Stabile di Catania: prosegue alla Sala Musco il cartellone “”L’isola del Teatro””, con il veglione di capodanno

nuovomuscoCATANIA- C’è una croce stilizzata al centro del palcoscenico ed è il perno di tutta l’opera, omaggio al tormento religioso di Giovanni Testori, uno dei maggiori intellettuali italiani del Novecento. Attorno a quel simbolo ruota una storia di sofferenza, solitudine e disperata ricerca d’amore, messa in scena a due voci dalla monaca Felicita e da un narratore, incarnati da Maddalena e Giovanni Crippa, fratelli di sangue e d’’arte che non hanno certo bisogno di presentazioni. Dal 19 al 21 dicembre il sipario della sala Musco si aprirà su “Passione, un dramma intenso che Daniela Nicosia ha tratto appunto dal romanzo “Passio Laetitiae et Felicitatis di Testori, fecondo drammaturgo, scrittore, storico dell’arte e critico letterario. Un’ altra scommessa, quella del Teatro Stabile di Catania, guidato dal direttore Giuseppe Dipasquale che anche questa volta rivolge lo sguardo a una forte drammaturgia tutta contemporanea, frutto di un’importante coproduzione targata“Tib Teatro, I Teatri del Sacro”e Fondazione Teatri delle Dolomiti. Per trasporre lo struggente lavoro di Testori, Daniela Nicosia- ideatrice del progetto, di cui firma la drammaturgia e la sapiente regia – ha voluto un raffinato tandem, ovvero i fratelli Crippa, Maddalena e Giovanni, prestigiosi interpreti del panorama teatrale nazionale. Si erano incrociati, ma senza scene in comune, dieci anni fa a Siracusa, per la “Medea” diretta da Peter Stein – marito di Maddalena che la scelse come protagonista; di fatto è la prima volta in cui interagiscono in palcoscenico dopo gli spettacoli amatoriali interpretati da ragazzi sotto la direzione del padre.

Passione è dunque un’occasione da non perdere per questa copia che condivide con Testori le medesime origini, radicate nel paesaggio e nello spirito della Brianza. Gaetano Ricci ha disegnato le scene, Silvia Bisconti i costumi, Stefano Mazzanti le luci, Laura Zago ha curato gli elementi coreografici. «In qualunque rapporto d’amore  c’è una tristezza sconfinata, tuttavia, se questa tristezza viene accettata e accolta con carità, in primis come parte della coscienza di sé, allora diventa dramma, e può offrire qualcosa agli altri». Così pensava Giovanni Testori. L’’inferno della solitudine e il paradiso della Duità, tra questi due poli si dispiega la storia di Felicita, la “disaccentuata”, e della sua disperata ricerca d’’amore. Un’esistenza intessuta di dolore, sconvolta dalla morte improvvisa del fratello, amato così tanto da sfiorare l’’incesto, dalla violenza sessuale subita, dall’’innamoramento per il Cristo, col conseguente prendere il velo, e infine dall’’amore per la giovane Letizia, grazie al quale Felicita conosce la felicità solo per un attimo, destinato a tradursi in tragedia. La via crucis della vita, una vicenda blasfema e carnalmente mistica, in cui il rapporto religioso può apparire dissacrato, mentre racchiude, insieme all’’invettiva, tutto lo strazio e l’umiltà della preghiera, in un costante dialogo con Cristo. Sullo sfondo il paesaggio umano di una Brianza di struggimenti e di miseria. Spiega la regista: «In “Passio Laetitiae et Felicitatis, titolo che parafrasa un testo della martirologia cristiana, ecco che romanzo, teatro e poesia, come scrisse Giovanni Raboni, “si fondono al calore di un plurilinguismo totale, che nell’idioletto di Felicita, misto di latino, francesismi, lombardo e lingua del Seicento, unisce il colto al popolare, dando vita a un prorompente impasto linguistico, che dona corpo, spessore e straordinaria forza comunicativa alla parola. Parola che è essa stessa corpo, con le lacerazioni e il sangue a  esso connesso. Parola-corpo – che contiene l’urgenza di essere pronunciata, che già sulla pagina è grido – che, oltre ai profondi interrogativi testoriani sul senso ultimo dell’esistenza, ha fatto nascere in me, come negli interpreti, la necessità di metterla in scena, di declinarla col linguaggio del teatro, che è voce e corpo insieme». Un’’esperienza totalizzante, un fuoco inestinguibile. «Una parola evidenza ancora Daniela Nicosia che comprende e abbraccia il dolore, una parola che è passio, passione nel suo significato originario di travaglio, pena, sofferenza, sia nell’atto dell’essere scritta che in quello dell’essere proferita. Questo rapporto tra colui che scrive e colei che è scritta, mi ha guidata nella scelta di due interpreti, che, a prescindere dai generi, incarnino quella parola, dandole voce. Maddalena e Giovanni Crippa, fratelli nella vita, entrambi uniti dall’unicità di quella lingua, che è sia di Felicita che del narratore, ci raccontano così, in una scena scarnificata, sezionata dai tagli di luce, su cui sola riverbera il segno di una croce, questa storia di fraterne intimità, di languori, di amori irregolari e visionari, generando un singolare corto circuito tra teatro e vita”».

Caterina Rita Andò

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Veglione di Capodanno al Musco con “La Centona” di Nino Martoglio e cenone  gourmet

CATANIA – Per il secondo anno consecutivo, il Teatro Stabile di Catania augura “buona fine e buon principio” agli amanti della prosa, dando loro appuntamento il 31 dicembre alle ore 20,30 nella storica sala del Musco con un veglione che si presenta tra i più invitanti. Tutti a teatro già in prima serata e fino a notte fonda, per assistere ad un’accattivante rappresentazione e gustare a seguire un prelibato cenone, l’una e l’altro all’insegna della migliore tradizione catanese e mediterranea. “Perciò – sottolinea il direttore Giuseppe Dipasquale – puntiamo ancora, come testimonial doc, sul grande Nino Martoglio, campione etneo di satira e risate”. La scelta è caduta quest’anno sulla sua “Centona”, in scena in questo mese al Musco e poi in tour nell’isola, prima di ritornare il 31 dicembre per la recita straordinaria sul palcoscenico di via Umberto, accogliente “isola del teatro”, secondo l’espressione coniata da Giuseppe Dipasquale, “ritrovo di incontro, approfondimento, svago”. In questa visione s’inserisce il veglione di fine anno, un pacchetto unico (costo 50 euro), che abbina alla visione dello spettacolo una ricca sequenza di specialità, preparate da 11eleven privilegiando l’arte culinaria che il territorio vanta da sempre. E tipica è altresì l’anima della sua gente, che le pagine martogliane hanno saputo descrivere con spirito salace. «Nino Martoglio è tutta la sua Sicilia, che ama e che odia, che ride e giuoca e piange e si dispera, con gli accenti e coi modi che qui in “Centona” sono espressi per sempre, incomparabilmente» scriveva Pirandello. L’affresco martogliano ha avuto perciò tanta fortuna. A farlo rivivere è adesso una produzione nuova di zecca voluta dal Teatro Stabile di Catania, nella riduzione teatrale nata dalla sapiente rielaborazione di Nellina Laganà e dalla graffiante regia di Gianni Scuto. “La Centona”- ovvero “confusione di voci di più persone”- è una densa e ricca galleria di “maschere” nate da vizi e virtù dei personaggi che popolavano liriche appassionate e giocose, tanti sonetti, le commedie e la pungente satira politica in versi del versatile scrittore e drammaturgo, nato a Belpasso nel 1870. Questo esteso campionario di grotteschi eroi del riso, che prende vita dalla miscellanea pubblicata per la prima volta nel 1899, viene restituito al pubblico catanese dalla stessa Laganà in scena con Vitalba Andrea, affiancate da Fulvio D’Angelo, Riccardo Maria Tarci, Raniela Ragonese, insieme a Carlo Ferreri e Giovanni Santangelo. Scene e costumi sono di Giovanna Giorgianni, le musiche di Alfonso Garrubba, le luci di Franco Buzzanca. Lo spettacolo sarà diviso in due parti e alterna momenti di grande spessore storico e culturale ad altri di puro divertimento e di gioioso gioco scenico: a brani famosissimi tratti dalle migliori commedie del Belpassese s’intrecceranno brani di poesia popolare e passi inediti del settimanale satirico “D’Artagnan”, da lui stesso fondato nel 1899 e diretto fino al 1904. “La Centona” viene oggi riproposta in un nuovo e più funzionale allestimento, che si svilupperà per oltre novanta minuti nell’universo martogliano, esaltandone i più colorati pezzi di teatro e di poesia, attraverso una selezione che abbraccia titoli come ‘A Sonnambula, L’aria del continente, Matrimoniu ‘nta la Civita, ‘u Contra, Poesia d’amore, Curtigghiarissimi, Poesie d’imbriachi, nonché i carteggi Martoglio-Musco e Martoglio-Pirandello. Continua così il fortunato sodalizio che lega a doppio filo il repertorio di Martoglio e il TSC, la cui programmazione non può prescindere dalle pièce del Belpassese, luogo naturale in cui esplode tutta la vivacità dell’anima siciliana, e segnatamente etnea.

 Caterina Rita Andò 

Stabile di Catania: prosegue alla Sala Musco il cartellone “”L’isola del Teatro””, con il veglione di capodannoultima modifica: 2014-12-18T09:18:18+01:00da leodar1
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