L’ “hotel Patria” e la tassa d’ istituto

 

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È la prima volta che scrivo al tuo giornale. Scrivo perché sono certo della tua ospitalità e perché sono spinto dal bisogno di dire che tutte le cose che stanno nel nostro “Hotel Patria”, oggi più che mai devono ritornare a essere chiamate col loro nome. Soprattutto se vogliamo recuperare il nostro Paese. Le cose, infatti, non vengono più chiamate volutamente col loro nome. Per trasmetterti meglio il senso di quel che dico, racconto un breve episodio. Quest’anno mio figlio è tornato a casa con un modulo di pre-iscrizione al prossimo anno scolastico 2011-2012 e con due bollettini postali. Il primo intestato all’Agenzia delle Entrate per le Tasse Scolastiche e il secondo intestato alla scuola con la seguente causale: “Tassa d’istituto”. Ho capito subito che dietro la “Tassa d’istituto” si nascondeva la richiesta di un contributo che ormai da tutte le scuole pubbliche sono, loro malgrado, costrette a elemosinare alle famiglie per far fronte alle spese di cancelleria, fotocopie e piccole necessità didattiche. Ma questo non mi ha trattenuto dal telefonare al Preside per chiedergli in base a quale Legge italiana la scuola istituiva ed esigeva una tassa del genere. Il Preside con grande civiltà e con non poco imbarazzo mi ha confermato quello che pensavo. Mi ha detto che si trattava di una definizione generica e che se volevo, potevo non pagarla perché non ero affatto obbligato. Di fronte a tanta cordialità e chiarezza e per il bene della scuola l’ho rassicurato che avrei dato il mio contributo, ma permettendomi d’invitarlo a non abusare del termine “Tassa d’istituto” e di chiamare le cose col loro nome altrimenti noi cittadini andremo sempre più fuori strada e non costateremo mai i danni fatti da questo Governo alla Scuola Pubblica Italiana a vantaggio della scuola privata. Perché le Tasse le esige solo lo Stato e se noi crediamo che quella sia veramente una tassa, la subiamo come tante altre tasse e non capiremo mai che invece si tratta di un’offerta o se preferiamo di una colletta che la Scuola e costretta a chiedere con grande umiliazione dietro una definizione generica.   

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Ma il non chiamare le cose col loro nome sono convinto che rispecchi la volontà di questa classe politica che oramai con grande abilità manipola il linguaggio degli Italiani per disorientarli e metterli volutamente tutti contro tutti. Per istillare e consolidare nelle nostre piccole menti, concetti diseducativi e anticivici. In questi anni per esempio ha preso una notevole consistenza, nel linguaggio d’uso comune parlato e scritto, forse grazie anche al giornalismo, il termine più economico di “Premier” al posto del nostro più lungo “Presidente del Consiglio dei Ministri”. Berlusconi ha poi completato l’opera aggiungendo e propinando che lui è stato eletto dagli Italiani. Che il suo essere Capo del Governo rispecchia non più la volontà del Parlamento, ma del Popolo. Deviando in tal modo gli Italiani da come veramente si svolgono non solo le elezioni, ma anche all’iter che porta alla nomina del nostro Presidente del Consiglio, dei Ministri e dei Sottosegretari. Per quanto mi riguarda, ho sempre spiegato ai miei figli che si tratta di una carica che viene dal Parlamento e non direttamente dal popolo, anche se il Parlamento esprime la volontà popolare.  Che le dimissioni del Presidente del Consiglio non prevedono necessariamente nuove elezioni, ma il dovere da parte del Capo dello Stato di verificare se ci sono i termini di un nuovo governo e semmai, in caso contrario, in base ai poteri sanciti dalla Costituzione, di sciogliere il Parlamento e indire le nuove elezioni. In breve ho fatto capire loro, con la Costituzione alla mano, come stanno le cose. Devo purtroppo costatare, e qui Tu  concorderai con me, che gran parte dell’opinione pubblica crede ormai che in Italia ci sia il “Premier” e che questi è eletto direttamente dal Popolo! E che in conformità a questo falso concetto egli deve fare quel che fa!

La stessa classe politica ha tentato, anche se ha fallito, di non chiarire che l’esercizio del voto referendario non è un’invenzione né un vezzo dei promotori dei referendum, ma un diritto e un dovere del cittadino italiano che gode dei diritti politici. Dire che è un diritto sottrarsi dalla chiamata alle urne per i referendum vuol dire non aver rispetto di quanto è scritto nella Costituzione, in questa carta fondamentale frutto del sacrificio del sangue e del lavoro dei nostri nonni e dei nostri genitori.

Qualche mese fa ho partecipato alla discussione della tesi di laurea di una mia nipote all’Università di Catania. Prima di lei, ha discusso la sua tesi uno studente straniero, credo filippino, e sono rimasto sorpreso e commosso dall’essere venuto a conoscenza che la carta fondamentale della sua nazione è stata scritta col sangue al posto del tradizionale inchiostro nero (sic). Un fatto intenzionale voluto da quei padri costituenti per dare una forte aurea di sacralità a quelle leggi.  Allora io in questi giorni mi son chiesto:- forse la nostra Costituzione doveva essere scritta anch’essa col sangue versato dagli Italiani perché ne riuscissimo a comprendere il suo valore? Perché i giuramenti fatti dai nostri politici su di essa non vengano intesi come una formalità, un atto dovuto di cui un minuto dopo possano infischiarsene?

Tu cosa ne pensi?

  S. R.

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Le opinioni dei lettori

 I commenti dei clienti dell’ hotel Patria

opinioni, politica, tasse“Hai detto cose sacrosante. Di mio sulle tasse posso dire, che il popolo è confuso. Paghiamo tasse senza accorgercene, faccio un elenco? Bene: Il LOTTO, il superenalotto, i gratta e vinci di vari generi, lotterie e corse cavalli, scommesse totocalcio, e clandestine, Video giochi (macchinette) e video giochi on line tramite web. VEDI quante tasse paga il furbo Italiano allo stato? Vedi quanti soldi butta il furbo Italiano? E poi si lamenta che a fine mese non ci arriva, ma il telefono di ultima generazione in tasca sua non deve mancare, piuttosto il frigo è vuoto, ma la play station al figlio non deve mancare, se no se studia troppo diventa intelligente, meglio rincoglionirlo con i giochi elettronici, (cosa a cui aspirano i potenti del mondo: rincoglionire le future generazioni). Poi proprio giorni fa qui a Milano mi sono imbattuto su un gruppo di ragazzi, che sul marciapiede del corso Buenos Aires chiedevano un contributo per un ospedale per acquistare una ambulanza, e pietosamente cercavano di convincere i passanti. MA DICO IO: lo stato prende i soldi delle tasse??? Le istituzioni sanitarie e ministeri prendono i soldi dallo stato e l’ inps e tutto ciò che è legato, non percepiscono le sovvenzioni dei lavoratori che pagano le tasse??? Prelevate direttamente dalle buste paga??? Dovrei essere io cittadino a comprare una ambulanza???? – W L’Italia ed il suo 150°”

  Carmelo