Quello che desidero sottolineare e che è emerso da questi incontri, a mio avviso, è stata la grande voglia e capacità di comunicare messa in campo da questi ragazze e ragazzi. Nessuna barriera generazionale, dunque, tra questi due mondi. Il primo, quello giovanile, ansioso di capire cosa poter “essere” da grandi e come arrivare ad essere “adulti” capaci, sereni, gratificati e di successo …… Il secondo quello degli “anta” che ha lasciato trasparire una lieve carezza di rimpianto per qualcosa che non si è avuto o per qualcosa che non si è dato. Insieme, queste due realtà di vita, hanno parlato!!! In maniera aperta, scevra da pretestuosi preconcetti, sincera e, soprattutto, civile. Noi adulti abbiamo percepito un educato rispetto, ma senza soggezione, da parte dei giovani. Da parte dei Soci Unitrini presenti agli incontri vi è stata la voglia di regalarsi; ma in maniera non invasiva, né invadente. Questi incontri, dai quali personalmente ho imparato tanto, hanno messo in luce il bisogno biunivoco di parlare ed ascoltare. Di essere ascoltati e di replicare. Questa interattività ha contribuito al successo di questa iniziativa. Insolita, nel suo genere e del tutto diversa dalle consuete lezioni frontali, tavole rotonde o conferenze varie. L’essere tutti in circolo, casualmente alternati sulle sedie, ha dato la misura della voglia di confrontarsi in maniera assolutamente paritetica. Non ci sono stati docenti o discenti. Ma “Persone” che, educatamente e liberamente, hanno espresso le proprie idee. Qualche argomento meritava, forse, un maggiore approfondimento. Perché, magari, ha destato un maggiore interesse. Ma non credo fosse questo lo spirito col quale il lungimirante Pippo Caramagno ha inteso sviluppare gli incontri. Fine principale, secondo la mia interpretazione, era quello di abbattere lo stereotipo della incomunicabilità generazionale; quello di far conoscere alcune realtà di vita vissuta ai giovani virgulti; quello di coinvolgere la Scuola in un percorso formativo extracurriculare; ma anche di dar modo ad alberi ormai di alto fusto, di darsi al mondo giovanile. C’è un gran bisogno di “comunicazione” e la famiglia, la scuola, l’ambiente culturale tutto, dovrebbero avere orecchie più grandi per “ascoltare e sentire” i nostri giovani. Se a questo aggiungiamo anche questo tipo di apporto esterno, credo che possa essere utile a tutti. Noi adulti, infatti, troppo spesso diamo per scontate tante, troppe cose. Distratti come siamo dal nostro vivere quotidiano, ci scordiamo che il futuro del mondo è in mano ai giovani. Ascoltare il loro “vissuto”, aiutarli a capire le loro legittime paure e proporre loro come noi le abbiamo affrontate, può aiutarli a crescere meglio e aiutare noi a sentirci ancora “vivi”. Come questi quattro mesi ci hanno dimostrato. Nell’ultimo incontro è emerso pure il desiderio di continuare queste amene chiacchierate. Speriamo di poter ottemperare, l’anno prossimo, alle aspettative di entrambe le generazioni.
Salvo Cannavà