A U G U S T A N E W S

Dopo la tragedia che ha stroncato la giovane vita di Claudia Quattrocchi, nulla è stato fatto per prevenire altre tragedie. Di chi la colpa?

AUGUSTA. Sono le 18,45 di lunedì 16 settembre 2013.  Un silenzio innaturale si percepisce appena si attraversa Via Colombo, la strada che fronteggia i giardini pubblici, e ci si incammina per la via principale del centro storico, la via intitolata al figlio di Vittorio Emanuele II, Via Principe Umberto. Capannelli di persone sostano davanti ai negozi. Aspettano in religioso silenzio. Nessun veicolo attraversa la strada. Non si avverte rumore di sorta. Tutto si è come fermato. Un osservatore esterno e lontano potrebbe dedurre di guardare il fotogramma fermo di una pellicola. La stessa scena appare identica appena si svolta l’angolo e si entra in Piazza Duomo. Dalla navata centrale della Chiesa Madre è appena uscita, accolta da un lungo applauso, un’ abbacinante bara bianca che contiene il corpicino della tredicenne Claudia Quattrocchi.

Il silenzio dura circa dieci-quindici minuti: il tempo che occorre ai genitori per decidere di chiudere il portellone del cofano dell’auto dove è stata adagiata la bara con il suo sgargiante cuscino di fiori. Il giovane padre guarda la mamma di Claudia, guarda il fratellino di Claudia, guarda i compagni di scuola e quelli della squadra di pallavolo con la loro divisa bianca listata di rosso. Guarda il folto pubblico che trattiene il respiro e poi fa cenno che si chiuda il cofano. La processione ha inizio e scoppia spontaneo e immediato un altro lungo applauso. La  mattina del 16 doveva essere per lei il primo giorno del liceo classico. A giugno aveva conseguito il diploma di scuola media all’istituto comprensivo “Principe di Napoli”. Claudia, una ragazza dalla bellezza nordica: capelli biondi, occhi chiari, con una grande voglia di vivere e di affermarsi a scuola, nella pallavolo, nella vita, insomma. La sua voglia di vivere è stata stroncata in un attimo, senza preavviso. La signora vestita di nero e con la falce miete spesso le sue vittime senza preavviso, dimostrando la sua più spietata crudeltà. In questo caso la signora con la falce ha preso le sembianze di un giovane, A. S., fresco di patente o con appena il foglio rosa  (le notizie sono contraddittorie), ma non ha importanza. Ciò che importa è che A.S. voleva forse fare uno sberleffo al Fato. Correva, correva come non si dovrebbe, sul ponte intitolato al fondatore di Augusta, quel Federico II chiamato ai suoi tempi “stupor mundi”, che, purtroppo, è diventato scenario di tragedie. Nel corso degli anni si sono registrati diversi incidenti mortali. Poco più di un anno fa perse la vita un’altra alunna del liceo classico e sul posto mani pietose continuano a deporre fiori. Non distante dal ponte, nei pressi dell’area dei container, a giugno un’altra liceale, Martina Marino, è stata travolta da un automobilista che correva, probabilmente alticcio. La città, la scuola, i compagni, i genitori stavano ancora metabolizzando il lutto provocato dalla morte di Martina. Allora alla fine dell’anno scolastico, ora all’inizio. Sembra quasi un funereo presagio che incombe minaccioso su questa città diventata da un giorno all’altro più povera, più triste, più negletta. A. S. ha travolto Claudia e una compagna mentre, la sera di sabato 14, attraversavano a piedi e alcune auto si erano fermate per farle passare, quando, come un terribile mostro rombante è sopravvenuto A.S., che voleva provare l’ebbrezza della velocità, e non si è nemmeno fermato dopo aver investito le due ragazze. A. S. ha diciott’anni, Claudia ne aveva cinque di meno. Claudia è spirata quasi sùbito. L’amica se l’è cavata. La prognosi è positiva. A.  S. si è costituito alle forze di polizia, alle tre di notte, accompagnato dal difensore di fiducia. Non si può provare che fosse ebbro di qualcosa. Alle tre di notte, a distanza di ore dal fatto, è difficile provarlo. Dalle notizie apprese risulterebbe a negativo ai vari tipi di test. Ha giustificato la sua fuga dicendo d’aver provato paura. La giovane madre di Claudia, pur affranta dal dolore, pur muovendosi con estrema fatica, in un momento della cerimonia funebre – assiepata la chiesa -, si è rivolta ai tanti ragazzi implorandoli di abbracciare i genitori e ai tanti genitori ha detto: “Baciate i vostri figli”. La signora con la falce in mano è acquattata dietro l’angolo e colpisce senza preavviso e, spesso, senza pietà.

    Giorgio Càsole

Dopo la tragedia che ha stroncato la giovane vita di Claudia Quattrocchi, nulla è stato fatto per prevenire altre tragedie. Di chi la colpa?ultima modifica: 2014-01-20T08:57:10+01:00da
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