LA BUONA ZUPPA DI CECI DALLE SUORE DI SANT’ANNA

zuppa di ceciAUGUSTA – Quando frequentavo la scuola elementare nell’istituto delle benemerite suore di Sant’Anna, si usavano ancora la penna, con il pennino da intingere nel calamaio (collocato dentro un foro del banco), e la carta assorbente per fare asciugare rapidamente l’inchiostro e il grembiulino nero per non sporcarsi. Per la stessa ragione, per non sporcarsi d’inchiostro, negli uffici, gli scrivani indossavano le mezze maniche nere (dal polso fino al gomito). Il grembiule nero, però, aveva anche un’altra funzione: quella di dare un senso di ordine  e di uniformità, specialmente per evitare vistose disparità tra i figli dei poveri e i figli dei ricchi. A metà degli anni Cinquanta, la povertà in Augusta era ancora una piaga. Potrei fare riferimento al costante flusso migratorio verso le Americhe e l’Australia, alle strade non asfaltate, dove i bambini, scalzi, rincorrevano i soldati americani per chiedere sigarette (da rivendere) anche sfuse o le deliziose tavolette di cioccolato. Nelle nostre povere botteghe di generi alimentari, erano ancora vendute le tavolette di surrogato. I bambini, quando non andavano a scuola, stavano sempre per strada: le case erano anguste e povere e senz’alcuna attrattiva che potesse bloccarli (le madri erano le prime a esortarli a uscire). L’alternativa era la parrocchia, l’oratorio, dove c’erano i tavoli da ping pong, i bigliardini per il calcio-balilla, ecc. C’è un ricordo che mi sovviene e mi punge se penso alla povertà di quegli anni: è il ricordo di una buona, densa, profumata zuppa di ceci che le suore somministravano, mi pare il venerdì, a tutti i poveri che si recavano, intorno alla mezza, con una scodella, nel cortiletto davanti al portone di Via Orfanotrofio. Quella era l’ora in cui noi bambini sciamavamo, con allegra birboneria, fuori delle aule per l’intervallo del pranzo, da consumare a casa. Si riprendeva alle due  e si concludeva alle quattro del pomeriggio. Il sapere che a casa m’aspettava un pranzetto con  i fiocchi mi rendeva ovviamente di buonumore, ma il venerdì mi rattristavo nel vedere quella lunga fila di vecchi e no, di uomini e donne,  ingrossarsi per un pasto caldo. (Vi assicuro che la zuppa di ceci era davvero saporita).

Giorgio Càsole – (dall’introduzione al romanzo di Lia Fendes, “Il vecchio balcone”, ambientato ad Augusta, Centro Augustano di Documentazione, 2003).

LA BUONA ZUPPA DI CECI DALLE SUORE DI SANT’ANNAultima modifica: 2018-02-27T11:20:42+01:00da leodar1
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