Alle 18,45 di giovedì 7 marzo 2013, si è tenuta a Roma una delle più veloci riunioni del Consiglio dei Ministri, ancora presieduto da Mario Monti: il C.d.M. si è riunito alle 18,45 e in appena cinque minuti ha deciso lo scioglimento per infiltrazioni mafiose dei consigli comunali di Augusta e di Grazzanise, in provincia di Caserta. Alle 18,50 la seduta del governo è finita. La notizia, anche se nell’aria da tempo, è piombata ad Augusta da Roma come una bomba lo stesso 7 marzo, giorno in cui il consiglio comunale, su convocazione del suo presidente Salvatore Amato, doveva riunirsi alle 20°° per surrogare alcuni consiglieri comunali dimessi e per altre pratiche. Mentre la provincia campana è salita alla ribalta per questioni di criminalità organizzata, criminalità camorristica, mai si sarebbe pensato che il secondo comune della provincia di Siracusa, provincia una volta definita babba, Augusta appunto, comune dove ha sede una delle più importanti basi militari d’Italia, potesse essere sciolto per condizionamenti mafiosi. Da almeno tre mesi circolava con insistenza la notizia che il prefetto di Siracusa, Franceschelli, aveva inviato al ministro degl’Interni, Cancellieri, una relazione preoccupata sui condizionamenti del Comune di Augusta, dopo il sequestro e l’esame di una serie impressionante di documenti, migliaia stando alle notizie raccolte, esaminati da una commissione composta da vari esponenti istituzionali, insediatasi nel restaurato palazzo di città il 30 agosto 2012. Come si ricorderà, l’indomani si dimise il sindaco Carrubba, dando l’impressione di volersi candidare alle elezioni regionali dell’ottobre 2012. Così, invece, non è stato ed è stata avanzata l’ipotesi che Carrubba sia stato consigliato di dimettersi, per evitare gravi conseguenze. Si sapeva, dunque, e si temeva il peggio, anche se rimaneva il lumicino della speranza. L’ambiente politico era in piena fibrillazione, tanto che da parte di qualche movimento civico, costituitosi per affrontare le elezioni amministrative previste nel prossimo mese di maggio, era stata avanzata ai consiglieri comunali, attraverso vistosi manifesti, la proposta di dimettersi prima che il consiglio fosse sciolto dall’alto. I consiglieri comunali si sono sentiti offesi e non hanno accolto l’invito, anche se, negli ultimi giorni, alcuni consiglieri hanno presentato le loro dimissioni. Qualcuno aveva sperato nell’esito delle elezioni politiche dello scorso febbraio. Aveva sperato, cioè, che Monti lasciasse la patata bollente al nuovo governo, il quale avrebbe voluto il tempo per decidere, e che, intanto, si andasse alle elezioni. Invece, il 5 marzo il ministro degl’Interni ha concluso la sua relazione con la proposta di scioglimento con queste parole: “Le vicende analiticamente esaminate e dettagliatamente riferite nella relazione del prefetto hanno rivelato una serie dicondizionamenti nell’amministrazione comunale di Augusta, volti a perseguire fini diversi da quelli istituzionali, con pregiudizio degli interessi della collettivita’. Ritengo pertanto che ricorrano le condizioni per l’adozione del provvedimento di scioglimento del consiglio comunale di Augusta (Siracusa) ai sensi dell’art. 143 dei decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. .. In relazione alla presenza e all’estensione dell’influenza criminale {il grassetto è nostro], si rende necessario che la gestione commissariale abbia una durata di diciotto mesi”. E’fatta. Il C.d.m. approva la proposta,il presidente della Repubblica firma il decreto di scioglimento e contestualmente nomina un direttorio di tre funzionari per l’amministrazione del Comune. Sono due donne in carriera prefettizia: Maria Carmela Librizzi, prefetto, che dovrebbe svolgere le funzioni di sindaco, il viceprefetto Maria Rita Cocciufa, che dovrebbe sostituire la Giunta, il dirigente Francesco Puglisi al posto del consiglio comunale. Il commissario regionale passa la mano dopo sette mesi di gestione più politica che tecnica e se ne torna a Palermo a godersi la pensione di funzionario regionale. La misura estrema è arrivata, dunque. E, come spesso accade, l’equivalenza è in agguato: “Augusta = mafia”. La città, nota per l’inquinamento più che per la sua base militare o, meglio ancora, per il suo grande porto, che dovrebbe rappresentare una risorsa per tutta la Sicilia, era salita, poco prima della notizia dello scioglimento, alla ribalta della cronaca per il “caso Incardona”, che certo non avevamo previsto quando abbiamo realizzato la copertina del numero di gennaio del Giornale di Augusta, di cui, a giorni, sarà in edicola il numero di aprile), auspicando che potesse risorgere dalle sue ceneri, come la mitica fenice. Lo scioglimento del consiglio era dietro l’angolo, ma non avevamo ancora la certezza. Abbiamo solo intuito la profonda depressione in cui è caduta questa comunità. E certamente non ce ne rallegriamo. Qualche giorno fa, un lettore,visibilmente risentito, mi ha detto: “Noi non siamo mafiosi, siamo cittadini che stiamo pagando in tutti i sensi, per questo malaffare , ma questa di Augusta mafiosa, come dicono i giornali, è un’infamia e qualcuno deve pur pagare”. Già. Un’infamia! E chi pagherà e quando e come per quest’infamia?
Giorgio Càsole