Questo evento, è stata la causa del declino del Muscatello. E’ chiaro che 300 nascite/anno sono poche per mantenere un Centro Parto, motivo per cui l’assessorato alla sanità regionale, nel preparare il nuovo piano di riordino ospedaliero della provincia, senza tenere conto del passato ed ignorando che il riferimento di circa 300 parti/anno era un valore assolutamente privo di rappresentatività statistica, (essendo la domanda del bacino naturale di utenza del Muscatello, secondo i dati ISTAT, di circa 650 parti/anno e non 300), decreta l’eliminazione del Centro Parto di Augusta con una motivazione che sa di cinismo: costa troppo, si deve chiudere. Una scelta non condivisa dai cittadini di Augusta, ritenuta ingiusta perché non supportata da elementi di valutazione oggettivi, ed anomala perché è incomprensibile che si possa chiudere, anziché riconoscerne il merito, una struttura che per decenni si è distinta per qualità ed efficienza. Il decreto, infatti oltre alla presunta illegalità per la mancata applicazione dell’art. 6 della legge 5, per cui il comune di Augusta ha fatto ricorso al TAR di Catania, presenta, a giudizio del sottoscritto, altre anomalie riconducibili al metodo di valutazione usato per il riordino ospedaliero, metodo che non ha tenuto conto né di alcuni Indicatori epidemiologici né dei reali Indicatori demografici del territorio, indici che hanno un ruolo determinante nel processo decisionale per la distribuzione delle risorse economiche nel territorio. Indignati per tale ingiustizia, i cittadini di Augusta si sono rivolti alle parti politiche chiedendo loro di far luce sulle molte ombre che il decreto assessoriale presenta, ma fino ad ora sono arrivate soltanto risposte ambigue e fuorvianti. Pare che i giochi siano stati fatti e per il Centro Parto di Augusta non c’è scampo: deve chiudere. Dall’altare alla polvere.
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Giuseppe Moschitto – Chimico industriale