Lettera a mio padre – di Adriana Prazio

 

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Caro papà,

in genere quando viene a mancare una persona cara si suol dire che ci ha lasciato per sempre.

Per me invece papà, da quel triste dieci febbraio 1977, non passa giorno che tu non sia più vicino e più vivo che mai, nel mio cuore e nella mia mente.

Come potrei dimenticare la tua dolcezza, la tua bontà, la tua infinita pazienza, la tua mitezza, la tua riservatezza, la tua malinconia, la tua umiltà, la tua generosità, la tua tristezza, la tua gentilezza per non parlare del tuo altruismo e del tuo grande amore per la tua famiglia.

 Mio grande papà, io non ti ho mai chiesto se hai amato più noi o la tua arte e prometto che non te lo chiederò mai. So di certo, e mi fa piacere pensare, che” per te” noi figlie siamo state l’espressione più alta della tua creatività.

Per comodità preferisco dividere i miei primi trent’anni, dolcemente vissuti con te, in tre decenni.

                                                      Primi dieci anni.

Ricordo questi miei primi dieci anni con molta tenerezza. Solitamente mi accompagnavi e venivi a prendermi a scuola. Sai conservo ancora i disegni raffiguranti animali e fiori che tappezzavano la nostra cucina e così distraendoci finivamo tutte le nostre pappe piacevolmente. Per non parlare degli alberi di Natale alti sino al tetto, che, puntualmente, addobbavi in una sola notte, con tuoi disegni, pupazzi e decori tutti ideati da te e che hanno reso indimenticabile il risveglio di quei giorni di festa.

A proposito di risvegli, ricordo che, anche negli anni successivi, quando al mattino facevo fatica ad alzarmi per andare a scuola, tu riuscivi a svegliarmi dolcemente col fischio del motivo della “Carmen di Bizet”. Sicuramente è da lì che cominciò il mio amore per il così detto “bel canto ” e la musica in genere. Persino il mio nome è frutto della passione tua e della mamma per la musica lirica e in modo particolare per l “Adriana Lecouvrer”..

Sai bene, papà, che la mamma era cagionevole di salute e tu che nutrivi per lei un grandissimo amore, eri sempre disponibile ad aiutarla e coccolarla. Quando stava male, per risparmiarla ti alzavi prima del solito, ci preparavi la colazione, ci lucidavi le scarpette ecc. ecc.

 Ricordo molto bene, caro papà, che quando camminavamo per strada, naturalmente mi tenevi per mano e spesso me la stringevi con delicatezza. Anche se non parlavamo molto, per me quelle strette mi facevano sentire al sicuro, protetta e tanto amata da te. Eppure non ci siamo detti il classico “ti voglio bene”. Le tue attenzioni per noi tutte, erano più loquaci di qualsiasi parola.

Pur essendo una bambina molto vivace, non ricordo che tu mi abbia mai rimproverata, non ti ho mai sentito alzare la voce o rivolgerti a noi con tono minaccioso, sgarbato o arrogante.

Eri sempre dolce, comprensivo, persuasivo, riservato e con un grande rispetto per le nostre scelte, le nostre idee, i nostri amici, orgoglioso di averci come figlie.

Ci hai amato moltissimo.

Caro papà un altro ricordo che spesso mi torna in mente, risale a quando avevo circa dieci anni.

Sai bene che a casa non navigavamo nell’oro. La precaria situazione finanziaria così incerta ti rendeva, (soprattutto per noi bambine) molto triste, ma non per questo veniva offuscato il tuo grande amore per l’arte e il tuo spirito creativo.

Eri bravissimo a rassicurarci, in fondo eravamo felici lo stesso e sicure che sarebbero arrivati tempi migliori.

Un bel mattino, geniale e unico papà, per dissipare in me ogni preoccupazione, ed è ancora viva in me la grande sorpresa che ebbi, grazie a te, al mio risveglio, nel ritrovarmi ricoperta con quei grandi biglietti da diecimila lire. Indescrivibile l’immensa gioia che mi regalasti. A quel punto credetti subito che i famosi “tempi migliori” erano arrivati. Finalmente non avremmo più avuto problemi finanziari e per un po’ pensai che quel momento non sarebbe mai finito.

Dieci – Venti anni

In quel periodo, pap,à hai la possibilità di lavorare moltissimo. Realizzi per il Pantheon la lampada votiva per i caduti, per non parlare dei numerosi lavori per un vero amatore d’arte, tuo carissimo amico che, purtroppo, muore dopo alcuni anni, lasciando in te un vuoto incolmabile e un grande dolore che ti accompagnerà per tutta la vita.

Da lì a poco hai la fortuna di incontrare l’ing. Luciano Fontana che ti permetterà di realizzare “L’annunciazione” l’opera che forse hai sofferto ed amato di più.

Non molto tempo dopo creerai la porticina per tabernacolo, in argento, per la Chiesa Madre di Melilli. Purtroppo, in quegli anni, le tue vicende personali diventano sempre più insostenibili. Il tuo abbattimento morale a volte sembra che abbia il sopravvento.

Le preoccupazioni salgono alle stelle, soprattutto quando ti ritrovi ,(come si suol dire), in mezzo a una strada. Ti pregavo di non amareggiarti: “i nemici non prevarranno” continuavo a ripeterti.

Comunque non hanno soffocato il tuo genio artistico. Anche tu, papà, come i più grandi hai dovuto sopportare i tuoi detrattori, ma come si sa, in ogni caso hanno contribuito anch’essi e per questo li ringrazio pubblicamente ad accrescere la tua fama.

 

Come per un Grande Uomo del nostro tempo, anche tu per me sei stato, oltre a un artista del ferro battuto, un maestro del soffrire e che mi ha fatto scoprire la fecondità del dolore.

In quei giorni di grande dolore, ti sentivo perduto, quando all’improvviso ” un Angelo” venuto a conoscenza della tua disperata situazione (il signor Vittorio Burgio e che Dio lo abbia in gloria) che per te è stato come un figlio, sicuramente indignato e commosso per quanto successoti, (ma anche molto onorato ) ti ospitò nella sua officina che si trovava in Viale Ermocrate, abbastanza distante dalla nostra abitazione.

Avevi allora quasi settanta anni e non c’erano mezzi pubblici, da casa nostra, che ti portassero in quel posto di lavoro. Anche in questo caso il gentilissimo signor Vittorio ti aiutò tantissimo, infatti, veniva a prenderti e riaccompagnati: un vero angelo per te.

Purtroppo lo spazio in quell’officina era pochissimo e per giunta essendoti sistemato all’ingresso del locale, d’inverno il freddo si faceva sentire e nonostante lavoravi coperto con cappotto, sciarpa e cappello spesso ti ammalavi .

Anche questa opportunità per te durò poco, perché quell’officina, per motivi finanziari, fu costretta a chiudere e anche questa volta sei costretto a fare i “bagattelli” come li chiamavi tu.

Fortunatamente e generosamente, ricevi ospitalità in un’altra officina. Nel frattempo. grazie all’aiuto della zia Titì e con grandi sacrifici, noi potemmo completare gli studi e iniziare una vita lavorativa.

, per te si prospettava una vita più serena, dal momento che eravamo, economicamente parlando, indipendenti.

                                               Miei Venti – Trent’anni con te

Da lì a qualche anno sostenuto ed incoraggiato da noi, hai la possibilità di potere affittare un locale, tutto per te, in via Pescara.

Nonostante tu avessi quasi settantaquattro anni l’energia, l’entusiasmo e la creatività sono più vivi che mai. E’ di quel periodo la lavorazione dell’opera “Lotta gallo col serpente” e ricordo che in quell’occasione mi chiedesti: chi pensi vincerà dopo questa lotta? Sicuramente il gallo, risposi! perché indicare il serpente sarebbe stato troppo scontato. Tu mi spiegasti che il gallo riusciva a spuntarla perché con una beccata, accecava il serpente rendendolo inoffensivo.

Oggi, posso dedurre, che quest’opera é un po’ la storia della tua vita e sono sicura, che questa fantasiosa mia versione, ti farà sorridere, ma sono altresì certa che l’accetterai – ascolta:

< il serpente rappresenta con il suo veleno, colui che ha amareggiato l’intera tua vita, intensamente vissuta e intensamente sofferta, costringendoti a subire prepotenze, umiliazioni, diffamazioni, ruberie ricatti , ecc. Pertanto alla fine, quella beccata, che non è altro la tua arte, riesce con la sua intensa luce a neutralizzare il veleno del serpente. Quindi ,caro papà, accecandolo, metaforicamente parlando , finalmente puoi farlo sparire per sempre dalla tua vita e dalla tua arte.>

Sarebbe anche il caso di dire che questo non è altro che il trionfo della giustizia.

Mio dolce papà con il tuo importante messaggio, per il tuo rigoroso impegno morale verso te stesso, verso l’arte e verso l’umanità, con la tua pazienza, con la tua bontà, amore e fedeltà hai arricchito il mondo dell’arte e della cultura. Goditi adesso la tua meritata fama e gloria e stai certo che vivrai per sempre nel cuore e nella mente di tutti coloro che ti amarono e stimarono in vita.

Ciao papà

La tua Adriana.

 

Lettera a mio padre – di Adriana Prazioultima modifica: 2011-06-16T18:38:34+02:00da leodar1
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2 pensieri su “Lettera a mio padre – di Adriana Prazio

  1. Mi complimento con chi ha scritto questa lettera al suo papà.Penso che ognuno di noi che abbiamo perso un genitore avremmo da scrivergli una lettera almeno per dire tutte quelle cose belle che per pudore o falsa umiltà conserviamo in un cassetto del nostro cuore. Farebbe bene a chiunque esternare più le cose belle che …le tante lamentele verso cui siamo sempre pronte a scagliare pietre. Che sia seguito questo esempio per contagiarci di buoni sentimenti di cui abbiamo tanto bisogno. Grazie e sempre buon lavoro a chi trova spazio e dona tempo ed energie per diffondere più le belle notizie che … spazzatura. ciao

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