“Considerate la vostra semenza – fatti non foste a viver come bruti – ma per seguir virtute e conoscenza”
Giunto in cima al Monte del Purgatorio, egli si trova ancora in una foresta, simile alla selva nella quale aveva iniziato il viaggio, ma è una foresta piena di luce così come, grazie al viaggio compiuto, è profondamente differente l’uomo Dante. Quando finalmente Beatrice gli va incontro, sorprendentemente, ella lo rimprovera accusandolo di aver tradito il suo amore, ma egli, dopo aver riconosciuto la sua colpa, conclude insieme all’amata il viaggio. Beatrice e Dante cantano dunque la bellezza dell’Amore. La gioia di Dante esplode finale, dove ogni personaggio canta l’ “Amor che move il sole e l’altre stelle”. La Divina Commedia è dunque amore, passione, ma anche vizio, peccato, perdizione, è paradiso e allo stesso tempo inferno, buio e oscurità, tenebre e luce. Una voce esperta ci ha regalato queste emozioni e personalmente credo che ogni uomo d’animo sensibile presente in chiesa abbia recepito con grande intensità la vasta portata di questo pathos poetico. Personalmente ho molto apprezzato il tono e l’impostazione artistica di questa lectura. Onore e onere di tale esperimento va al docente Giorgio Casole, protagonista dell’evento culturale che è apparso molto apprezzato e gradito. Da dove nasce quest’idea? Dalla volontà del prof di avvicinare quanto più possibile la cittadinanza augustana, e in particolare i giovani, a tale momento poetico al fine di creare non solo una specie di “cenacolo poetico” dove assaporare le luci e i colori della cultura ma soprattutto per evidenziare l’attualità, l’immortalità dei versi danteschi, per rimettere tutto in discussione e dibattervi sopra, per riportare la Divina Commedia a nuova vita, dal bianco e nero del libro di testo direttamente sulla scena con i suoi vividi colori. Purtroppo non sempre esiste, nella ristrettezza degli orari scolastici, la possibilità di far conoscere tutta la letteratura italiana al meglio, al punto tale da amarla. Si focalizza l’attenzione su alcune opere e si rischia di tralasciare ciò che è più nuovo, il moderno, gli scrittori sperimentali e di rendere invece statici e privi di dinamismo pregevoli scritti italiani del passato. Eppure tra questi ultimi ce ne sono alcuni imperituri che non possono né devono andare dimenticati o svalutati. Di certo confinare l’egregio Dante alla semplice “parafrasi dell’ora di italiano”, per poi chiudere quaderni e libri e spostare l’attenzione su altri argomenti è quasi un delitto: pertanto è forse questo l’unico modo di tentare un approccio più approfondito ed esclusivo dell’argomento ovvero dar luogo e partecipare a eventi culturali di tal genere. Si spera pertanto che questo sia solo un inizio e che si possa ripetere l’esperienza al più presto presso le scuole o anche in altre sedi, specie nelle chiese per creare un’atmosfera consona al clima culturale, nelle quali trovare lo spazio e il tempo per una dimensione culturale di pregevole finitura.
Carmelo F. G. Intravaia