Di pomeriggio è aperta solo un giorno a settimana. Il sabato è chiusa
E’ la conferma dell’osservazione esposta sopra. Invito gli alunni a recarsi nella biblioteca comunale di Augusta, per consultare i testi di storia patria, indispensabili per la ricerca. Molti non sanno nemmeno dov’è ubicata la biblioteca (dal 1957, fino a pochi anni fa, allocata in una sede angusta, ai giardini pubblici). Li informo che, da un paio d’anni, la sede è al piano terra del settecentesco palazzo municipale e vi si può accedere dalla via Principe Umberto. Li informo pure che possono andarci nei pomeriggi di lunedì e mercoledì, giacché i ragazzi vanno a scuola di mattina. Gli alunni volenterosi e diligenti vanno in biblioteca, ma apprendono sùbito che non è più come prima. La biblioteca è aperta solo il lunedì pomeriggio per due ore e trenta.
Com’è possibile in quel breve lasso di tempo, una sola volta a settimana, aprire i libri, consultarli, studiarli e redigere un elaborato entro tempi ben definiti? Non è possibile, infatti. Concedo loro un’altra dilazione. Nel frattempo, vado a sincerarmi e riscontro la veridicità di quanto affermato dai miei studenti. Un fatto strano e increscioso, che contrasta con la cinquantennale esistenza della biblioteca prima ubicata ai giardini pubblici, quando si poteva andare a consultare libri e giornali tutti i pomeriggi tranne il sabato. L’apertura pomeridiana consentiva agli studenti e non solo di poter trascorre un paio d’ore per compiere ricerche o per lavorare in tranquillità. Si stava meglio quando si stava peggio? Evidentemente sì. La biblioteca aveva un congruo numero di dipendenti per consentire l’apertura di mattina, quando, però, era scarsamente frequentata, e di pomeriggio, quando anche gli studenti universitari pendolari ne potevano usufruire. Oggi la biblioteca è allocata nel cuore del centro storico e di mattina continua a essere scarsamente frequentata. A che serve tenerla aperta solo un pomeriggio la settimana, quando è chiusa persino il sabato mattina? C’è Internet? E, allora, chiudiamola del tutto. Spostiamo i tre-quattro dipendenti altrove e risparmiamo sull’acquisto di libri e giornali. E il patrimonio librario? Vendiamolo all’asta e facciamo cassa, cercando di colmare l’enorme voragine debitoria di questo Comune. In giro, qualche amatore di libri vecchi si trova sempre.
Giorgio Càsole