LE TRADIZIONI DI AUGUSTA ANTICA – IL COPRILETTO – 3^ parte

165185AUGUSTA –  Il “Copriletto”, prima della “cunsatina” del letto matrimoniale, veniva messo a giacere in un angolo della modesta stanza, ove presto avverrà l’atto d’amore dei nubendi, che suggellerà, o meno, la loro unione. Sorge curiosa la domanda perché quel “o meno”? Si, vero, quel “o meno”, è sinonimo di “prova”, che andremo a spiegare. Secondo l’usanza, infatti, tramandata in eredità non scritta, che ha superato decenni e decenni di vita, di generazione in generazione, resistendo sino agli anni 20’, essa consisteva in un rituale che non ammetteva attenuanti. Infatti, la mattina successiva alla prima notte delle nozze, i familiari più intimi, tutte donne, tra cui non mancava la zia più anziana, ritenuta la “saggezza” del gruppo, si recavano presso la casa dei novelli sposi per dar loro la “buon levata”, cioè augurare la migliore fortuna e lunga vita coniugale. Ma, il loro compito non si esauriva qui, perché la “buon levata” aveva un altro scopo irrinunciabile. Dovevano “attestare la prova”, cioè, come detto prima, curiose e trepidanti, dal sorgere dell’alba, sostavano dietro la porta degli sposi, sino a quando la sposa non la mostrasse. A tal punto, per meglio comprendere la sequenza degli avvenimenti, è bene conoscere che cosa, in effetti, significasse la “buona levata”. Nella rivisitazione della memoria e dai racconti appresi strettamente dagli anziani, risulta che l’ usanza affonda le sue radice in tempi lontani, molto lontani. In assoluto, prevedeva che i familiari più stretti degli sposi, alle prime luci dell’alba prelevavano il lenzuolo dal letto, ove la coppia di sposi avevano consumato il matrimonio. Figuratevi l’ansia e la fibrillazione di chi doveva assolvere a quel rituale che, oggi, definiremmo “tribale”. Questo particolare momento poteva essere un coro di gioia, ovvero un urlo lancinante e drammatico, sconvolgente all’insieme, perché se il lenzuolo risultava macchiato di sangue umano, significava che la sposa era stata “trovata giusta”, viceversa, apriti cielo, quel matrimonio era, già, spento alle prime luci dell’alba. Che cosa succedeva? Raccontano ancora i vecchi, del sorgere furioso, di litigi, scontri verbali accesi e violenti, reciproche accusa, decisamente volgari, fra le due famiglie, preoccupate, soprattutto, dello scandalo che le avrebbe coinvolte di fronte “all’occhio sociale”, cioè di fronte ai paesani, attenti a questo rigido rituale che, dato l’esito negativo, avrebbe bollato a fuoco gli “sposi interrotti”, e messo berlina due famiglie. Infatti, le cattive notizie, sono quelle che corrono più veloci. “Voilant illic et immediate, super urbem”, dicevano i latini, cioè volano rapidamente di vicolo in vicolo, di quartiere in quartiere, arricchita spesso di fantasia, di accidi pettegolezzi, di piccanti particolari, infarciti di acerbe compiacenze. Indomabile, il ruolo delle comari, il “crocchiolo” perverso della maldicenza, che non tralasciavano l’argomento, “sparrittando”, compiaciute, in ogni angolo del paese (“sparrittare”, termine siciliano che significa sparlare con cattiveria, tagliare e “scucire una persona”. Termine in uso sino ad oggi.) Lo sposo, tradito dalla “sposa disonesta”, perché non “trovata giusta”, diventava lo zimbello del paese, additato con “inchitina di cianchi”, cioè “riempirsi i fondi”, come lu “sposu di chidda cascata do sceccu”, cioè, come quello che aveva sposato una donna arrivata all’altare non vergine. La prossima settimana, scriveremo della “povera sposa e delle conseguenze del fatto”.

  Francesco Migneco

LE TRADIZIONI DI AUGUSTA ANTICA – IL COPRILETTO – 3^ parteultima modifica: 2015-07-14T10:28:48+02:00da leodar1
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