto: un percorso a uso pedonale, in asse con l’hangar, lungo il quale l’esposizione degli oggetti continua, si diparte dallo stesso, intervallato da una serie di braccia perpendicolari man mano più lunghe a mo’ di spina di pesce, giungendo in prossimità del mare, per poi proseguire in acqua tramite una serie di disposti a raggiera”. Era questa l’ardita visione dei due allora giovani studiosi. Anche il sindaco Gulino, nel motivare la richiesta di acquisizione dell’area con il prestigioso monumento,  mise in evidenza il rapporto dei cittadini con il mare e il loro desiderio d’avere, finalmente, uno sbocco a mare sul porto. “Un’importante considerazione da fare  sottolineò Gulino è che la città, le cui pendici prospicienti l’intero litorale attualmente occupato, per la maggior parte, da insediamenti della Marina militare e da piccoli cantieri navali privati per la restante parte. Per questo motivo la zona costiera del parco dell’hangar rappresenta per la città di Augusta il naturale, ma finora negato, sbocco a mare sul porto. Nei già esistenti moli potrebbero installarsi impianti per il canottaggio e la vela, per le imbarcazioni di diporto e per la pesca, nonché imbarcaderi per permettere l’imbarco ai turisti che volessero visitare i forti Garsia e Vittoria e Torre Avalos”. Non c’è dubbio che l’hangar si trova al centro di un’area che fa gola alla Marina militare, soprattutto perché Augusta  è diventata sede di Marisicilia (dal novembre 2002). Così come non c’è alcun dubbio che il parco dell’hangar, preservato grazie a un’altra istituzione militare come l’Aeronautica, è un grande beneficio e indispensabile polmone verde fra Augusta e il polo petrolchimico e dev’essere, perciò, tutelato e migliorato al servizio dei cittadini, non solo quelli locali. In altri paesi, per attirare i turisti, interni e no, vengono valorizzate anche le pietre più insignificanti. E quando non c’è niente, si realizzano, vedi Stati Uniti, copie d’impressionante realismo, coniugando il senso delle tradizioni con quelli degli affari. Se Noto è arcifamosa per il suo barocco, Augusta potrebbe diventare altrettanto rinomata come piazzaforte militare con un patrimonio architettonico che risale direttamente al suo fondatore Federico II di Svevia  e , attraverso gli spagnoli, arriva fino ai nostri giorni. Al di là di quella che può essere la sua destinazione d’uso – qualunque possa essere – l’hangar e il parco circostante meritano d’essere visitati per sé stessi, curate, ovviamente, le ferite del tempo e quelle inferte dagli uomini. Consolidato, liberato delle superfetazioni e ripulito (magari ripristinando la funzionalità del grande portone, attualmente poggiante su un terreno incerto), l’hangar – questo edificio mozzafiato, lungo oltre 100m, alto 30 e largo 26, che l’anno venturo compirà ottant’anni di vita – potrebbe essere visto, visitato e “vissuto” come un moderno antro ciclopico in cemento armato ( con richiami, nella facciata, all’architettura classica, il timpano, e al liberty neo-gotico negli eleganti ed esili contrafforti delle facciate laterali). L’immane e solidissimo antro, che doveva ospitare i giganteschi dirigibili da 12 mila mc., fu costruito, in capo a tre anni, nel pieno della prima guerra mondiale, con l’intervento di manodopera coatta: prigionieri austriaci, tra i quali, pare, fosse il caporale Adolf Hitler, stando a una tradizione orale giunta fino a noi. Nel 1917 si concretizzò la minacciosa presenza dei sommergibili tedeschi nel mare Ionio. Per scongiura reale pericolo, su suggerimento dei francesi, allora alleati degli italiani, fu deciso di costruire sul litorale ionico una base per dirigibili da utilizzare in funzione antisom. E per “la vigilanza dello sbocco meridionale dello stretto di Messina e delle rotte a sud della Sicilia e il controllo dell’area attorno a Capo Passero”. Fu scelta Augusta, nella cui contrada Pastandrea furono espropriati  circa trenta ettari, di proprietà della famiglia Omadei (una delle maggiorenti del luogo), su un pianoro che, dall’alto di 32m., dominava, come tuttora domina, la baia di Augusta, sede d’una strategica piazzaforte. Nel novembre del ’17 fu dato l’avvio ai lavori con quelle scarse maestranze, capaci di affrontare l’innovativa tecnica di costruzione, che durante quel periodo bellico era possibile rastrellare, affiancate, però, da quei prigionieri austriaci, di cui alcuni già esperti in costruzioni in cemento armato. Un anno dopo, nel novembre del ’18, la guerra ebbe termine, ma non la costruzione dell’hangar; visto che non era stata svalutata l’importanza dei dirigibili, tant’è vero che, terminato nel ’20, l’hangar per quasi cinque anni ospitò i dirigibili  della Regia Marina di 5 mila mc. (anche se l’hangar, con la sua capienza di oltre 86 mila mc., poteva ospitare sigari grossi più del doppio). La breve stagione dei dirigibili di concluse ufficialmente il 29 agosto 1925, alla presenza di Vittorio Emanuele III: imbarcato sul “Savoia”, alla fonda nella rada di Augusta, il re d’Italia assistette alla parata aerea che solennemente concludeva le manovre navali: ad aprire la parata era stato un dirigibile del tipo N 2 di settemila mc. conclusasi definitivamente la stagione degli idrovolanti e l’idroscalo di Augusta, intitolato a Luigi Spagnolo, eroe di Guerra, su soppresso. L’idroscalo conobbe momenti di gloria, non solo durante il II periodo bellico, ma anche in tempo di pace: la prestigiosa compagnia aerea inglese BOAC, che diede lavoro a molti locali, faceva ammarare i suoi idrovolanti per i collegamenti Londra-Malta e viceversa.  Dal ’58 fino a oltre vent’anni anni fa, l’aeroporto “Luigi Spagnolo” è stato utilizzato dalla Guardia di Finanza come base per i suoi elicotteri. Cessata inesorabilmente la sua funzione, l’hangar è stato utilizzato come autoparco e deposito. Oggi è desolatamente vuoto, in totale abbandono, come tutta l’area circostante, visitati l’uno e l’altra dai moderni vandali, graffitari o writers che dir si voglia. Nella calma e sonnolenta atmosfera del meriggio, strani suoi stridono nell’aria, in contrasto con il senso pànico che la bucolica quiete trasmette: sembrano i lamenti di un’orca marina ferita a morte, come mortalmente ferito appare il gigantesco hangar. Il quale nei suoi oltre novant’anni di vita è stato aggredito “da vento, sole e salsedine, cosicché in alcuni punti, la sua struttura si mostra, purtroppo, prossima al collasso, temono Giorgi Cacciaguerra, fratello dell’urbanista Sebastiano, e Maurizio Bonamico a pagina 11 del loro opuscolo L’hangar dirigibili di Augusta, martin Internazionale Editore, Tarcento Udine (s. data). E così continuano a pagina 12 “Onerosi potrebbero rivelarsi i cicli di sforzo a cui è sottoposto, caratteristici in costruzioni di questa dimensione in cui si devono tenere in conto grossi problemi e grossi effetti (basti pensare che nelle giornate di bufera e di vento una parete longitudinale sopporta spinte dell’ordine di 400 tonnellate e che nelle ore di pomeriggio dei giorni assolati d’estate, la parete occidentale si deforma e cresce in altezza fino a essere circa un centimetro e mezzo più alta di quella orientale) che aggiungendosi alla suddette condizioni di dissesto, potrebbero portare a menomazioni definitive. L’effetto dei suddetti cicli ha fatto sì che qualche placca di calcestruzzo copri ferro sia saltato e il salso marino abbia prodotto la temibile ruggine nel ferro di armatura”. La Soprintendenza di Siracusa ha avuto il merito di dichiarare questo gigante in cemento armato monumento nazionale e, quindi, di attirare ancora di più l’attenzione su di esso. Ma le dichiarazioni nobili e solenni non bastano se non si provvede e provvede in tempo a salvare l’hangar. In questo momento solo i colombi fanno compagnia al gigante malato e in esso trovano rifugio. Dalla sommità del timpano pende e penzola nel vuoto il residuo d’un telefono arcaico. Chi riattiverà la comunicazione?

Giorgio Càsole

AD AUGUSTA, IL CROLLO ANNUNCIATO DELL’ULTIMO RIVELLINO

fortezze.jpgAUGUSTA –. «Ho sentito un boato, stavo transitando per i ponti per raggiungere il centro storico . Immediatamente mi sono accorto di quanto era accaduto, anche perché conoscevo la pericolosità della situazione e più volte in passato avevo segnalato alle autorità competenti la precarietà del sito. Una vasta porzione del muro in pietra era crollata a mare. Ho subito informato dell’accaduto i Vigili del Fuoco del distaccamento mare, che prontamente si sono recati  sul posto». Le affermazioni sono di Carmelo Miano, consigliere di circoscrizione del cosiddetto quartiere Borgata,  testimone del crollo annunciato del rivellino “Quintana”, avvenuto  intorno alle sette del mattino di domenica 3 marzo – data da ricordare come mònito per tutti, amministratori comunali, Soprintendenza ai Beni culturali e altre cosiddette autorità. Da molti anni, la gravità della situazione dei vecchi ponti spagnoli e dello stesso Castello Svevo è stata segnalata alle autorità competenti che hanno preso atto della situazione, ma non hanno mai avviato alcun intervento. Mai. Solo quando si sono manifestate  le prime avvisaglie dell’aggravarsi  della situazione si è  provveduto a transennare e vietare al transito pedonale il rivellino, ma nulla più è stato fatto.E ancora una volta il tratto del rivellino crollato è stato transennato. Nessuno di queste cosiddette autorità recita il mea culpa o  richiama la corresponsabilità di tutti gli enti che dovrebbero tutelare il patrimonio culturale, in senso lato, che, al di là di ogni considerazione di carattere turistico, deve valere come testimonianza del passato, come radice del nostro presente. Al posto dell’istmo che collegava l’Isola di Augusta alla terraferma, in epoca spagnola,  furono costruiti tre rivellini: Quintana, Sant’Anna e Santo Stefano, come prima porta d’accesso alla città. Il collegamento con la terraferma fu assicurato da due ponti levatoi, sostituiti nel 1800 da due ponti in  muratura. L’unico  esistente era  il rivellino Quintana, che sorgeva  su un isolotto triangolare costruito contestualmente alla fortificazione della città. La storia dei rivellini è legata a quella dei ponti. Negli anni ‘Trenta del Novecento,  nel primo ammodernamento e ampliamento dei ponti, furono eliminati i rivellini di Sant’Anna e di Santo Stefano. Nel 1978, per esigenze di traffico, fu realizzato un ulteriore ampliamento dei ponti.Riportiamo il desolato commento di Luca Di Giacomo, esperto in conservazione dei beni culturali: “Noi siamo questo, pezzi di pietra , della qualità più pregiata estratta in questa terra, resa bella da altri nel corso dei secoli. Noi non abbiamo interesse, stiamo crollando a pezzi, in questo mare bellissimo che non è fruibile, non è balneabile, è inquinato. Le coste stanno crollando, praticamente l’immagine del Rivellino crollato siamo noi”.  Recatisi sul posto i vigili del fuoco hanno riscontrato preoccupanti crepe nel manto stradale e, forse, suggeriranno di interdire il traffico ai mezzi pesanti. Era ora. Nel frattempo, chi arrossirà di vergogna?

G. C.

SEGNALA AL “FAI” QUESTO “LUOGO DEL CUORE”, IL CASTELLO SVEVO DI AUGUSTA

Dar voce alle segnalazioni dei beni più amati in Italia per assicurarne un futuro è lo scopo de “I Luoghi del Cuore”, il censimento nazionale promosso dal FAI in collaborazione con Intesa Sanpaolo, che chiede ai cittadini di indicare i luoghi che sentono particolarmente cari e importanti e che vorrebbero fossero ricordati e conservati intatti per le generazioni future. L’appello è volto alla difesa di tesori piccoli e grandi, più o meno noti, che occupano un posto speciale nella vita di chi li ha a cuore. Il progetto ha l’obiettivo di coinvolgere concretamente tutta la popolazione, di qualsiasi età e nazionalità, e di contribuire alla sensibilizzazione sul valore del nostro patrimonio artistico, monumentale e naturalistico. Attraverso il Censimento il FAI sollecita le Istituzioni locali e nazionali competenti affinché riconoscano il vivo interesse dei cittadini nei confronti delle bellezze del Paese e mettano a disposizione le forze necessarie per salvaguardarle così da rendere possibile il recupero di uno o più beni votati.

Il castello svevo di Augusta si trova oggi al 6° posto della classifica, con circa 1500 segnalazioni. Partecipa anche tu,   cliccando direttamente sul link

http://www.iluoghidelcuore.it/classifica

e segnala questo luogo. Un’ eventuale richiesta di registrazione non è assolutamente vincolante.

Inoltriamo questo annuncio tramite facebook (puoi condividere il link cliccando sull’icona   Facebook a lato, o sulla stessa icona, sotto) – Affrettati, il termine ultimo per le segnalazioni è prorogato al 30 novembre

  Giuseppe Tringali

Podio di alto livello per il Concorso Internazionale di Belcanto “Vincenzo Bellini”

bellini festiv.jpgLa manifestazione è stata promossa dall’Associazione MusicArte di Parigi e dal Bellini Festival. A presiedere la blasonata giuria è stato Alain Lanceron, direttore di Emi e Virgin ClassicEmozionante finale per la seconda edizione del Concorso internazionale di Belcanto Vincenzo Bellini, approdato a Catania, città natale del compositore, dopo la prima edizione varata nel 2010 a Parigi, nel Dipartimento delle Hauts de Seine.  La staffetta tra la capitale francese e il capoluogo etneo ha potuto contare sul patrocinio della Provincia Regionale di Catania, che ha inserito l’evento nell’ambito di Etnafest e ha ospitato semifinale e finale nell’auditorium Le Ciminiere, dove si sono cimentati candidati dal curriculum già ricco di esperienze e affermazioni. Così prevede la linea direttrice del concorso istituito nel 2010 da Marco Guidarini, direttore artistico dell’Associazione MusicArte di Parigi, in sinergia con il regista Enrico Castiglione che l’anno precedente aveva fondato a sua volta il Bellini Festival. Per accedervi occorre infatti che i giovani partecipanti si siano già distinti in altri concorsi: una regola altamente selettiva che permette di individuare elementi particolarmente maturi e pronti a diffondere il difficile e specifico verbo belcantistico. Il concorso dei concorsi: questo vuol essere la competizione intitolata a Bellini.

E la severa selezione di base è garanzia di qualità, come conferma il livello dei vincitori della seconda edizione. Se la blasonata giuria presieduta da Alain Lanceron, direttore di Emi e Virgin Classic, ha deciso di non assegnare il primo premio, intatte restano le aspettative riposte sulla seconda classificata, il mezzosoprano palermitano Valeria Tornatore, e sul tenore francese Paul Glauger, terzo. Entrambi possiedono la stoffa di autentici belcantisti che li ha già visti affermarsi in altri concorsi lirici e cogliere i primi successi sui palcoscenici europei.Ma nella lode vanno accomunati tutti i sei finalisti – provenienti da varie paesi europei – che hanno affrontato impervie pagine belliniane, ma anche mozartiane, rossiniane e donizettiane, mirabilmente accompagnate al pianoforte da Andrea Del Bianco e Milo Longo.Insieme ad Alain Lanceron, la giuria annoverava il regista Enrico Castiglione, direttore artistico del Bellini Festival, il musicologo Domenico De Meo, il maestro Vincenzo De Vivo, direttore dell’Accademia di Osimo, il basso baritono Stanislaw Kotlinski, direttore del Dipartimento vocale dell’Università di Danzica, il critico musicale Sergio Segalini, direttore artistico di importanti festival ed enti lirici, e il celebre soprano rumeno Leontina Vaduva.  “Il premio del concorso – ha sottolineato Enrico Castiglione – non è in denaro ma consiste piuttosto in una serie di scritture. Obiettivo della manifestazione è infatti mirare alla scoperta e al lancio delle migliori voci destinate a diffondere, nel prossimo futuro, l’arte del Belcanto di cui Bellini è stato uno dei massimi rappresentanti. Lo conferma il profilo artistico della vincitrice della prima edizione che ha rivelato una nuova stella della lirica. Il soprano Pretty Yende, incoronata nel 2010 e poi primo premio nel 2011 al Concorso Operalia presieduto da Placido Domingo, è infatti richiesta nei maggiori teatri del mondo. Lo stesso, siamo certi, si verificherà per Valeria Tornatore e Paul Glauger”.  Il prossimo anno il concorso si svolgerà nuovamente a Parigi, per la quartaedizione del 2014 tornerà a Catania con un’impostazione ancora piùarticolata.“Il nostro è più ampiamente un progetto formativo – ha sottolineato Marco Guidarini – che auspichiamo possa portare all’istituzione di un’accademia di perfezionamento per i giovani talenti che si sentono vocati al Belcanto in senso stretto: un repertorio irrinunciabile della cultura musicale, ma che per la sua difficoltà e carenza di interpreti tende ad essere trascurato dalla programmazione teatrale”.  Basta dare uno sguardo ai cartelloni internazionali, dove i titoli di autori pur celebri dell’era del Belcanto – come Rossini, Donizetti e Bellini – scarseggiano di fronte alle successive produzioni verdiane e pucciniane. “L’individuazione e la formazione di cantanti altamente specializzati – ha specificato Alain Lanceron – è dunque fondamentale per l’esecuzione filologica e la diffusione in video e in disco di un raffinato retaggio. Perché soprattutto di raffinata vocalità vive il Belcanto, il cui portato culturale è tale che il termine stesso è diventato in qualche modo sinonimo di melodramma e teatro d’opera”.   Si rinnova così il gemellaggio tra il Festival Belliniano di Catania e il Concorso fondato nei luoghi parigini in cui il musicista concluse la sua breve esistenza e compose l’ultimo capolavoro, I Puritani. La kermesse ha chiuso l’ampia programmazione del quarto Bellini Festival, avviato in luglio e agosto a Taormina. La manifestazione è poi proseguita a Catania con la tranche settembrina e quella novembrina: la prima costruita intorno all’anniversario della scomparsa del musicista, la seconda intorno a quello della nascita, avvenuta appunto il 3 novembre 1801.

 

Caterina Rita Andò

Augustafolk conquista il pubblico di Pedagaggi e Palazzolo

 

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Continua la scalata del gruppo folkloristico Augustafolk, nato ad Augusta nel 2010 con l’obiettivo di riscoprire e tramandare le tradizioni popolari siciliane, riscaldare i cuori di un pubblico scopertosi sempre più interessato alla storia di Sicilia e, soprattutto, avvicinare i giovani al passato, ai canti e ai balli che hanno segnato e accompagnato i momenti di lavoro e di festa dei loro nonni. Il gruppo, avvalendosi degli strumenti tipici che hanno dato origine alla musica folk siciliana, come la chitarra, il marranzano, il friscaletto, la quartara, il tamburello e la fisarmonica,  è composto  da circa 30 ragazzi e ragazze, d’età compresa tra i 18 e i 35 anni, giovani che hanno scoperto la passione e  l’ amore per la cultura popolare e le tradizioni locali. Ultimamente, il 14/10/2012, hanno perciò animato le strade di Pedagaggi, in occasione della “sagra del ficodindia” e quelle di Palazzolo Acreide, il 21/10/2012, in occasione dell’ “Agrimontana”. I numerosi spettatori accorsi, estasiati dai canti e dai balli popolari, hanno accompagnato a coro gli artisti lungo tutto il  tragitto delle sagre, cantando insieme a loro molte delle canzoni popolari più note della tradizione; Augustafolk, infatti, se pur di recente costituzione, è una realtà folkloristica nota ormai in tutta la provincia, e non solo… Il direttivo, mostratosi fiero di appartenere alla ridente cittadina siciliana  che ha dato il nome stesso al gruppo, nel ringraziare  tutti coloro che in questi anni si sono prodigati al raggiungimento degli obbiettivi, durante un’ intervista ha dichiarato di ritenersi soddisfatto dei risultati ottenuti. Ancora  un  segnale di speranza e di rinascita per una città che meriterebbe sicuramente una maggiore attenzione, ovvero un  riconoscimento superiore nell’ambito della cultura, dell’arte e delle tradizioni, visto il numero sempre più crescente dei giovani talenti interessati a parteciparvi.

   Giuseppe Tringali

 

AUGUSTA/ CASTELLO SVEVO, “ASSORDANTE” SILENZIO DELLE ISTITUZIONI, MENTRE L’ANTICO MANIERO SI SGRETOLA

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castello.jpgAUGUSTA. Le associazioni che fanno parte del progetto “PartecipAgire” Augusta, vale a dire Lamis, Natura Sicula Augusta, Gruppo spontaneo donne e mamme di Augusta, Studenti non indifferenti Augusta, Shloq, Marilighea, vogliono ricordare che cosa è stato fatto nei mesi scorsi per la tutela del Castello Svevo di Augusta.  Nel maggio del 2012, durante una pubblica manifestazione svoltasi in piazza Duomo  è stata presentata alla cittadinanza una lettera scritta da “PartecipAgire” e indirizzata agli enti pubblici competenti e interessati alla conservazione del Castello Svevo, chiedendo loro di intervenire celermente per la tutela del monumento oggetto di una rovina tanto grave da renderne concreto il rischio crollo. La lettera in questione era correlata da una dettagliata sequenza di allegati fotografici. Durante la medesima manifestazione venne chiesto ai cittadini di Augusta di compilare un apposito  modulo con un proprio messaggio, un pensiero, un’idea, un appello, in favore del Castello. Questa iniziativa è stata molto apprezzata dai cittadini augustani tanto da permettere a “PartecipAgire” di raccogliere centinaia di noduli adeguatamente compilati e firmati. La lettera, presentata alla cittadinanza anche in altre occasioni pubbliche, è stata inviata il 24 maggio 2012, mentre gli oltre 400 messaggi dei cittadini sono stati inviati nel mese agosto, gli enti destinatari erano: il Commissario europeo alla cultura, la commissione nazionale italiana per l’UNESCO, il Ministero dei beni culturali, il prefetto di Siracusa, l’Assessorato regionale ai beni culturali, il Soprintendente ai BB.CC. di Siracusa, l’Assessorato provinciale ai beni culturali, l’Assessorato comunale alla cultura. Purtroppo, a diversi mesi dall’iniziativa descritta, nulla si è mosso e, fatto ancor più grave, nessuna risposta scritta è mai giunta da parte degli enti coinvolti.  La legittima aspettativa dei cittadini augustani di sapere con certezza quali iniziative gli enti preposti alla tutela di un bene culturale di tale importanza intendessero adottare, in quanto tempo e con quali costi queste fossero realizzabili, è andata del tutto disattesa. “PartecipAgire”, pur trovando del tutto inopportuno il silenzio degli enti interessati dalla propria iniziativa, non intende demordere e ritenendo la tutela e la valorizzazione del Castello Svevo una condizione necessaria per tutelare l’identità della città e le sue legittime aspirazioni di crescita sociale e culturale, intende proseguire con la propria battaglia. Molto presto vi saranno nuove iniziative, che coinvolgeranno anche i cittadini di Augusta.

  Carmelo Di Mauro