In scena un esempio di teatro civile come “La città di plastica nel giardino dei sogni”, tragiche storie di abusi e diritti violati
La produzione, firmata dalla “Compagnia della Luna” diretta da Nicola Piovani, costituisce un importante esempio di giornalismo d’inchiesta, mettendo in scena un testo di indiscutibile forza e denuncia sociale. L’attrice Claudia Campagnola interpreta con rara sensibilità le tre figure femminili su cui si incentra l’opera: tre esempi di vita vera di donne contemporanee – Neda, Hanifa e Rose – tra violenze, abusi e mancato rispetto dei diritti umani fondamentali. Dall’Iran la storia di Neda, studentessa uccisa a Teheran durante le proteste successive alle elezioni presidenziali del 2009, duramente represse dal regime. Il video amatoriale che ne ha documentato la morte, con la sua virale diffusione in rete ha reso la figura di Neda, “la voce dell’Iran”, il simbolo dell’opposizione al governo e dei manifestanti per la democrazia. Dall’Afhanistan, Hanifa racconta lo strazio di tante donne del suo popolo: ragazze, spesso bambine, che – per sfuggire alla schiavitù dei matrimoni combinati e a mariti troppo vecchi e violenti – tentano il suicidio, una folle strada verso la libertà. Si cospargono di benzina e si danno fuoco; alcune muoiono, altre restano ustionate a vita. Dal Kenya, l’ultima protagonista. Rose, testimone del sacrificio di molte giovani donne che come lei tagliano le rose nelle serre sul lago Naivasha, costrette ad aspirare concimi e polveri tossiche per pochi dollari al giorno, sotto immensi teloni trasparenti. Una “città di plastica”, appunto, che sorge per il profitto delle multinazionali occidentali producendo fiori, simbolo al contempo di amore e di morte. Il teatro, con un linguaggio realistico, crudo, dà voce a chi non ce l’ha. «Il messaggio è esplicito: “La città di plastica” offre al pubblico le storie di tre ragazze, tutte drammaticamente autentiche e drammaticamente reali, come quelle di tante che nel mondo non riescono a raggiungere i loro sogni e le loro speranze»; queste le parole di uno degli autori, Francesco Zarzana. E ancora, la coautrice Silvia Resta: «Ho incontrato tante donne sulla mia strada di cronista. Ricche e povere. Sottomesse e ribelli. Vittime di violenze e di abusi, o attive protagoniste della loro vita. Ho capito che non ce n’ è una, in fondo, che non abbia lo stesso sogno. Lo stesso bisogno di libertà». Storie di sofferenza e di sogni spezzati, tradotte – spiega la regista Norma Martelli – «con pudore di usare parole piene di strazio; rispetto per il dolore e il coraggio, a volte incosciente, della giovane età; e l’impegno di far arrivare in platea, attraverso l’emozione, riflessioni sulla condizione di tante ragazze, giovani donne che hanno una sola grande colpa quella di volere vivere». Lo Stabile etneo inaugura la stagione del Musco portando sul palcoscenico uno spettacolo intenso, drammatico, che spinge alla riflessione su una tematica di estrema attualità e importanza.
Caterina Rita Andò